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LO SVILUPPO COGNITIVO
Lo sviluppo cognitivo nella sua interezza comprende lo sviluppo della percezione, del linguaggio,
della memoria, dell’apprendimento e dell’azione. E’ da tempo riconosciuto ad esempio, che il
linguaggio non sia un’abilità isolata ma si sviluppa in stretto rapporto con le abilità cognitive. La
ricerca sui processi cognitivi e sullo sviluppo comporta inevitabilmente che i ricercatori partano
da qualche pre-concezione sull’oggetto del loro studio: in che cosa consista la conoscenza, quale
sia la natura dei concetti e come si possa definire la correttezza e la pertinenza dell’oggetto. Le
diverse teorie dello sviluppo cognitivo inevitabilmente risentono dell’eredità di approcci
filosofici, spesso diversi tra loro. Malgrado la psicologia sia un scienza affermata, certe radici
filosofiche esistono e, anche se lontane, non possono essere dimenticate.
L’approccio empirista: la cultura scientifica inglese e americana risente di un’influenza diretta
o indiretta della filosofia empiristica di Locke, Hume, Bacon. Secondo questa, la coscienza è
principalmente induttiva e derivata dall’esperienza attraverso associazioni. La psicologia
comportamentista è la più vicina a questa corrente filosofica. Essa spiega il formarsi di abilità
complesse in termini di associazioni fra stimoli e risposte; i concetti si formerebbero mediante
l’apprendimento a discriminare percettivamente le caratteristiche di ciascun tipo di oggetti. Le
differenze tra individui sarebbero di solito dovute a differenze ambientali e di esperienza.
Secondo questo approccio, sviluppo e apprendimento sono difficilmente distinguibili poiché lo
sviluppo cognitivo non sarebbe altro che l’accumularsi di successivi apprendimenti nel corso
degli anni. Tuttavia, va riconosciuto che anche le ricerche condotte in ambito comportamentista
hanno prodotto qualche risultato interessante; ad esempio, si è constatato che bambini di età
diverse hanno modi di apprendimento qualitativamente diversi: infatti si è riscontrato che i
bambini di 5/6 anni hanno capacità di predizione, cosa che i bambini al di sotto dei 5 anni non
hanno. Tuttavia il comportamentismo non riesce a spiegare il perché di queste differenze; per
spiegarle infatti bisogna avere una buona teoria del sistema umano di elaborazione delle
informazioni e del suo sviluppo con l’età. Anche alcuni approcci teorici cognitivisti risentono di
una matrice filosofica empiristica in quanto privilegiano il ruolo dell’esperienza (esempio dei
bambini che giocano a scacchi e adulti che ricordano le cifre).
L’approccio razionalista: alcune correnti psicologiche del ‘900, soprattutto quella della Gestalt,
si sono distinte soprattutto per la critica ai presupposti dell’empirismo, dimostrando che i
fenomeni psicologici, dalla percezione al ragionamento, non sono riconducibili ad associazioni
tra elementi semplici, ma comportano sempre strutture mentali più complesse. Per quanto
riguarda la psicologia dello sviluppo cognitivo, il più importante ricercatore che ha attribuito
grande importanza alle strutture della mente è senz’altro Jean Piaget. Egli ritiene che buona
parte dell’attività mentale consista nell’assimilazione delle informazioni disponibili alle
strutture di cui la mente è costituita. Tali strutture non sono però innate, ma si sviluppano
attraverso quattro successivi stadi:
- Stadio senso-motorio: dura circa un anno e mezzo e le strutture mentali che lo
caratterizzano sono schemi percettivi e motori. Con tali schemi il bambino può esplorare
l’ambiente, apprendere abitudini, combinare più schemi per risolvere problemi pratici
Stadio intuitivo o preoperatorio: il bambino usa simboli e possiede semplici regole e
- concetti, negli ultimi anni di questo periodo è anche in grado di utilizzare giudizi
relazionali (Paolo è più alto di Francesca), ma non sa ancora coordinare concetti e giudizi
in vere e proprie operazioni logiche.
Stadio delle operazioni concrete: questa coordinazione diviene possibile in questo
- stadio, che inizia intorno ai 7 anni. Secondo Piaget, le strutture mentali del bambino ora
gli consentono di interpretare la realtà secondo schemi logici di classificazione.
Stadio delle operazioni formali: inizia nella preadolescenza; secondo Piaget a quest’età
- sono possibili anche forme di ragionamento ipotetico, che utilizzano schemi logici come
l’implicazione (e se…) e l’implicazione reciproca (se e solo se…)
Un’eredità razionalista ancor più estrema si può ritrovare nelle teorie innatiste, che cercano di
individuare già nella mente del neonato i capisaldi di tutto lo sviluppo mentale successivo; ciò
non significa naturalmente che il neonato abbia già le conoscenze matematiche o biologiche di
un adulto; ciò che si sostiene è che l’organizzazione modulare della mente sia innata, e che, per
ogni modulo, sia già presente alla nascita qualche meccanismo basilare per elaborare certe
informazioni. Tuttavia anche le teorie razionaliste risentono di non poche critiche e controversie
scientifiche, ma tuttavia non vi è dubbio che queste teorie abbiano comunque prodotto ricerche
importanti che contribuiscono alla nostra conoscenza dello sviluppo cognitivo.
L’approccio costruttivista: nell’epistemologia contemporanea è emersa una corrente chiamata
costruttivismo, il cui tema di fondo è la costruzione della conoscenza: questa non proviene da
una realtà oggettiva esterna, come per gli empiristi. Non sarebbe né soggetti va né oggettiva,
ma viene costruita dal soggetto attraverso le proprie attività sull’oggetto. Anche per quanto
riguarda il costruttivismo il primo nome a cui si fa riferimento è quello di Piaget; le sue idee sul
ruolo delle strutture della mente sono vicine a quelle della tradizione razionalista, ma le sue
idee sui cambiamenti di queste strutture (sui processi che lui chiama accomodamento ed
equilibrazione) attingono direttamente al costruttivismo. Secondo Piaget il bambino può trovarsi
in uno stato di conflitto cognitivo quando gli arrivano delle informazioni contradditorie; può
arenarsi nel conflitto, ignorando queste informazioni contradditorie, oppure può superare il
conflitto riuscendo ad utilizzare le informazioni contradditorie per superare i limiti delle
strutture cognitive preesistenti e costruire una nuova struttura cognitiva. Ecco come si formano i
diversi stadi di cui parla Piaget. Un gruppo di teorie dello sviluppo cognitivo, chiamate
neopiagetiane (Halford, Fischer, Case), mantengono alcune parti del pensiero piagetiano;
un’idea di base delle teorie neopiagetiane è che lo sviluppo del pensiero non consista
nell’acquisire strutture logiche, ma nella capacità di elaborare un crescente numero di
informazioni. I neopiagetiani pongono in rilievo il concetto di una capacità limitata di memoria
di lavoro e propongono modelli secondo cui la crescita, con l’età, di tale capacità limitata
permette al bambino di elaborare i dati dell’esperienza in modo da costruire strutture cognitive
sempre più complesse; anche loro attribuiscono grande importanza all’azione pratica, alla
soluzione di problemi da parte del bambino e alla sua esperienza di situazioni di conflitto
cognitivo.
All’approccio costruttivista possiamo ricondurre anche il neurocostruttivismo. Questo approccio
teorico parte infatti dal presupposto che la mente umana adulta sia suddivisa in moduli che
possiedono ambiti diversi di conoscenza, negando però che qualche forma di rappresentazione
sia già presente alla nascita.
L’approccio storico-culturale: Lev Vigotskij occupa un posto particolare nella psicologia dello
sviluppo; la tesi centrale del suo pensiero è che la coscienza e le funzioni psichiche superiori
siano un risultato dell’interazione sociale. La comunicazione con gli altri, a sua volta, avviene in
un contesto culturale determinato, le culture umane hanno uno sviluppo storico; le culture
usano e inventano strumenti e segni (l’invenzione del fuoco ad esempio) con i quali comunicano
e trasmettono. La collettività insegna ai bambini l’uso di questi strumenti e, in tal modo,
contribuisce a instaurare le loro funzioni psichiche superiori. Secondo Vigotskij lo sviluppo,
inizialmente frutto di tendenze naturali, si avvale in seguito dell’utilizzo di strumenti che
fungono da supporto esterno nella risoluzione dei problemi. Attraverso l’interiorizzazione di
questi strumenti si passa da processi psichici elementari a processi psichici più complessi.
Secondo Vigotskij il ruolo del protagonista è occupato dal linguaggio e dalla scrittura; è
soprattutto col linguaggio che si comunica, e il linguaggio è un potente strumento di regolazione
del comportamento altrui e proprio. Il linguaggio è in primo luogo un comportamento sociale,
ma la sua interiorizzazione da un contributo allo sviluppo del pensiero, alla formazione dei
concetti, al controllo del proprio comportamento e al funzionamento della coscienza.
L’acquisizione della scrittura e in generale la scolarizzazione costituiscono per Vigotskij un
contesto fondamentale per interiorizzare gli strumenti culturali e sociale; anche la capacità di
ragionare astrattamente dipende dalla scolarizzazione. Il lavoro di Vigotski terminò bruscamente
in seguito alla sua morte, avvenuta a 38 anni, e purtroppo le sue teorie vennero presto
dimenticate, soffocate dal clima ostile e soffocante della dittatura staliniana.
BRUNER: Uno dei suoi principali contributi teorici consiste nella proposta di tre diverse forme di
rappresentazione, o sistemi di codifica, che compaiono in successione e che, una volta presenti
e ben sviluppati, non eliminano quelli precedenti ma coesistono con essi:
Rappresentazioni esecutive, che si basano su procedure d’azione motoria, ossia sulla
- rappresentazione di uno scopo e degli atti necessari per raggiungerlo.
- Rappresentazioni iconiche, basate cioè su immagini mentali che mantengono una forte
somiglianza con la realtà pur senza riprodurla esattamente.
- Rappresentazioni simboliche, che iniziano verso i 18 mesi e si sviluppano sino
all’adolescenza. In quest’ambito Bruner riconosce due forme di pensiero, quello logico-
scientifico, orientato a coerenza e verità, e quello narrativo, orientato a intenzioni e
verosimiglianza. Bruner condivide con Vigotskij l’importanza e il ruolo centrale del
linguaggio nel costruire rappresentazioni simboliche e condivide anche il pensiero
secondo cui la società e la cultura siano teatro di apprendimento.
Anche altri autori hanno indagato l’influenza del contesto culturale sullo sviluppo cognitivo:
Cole, Sharp studiano un’etnia liberiana, i Kp