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VERSO IL MODELLO RELAZIONALE
Presso il pensiero di Freud, la pulsione si trova a metà tra lo psichico ed il somatico ed è principio
motivazionale, il che significa che tutto il comportamento umano è un’espressione delle pulsioni
primarie, che possono essere sessuali od aggressive. In questo modello, l’oggetto è inteso come quel
qualcosa verso cui la pulsione è diretta ed in relazione al quale essa può pervenire alla sua meta.
Anche l’attaccamento del bambino alla figura materna, pertanto, va ricondotto ad una gratificazione
pulsionale. Interessanti sono, in questo ambito, gli studi che Harlow ha condotto sulle scimmiette
rhesus, che hanno consentito di osservare come queste avessero una tendenza naturale a preferire il
sostituto materno a cui potersi aggrappare rispetto a quello che dispensava cibo: secondo quanto
scoperto dallo studioso, quindi, non è vero che i comportamenti sono tutti legati a gratificazioni
pulsionali poiché, se così fosse, le scimmiette avrebbe preferito il fantoccio in grado di soddisfare la
loro fame: esiste, quindi, una gratificazione non ascritta ad una pulsione. Una tendenza a legarsi ad
un oggetto in grado di donare sicurezza per mezzo del contatto fisico è riscontrabile, anche, nel
neonato ed è proprio sulla soddisfazione di questo tipo di bisogno che si può fondare uno sviluppo
adeguato, ovvero a partire da relazioni oggettuali idonee. George e Mitchell, introducendo il
modello kleiniano, hanno affermato che la pulsione può essere dedotta solo attraverso l’oggetto,
poiché sono le relazioni oggettuali che si creano a dar ragione del tipo di pulsione; inoltre,
specifiche relazioni sono in grado di influenzare quelle che l’individuo creerà nel corso della vita
futura.
Melanie Klein, quindi, ha definito un oggetto interno come la rappresentazione psichica di altro, che
il soggetto utilizza per capire come comportarsi nel mondo esterno e, pure, per provare a prevedere
il comportamento altrui. Gli oggetti interni sono, inoltre, i resti a livello mentale di quelle che sono
state le relazioni più importanti della persona. L’oggetto, quindi, passa da essere concreto (nel
modello pulsionale) a costituirsi come un’immagine (con Klein) ed il mondo interno dell’uomo
appare costellato di oggetti interni.
Melanie R. Klein. Tra pulsioni e relazioni
Freud ha fatto riferimento, per spiegare la malattia dei suoi pazienti e facendo leva sui loro ricordi,
all’infanzia, pur senza essersi mai occupati di osservazioni dirette su bambini. Melanie Klein, al
contrario, ha scelto i bambini come pazienti ed ha proposto le sue teorie sull’infanzia come un
ampliamento del pensiero freudiano: ciò nonostante, è stata accusata di aver tradito l’ortodossia
psicoanalitica e dalla dispute che ne è nata si sono originati tre correnti nella Società Psicoanalitica:
- gruppo “A” orientato verso l’ideologia kleiniana;
- gruppo “B” fedele a Freud;
- Middle Group raccoglieva la maggioranza degli analisti, tra cui Winnicott.
Klein, sebbene abbia parlato di relazioni oggettuali, non rientra nel modello delle relazioni di
oggetto, dal momento che l’oggetto che ha studiato (la madre) l’ha considerato interno e non
esterno.
La vita
Melanie Klein è nata a Vienna, in una famiglia di origine ebraica, da un padre molto più vecchio ed
emotivamente scostante ed una madre invece disponibile ed intellettualmente vivace. Si è sposata, a
21 anni, con l’ingegnere Klein, per poi capire quanto il matrimonio avesse deluso le sue aspettative
e provare un senso di solitudine inserito in un quadro depressivo: per cercare di chiarire questo
aspetto, è entrata in analisi da Ferenczi, che ha avuto il merito di ispirare il suo interesse verso
l’infanzia; il successivo incontro di Klein con Freud ha formalizzato l’ingresso di lei nel mondo
della Psicoanalisi. Con il crollo dell’Impero Austro-Ungarico e l’antisemitismo dilagante, Klein ha
accettato l’invito di Abraham a trasferirsi a Berlino, ove si è stabilita con i tre figli, una volta
separata dal marito. Qui ha continuato la sua analisi infantile, senza mai ricevere il consenso dei
colleghi, eccetto Abraham, che è stato anche il suo terapeuta fino a che non è mancato. Klein si è
trasferita, quindi, a Londra, ove le sue idee hanno riscosso molto successo al punto da allarmare lo
stesso Ferenczi, che ne ha messo al corrente Freud. Lo scontro si è giocato, però, tra Klein e la figlia
del Maestro Anna Freud e si è protratto a lungo; un inasprimento ha avuto luogo con lo spostamento
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in Inghilterra di molti analisti provenienti dalla Germania, a seguito dell’avvento nazista, analisti
fedeli all’ortodossia freudiana. Klein, in particolare, ha rimproverato in Anna Freud il fatto di
escludere la nevrosi di transfert nel bambino e, quindi, di eliminare l’elemento necessario all’analisi
a priori. Il confronto con Vienna l’ha stimolata ad approfondire ulteriormente il suo lavoro e Klein è
stata produttiva fino alla fine, sopraggiunta dopo la rimozione di un tumore in un contesto di forte
solitudine, la stessa che aveva caratterizzato la sua giovinezza.
L’analisi infantile
Nella descrizione dello sviluppo di Freud, una posizione di rilievo è occupata dall’evoluzione della
libido, che si articola negli stadi psicosessuali: una fissazione od una regressione ad uno di essi può
determinare il ritorno ad un funzionamento precedente , nonché un blocco della libido che causa un
soddisfacimento inadeguato del desiderio.
Anna Freud, per spiegare la genesi di una nevrosi infantile, ha fatto riferimento allo sviluppo dell’Io
ed alla sua capacità di arginare le pulsioni ed ha descritto, quindi, una condizione di “normalità”
come caratterizzata da un buon equilibrio tra l’Io e le pulsioni dell’Es, ovvero da un’adesione al
principio di realtà nella gratificazione dei propri bisogni e desideri. Il sintomo nevrotico si configura
come segno dell’incapacità dell’Io a compiere il suo ruolo di controllo sulle pulsioni. L’analisi del
bambino, comunque, implica una serie di difficoltà che sono legate ai seguenti fattori:
- la sua immaturità;
- la sua non consapevolezza del problema;
- la mancanza di una motivazione a raggiungere una condizione di “normalità”.
Per condurre l’analisi infantile è fondamentale instaurare una relazione di transfert, che agevoli
l’interpretazione dei sogni, delle difese e dei disegni, i quali sono il principale strumento
comunicativo, al contrario delle libere associazioni, valide solo per l’adulto. Il gioco, invece, non è
interpretabile perché si basa sul principio di piacere ed è proprio questo il massimo impedimento a
fare della psicoanalisi infantili. La funzione del terapeuta, quindi, è di tipo educativo, ma a questa si
associa il fornire al bambino un Io ausiliario per permettergli di superare l’angoscia ed il favorire le
sublimazioni.
Klein, al contrario, ha proposto che ci si trovi di fronte ad una nevrosi ogni qual volta il bambino si
mostri incapace di superare un conflitto psichico: particolari indici rivelatori di angoscia sono le
fobie, i disturbi del sonno e dell’alimentazione, i disturbi funzionali come i tic, l’incontinenza
urinaria e turbe psicomotorie; tutti questi hanno in sé un valore simbolico, che consente di
individuare il momento evolutivo a cui sono legati. Secondo la prospettiva kleiniana, comunque,
l’assenza di sintomi non è indicativa dell’assenza di una nevrosi, dal momento che poterebbe celare
una repressione pulsionale eccessiva da parte del bambino: di conseguenza, due criteri utili per
rilevare un conflitto sono, anche, l’adattamento eccessivo alle esigenze educative e la rimozione
della vita immaginativa. Essendo il gioco un’attività naturale per i bambini, una sua inibizione non
può che essere considerata come associata ad ansia e sensi di colpa, nonché una manifestazione del
fatto che il bambino, che non trova piacevole il gioco, si stia difendendo dalle fantasie in esso
riprodotte. Altri criteri importanti sono costituiti dalla reazione al bambino di fronte ad un regalo,
che può essere di delusione od indifferenza se i regali diventano simbolo di doni d’amore a cui egli
ha dovuto rinunciare, a cui si aggiunge la tolleranza alla frustrazione e, in questo ultimo caso, sia un
desiderio non gratificato sia una richiesta di adattamento all’ambiente possono condurre ad un
vissuto punitivo. Tutti questi elementi diagnostici non vanno a valutare le capacità adattive del
bambino, bensì le risorse di cui egli dispone o meno per la risoluzione dei suoi conflitti. Il sintomo,
di conseguenza, non deve essere eliminato ma compreso, in modo tale da capire come la nevrosi
inibisca lo sviluppo. Klein, quindi, ha individuato nella tecnica del gioco la via regia all’inconscio
infantile (soprattutto a seguito degli insuccessi riportati con il metodo verbale, pure quello del
colloquio libero), dal momento che è in esso che vengono riprodotti, in forma simbolizzata, le
fantasie e le esperienze; l’analisi del bambino, eccezion fatta che per la tecnica, è di per sé uguale a
quella dell’adulto. L’intento dell’autrice era quello di utilizzare il gioco per scoprire il rimosso del
bambino ed i suoi punti di fissazione, per eliminare le inibizioni e per promuovere nuovi interessi.
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Nel gioco, il bambino esprime pulsioni sessuali ed aggressive e fa assumere ai suoi personaggi dei
ruoli diversi, il che gli consente di superare i conflitti che prova, nel mondo reale, con quei
personaggi. Il gioco che ha luogo durante una seduta analitica, però, non è quello naturale, in quanto
influenzato dalla presenza del terapeuta: esso viene sollecitato attraverso la presenza di giocattoli
tradizionali, di altri facenti leva sull’immaginazione del bambino (per esempio, il materiale per
disegnare) e, infine, di un lavandino. Fondamentale nel processo del gioco è l’invenzione dei
personaggi: attraverso queste personificazioni, il bambino può esprimere le proprie identificazioni e
soddisfare fantasmaticamente i suoi desideri; questo non accade nel caso dei bambini schizofrenici,
che ripetono solo azioni in modo monotono e non danno luogo ad alcuna personificazione. Il gioco
del bambino è rivelatore del tipo di atteggiamento che egli ha nei confronti del mondo reale.
Un’altra ipotesi di Klein ha a che fare con la formazione del Super Io, che avverrebbe con il
passaggio da un Super Io minaccioso ad uno più reale ed ispirato alle figure genitoriali, con un
passaggio attraverso personificazioni con qualità buone e cattive. L’analisi del gio