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LA PSICOLOGIA SOCIALE
di caratteristiche attribuite a quel gruppo. Può essere all’origine di pregiudizi o di
discriminazione.
Lo stereotipo può essere attivato automaticamente dall’effetto priming, che consiste
nell’interferenza di un compito (prime) sull’esito di un compito successivo considerato
in apparenza indipendente dal primo.
Lo stereotipo attiva nella memoria un concetto o un tratto, definito innesco, che verrà
poi utilizzato per dare un giudizio sul comportamento o sulle caratteristiche di un
individuo.
Quando il priming agisce nella direzione attesa, si parla di “assimilazione”; quando,
invece, esso agisce in direzione contraria, si parla di “contrasto”.
Il priming è efficace solo se lo stereotipo è applicabile all’oggetto di giudizio.
L’applicazione dello stereotipo al giudizio sociale agisce lungo un continuum che da un
giudizio totalmente espresso sulla base delle caratteristiche del gruppo, ad un giudizio
espresso sulla base solo delle caratteristiche individuali.
Altri principali temi d’interesse della social cognition sono gli schemi cognitivi, cioè
conoscenze immagazzinate in memoria grazie all’esperienza, inerenti a oggetti,
persone e situazioni che permettono di semplificare la comprensione della realtà e
guidare la costruzione di nuove conoscenze e le euristiche,
strategie cognitive che semplificano e accorciano il tempo dei percorsi cognitivi e che
permettono di arrivare alla soluzione di problemi (Palmonari). Se il vantaggio di
queste strategie di elaborazione delle informazioni è quello di guadagnare tempo e
risparmiare energia, il rischio è quello di giungere a giudizi erronei o poco attendibili.
La social cogniton, però, è portatrice di una visione del mondo sociale come esterno e
separato dal soggetto, in quanto essa guarda al contesto sociale, ma non entra in una
relazione di scambio e di trasformazione reciproca con esso.
Anche G.Allport riduce il sociale all’influenza degli altri sui processi individuali
A tal proposito egli definisce l
’ atteggiamento come “uno stato mentale o
neurologico di prontezza, organizzato attraverso l’esperienza, che esercita
un’influenza direttiva o dinamica sulla risposta dell’individuo nei confronti di ogni
oggetto e situazione con cui entra in relazione” (Psicologia sociale, Palmonari),
mettendo quindi in evidenza il fatto che si parli di uno stato non osservabile
direttamente, ma da riferire alla risposta individuale che esso influenza.
Si tratta però di una definizione diffusa agli esordi dello studio di questo costrutto
(1936) e che tende ad essere sostituita dalla definizione che Rosemberg e Hovland
diedero nel 1960, definendo gli atteggiamenti come un costrutto psicologico costituito
da tre componenti: la componente cognitiva che riguarda le informazione e le
credenze verso l’oggetto dell’atteggiamento, la componente affettiva, relativa alla
reazione emotiva verso l’oggetto e, infine, la componente comportamentale,che
concerne le azioni di avvicinamento o allontanamento dall’oggetto.
Più di recente, nell’ottica della Social Cognition, Fazio (1986) tende a considerare
l’atteggiamento come “struttura cognitiva costituita dall’associazione in memoria tra
la rappresentazione dell’oggetto e la sua valutazione” (Psicologia sociale, Palmonari).
Questa definizione non contraddice il modello tripartito di Rosemberg e Hovland, ma
introduce il concetto di forza dell’associazione tra l’oggetto e la sua valutazione,
caratterizzando ulteriormente gli atteggiamenti.
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LA PSICOLOGIA SOCIALE
Gli atteggiamenti sono stati studiati dalla psicologia sociale anche grazie al fatto che si
presentano come il primo costrutto astratto che può essere trasformato in entità
quantificabili.
A partire dagli anni ’20 alcuni studiosi si dedicarono all’ideazione di scale per misurare
gli atteggiamenti, che permettessero di attribuire un punteggio alle posizioni espresse
dagli intervistati , confrontarle e quindi misurare la natura e l’intensità di opinioni e
comportamenti.
Le scale più utilizzate oggi sono le scale Likert e quella del Differenziale
semantico.
Esse sono costituite da item, favorevoli o non, che coprono gli aspetti più importanti
dell’area semantica relativa all’oggetto che si sta studiando, seguiti poi da risposte a
scelta multipla (es. fortemente d’accordo, d’accordo, poco d’accordo, in disaccordo)
che il soggetto deve indicare.
Il differenziale semantico (Osgood e Tonnenbaum, 1957), invece, è costituito da un
insieme di aggettivi separati da sette spazi che rappresentano una gradazione da uno
all’altro.
Un’altra area di studio degli atteggiamenti riguarda l’influenza che gli atteggiamenti
hanno sulla probabilità che questi possano orientare i comportamenti nei confronti
dell’oggetto in questione.
A tal proposito Fishbein e Ajzen formularono la Teorie dell’Azione ragionata
(1980) per spiegare come si vengono a concretizzare i comportanti degli individui.
Alla base di questo modello vi è l’intenzione del comportamento che esercita
un’azione diretta verso una specifica condotta e che a sua volta è determinata
dall’atteggiamento personale verso il comportamento, cioè l’attitudine ad adottare o
non uno specifico comportamento, e dalle norme soggettive, ossia l’influenza che le
opinioni degli altri esercitano sulle scelte dell’individuo.
Successivamente Ajzen modifica il modello e inserisce la variabile “controllo
comportamentale percepito” tra i fattori che possono influenzare le intenzioni di
comportamento e che determina delle difficoltà che un soggetto pensa di incontrare
nel tenere un certo comportamento o dalla percezione del soggetto di superare con
successo le difficoltà.
Un altro studio fondamentale è quello relativo ai processi di cambiamento degli
atteggiamenti , che ha visto susseguirsi, nel corso degli anni, molteplici teorie e
modelli.
Un processo che porta al cambiamento degli atteggiamenti è quello individuato da
Festinger con la Teoria della Dissonanza cognitiva.
Alla base di questa teoria vi è la convinzione che l’individuo ha la necessità di
mantenere coerenza tra le cognizioni che possiede, cioè le credenze e le opinioni circa
se stesso, e l’ambiente.
Quando le due cognizioni non sono coerenti, si crea una dissonanza che l’individuo
può risolvere cambiando l’elemento dissonante, meno resistente al cambiamento, o
modificare le credenze relative al suo atteggiamento.
Con la Teoria del campo di Kurt Lewin si assiste ad un vero e proprio cambio di
paradigma in cui la psicologia sociale non si interessa più dell’individuo isolato, ma dei
suoi rapporti con l’ambiente. 4
LA PSICOLOGIA SOCIALE
Lewin definisce il campo come un sistema dinamico in cui la proprietà di un fatto
deriva da tutti gli altri fatti presenti e in base a questo sistema di relazioni reciproche,
ogni fatto trova la sua spiegazione nel sistema dinamico stesso.
Secondo Kurt Lewin il comportamento si comprende solo in uno spazio di vita che
comprende bisogni, motivazioni e strutture cognitive che costituiscono le modalità di
interazione e di interdipendenza degli elementi che agiscono nello spazio di vita.
In contrasto alla Social cognition si sviluppa anche l’approccio socio-costruttivista,
i cui massimi esponenti sono Vygotskij e Mead che sostengono che l’esperienza
individuale si struttura all’interno di gruppi sociali di cui l’individuo fa parte e che la
società si crea e si modifica dinamicamente nell’interazione tra gli individui.
Dalla metafora del mondo sociale come oceano, si passa alla metafora del mondo
sociale come un concerto in cui ogni soggetto agisce per costruire la musica e diventa
un elemento essenziale di esso.
Al tal proposito Mead, riprendendo gli studi sul Sé e l’identità sociale e la distinzione
che E. James propone tra Io e Me, secondo il quale l’Io coincide con il soggetto
consapevole, capace di conoscere e prendere iniziative nei confronti della realtà
esterna, mentre il Me è quanto del Sé è conosciuto dall’Io, cioè quello che percepisco
di me, come mi vedo, afferma che la mente è sociale, cioè è il prodotto
dell’interazione che consente la comunicazione attraverso simboli significativi e la
capacità dell’individuo di immedesimarsi con gli altri.
Questa assunzione della coscienza avviene in due stadi: prima attraverso il gioco
semplice (play), in cui l’individuo assume, uno dopo l’altro, i ruoli delle persone che
fanno parte della sua vita, cominciando a divenire oggetto a se stesso in quanto si
osserva dal ruolo che ricopre, e successivamente attraverso il gioco organizzato
(game), il bambino acquisisce la capacità di assumere contemporaneamente i ruoli di
tutti gli altri partecipanti a quel determinato gioco.
In quest’ultimo caso egli deve interiorizzare gli atteggiamenti generali del gruppo; si
costituisce così quello che Mead chiama l’Altro generalizzato, cioè la comunità o il
gruppo sociale che, in quanto percepiti dal soggetto, gli permettono di costruire l’unità
del proprio Sé. Assumendo l’atteggiamento dell’Altro generalizzato, l’individuo diviene
un membro organico e cosciente della società.
Ash (1952), nella prospettiva gestaltista, definisce il Sé come la rappresentazione
fenomenica dell’Io; cioè l’insieme dei vissuti e delle qualità che la persona ritiene
pertinenti a se stessa e che individua nel campo percettivo globale. Il Sé, l’ Io
fenomenico, va distinto dall’Io reale.
E’ importante sottolineare che secondo la concezione gestaltista, l’individuo diviene
persona e attore sociale nel contesto delle proprie relazioni con gli altri e con la realtà.
Su questo argomento si sofferma in particolare Asch, il quale sostiene che l’azione
sociale, cioè il rapporto con il mondo fisico e gli altri, precede il Sé e fornisce materiale
per esso.
La prospettiva interazionista di Ash risulta quindi perfettamente conforme al
contributo di Mead.
L’impostazione cognitivista ha dato un grande impulso agli studi sui diversi processi e
le forme di conoscenza del Sé.
Una sintesi assai efficace sui progressi compiuti degli studi sulla conoscenza di sé è
stata messa a punto da Urlic Neisser che in una rivista pubblicata nel 1988, presenta
cinque tipi di conoscenza di sé: 5
LA PSICOLOGIA SOCIALE
• Il Sé ecologico: riprende il Se fenomeni