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L’apprendimento è quel processo mediante il quale nuove conoscenze o capacità vengono acquisite
o perfezionate attraverso l’esperienza. Lo sviluppo fa riferimento alla dimensione qualitativa del
cambiamento. Esso comprende l’insieme dei cambiamenti che avvengono nel tempo nelle diverse
aree del funzionamento mentale grazie all’interazione tra le potenzialità dell’individuo, inscritte nel
patrimonio biologico, e l’esperienza, intesa come esperienza sia individuale sia come derivante
dall’esposizione all’ambiente specie-specifico. Significa assumere un punto di vista dinamico,
secondo il quale il processo di sviluppo è inteso come una sequenza di trasformazioni anziché come
una sequenza di prodotti, all’interno del quale ogni nuova capacità viene vista come il prodotto di
abilità anche molto diverse presenti nel repertorio comportamentale in momenti precedenti dello
sviluppo, e come base per l’emergere di nuove e più complesse capacità future.
L’interesse degli psicologi dello sviluppo cognitivo è rivolto in particolare al tentativo di spiegare in
che modo l’uomo acquisisce nel corso del tempo il proprio patrimonio di conoscenze sul mondo.
L’interesse della psicologia che si occupa di studiare lo sviluppo cognitivo è rivolto a spiegare
l’emergere della creatività (ovvero la possibilità di accedere consciamente alla propria conoscenza,
utilizzandola in modo flessibile per scopi sempre diversi), ossia all’individuazione dei processi
attraverso i quali, durante lo sviluppo, la conoscenza immagazzinata nella mente del bambino si
modifica progressivamente, essendo trasformata e ridescritta in formati sempre più flessibili e
accessibili alla coscienza.
Anziché utilizzare lo studio del bambino come un fine, alcuni ricercatori lo utilizzano come uno
strumento teorico per esplorare la cognizione umana. Questi ricercatori non sono interessati tanto al
comportamento osservabile e all’età particolare alla quale i bambini riescono a svolgere un
determinato compito, ma piuttosto alle modalità o procedure che vengono messe in atto dai bambini
per giungere alla soluzione del compito stesso. Un approccio evolutivo può consentire di analizzare
il funzionamento indipendente di alcuni processi in momenti successivi dello sviluppo caratterizzati
da crescenti livelli di integrazione.
Le domande centrali delle teorie dello sviluppo cognitivo
Le domande centrali delle teorie dello sviluppo cognitivo sono fondamentalmente quattro:
1. Che cosa si modifica nel corso dello sviluppo e come avvengono questi cambiamenti?
2. Lo sviluppo coinvolge in ogni momento in modo uniforme tutto il sistema cognitivo, o ha
luogo secondo modalità diverse per ogni specifica area della conoscenza, ossia per ogni
dominio dell’attività cognitiva?
3. Qual è il rapporto tra fattori biologici ed esperienza nella determinazione dei cambiamenti
che avvengono nel corso dello sviluppo?
4. Lo sviluppo è un processo che avviene in modo continuo o discontinuo?
Domanda 1:
La prima domanda riguarda la struttura organizzativa di base del sistema cognitivo. Benché a livello
teorico sia plausibile pensare che sia necessario capire prima cosa si sta sviluppando, per poi
spiegare come tale sviluppo si verifica, la maggior parte delle teorie si è fermata al primo di questi
livelli. In parte questo deriva dal fatto che, dal punto di vista metodologico, studiare cosa si sviluppa
è indubbiamente più facile che studiare come avviene lo sviluppo. Le diverse teorie dello sviluppo
cognitivo possono essere articolate in tre diversi livelli, ciascuno dei quali si situa in un punto
diverso di un ipotetico continuum che va dalla descrizione alla spiegazione del cambiamento
evolutivo. Le teorie cosiddette di I livello, ossia il livello dei compiti, offrono una spiegazione delle
differenze legate all’età nelle capacità cognitive relative a un compito specifico registrate tra un
tempo t1 e un tempo successivo t2. Le teorie di II livello, ossia del livello dei domini, offrono una
spiegazione valida per tutti i compiti relativi a un singolo dominio dell’attività cognitiva, ossia a una
singola e specifica area della conoscenza. Infine, le teorie di III livello individuano i principi
elementari di organizzazione del sistema cognitivo, ossia i processi di base innati dei quali il
sistema si serve per estrarre l’informazione dall’ambiente e per elaborarla. Tale insieme di principi
costituisce tutto ciò che viene chiamata l’architettura dell’attività cognitiva. Una teoria di I livello
consiste essenzialmente in un modello descrittivo di ciò che accade all’interno di uno specifico
compito cognitivo. Diversamente, una teoria di II livello offre una spiegazione del funzionamento
cognitivo all’interno di un’area della conoscenza e, a partire da alcuni principi generali, consente di
spiegare le modificazioni osservate nel comportamento rispetto a una varietà di compiti specifici.
Analogamente, una teoria di III livello dovrebbe offrire un quadro generale all’interno del quale
spiegare il funzionamento della mente in tutti i domini della conoscenza e in tutti i compiti cognitivi
relativi a ciascun dominio. L’esistenza di una teoria di III livello non è una possibilità accettata da
tutti.
Domanda 2:
Ci si deve chiedere se, quando si verifica un cambiamento in un aspetto del funzionamento
cognitivo, esso influenza simultaneamente tutte le altre aree del funzionamento cognitivo, oppure se
non si debba concepire lo sviluppo come un processo che avviene secondo modalità specifiche
all’interno di ciascun dominio della conoscenza. La risposta a questa domanda deriva dal modo in
cui i diversi modelli teorici hanno immaginato l’architettura della mente. Dominio-generale o
dominio-specifica. Per comprendere a fondo il significato della dicotomia tra questi due tipi di
architettura cognitiva, è necessario comprendere il significato del termine dominio, che è l’insieme
specializzato delle rappresentazioni che fanno da supporto a una specifica area della conoscenza, e
delle procedure che servono per manipolare tali rappresentazioni. Esempi classici di domini della
conoscenza sono il linguaggio, la matematica, la fisica o la musica. All’interno di ciascun dominio è
poi possibile individuare dei sottosistemi di conoscenze, che chiameremo microdomini. Alcuni
modelli teorici, per esempio quello stadiale di Piaget, hanno proposto una concezione dominio-
generale dello sviluppo, secondo la quale cambiamenti di portata generale si verificherebbero
simultaneamente e secondo modalità simili nei diversi domini dell’attività cognitiva, la quale
sarebbe sostenuta in ogni momento dello sviluppo da un’unica struttura cognitiva sottostante, che
controlla in modo unitario tutto il funzionamento mentale. Al contrario, una visione alternativa dello
sviluppo consiste nel sostenere che i cambiamenti che si verificano nel corso dello sviluppo
avvengono, o possono avvenire, in tempi diversi per domini o microdomini differenti. Ciò significa,
per esempio, che un particolare cambiamento potrebbe avvenire prima per il linguaggio e poi per la
matematica.
Domanda 3:
Il tentativo di spiegare i processi di sviluppo, ossia di rispondere alla domanda relativa al come
avviene lo sviluppo, implica la necessità di individuare i possibili fattori che determinano il
cambiamento durante l’ontogenesi. Proprio su questo punto si è sviluppata un’ampia controversia: il
dibattito nature-nurture, ossia natura-cultura. Con il termine natura ci si riferisce al patrimonio
biologico, ossia alla dotazione genetica. Con il termine cultura ci si riferisce all’ambiente fisico e
sociale di cui facciamo esperienza nel corso della nostra vita.
Anche se la maggior parte dei modelli teorici nati nell’ambito della psicologia dello sviluppo
considera lo sviluppo come il prodotto dell’interazione tra fattori innati e fattori acquisiti attraverso
l’esperienza, le diverse teorie differiscono fortemente per il peso che assegnano all’uno o all’altro
dei due fattori considerati. La complessità del rapporto tra fattori biologici ed esperienza nella
descrizione dello sviluppo è ben rappresentata dal concetto di epigenesi. Il concetto di epigenesi
spiega il modo in cui si formano le strutture complesse dei sistemi adulti in termini di interazione.
La mente umana, al pari di ogni altra struttura biologica che si sviluppa, procede da uno stato di
relativa globalità, indifferenziazione e disorganizzazione a uno stato di progressiva diversificazione
e crescente complessità attraverso continui scambi tra il sistema e l’ambiente. Il biologo ed
embriologo Conrad Waddington cercò di illustrare questo concetto attraverso il disegno che
rappresenta quello che l’autore ha chiamato paesaggio epigenetico. In questo disegno, lo sviluppo
ontogenetico è analogo al percorso della palla, che all’inizio del suo percorso può muoversi
indifferentemente in diverse direzioni senza che ciò influenzi in nessun modo il suo percorso futuro.
Via via che lo sviluppo procede e la palla avanza, il paesaggio diventa ricco di pendii e di valli, che
rappresentano i possibili percorsi evolutivi che il fenotipo può intraprendere a seconda delle
condizioni ambientali. Il concetto di epigenesi si oppone a quello di preformazione, secondo il quale
la forma finale che la struttura biologica in evoluzione assumerà è predeterminata fin dall’inizio, e
lo sviluppo consiste semplicemente nella graduale realizzazione ed esplicitazione delle istruzioni
inserite nei programmi genetici contenuti nel DNA dell’individuo.
L’idea dell’esistenza di una relazione causale diretta e unidirezionale tra la maturazione di
specifiche aree del cervello o particolari strutture muscolari e l’emergere di nuove funzioni e abilità
sensoriali, motorie e cognitive è alla base dell’approccio cosiddetto maturazionista allo studio dello
sviluppo. Parlare di processi maturativi significa fare riferimento a quegli aspetti dello sviluppo
dell’organismo che sono geneticamente predeterminati e che emergono indipendentemente
dall’esperienza. In linea con tale definizione, il maturazionismo sosteneva che tutte le nuove abilità
che emergono nel corso dello sviluppo sono il risultato della maturazione delle strutture neurali e
muscolari che controllano il comportamento, e che l’esperienza e gli input sensoriali non possono
influenzare in nessun modo questo processo. I maturazionisti ritenevano che la maturazione del
sistema nervoso avvenisse in tutte le specie animali secondo una sequenza fissa e invariante,
specificata a livello genetico. Il comportamento, quindi, era visto come un prodotto passivo della
maturazione neu