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ASPETTI METODOLOGICI DELLA RICERCA PSICOLOGICA
La ricerca psicologica si divide in tre livelli:
1.Descrittiva: l'obiettivo è osservare e registrare la frequenza con cui si verifica un determinato
evento (metodo osservativo, inchieste demoscopiche, etc...). in questa ricerca ci sono due tecniche
osservative:
-l'osservazione “non partecipante” o naturalistica; avviene quando un osservatore dall'esterno cerca
di non interferire in alcun modo con la situazione osservata (etologia).
-l'osservazione “partecipante”; avviene quando si entra a far parte attiva della situazione che si
vuole studiare (ricerca etnografica).
In questo tipo di ricerca occorre verificare il grado di accordo fra differenti osservatori ignari delle
ipotesi del lavoro di ricerca (osservatori blind, ciechi).
2.Correlazionale: in ricercatore cerca una relazione fra variabili che possono essere osservate e
misurate ma che non possono essere controllate. Il concetto di correlazione indica che al crescere di
una variabile si modifica anche l'altra (se al crescere di una variabile cresce anche l'altra abbiamo
una correlazione positiva, se al crescere di una l'altra diminuisce si ha una correlazione negativa). Il
valore delle variabili varia da -1 a +1. Il coefficiente di correlazione può quindi assumere qualunque
valore indicando al forza di relazione tra due variabili (più si discosta dallo zero più è forte il
legame tra le variabili). Questa ricerca non permette di studiare la causalità della situazione studiata.
Le correlazioni spurie avvengono quando due eventi appaiono tra loro legati, ma in realtà la loro
correlazione è dovuta al fatto che sono correlati a una terza variabile.
3.Sperimentale: l'obiettivo è fornire informazione causale. L'elemento fondamentale è la
manipolazione della variabile indipendente (viene manipolata deliberatamente dallo sperimentatore
mentre tutto il resto viene mantenuto costante). Ad ogni cambiamento corrisponde una condizione
dell'esperimento: disegno sperimentale.
Vengono raccolti i dati, misurati. Una variabile concettuale viene tradotta in una variabile
misurabile, viene operazionalizzata.
La validità ci consente di capire se stia davvero misurando quello che pensiamo di stare misurando.
Esistono tre tipi di validità:
-validità interna: è resa possibile da un buon disegno di ricerca/strumento di misura e si riferisce alla
validità della conclusione secondo cui una variabile indipendente (variabile che viene
intenzionalmente manipolata dallo sperimentatore, il quale deve un pieno controllo su di essa) ha
una influenza diretta, causale, sulla variabile dipendente (variabile oggetto di misura all'interno
dell'indagine sperimentale).
-validità esterna: in che misura la relazione causale può essere generalizzata al di là delle
circostanze particolari dell'esperimento.
-validità di costrutto: rimanda alla validità della supposizione secondo cui le variabili colgono in
modo adeguato le variabili che dovrebbero rappresentare. La validità di costrutto diventa tanto più
importante quanto più rilevante è il costrutto indagato per la persona oggetto di indagine.
Ci sono due minacce per la validità di costrutto:
-le caratteristiche della domanda, che sono quei segnali inconsapevoli provenienti dai ricercatori
che portano i soggetti a trarre delle informazioni riguardo a ciò che i ricercatori si aspettano o
desiderano e che pertanto distorcono il modo di agire dei soggetti. Quando è possibile, chi raccoglie
i dati non conosce le ipotesi dello studio. (effetto howthorne)
-la desiderabilità sociale; le risposte che vengono fornite negli studi di psicologia sociale possono
essere delle costruzioni sociali, cioè delle opzioni strategiche degli individui volte a fornire una
certa immagine di sé.
CAPITOLO 2
Modalità attraverso cui ci formiamo impressioni circa le persone che ci circondano e formuliamo
giudizi rispetto alle loro caratteristiche.
Comprendere gli altri attraverso il comportamento non verbale → i movimenti del corpo, gli
sguardi e le espressioni del volto forniscono molte informazioni circa la persona che li esegue, e
costituiscono dei segnali attraverso i quali possiamo intendere le qualità della persona e cosa pensi
di noi. Ogni comportamento non verbale, comunque, non ha un significato in assoluto, ma a
seconda dei contesti e delle modalità specifiche con cui si realizza, può produrre conseguenze
differenti. Attraverso il comportamento non verbale possiamo quindi inviare dei massaggi, ma è
opportuno calibrare la modalità di esecuzione di tale comportamento affinché venga trasmesso il
messaggio desiderato. Può diventare anche un segnale del ruolo sociale degli attori coinvolti.
Differenze si riscontrano anche nella capacità di decodificare i comportamenti non verbali; sembra
che le donne siano più abili e a questo è stata data una spiegazione di tipo evoluzionistico in quanto
si associa con la funzione primaria di accudimento della prole. Alice Eagly invece da una
spiegazione che rimanda all'interno della società, la “teoria del ruolo sociale” che prevede che le
donne sono spesso inserite in ruoli di servizio e quindi per una efficace esecuzione di questi ruoli è
necessario capire le richieste provenienti dalle altre persone.
Nella vita quotidiana inviamo e riceviamo in continuazione messaggi non verbali e il più delle volte
queste operazioni avvengono in modo spontaneo e non consapevole; si può però esercitare un
controllo consapevole sui propri comportamenti non verbali (es. quando ci presentiamo agli altri).
In certe situazioni però questi comportamenti possono essere identificatori di menzogne; riuscire
infatti a controllare tutti i propri comportamenti non verbali è impossibile. Quando le persone
cercano di capire se l'interlocutore sta mentendo sono soprattutto le microespressioni a svelare la
bugia. Tanto più una persona si sforza di mentire tanto più il suo comportamento non verbale sarà
rivelatore in quanto si impegna principalmente sui contenuti verbali per non cadere in
contraddizione.
La formazione di impressioni: due modelli a confronto → formarsi un'impressione è un processo
sequenziale dato dall'acquisizione e dall'accumulo progressivo di informazioni. Esistono due
principali modelli che tentano di spiegare come i vari elementi vengano ad integrarsi tra loro per
dare vita a una impressione unitaria:
1.il modello algebrico (Anderson): dà priorità assoluta ai dati in ingresso dei quali viene fatta la
media algebrica, che costituisce la valutazione globale.
2.il modello configurazionale (Asch, psicologia della Gestalt): la priorità è data alle operazioni
mentali eseguite sui dati in ingresso. Esistono dei dati centrali che per la loro generalità vanno ad
indicare delle disposizioni di fondo in grado di colorare tutti i comportamenti anche al variare dei
contesti.
A sostegno di questo modello vi sono gli effetti dell'ordine con cui le informazioni vengono
acquisite.
In genere le prime informazioni che riceviamo hanno il massimo impatto sulle impressioni che ci
formiamo, questo viene chiamato effetto di priorità (primacy effect); le prime informazioni
ricevute vengono ricordate meglio. Tutte le informazioni aggiuntive diventeranno degli
arricchimenti per le costruzioni di partenza.
Grazie a questi due effetti questo modello gode di maggior credito, ma l'adozione congiunta di
entrambi i modelli può talvolta aumentare le capacità di prevedere quale impressione finale il
soggetto verrà a formarsi.
Le prime impressioni sono dure a morire: l'effetto persistenza → gli effetti di priorità rispecchiano
la resistenza al cambiamento ed il “conservatorismo” con cui opera il nostro sistema cognitivo.
Modificare le proprie impressioni è un processo molto difficile, e anche di fronte ad elementi che
indichino chiaramente l'infondatezza delle nostre impressioni si è comunque alquanto restii ad
abbandonarle.
Le teorie implicite di personalità e l'aspetto fisico → le impressioni vengono arricchite aggiungendo
anche elementi di cui non siamo venuti a conoscenza, a partire dai pochi dati di cui si è in possesso,
si ricostruiscono altre caratteristiche che si presume ben si accordino con i dati disponibili; uno
degli strumenti a cui si fa ricorso sono le teorie implicite di personalità; teorie ingenue, costruite
nel corso dell'esperienza, che racchiudono le credenze circa quali tratti di personalità si accordino
fra loro e quali invece male si combinino. Sono delle mappe di riferimento che permettono di
arricchire le nostre impressioni con un minimo sforzo, ma queste inferenze non sempre si rivelano
accurate. Questa mancanza di accuratezza è però bilanciata dal vantaggio primario che deriva
dall'uso di teorie implicite di personalità, ovvero la possibilità di giungere ad impressioni articolate
a partire da poche informazioni di base e con un dispendio limitato di energie.
È simile anche il processo di percezione delle caratteristiche fisiche delle persone; l'aspetto fisico
viene utilizzato come indicatore delle caratteristiche di personalità, possedendo anche in questo
caso delle teorie ingenue rispetto a quali tratti si accordino con determinate peculiarità somatiche )
fenomeno Baby-faceness: le persone con caratteristiche del volto infantili vengono percepite come
oneste, ingenue, poco sicure di sé e incerte nelle decisioni).
Alla ricerca di informazioni: il desiderio di confermare le proprie ipotesi → non ci si limita a
raccogliere passivamente ciò che proviene dall'ambiente, ma ci impegniamo andando a raccogliere
quelle informazioni che potrebbero essere utili per i nostri obiettivi. Per formarci un'impressione, è
possibile procedere sia cercando di confermare le nostre ipotesi di partenza, sia cercando evidenze
empiriche che disconfermino le ipotesi iniziali. Si è riscontrato che si preferiscono le strategie di
conferma, anche se in contrasto con la ricerca scientifica. Si va alla ricerca di ciò che possa
confermare le nostre credenze ed aspettative anche quando non vi siano ragionevoli motivi per
ritenere che tali credenze siano vere.
Le profezie che si autoavverano → le proprie ipotesi circa le altre persone possono produrre degli
effetti andando a modificare la realtà percepita. Gli individui, con il proprio comportamento,
possono involontariamente creare le condizioni affinché le proprie aspettative si realizzino.
Rosenthal e Jacobson hanno dimostrato questo effetto anche con lo sviluppo dell'intelligenza, ma
nelle situazioni di vita quotidiana le profezie che si autoa