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PERCHE’ SI GENERA UN CONFLITTO.
1) Il fatto che ci siano scarse risorse: non solo materiali ma anche di tipo
emotivo. Cioè quando entrano in gioco elementi come identità, autostima,
l’immagine personale.
Da qui diventano conflitti di tipo emotivo dove ci sono in ballo diversi elementi: i temi
oggetto di conflitto vengono sacralizzati quindi bisogna tentare di evitare la
sacralizzazione dei temi in discussione e la loro paralizzante elevazione a questioni di
principio che portano qualunque negoziazione a terminare. Cioè se i temi vengono
sacralizzati e cioè vengono inseriti temi emotivi la negoziazione non inizia neppure.
Ciò accade perché non siamo disposti a mettere in gioco mai l’immagine che abbiamo
noi stessi. Tenti di riportare l’oggetto della negoziazione su un livello che non ha a che
fare con il sistema di credenze dell’altro.
Altro elemento da tenere sotto controllo: non sovrastimare la posta in gioco
perché così rischiamo di mettere a repentaglio future negoziazione. Bisogna cercare di
ridimensionare l’oggetto in gioco, se non lo facciamo, quello diventa il punto su
cui si focalizza l’attenzione se gli forniamo troppo valore.
2) Ci sono due o più parti che sono portatori di interessi divergenti.
3) Relazioni ambigue con la controparte (ciò rende difficile la negoziazione e
può portare a generare un conflitto)
Conflitto di tipo cognitivo
Se viene opportunamente gestito si può trasformare in un opportunità che sia di
crescita per le parti. La strategia è ridare alla relazione quella profondità che
risulta appiattita durante le fasi più accese del conflitto.
COSA CERCHIAMO DI FARE IN UNA NEGOZIAZIONE:
Il miglior rendimento per se stessi e per la controparte. Il livello più alto possibile per
entrambi. Se il mio vicino sta meglio, sto meglio anch’io. Ciò mi serve per vivere nel
mondo. (Pruitt & Rubin, 1986)
Bisogna quindi dosare bene le menzogne in una negoziazione.
Dalla combinazione dei due fattori (bene per noi, per l’altro) si sviluppano diverse
strategie:
1) Strategia della contesa: si impiegano argomentazioni, suggestioni persuasive
all’orlo della minaccia. Altro interesso per i propri rendimenti e basso interesse
per il rendimento altrui.
2) Strategia del problem-solving: si cerca di trovare un accordo migliore per
entrambi. Non ci si siede più uno di fronte all’altro ma fianco a fianco.
3) Strategia compromissoria: c’è un accordo di tipo intermedio ed il vantaggio è
che è più facile da raggiungere. E’ molto veloce, è giocata verso il basso.
Lasciamo tutti un po’ andare la presa. Si rischia che nessuno dei due sia
veramente soddisfatto e che poi ci si debba risedere al tavolo della
negoziazione. Medio livello di interesse per i propri rendimenti e per quelli altrui.
4) Strategia di concessione: si concede all’altro soprattutto per la paura che si
interrompa la relazione, il tavolo di negoziazione. Cerchi di concedere all’altro
anche in un modo diverso: in un modo calcolato ed intenzionale perché ti riservi
per negoziazioni future quello che hai precedentemente concesso. Bassa
motivazione a massimizzare i propri rendimenti e alta motivazione a
massimizzare i rendimenti altrui.
5) Strategia dell’inazione: sospensione dell’impegno nella trattativa. E’ efficace
quando la controparte subisce il passare del tempo.
6) Ritirarsi dalla trattativa: i negoziatori ritengono che qualunque sia l’accordo
esso procurerà rendimenti inferiori allo status quo. Può avere risvolti positivi
quando usata come “pausa di decompromissione” e di raffreddamento.
I costituenti della negoziazione:
1) Le parti coinvolte
2) La matrice negoziale ossia lo spazio problemico. Il problema, gli elementi
del problema, lo spazio entro il quale negozi.
3) L’opzione limite: valore sotto il quale non ha alcun senso trovare un accordo
4) L’opzione obiettivo: quello che miriamo ad ottenere nell’ambito della
negoziazione
5) L’opzione richiesta: formulare richieste di apertura esattamente
corrispondenti ai loro obiettivi. È una strategia rara, non viene quasi mai
attuata.
Tavoli negoziali
Fino a che punto posso scomporre il problema in sottoparti del problema e
aprire diversi tavoli?
Secondo alcune teorie si possono dividere fino a 13 tavoli negoziali.
Il punto è che non si può solo scomporre l’oggetto in tavoli ma devo anche capire se ci
sono delle parti emergenti che potrebbero inserirsi nella negoziazione.
Ci sono una serie di domande che ci si pone una volta seduti ad un tavolo:
Quante e quali sono le parti coinvolte?
Qual è il livello di coesione interna tra le parti? Sono coesi dal
punto di vista delle strategie, degli obiettivi oppure ci sono
aspetti su cui divergono? Punteremo su quelli.
Qual è la probabilità che ci risiederemo di nuovo al tavolo di
negoziazione insieme?
Ci sono degli esempi del passato a cui possiamo ispirarci? Dei
precedenti che possono aiutarci nella negoziazione?
Quali sono le reali questioni in gioco? Spesso gli obiettivi da
raggiungere sono multipli. Bisogna cercare di capire l’obiettivo dell’altro,
nascondendo il nostro.
Cosa succede se il negoziato fallisce?
Chi firmerà l’accordo? Dobbiamo anche fare i conti col fatto che
portiamo avanti la negoziazione ma che non siamo noi che firmeremo
l’accordo finale.
Cosa si rischia di perdere? Spesso lo scopo della negoziazione è
evitare di perdere. Quali sono i reali rischi che corriamo?
Quali sono i costi temporali? Quanto realmente raggiungere un
accordo in tempi brevi sia importante per la controparte.
Sono necessari degli osservatori al tavolo negoziale? Gli
osservatori hanno una doppia faccia: garantiscono che la negoziazione
avvenga senza mettere in atto strategie di discomunicazione ma dall’altro
lato alcuni dati non possono essere usati al tavolo delle negoziazione se ci
sono osservatori esterni.
E’ possibile richiedere l’intervento di una terza parte? Questa fa da
aiuto e guida della negoziazione prima che si raggiunga il conflitto. Utile
anche in caso di stallo.
I possibili stili da adottare:
- Manipolativo: nasconde alcuni elementi, una parte degli obiettivi reali e cerca di
manipolare l’altro con varie strategie ingannevoli
- Competitivo: si alza sempre di più la posta in gioco con il rischio che si alzi pure la
tensione
- Cooperativo: come nella strategia di problem solving.
HMI: Comunicazione mediata dal computer
Con le nuove tecnologie la comunicazione è cambiata ed è migliorata.
La rete non è democratica, ma anarchica ossia vi è un’assenza di regole e
passano tutte le informazioni possibili.
In rete si diffondono informazioni (molto velocemente) non vere (senza filtri) che
influenzano la nostra vita, come ad esempio la relazione tra vaccini e autismo,
quindi le persone non vaccinano più i bambini. Questa è una situazione che può dar
vita a eventi pericolosi.
La nostra capacità di interagire è cambiata notevolmente in meglio.
All’inizio del terzo millennio i processi di comunicazione appaino profondamente
caratterizzati dall’influenza delle nuove tecnologie di comunicazione.
L’uso della rete e di internet ha introdotto nuovi modelli di comunicazione
attraverso modalità d’interazione assai diverse dalla comunicazione “faccia a
faccia” (face to face); diversi modi di parlare, interagire, si osa molto di più, identità
meno definita in rete rispetto alla vita reale.
È mutato anche il rapporto esistente tra soggetto e tecnologie informatiche: il
computer non e più considerato come un archivio o un calcolatore, ma come mezzo
di comunicazione con l’altro.
La comunicazione è un processo co-costruzione del significato che avviene “qui
e ora” nella conversazione. La comunicazione mediata dal pc cambia questa
prospettiva (ad una mail si può rispondere quando si vuole, invece ad una domanda
fatta da vicino si deve rispondere subito)
Per comunicazione mediata dalla nuove tecnologie qui si intende una forma di
comunicazione tra due o più persone ottenuta attraverso l’utilizzo di strumenti
tecnologici che effettuano una elaborazione digitale dell’informazione.
Caratteristiche dell’informazione digitale
L’informazione digitale può essere modificata più facilmente: tradurre
delle informazioni in numeri consente di modificare le informazioni facendo
ricorso a semplicemente a formule matematiche e a dei calcoli. In qualunque
momento è possibile ritornare alla situazione precedente.
Consente una più facile memorizzazione dell’informazione: le
informazioni espresse in formato digitale possono essere compresse in modo da
occupare meno spazio.
La trasmissione digitale è meno sensibili alla presenza di disturbi
(rumore di fondo o accento diverso dal nostro): non è legata al segnale che la
trasporta e il rumore che si sovrappone a quest’ultimo non ne altera la qualità.
Consente una facile integrazione tra i diversi canali: la digitalizzazione
rende uguali le informazioni proveniente da canali comunicativi differenti
facilitandone l’integrazione.
4 caratteristiche principali dei nuovi media:
Modularità: consente di utilizzare più volte uno stesso contenuto. Può essere
usata senza perderla.
La fruizione del contenuto è lasciata libera all’utente mediante l’interazione
(decidiamo noi quando interagire o usare dei contenuti).
Una serie di operazioni sui contenuti possono essere svolte in modo automatico
(si automatizzano delle procedure e si velocizza il lavoro).
Lo stesso contenuto può essere modificato producendo molte versioni a partire
dal medesimo template.
Variabilità
Interattività
Automazione
Interfaccia: insieme delle caratteristiche del medium che si pone in mezzo tra diversi
utenti), è il mezzo che sta tra gli utenti (pc, smartphone) e si usa un software affinché
gli utenti possano raggiungere il loro obiettivo (Es. Entro dallo smartphone su
Facebook; smartphone: interfaccia hardware, Facebook: interfaccia software).
Essa è l’elemento che determina la mia capacità di analizzare la quantità di
informazioni disponibile permettendomi di trovare l’informazione che mi interessa. Le
informazioni sono proposte tenendo conto delle nostre capacità cognitive. Deve essere
“user friendly” (no colori sgargianti, caratteri strani...) e a nostra misura.
Quattro fasi di HMI a