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2. COMUNICAZIONE NELLA GESTIONE DEI CONFLITTI
Il conflitto è un fenomeno che pervade tutte le forme di vita sociale e risulta difficile da gestire. All’origine del conflitto ci sono 3
elementi: la presenza di risorse scarse, la presenza di parti portatrici di interessi divergenti su come suddividere la questione e
la sussistenza di ambiguità riguardo ai criteri in base ai quali è giusto suddividere la risorsa scarsa. Spesso le risorse scarse
oggetto del conflitto possono essere anche di tipo emotivo; in questo caso la posta in gioco è l’identità, il proprio valore personale.
I conflitti si possono essere di 2 tipi: emotivi, che hanno spesso conseguenze degenerative per le persone perché fanno sedimentare
umiliazioni e rancori fra le parti, e cognitivi, che possono anche trasformare il conflitto in un’opportunità di crescita e sviluppo per le
parti coinvolte. Infatti sollecitare l’emergere dei conflitti di tipo cognitivo all’interno delle organizzazioni migliora la comunicazione
fra i gruppi.
C’è però un’ulteriore distinzione fra le tipologie di conflitto in base al modo in cui si struttura la divergenza di interessi tra le parti.
Le parti possono percepire le loro divergenze di interessi come inconciliabili perché si ritengono portatrici di priorità sovrapposte e
incompatibili; queste percezioni determinano l’interpretazione del conflitto come un gioco a somma zero. Le parti sono convinte che
ogni vittoria che concedono alla controparte si tradurrà in una perdita di uguale valore che essi dovranno soffrire, cioè se l’aver
consentito di ottenere un punto alla controparte significa per l’altra perdere un punto, la somma dei valori che si sono determinati è
pari a zero; si crea così un clima competitivo con distorsioni e chiusure comunicative e percezione della controparte come nemico. In
certi casi le parti possono essere consapevoli che le loro divergenze di interessi non sono speculari e inconciliabili: in questo caso il
conflitto diventa un gioco a somma variabile. Dunque la varietà dei conflitti interpersonali si può ricondurre a 3 macrocategorie: i
conflitti di tipo emotivo, i conflitti di tipo cognitivo caratterizzati da percezione a somma zero e i conflitti di tipo cognitivo
caratterizzati da percezioni a somma variabile. La comunicazione è un elemento fondamentale nei processi negoziali.
Le parti possono essere portatrici di rappresentazioni della situazione conflittuale tali da rendere difficile il raggiungimento di una
risoluzione positiva della disputa. Bisogna dunque focalizzare le strategie comunicative utili a contrastare e a contenere la tendenza a
costruire interpretazioni disfunzionali del conflitto.
• Al fine di neutralizzare la sacralizzazione dei temi di discussione è necessario promuovere l’adozione di un approccio
comunicativo econometrico basato su una definizione monetaria delle questioni in gioco. Sempre a riguardo delle questioni
di principio c’è la sensibilità individuale alle minacce del sé, cioè una definizione insicura e incoerente del concetto di sé.
In certe situazioni molto particolari una persona potrebbe sentirsi minacciata anche quando viene contestata una sua
argomentazione relativa al problema oggetto di discussione. Al fine di evitare chiusure e irrigidimenti bisogna evitare le
comunicazioni ostili ma anche esprimere comunicazioni mirate a rassicurare e a rafforzare il valore e la dignità.
• La sovrastima della posta in gioco è determinata dal timore che, qualora i conflitto si risolvesse a proprio svantaggio, si
venga a creare un pericoloso precedente che darà il diritto alla controparte vincente di esigere in futuro lo stesso
trattamento. È opportuno dunque adottare uno stile comunicativo mirato a sottolineare la specificità e l’eccezionalità della
situazione contingente.
• Gli individui tendono a non vedere quando devono valutare le ripercussioni di lungo periodo in un conflitto mal gestito.
Qui la strategia comunicativa consiste nel ridare alla relazione quella profondità progettuale che durante le fasi più accese
del conflitto può apparire appiattita. Quando le parti hanno raggiunto una prospettiva lungimirante e cooperativa si può
parlare di maturità delle parti e i tipi di comunicazione che possono fare questo sono la comunicazione persuasiva
retorica, ovvero il tentativo di sostenere una certa idea attraverso le argomentazioni più forti, mirata a stimolare la
modalità di pensiero analitico -razionale caratterizzata da processi lenti, astratti e simbolici, che mira a cambiare gli
atteggiamenti attraverso considerazioni logiche e valutazioni di argomenti, e la comunicazione persuasiva di tipo
narrativo, ovvero il sostenere un’idea trasportando il ricevente in una storia che possa catturare la sua attenzione, che mira
a far apparire i fatti narrati simili ad una reale esperienza del ricevente, è mirata a stimolare le modalità di pensiero
analogico – esperenziale.
• Interpretare i comportamenti di difesa della controparte come comportamenti di attacco creando così un’escalation
del conflitto. Si crea una spirale di reciprocità negativa in cui nessuno ha intenzione di produrre escalation ma si vuol fare
giustizia. Si può risolvere la situazione con l’approccio GRIT, la tecnica della plateale iniziativa conciliatoria. Una delle
due parti decide di interrompere la spirale delle ostilità compiendo un gesto di riconciliazione che sia costoso e
impegnativo da mettere in atto, molto visibile, inaspettato e stimolante alla riflessione, non opportunistico e interessato e
sostenuto per un periodo necessario a far maturare la controparte. Questa tecnica perde la sua efficacia se non è
accompagnato da una strategia comunicativa che persuada la controparte della forza delle intenzioni cooperative di colui
che la implementa. Lo scopo della GRIT è quello di arginare il fenomeno che anche i gesti compiuti con le migliori
intenzioni possano venire interpretati come affronti o come gesti mossi da volontà ostile.
Per descrivere le strategie negoziali Pruitt e Ruben hanno proposto il modello dei due interessi. Alla base vi è l’assunzione che le
strategie che il negoziatore deciderà di adottare sono determinate dalla combinazione delle motivazioni che lui ha in tutta la trattativa
e le motivazioni fondamentali sono riducibili a 2: ottenere il più elevato rendimento per sé, aiutare la controparte a massimizzare i
profitti. Dalla combinazione di questi nascono 5 strategie:
• Alta motivazione a massimizzare i propri benefici e bassa a contribuire ai rendimenti della controparte: la strategia
dominante è quella della contesa che è inefficace nei contesti organizzativi ma efficace dove si vuole realizzare un
risultato individuale. Lo stile comunicativo è caratterizzato da argomentazioni con finalità persuasive e manipolative,
minacce, irremovibilità, accuse, critiche, toni antagonisti, domande aggressive. I negoziatori si ritengono comunicatori
competenti se dosano questo stile comunicativo in un contesto cooperativo.
• Contrario precedente: strategia concessione. Ci possono essere tanti fattori che portano a ridimensionare le proprie
richieste per assecondare la controparte: timore che la trattativa si rompa, volontà di ingraziarsi la controparte, essere in
debito con la controparte, ecc. lo stile è caratterizzato da dichiarazioni di accettazione, rifiuto di esprimere i propri
bisogni, inviti all’armonia e alla conciliazione. Il negoziatore viene visto come appropriato nel gestire la relazione
conflittuale.
• Entrambe basse: strategia inazione o evitamento. I negoziatori si limitano a sospendere il loro impegno nella trattativa.
Questa strategia è efficace se la controparte soffre dei costi legati al tempo o è sfavorita dallo status quo. Talvolta
l’evitamento può essere usato per trovare una soluzione al conflitto. Lo stile è caratterizzato da affermazioni che negano
l’esistenza o l’urgenza del conflitto, formulazioni evasive, evitamento argomenti di discussione, diminuzione livello
interesse, commenti irrilevanti. Se entrambe le parti adottano questo stile si ha l’effetto congelamento. I negoziatori sono
concepiti come molto incompetenti e inappropriati.
• Entrambe elevate: strategia integrativa. I negoziatori si impegnano a cercare nuove opzioni e configurazioni di accordo
puntando a soddisfare i loro interessi con un’attività di problem solvine. Lo stile è caratterizzato da comunicazioni
analitiche e conciliative; i negoziatori sono concepiti come competenti, efficaci, appropriati.
• Presenti entrambe ma in maniera modesta: strategia compromissoria. Un compromesso si raggiunge con molta velocità
lasciando però scontente entrambe le parti. Lo stile è caratterizzato da appelli al raggiungimento veloce di un accordo,
inviti a raggiungere una posizione intermedia, appelli a dividere in due le differenza. I negoziatori sono concepiti come
competenti, efficaci e appropriati.
Spesso un negoziatore adotta più strategie e stili comunicativi in uno stesso negoziato. La maggior parte delle trattative si conclude
arrivando ad un accordo sub – ottimale che non capitalizza pienamente la redditività del gioco a somma variabile che si sta
affrontando: le parti cioè risolvono il conflitto ottenendo meno rispetto a quanto era, potenzialmente, possibile ottenere. Si è dunque
affrontato un gioco a somma variabile come se fosse uno a somma zero.
Generare risorse in trattativa significa riuscire a capitalizzare le differenze fra le priorità delle parti rispetto alle diverse questioni
oggetto del conflitto. Se una delle due parti ha il coraggio di cedere sulle questioni per lei secondarie ma principali per l’altra si
raggiunge l’accordo ottimale; perché questo succeda ci devono essere strategie comunicative funzionali all’apertura reciproca delle
parti, alla scoperta delle differenze nelle loro configurazioni di interessi, alla generazione di soluzioni integrative.
L’accordo finale è correlato alla mera quantità degli scambi comunicativi: se la comunicazione è scarsa non si può sviluppare una
percezione accurata degli interessi della controparte.
I migliori negoziatori riescono a entrare in sintonia con la controparte con un approccio empatico: certe volte basta rispecchiare il
comportamento non verbale, quello paraverbale, lo stile verbale per conquistare la fiducia della controparte. Essi sono abili anche
nell’ascolto attivo, cioè nel far sentire l’altro accettato magari parafrasando quello che la controparte ha appena comunicato
chiedendo conferma della propria comprensione. Il negoziatore che ha conquistato credibilità può porre domande e 3 sono le più
generative:
• Supponiamo che su ogni questione su cui stiamo discutendo io cedessi com