Psicologia dei processi cognitivi -Brandimonte
Anteprima
ESTRATTO DOCUMENTO
aspettativa e di una conoscenza. Se il ratto impara che il "premio"si trova in un certo luogo, perchè
quello è il luogo dove lo ha sempre trovato, mostreà sorpresa se questo non c'è. Che
l'apprendimento consista nell'acquisizione di rappresentazioni mentali è confermato anche, secondo
apprendimento latente
Tolman, dal proceso di il quale dimostra che attraverso l'esperienza si
posso creare nuove strutture cognitive (un animale che percorre un labirinto numerose volte senza
ricompensa, è poi in grado di riconoscere la via più breve per raggiungere il cibo quando questo
viene messo in un punto del labirinto). L'apprendimento, secondo Tolman, è quindi basato su
processi non osservabili, cioè al comportamento osservabile che denota apprendimento, si associa
una modifica di processi di conoscenza non osservabili che sono responsabili del comportamento
osservabile.
9. Condizionamento classico e operante: una spiegazione cognitiva
Oggi è certo che l'apprendimento per condizionamento avviene attraverso processi di tipo cognitivo.
Processi automatici come i riflessi funzionano solo in circostanze molto limitate.
Alcuni esempi: 1) se si dice ad una persona che un certo suono (SN) fa sbattere le ciglia (risposta
condizionata) come un soffio d'aria (SI), tale persona tenderà a sbattere le ciglia in risposta al suono.
2) se si dice ad una persona che se premerà una leva riceverà del denaro (rinforzo), tale persona
tenderà a premere la leva senza complicati piani di rinforzo. Inoltre semplicemente chiedendo ai
soggetti di non emettere una risposta si avrà l'estinzione della risposta.
Secondo lo psicologo americano Rescorla nel condizionamento classico un individuo deve
necessariamente acquisire informazione affinchè ci sia apprendimento, quindi non può essere
considerato un percorso di basso livello in cui il controllo della risposta viene passato come un
acquisizione
riflesso, ma di un processo che richiede l'intervento di processi cognitivi di e
rappresentazione delle conoscenze. Rescorla dimostrò che un animale sviluppa una risposta di
paura ad uno SN , solo quando apprende che tale stimolo è un segnale, cioè predice la
somministrazione di una scossa elettrica. In uno di questi esperimenti Rescorla sottopose un gruppo
di animanli cui x 20 volte veniva somministrata una scossa elettrica preceduta da un suono, e un
altro gruppo di animali cui x 40 volte veniva somministrata una scossa elettrecita preceduta da un
suono solo x 20 volte. Il primo gruppo presentava una risposta di paura mentre il secondo no.
Secondo le teorie del condizionamento classico entrambi gli esperimenti dovevano portare allo
stesso livello di apprendimento. E' invece rilevante che la scossa è sempre preceduta dal suono e
che assenza di suono indica assenza di scossa. Gli animali creavano una rappresentazione della
associazione tra i due stimoli cioè un'aspettativa.
CAPITOLO DODICESIMO
LINGUE E LINGUAGGI
1. Lingua, linguaggio e comunicazione.
linguaggio
Il è una facoltà mentale che consente agli esseri umani di usare una o più lingue. La
lingua è un potente mezzo di comunicazione, ma non è l'unico, altri mezzi di comunicazione
possono essere la postura, l'espressione del volto o l'intonazione della voce. La capacità di
comunicare è comune anche al mondo animale, ma nessuno dei sistemi simbolici impiegati dagli
animali x comunicare, è paragonabile alle lingue umane. Le lingue umane sono tantissime ed è
molto complicato distinguerle con i dialetti (varianti regionali di una stessa lingua), è quindi uso
comune dire che una lingua è un dialetto con un esercito e una marina.(esempio dialetto serbo e
croato diventati lingua con la nascita dei nuovi stati indipendenti di Serbia e Croazia). Le
trasformazioni cui vanno incontro le lingue nel corso della storia sono l'oggetto di studio della
linguistica detta diacronica.
2. La struttura delle lingue.
Le lingue, fin dai tempi dei Greci, hanno sempre avuto valore molto importante nelle società
umane, ma è in epoca recente, grazie allo svizzero Saussure e all'americano Chomsky, che le nostre
conoscenze hanno avuto una forte accelerazione. Secondo Saussure, una lingua è un sistema di
suoni dotati di significato. Tuttavia i suoni linguistici non hanno un valore assoluto, dipendono dal
sistema di cui fanno parte (la parola burro in italiano si riferisce ad un derivato del latte, mentre in
spagnolo si riferisce ad un equino noto per la sua caparbietà). fonemi,
La lingua possiede un sistema fonologico, cioè un insieme di suoni o sequenze di fonemi
morfemi, parole
formano i composizioni di morfemi formano le che insieme costituiscono il
lessico della lingua. A parte poche parole onomatopeiche (come scroscio o scricchiolio) non esiste
delle lingue).
relazione intrinseca tra il suono e il significato delle parole (arbitrarietà
sintagmi frasi.
Gruppi di parole si chiamano e costituiscono le parti di cui sono composte le Le
sintassi.
combinazioni corrette di sintagmi per la produzione delle frasi seguono le regole della
discorso.
Tante frasi insieme costituiscono un
Chomsky sosteneva che l'unicità delle lingue sta proprio nella loro sintassi. Tutti i sistemi simbolici
possiedono un repertorio di segni dotato di significato, ma le lingue possiedono la sintassi che
consente ai semplici simboli (parole) di comporsi in significati più complessi e sempre nuovi. E'
creatività delle lingue.
quindi nella sintassi che risiede la gerarchica.
Una caratteristica della sintassi è di essere I suoni formano una sequenza lineare ma i
sintagmi che vanno insieme non sono necessariamente quelli più vicini (il cane che rincorreva il
ricorsività,
gatto gioca con la palla). Un'altra caratteristica della sintassi delle lingue è la cioè
l'applicazione ripetuta di una stessa regola (alla fiera dell'est...e venne il gatto che si mangiò il topo
implicita,
che...). Inoltre la conoscenza della sintassi è cioè una persona di norma non è in grado di
descrivere o rendere esplicite le regole linguistiche che usa.
3. Lo sviluppo del linguaggio
Appena nasce un bambino non parla ma nel giro di pochi mesi comincia ad emettere dei suoni, che
intorno ai 10-12 mesi sono sempre più simili ai suoni della lingua parlata della sua famiglia. Intorno
all'anno di età il bambino inizia a pronunciare le prime parole e quando il suo vocabolario
raggiunge le 50-100 parole, il bambino comincia a formare delle combinazioni sintattiche, da
questo momento in poi la lingua parlata del bambino migliorerà e si arricchirà sempre di più.
Questo processo durerà tutta la vita. L'ipotesi più accreditata per spiegare tutto ciò, è che alla
nascita un bambino disponga di alcuni schemi generali che riguardano l'ordine della costituzione di
una frase. Nelle lingue questi ordini sono diversi, ma l'esposizione alla comunità in cui vive,
settarne i parametri. innatismo.
consente al bambino di Questa concezione è detta
Chomsky sostiene anche che il linguaggio è una facoltà autonoma del sistema mentale umano, che
si sviluppa e può essere danneggiata indipendentemente da altre facoltà.
4. Le basi biologiche e le origini del linguaggio
La localizzazione nell'emisfero sinistro dell'area cerebrale , deputata al controllo delle funzioni
linguistiche fu dovuta, già nella seconda metà dell'Ottocento ai neurologi Broca e Wernicke.
afasie).
Le lesioni in questa aera producono deficit del linguaggio (dette Un disturbo comune è
l'anomia, cioè la difficoltà di dire parole che invece si è in grado di capire. Lo studio delle diverse
sindromi afasiche ha fatto progredire le ns conoscenze su come si passa dal suono di una parola al
recupero del significato e da questo alla produzione del suono corrispondente. Tutto ciò è stato
possibile poiché nella maggior parte dei casi di pazienti colpiti da afasia, il deficit del linguaggio
non compromette altre capacità (pensiero, ragionamento). Di contro, studi effettuati all'inverso,
dimostrano che pazienti con ad esempio quoziente di intelligenza patologicamente basso, mostrano
invece di possedere funzioni linguistiche normali. Ciò conferma ancora l'autonomia del linguaggio.
Per verificare le loro capacità linguistiche, sono stati condotti anche numerosi studi su animali, in
particolare primati, ma nessun esperimento si è rivelato molto concludente. Anche laddove gli
animali mostravano capacità linguistiche, queste erano frutto di estenuanti sessioni di
apprendimento e non avevano nulla in comune della spontaneità dello sviluppo linguistico umano.
Una delle ipotesi che spiega le origini della facoltà linguistica umana è che questa si sia sviluppata
principalmente per motivi di natura sociale. Gli uomini per coltivare le loro relazioni sociali
utilizzano la lingua (intesa come parole, frasi, discorsi...non altro!).
23 CAPITOLO TREDICESIMO
COMPRENSIONE DEL LINGUAGGIO
Paragrafo 1: cosa accade quando riconosciamo una parola.
Capire un testo o una frase in una conversazione sembra un'attività facile ma non lo è. É la
complessità dell'architettura neurale e cognitiva a far si che in condizioni normali padroneggiamo
con competenza e velocità. Ma cosa accade nel nostro cervello quando riconosciampo una parola?
Studi recenti basati su una tecnica di rilevazione dell'attività corticale denominata
magnetoencefalografia (meg) ne hanno mostrato il corso temporale: circa 250 ms dopo l'inizio di
una parola sullo schermo di un pc ne comincia l'elaborazione prelessicale che avvviene soprattutto
nella parte posteriore sinistra della corteccia temporale superiore. 350 ms dopo si registra una
attivazione del lessico mentale inizia così la ricerca nel lessico di una rappresentazione che
corrisponda al segnale in entrata (la parola letta)che porterà al riconoscimento vero e proprio della
parola.
Paragrafo 2: La parola
La comprensione di parte interne alla parola
Riconoscere le parole che sentiamo o leggiamo sono operazioni di base della comprensione. Ma
come si fa a segmentare in unità il flusso contitnuo di suoni e del linguaggio. Il tracciato
spettografico che traduce in forma grafica le caratteristiche di frequenza durata e intensità del
parlato, suggerisce la complessità dei processi attraverso cui si passa dal flusso continuo dei suoni
linguistici che arrivano all'orecchio nella scena uditiva all'identificazione di unità discrete.
Potremmo dire che i confini espressi dalle variaziano del suono prodotto dalla voce umana
coincidano con l'inizio e la fine delle parole ma le cose non stanno così. Vedi es. pag 217.
Verba volant scripta manent
La percezione del parlato è diversa da quella delle parole scritte, è più difficle. Il parlato è
distribuito nel tempo , lo scritto nello spazio. Nella lettura si può decidere la quantità di
informazioni da acquisire per unità di tempo, magari rileggendo e tornando indietro, Nell'ascolto il
destinatario deve elaborare il linguaggio alla velocità decisa dal parlante. Nel parlato discorsivo i
confini tra le parole sono poco marcati. Malgrado le proprietà dei fonemi siano fissate e dipendano
dal contesto e dalla velocità dell'eloquio , siamo molto abili nel riconoscere le unità che
costituiscono le frasi sin da bambini. In un secondo il nostro cervello non distingue 10 suoni ma
possiamo capire chi parla al ritmo di 20 fonemi al secondo. Le informazioni percettive estratte
dall'input acustico( tono, timbro, altezza etc) risiedono per breve tempo nella memoria ecoica così
come quelle relative all'input visivo nella memoria iconica. Questi magazzini sensoriali registrano
le caratteristiche fisiche del segnale acustico per poi passarli agli altri sistemi di memoria.
Uno degli indici usate in molte lingue per discriminare i singoli fonemi sono i confini delle sillabe.
Le strategie di segmentazione utilizzate dipendono dalla lingua cui i parlanti sono stati esposti e
dalla struttura prosodica ovvero le persone sviluppano delle strategie inplicite di segmentazione
della lingua madre basate sul suo ritmo tipico. Per l'italiano e il francese che hanno una struttura
sillabica chiara la sillaba costituisce un importante strumento di segmentazione.
Come riconosciamo una parola mentra la sentiamo?
Quando sentimo una parola viene mentalmente costruito un insieme di possibili candidati al
riconoscimento , una coorte , comprendente le unità che condividono la prima parte della parola
tipo Elefante la prima parte el quindi, elegante, elastico, elitario . Man mano che altra informazione
arriva la coorte restringe il campo fino ad arrivare ad un solo candidato cioè elefante. La parola ha
quindi un punto di unicità che marca il momento in cui essa diverge da tutte le altre.
In sintesi il processo di comprensione procede in tre fasi:
L'accesso , in cui la rappresentazione linguistica è usata per attiviare la coorte.
La selezione e l'integrazione in cui le prorpietà sintattiche e semantiche della parola sono integrate
nella rappresentazione complessiva della frase..Le caratteristiche la formazione o l'eliminazione dei
candidati dalla coorte non agiscono sul principio di tutto o nulla; le parole che formano la coorte
mantengono uno stato di attivazione influenzato da vari fattoritipo la frequenza d'uso della parola
sia dei competitori cioè delle parole simili.
Come riconosciamo una parola mentre la leggiamo?
Una parola scritta ha una struttura interna complessa in cui è possibile isolare diversi elementi che
giocano nel processo verbale del riconoscimento . Vi sono i tratti che compongono le lettere
dell'alfabeto, cioè la combinazione di linee verticali orizzontali e obblique curve aperte e chiuse etc.
Per riconoscere le parole non basta l'unione delle parole come dimostrato dallo psicologo James
Cattel già alla fine dell'800, deve intervenire anche una elaborazione globale dello stimolo. Il
rapporto fra il riconoscimento delle lettere e della parola è illustrato dal cosiddetto effetto di
superiorità della parola.
Es se si presenta in pochi ms una parola con la k tipo work oppure oppure una non parola OWRK e
poi la lettera k e dopo una interferenza tipo ##### e poi appaiono le lettere DeK e i partecipanti
devono scegliere quella presente nello stimolo iniziale ovvero la k, si è dimostrato che una parola
che contiene una data lettera ne facilita il riconoscimento più della presentazione della lettera stessa.
Possiamo leggere una parola in italiano ricorrendo a due modalità:
Via lessicale in cui recuperiamo dal lessico mentale la parola in quanto input ortografico globale e
la sua pronuncia corretta.
Via non lessicale che utilizza invece le regole di conversione grafema-fonema tipiche di ogni
lingua, ovvero ci dicono come leggere le parole scritte. Ci sono casi irregolari come glicine e
glielo . Glicine ha una lettura irregolare mentre glielo è regolare. Queste parole possono essere lette
solo recuperando dal lessico mentale la loro specifica pronuncia cioè utilizzando la via lessicale
mentre glielo utilizzando la via non lessicale. Se non conosciamo una parola possiamo solo leggerla
per via non lessicale.
Dall'ortografia alla pronuncia e ritorno.
La capacità di comprendere una parola scritta è influenzata dal tipo di scrittura, dai metodi di
apprendimento e dai sistemi ortografici della lingua. Decidere se il riconoscimento di una parola sia
diretto o mediato fonologicamente secondo la sequenza ortografia-fonologia-suono, ha prodotto
diverse controversie. Attualmente prevale che l'informazione fonolocia sia rapidamente attivata
anche quando si legge in maniera silente.
In alcune lingue come le latine vi è una diretta corrispondenza tra grafemi e fonemi tranne i casi
irregolari. Mentre le lingue anglosassoni questa corrispondenza è praticamente assente. Un fattore
che influenza la corrispondenza tra ortografia e pronuncia sono le caratteristiche dei vicini della
parola es. cane e rane sono vicini ortografici di pane . Uno degli indici utilizzati per la lettura delle
parole è la struttura del gruppo finale delle lettere che la compone. Ata come patata risata, parole
piane. Il gruppo ile che è più frequente nelle parole sdrucciole in cui l'acccento cade sulla terzultima
come esile docile. Le persone legggono meglio una parola con l'accengo congruente con quello
della altre unità del vicinato facile piuttosto che con l'accento incongruente porcile.
Paragrafo 3: La frase e il testo
Solitamente le parole vanno comprese non isolatamente ma all'inteno di un discorso e di testi scritti.
La comprensione non si limita solo concatenare la semantica o la sintassi delle parole . Chi parla
mette in gioco anche una comunicazione non verbale che modula la frase, incornicia le frase
definendone il contenuto reale. I meccanismi di comprensione e produzione in un dialogo debbono
integrarsi allinenando le diverse rapprensentazioni del parlante e dell'ascoltatore, due ruoli che si
alnternano nella stessa persona, integrando fonti di infornazioni sintattiche, semantiche e
pragmatiche.
Ci sono 2 ipotesi circa le relazioni esistenti tra queste fonti: Uno basato sulla interattività e l'altro
sulla indipendenza o modularità.
Secondo l'ipotesi di interattività le informazioni interagiscono tra di loro ed avviene sulla base di
una serie di vincoli quali la forma grammaticale corretta oppure le conoscenze sematiche associate
alle parole, alle sue caratteristiche prosodiche.
Secondo l'ipotesi modulare i diversi sottosistemi (sintattico e semantico) sono indipendenti e
specializzati nell'elaborazione di un solo tipo di informazione. Si parte dalla struttura sintattica della
frase , cui segue l'analisi semantico e succesivamente può avvvenire l'integrazione fra questi 2
livello che precede l'intervento della componente pragmatica deputato al significato finale della
frase.
La disputa tra le due ipotesi è ancora irrisolta. Il problema potrebbe essere risolto se ci fosse una
scoperta neuroscientifica che che specificasse un'area ben definita deputata a trattare solo
l'informazione sintattica . Test sottoposti a persone con deficit selettivi del linguaggio non hanno
dimostrato che l'elaborazione sintattica sfrutti solo una parte della corteccia, anzi pare che si basi su
un complesso di aree anteriori , mediali, e superiori dei lobi temporli e della corteccia prefrontale
dorso-laterale(che include a sinistra l'area di Broca) che risponde anche ad altri compiti linguistici.
(facevn chiu ambress se dicevano che comprendeva tutto...come li schifo).
Il ruolo della struttura sintattica di una frase
A volte può essere difficile interpretare una frase in maniera univoca a causa della sua struttura
sintattica.
Il principio di elaborazione sintattica generalmente preferito in italiano date le caratteristiche morfo-
sintattiche della lingua si basa sulla soluzione più semplice in termine di complessità di
elaborazione. Nel corso dell’analisi sintattica ogni elemento lessicale in entrata in vigore viene
associato alla parte di frase che si sta elaborando in quel momento indipendentemente dal
significato della frase . Non sempre l’interpretazione iniziale è confermata. Ad esempio si
attribuisce il ruolo di soggetto grammaticale al primo nome menzionato ma non sempre è così. Ciò
è definito ambiguità (in inglese garden path cioè labirinto) che sarà risolta attraverso una nuova
identificazione del soggetto. Il sistema di analisi sintattica procede attraverso 2 passaggi:
1. Le parole vengono assegnate a delle categorie sintattiche sulla base dell’informazione
lessicale per poi costruire una frase, la cui correttezza e coerenza viene man mano controllata;
2. L’assegnazione alle diverse categorie sintattiche viene rivista anche in base ad altre
informazioni. Nel caso in cui la struttura emersa sia compatibile con più di una interpretazione
sintattica entrano in gioco i principi di preferenza.
Che ruolo hanno la struttura semantica e l’interpretazione pragmatica della frase?
Comprendere una frase in un discorso significa farsene una rappresentazione mentale appropriata.
Un’operazione in cui confluiscono molti fattori locali (la struttura sintattica della frase) globale( la
struttura e la tipologia del testo ) ed esperienzali (il piacere del testo). Nella comprensione entrano
quindi anche operazioni ricostruttive come già aveva scoperto lo psicologo inglese Frederic Barlett
negli anni 30 . Ricordiamo meglio il nucleo di una storia rispetto ai dettagli e ricordiamo più
facilmente se le informazioni si agganciano a conoscenze preesistenti di quelle che sono prive di
sostegno. Nel corso della rievocazione di un evento posso intervenire delle distorsioni involontarie
dovute dall’influsso di stereotipo di tipo etnico religioso politico.
Dagli eventi della vita quotidiana estraiamo delle regolarità che si consolidano e vengono
mantenute nella memoria a lungo termine. Tali strutture denominate SCRIPT (ingl.
Copione)funzionano come degli schemi di anticipazione e ci permettono di effettuare delle
inferenze o integrare informazioni mancanti. Ognuna di esse contiene degli SLOT (caselle da
riempire ) ad es. andare al tavolo è associato che si mangia seduti.
Cosa determina la complessità di un discorso o di un testo?
A rendere una frase o un testo difficili da capire possono contribuire vari fattori : le caratteristiche
delle parole ovvero la loro familiarità; la complessità semantica e sintattica e la competenza di chi
legge . Anche l'ordine in cui vengono menzionate le informazioni che solitamente le nuove sono
precedute da quelle che si suppone si debbano sapere.
Io so che tu sai
La comprensione del linguaggio è anche influenzata dalla condivisione di alcune conoscenze che
derivano dal far parte della stessa comunità culturale, essere nello stesso luogo o dall'aver
sperimentato lo stesso evento.
Dire, inferire e lasciare intendere
le inferenze sono una delle modalità attraverso cui integriamo l'informazione linguistica con quella
concettuale e contestuale.Alcuni tipi di inferenze:
• implicazioni logiche : nubile implica donna non sposata
• inferenze retrospettive: connettono nuove informazioni alle precedenti e sono necessarie per
comprenderne il significato. Es il dente fu tolto senza dolore. Il dentista usava un nuovo metodo
• inferenze elaborative che non sono strettamente necessarie alla comprensione della frase
• inferenze concettuali si basano sulle definizioni dei termini. Es il canarino è un uccello
Come legare le diverse parti di un testo: il caso dell'anafora
Anafora (dal greco ripetizione) serve per indicare legami fra le diverse parti del discorso e stabilire
la coerenze permettendo il riferimento a entità menzionate in precedenza.
Luigi e Anna entrarono in classe. Lui si tolse il cappotto lei lo tenne.
Le anafore sono espresse in forma diverse fra cui i pronomi personali(lei) eclitici (ne) i sintagmi
definiti ( la donna) e indefiniti (una donna) i nomi propri (Corrado/di Maggio) Per comprendere una
anafora occorre integrare informazioni provenienti da diverse fonti: la rappresentazione del discorso
che la precede, le caratteristiche linguistiche degli elementi presnti nella frase. Occorre hce
l'antecedente si assegnabile alla frase in maniera univoca. La ricerca di un antecedente coinvolge
almeno 3 processi:
identificare una certa espressione come un caso di anafora
determinare quali aspetti del contesto linguistico e non linguistico siano rilevanti per interpretarla;
assegnare alla frase un significato basato sulla risoluzione referenziale dell'anafora.
Linguaggio teatrale e linguaggio figurato
Per linguaggio figurato si intende (metafore, motonimie, proverbi, espressioni idiomatiche,
ossimori, analogie etc) Esaminiamo solo 2 tipi: Idiomatiche e metafore
Le espressioni idiomatiche
Per comprendere una espressione idiomatica occorre andare oltre alla composizione dei significati
delle parole e recuperare un livello di significato che è predefinito , convezionalizzato all'interno di
una cultura.
Le metafore
Le ricerche sul lignuaggio figurato hanno dimostrato che non sempre il signifato letterale è il primo
ad essere derivato in quanto più facile da determinare. Infatti leggendo
internet è una miniera d'ora a nessuno verrebbe in mente che internet è un buco nel terreno da cui
estrarre l'oro.
Le metafore non sono solo elementi linguistici che possono abbellire un discorso . Il linguaggio
figurato e la metafora in generale rispecchiano il modo in cui le persone concettualizzano il mondo
esterno ed interno agendo da ponte tra sistema concettuale e linguaggio , fra esperienza e
linguaggio. CAPITOLO QUATTORDICESIMO
PRODUZIONE DEL LINGUAGGIO
1. Gli studi sulla produzione del linguaggio
Parlare è il contrario di capire. Il processo di produzione del linguaggio parte da un oggetto mentale
e cioè dall'idea che il parlante vuole esprimere e si conclude con l'emissione di una serie di suoni.
Per parlare una persona deve conoscere le parole della propria lingua, il loro suono, il loro
significato, la loro struttura morfologica, le loro proprietà grammaticali e le regole sintattiche.
Attualmente si conosce più sulla comprensione che sulla produzione del linguaggio a causa della
difficoltà di applicazione di metodi sperimentali. Nello studio sperimentale è infatti difficile
predeterminare ciò che le persone deciderrano di dire e quindi diventa più difficile il controllo delle
variabili da studiare. Solo di recente sono stati costruiti metodi sperimentali appropriati e il punto di
partenza comune a molti studiosi, oggi consiste nel fatto che la produzione di una frase è suddivisa
in varie tappe.
2. La struttura fondamentale
Gli stadi fondamentali della produzione di una frase sono 3:
1) Concettualizzazione: è il momento in cui una persona concepisce l'intenzione di parlare e
decide cosa vuole dire scegliendo quale parte della sua comunicazione è rilevante. Il
messaggio viene elaborato in forma prelinguistica per poi diventare una frase nelle fasi
successive.
2) Formulazione: il parlante sceglie le parole da usare, la struttura sintattica della frase e il
suono della frase. I passi fondamentali di questa fase sono quindi il recupero della
rappresentazone fonologica delle parole (cioè il suono) e la pianificazione dei gesti
articolatori che occorre fare per produrre la frase.
3) Articolazione: è la fase nella quale si recuperano i vari pezzi e vengono emessi in ordine i
suoni che compongono la frase.
Naturalmente in un discorso la produzione di frasi non avviene una per volta, ma materiali diversi si
trovano allo stesso momento a fasi diverse di elaborazione. Quasi sempre quando abbiamo finito di
pronunciare una frase, la successiva è già disponibile per essere realizzata.
3. Esitazioni ed errori
Proprio perchè spesso mentre pronunciamo una frase siamo contemporaneamente inpegnati a
produrne una nuova si generano imperfezioni (esitazione ed errori).
Le esitazioni e gli errori del discorso spontaneo costituiscono una preziosa fonte di dati per
studiare la produzione del linguaggio.
Esistono due tipi di esitazioni:
1) vuote: il parlante resta in silenzio
2) piene: riempite da intercalari o altro materiale verbale disponibile
Le esitazioni non sono distribuite casualmente nel discorso, ma compaiono tra una frase e l'altra,
all'interno di una frase tra un costituente e l'altro o dopo la prima parola di un costituente.
La posizione delle pause in un discorso è informativa, ad esempio la loro ditribuzione all'interno di
una frase, indica che i costituenti vengono pianificati separatamente.
Di solito le esitazioni vengono interpretate come indicatori di una momentanea difficoltà del
parlante. Le esitazioni danno al parlante il tempo di pianificare la continuazione del discorso.
Esistono molti tipi di errori:
errori di scambio (ho visto la barca di Piero – ho visto la parca di Biero)
errori di anticipazione (ho visto la barca di Piero – ho visto la parca diPiero)
errori di sostituzione (ho visto la barca di Piero – ho visto la moto di Piero)
errori di malapropismi (ho visto la barca di Piero – ho visto la marca di Piero)
Gli errori possono fornire dati preziosi sui meccanismi della produzione del linguaggio, infatti
poichè non tutti gli errori logicamente possibili, sono commessi dai parlanti (es. È impossibile che
qualcuno dica per errore "una fiocchi con i cena" mentre può accadere che dica "un fiocco con le
cene". Ciò da indicazionisul processo della produzione e sul suo corso temporale (che cosa viene
fatto quando).
4. Produrre una frase
Nella fase che abbiamo chiamato formulazione, il parlante sceglie le parole e la struttura sintattica
della frase. La scelta delle parole (lessicalizzazione) è il processo attraverso il quale una
rappresentazione semantica viene trasformata in suono. Le informazioni in ns possesso sulla
lessicalizzazione provengono da studi sperimentali condotti con il paradigma chiamato in
inglese"picture-world interference": fu assegnato il compito di dire il più velocemente possibile il
nome di una figura presentata su uno schermo (per es un cane). Prima, dopo o contemporaneamente
appare un distrattore. Il distrattore può avere con la figura una relazione semantica (tartaruga), una
relazionefonologica (pane) o nessuna relazione (ricotta). Quando il distrattore è presentato prima o
assieme alla figura la relazione semantica ritarda la risposta, mentre la relazione fonologica è
ininfluente. Quando il distrattore è presentato dopo la figura, la relazione fonologica facilita la
risposta mentre la relazione semantica è ininfluente.
Studi come questo dimostrano che la produzione dela parola avviene in due fasi.: selezione del
lemma (parole mute) e poi dei lessemi (dove sono rappresentati anche i suoni).
La selezione di un lemma avviene mediante un processo di competizione tra i lemmi corrispondenti
a concetti simili. Questo spiega gli effetti di interferenza quando prima o assieme alla figura viene
presentato un distrattore collegato semanticamente. I lemmi sono parole mute e perciò non vi è
influenza a livello fonologico. Quando poi il lemma viene selezionato, distrattori che hanno una
relazione semantica non producono più effetti, si vedono invece effetti di somiglianza fonologica, in
questo caso la presenza di un distrattore che condivide alcuni fonemi con la parola rende più facile
il recupero del lessema.
Le parole vanno prodotte in sequenze appropriate condizionate dalla struttura sintattica della frase
che vogliamo dire, la pianificazione sintattica è il secondo componente della formulazione e
avviene in due tappe:
1) La fase funzionale: recupera dal lessico informazioni semantiche e sintattiche per assegnare
ai lemmi selezionati la funzione che avranno nella frase (per es. Il caso grammaticale)
2) La fase posizionale: l'ordine delle parole di una frase non viene interamnete pianificato
prima della produzione ma viene stabilito in maniera incrementale "pezzo per pezzo", dove i
pezzi sono rappresentati dai sintagmi.
5. La conversazione
Perchè una conversazione si svolga con successo è necessario che i partecipanti tengano conto del
contesto nel quale si trovano e si attengano a principi condivisi che regolano la loro attività
linguistica. Chi partecipa ad una conversazione utilizza il principio di cooperazione che si realizza
attraverso l'utilizzo di una serie di massime. Una dice per esempio "dai contributi che siano
informativi quanto necessari, ma non di più".
Un aspetto importante nella conversazione è la "presa dei turni", basata su tre regole:
1) Chi parla ha il diritto di scegliere chi parlerà dopo di lui
2) Se chi parla non sceglie, parla chi vuole.
3) Chi parla può continuare, ma non è obbligato a farlo.
Le regole sono in ordine, la prima ha priorità sulla seconda e la seconda prevale sulla terza.
Esempio: se chi parla fa una domanda a B e contemporaneamente C si mette a parlare, sarà
quest'ultimo a tacere.
Un altro aspetto importante della comunicazione, che ha attirato l'attenzione dei ricercatori riguarda
le procedure altamente stereotipate di apertura e chiusura di una conversazione:
La procedura di apertura è una sequenza di chiamate e risposte, le chiamate servono ad attirare
– l'attenzione del potenziale interlocutore. Le risposte segnalano la sua disponibilità.
La procedura di chiusura richiede l'accordo di tutti i partecipanti. Generalmente sono sufficienti
– pochi segnali affinchè gli interlocutori riconoscano i segnali di chiusura e concordino su di essi.
CAPITOLO SEDICESIMO
EMOZIONI
1. Che cosa sono le emozioni
Parole che indicano emozioni fanno parte del nostro linguaggio quotidiano e costituiscono la nostra
esperienza emotiva. Quando durante le nostre conversazioni ci occupiamo di episodi emozionali,
mettiamo a fuoco determinati aspetti di quell'esperienza emotiva, cioè una componente di quella
esperienza e quale ne è la causa, l'oggetto. Le emozioni sono infatti sempre suscitate da un
oggetto/evento specifico (chiamato anche antecedente emotigeno). Gli eventi emotigeni son di
varia natura e possono essere anche interni (un ricordo, uno sguardi, una frase, un lutto, un conflitto
con altra persona etc). L'emozione è quindi il segnale saliente e soggettivamente percepito, del
cambiamento del nostro mondo interno o esterno.
2. Le emozioni: processi complessi
Oggi l'esperienza emotiva viene definita come un processo con un decorso temporale articolato in
più componenti. Già i filosofi Greci individuarono criteri in grado di discriminare le emozioni da
altri fenomeni psicologici (pensieri, percezioni, etc.). le componenti individuate furono la valenza
(piacere-dolore, bene-male), la localizzazione (passato-futuro) e desiderabilità soggettiva
dell'evento. Esempio: provare rabbia è un'esperienza a valenza negativa che si associa ad una
valutazione cognitiva dell'evento (lui mi ha insultato), che genera risposte fisiologiche (arrossire) ed
espressive (serrare i denti), tendenze all'azione (aggredire) e comportamenti (insultare). In
qualunque punto del processo temporale può intervenire la regolazione (reprimere la tendenza
all'aggressione) messa a punto dall'individuo.
2.1 Le emozioni: un ostacolo o una risorsa?
Nella concezione classica l'individuo patisce le emozioni considerate uno stato perturbato e
perturbatore con la conseguente dicotomia emozione-ragione. Quelle che noi chiamiamo emozioni
erano infatti definite dai Greci “pathema” corrispondente al nostro termine passioni non emozioni.
Cartesio fu il primo a introdurre il termine emozione, aggiungendo al concetto di patimento, i
concetti di disturbo, eccitazione, incontrollabilità. Oggi invece, considerando la presenza della
componente di valutazione, si parla di razionalità delle emozioni e di competenza o intelligenza
emotiva in grado di suggerire comportamenti ottimali in tutti quei casi in cui le emozioni sono
implicate. Le emozioni quindi oggi hanno una funzione sociale, sono fenomeni interpersonali
culturalmente definiti che mediano in modo adattativo e funzionale molte relazioni sociali. Esempio
la reazione emotiva spesso è rappresentata da una particolare espressione del viso ed è interpretabile
in termini funzionali e sociali (paura = segnale di pericolo; tristezza = voglia di essere confortati;
sorriso = incentivo ad avvicinarsi).
Ricerche recenti hanno inoltre dimostrato che cognizione e stato emotivo si influenzano
reciprocamente. Ad esempio chi si sente felice tende a dare giudizi più benevoli, valuta le proprie
prestazioni in maniera più positiva, sorvola sui propri errori e attribuisce il proprio successo a cause
interne e il proprio insuccesso a cause esterne. Chi si sente triste tende a vedere soprattutto i propri
insuccessi, attribuisce il proprio successo a cause esterne, nota di più chi è felice, si sente la causa di
un evento infelice e attribuisce ad altri la causa di eventi felici, ha aspettative negative per il futuro e
cosi via.
Ad oggi si pensa che le emozioni, soprattutto quando sono eccitate, prendano il controllo
dell'organismo. Ma ciò spesso è positivo (sensazione di paura = scappare da un pericolo; piangere x
le disgrazie altrui = aiuta la coesione sociale; mostrarsi arrabbiati per l'infedeltà del partner = può
aiutare la relazione). Le emozioni sono risorse necessarie alle transazioni dell'individuo con il
mondo, al successo che può ottenere in un compito, al suo benessere, alle modalità con cui fa delle
scelte e prende una decisione, alla coesione sociale.
2.2 Complessità delle ricerche sulle emozioni
Le emozioni sono fenomeni complessi studiati da discipline diverse (psicologia, sociologia,
biologia, neuroscienze, etc.). L'integrazione tra le diverse teorie è possibile se si tiene conto che si
studiano identiche variabili strutturali a livelli diversi, è quindi possibile che ad una stessa domanda
vengano date risposte diverse (non necessariamente incompatibili) a seconda di quale variabile e a
quale livello di analisi e a quali scopi la domanda viene fatta. Esempio: x capire come varia la
capacita e il modo di rispondere a livello affettivo di un individuo, potremmo valutare le
fluttuazioni ormonali se lo valutiamo a livello biologico, studiare il clima sociale che caratterizza la
società in cui vive l'individuo o il confronto tra culture diverse se ci interessa il livello sociale,
a livello neurologico il confronto avviene tra persone normali e pazienti con lesioni cerebrali)
3. Gli eventi emotigeni in rapporto all'esperienza emotiva e alle sue componenti
L'esperienza emotiva è solitamente suscitata da un evento che rappresenta l'oggetto cui l'individuo
presta attenzione.
3.1 Eventi antecedenti, loro valutazione e significato
Gli interessi individuali costituiscono predisposizioni emotive, è infatti il beneficio o il danno a
tale interesse che rende un evento emotivamente interessante, inoltre la considerazione che un
evento possa essere emotigeno per un individuo e non per un altro o che per lo stesso individuo
possa esserlo in un certo momento della sua vita e non in un altro, implica che le emozioni sono
fortemente ancorate alle credenze e alle conoscenze dell'individuo e quindi alla sua storia personale.
Uno stesso evento non suscita emozione in tutti gli individui, nè suscita sempre la stessa emozione.
L'appartenenza culturale dell'individuo e la sua storia personale intervengono in una codifica
dell'evento e definiscono se quell'evento suscita emozione e in quel caso quale tipo di emozione.
Esempio 1: nelle culture collettivistiche come quelle orientali sono molto importanti il giudizio del
gruppo cosi che, l'evento di un individuo che avrà violato alcune norme susciterà una importante
emozione di vergogna. Mentre nelle culture individualiste che sottolineano l'autostima e
l'autonomia di un individuo avranno particolare rilevanze eventi che suscitano colpa.
Esempio 2: Parlare in pubblico è imbarazzante sia per un adolescente che per una persona ansiosa,
mentre non lo è per un attore.
Esempio 3: La morte di qualcuno susciterà tristezza, dolore, colpa, disperazione, rassegnazione o
sollievo a seconda dell'importanza e delle implicazioni che tale perdita comporta per la persona.
3.2 Multidimensionalità della valutazione degli eventi
La valutazione di un evento è un processo multidimensionale. Un evento emotigeno infatti
riguarda il benessere dell'individuo (valenza: evento piacevole o spiacevole), la capacità
dell'individuo di farvi fronte (potenziale di coping: l'evento è tollerabile?) e ancora una serie di
dimensioni quali la salienza (l'evento è funzionale agli scopi dell'individuo?), la novità (l'evento è
familiare all'individuo?), il controllo (la situazione è sotto il controllo dell'individuo?), la certezza
(quanto è probabile che l'evento abbia esito?), la fonte causale (chi ha causato l'evento?),
l'intenzionalità (l'evento è stato causato intenzionalmente?)
Le ricerche sulle emozioni hanno dimostrato che specifiche configurazioni di valutazione
caratterizzano emozioni diverse. Esempio: la gelosia si caratterizza per valenza negativa e per il
fatto che gli eventi che la scatenano sono inattesi o causati da altre persone. La gioia invece ha
valenza positiva, e gli eventi che la producono sono inattesi ma possono essere anche causati
dall'individuo che la prova.
3.3 Le valutazioni: analitiche e automatiche
La valutazione dell'evento si basa quasi sempre su cognizioni analitiche, senza la cognizione infatti
l'evento emotigeno non provocherebbe tendenze all'azione specifiche (il voler attaccare nella rabbia,
il voler fuggire nella paura, etc.) . Ma può accadere anche che la valutazione di un evento sia il
risultato di valutazioni automatiche (proviamo imbarazzo senza sapere che è il nostro desiderio di
essere giudicati competenti sul piano sociale, o il nostro desiderio di essere accettati, ad essere
minacciato). Il processo di valutazione di un evento emotigeno può essere sia consapevole che
automatico, ciò dimostra che esistono emozioni legate alla riflessione e emozioni risultati da
processi di pensiero poco strutturati.
3.4 Prototipicità dei rapporti evento-emozione
Per stabilire cosa accumuna specifici eventi viene chiesto a gruppi di persone di descrivere un
evento che abbia provocato una determinata emozione. Nel caso della tristezza ad esempio si rileva
che l'evento comune è la perdita (di persone care, del lavoro, separazione dal coniuge etc), nel caso
dell'invidia, il nucleo comune è il desiderio di ottenere qualcosa che ha l'individuo con cui la
persona si confronta. Ciò dimostra che esiste un legame significativo emozione-evento e quindi
possiamo affermare che certi tipi di eventi sono prototipici di certe emozioni: la perdita suscita
tristezza, il pericolo paura, la violazione altri di propri valori rabbia e cosi via.
I legami evento-emozione sono assimilabili a schemi concettuali connessi a più ampi schemi
emozionali di significati socialmente condivisi. Tali significati influiscono sull'attenzione che
l'individuo presta agli eventi.
4. Codifica di legami emozionali prototipici: il lessico emozionale
La grande varietà di termini che designano emozioni ci induce ad ipotizzare che il lessico
emozionale codifichi un certo aspetto delle emozioni e sia funzionale ad esso. Esempi: indignazione
e gelosia implicano che è qualcun altro che offende i nostri valori o minaccia l'esclusività del
possesso di un bene; imbarazzo, vergogna e orgoglio designano emozioni provate anche quando
l'agente non è il Sé (mi imbarazzo quando il mio partner si rovescia il caffè addosso mentre siamo a
cena da amici); soddisfazione e delusionespecificano eventi che confermano o vanificano
aspettative; ammirazione e biasimo riguardano azioni di agenti diversi dal Sé, ma dirette sia verso il
Sé sia verso altri individui; nostalgia, rammarico e rimpianto riguardano eventi-oggetti del passato
mentre speranza eventi futuri. Inoltre tra le dimensioni del lessico emozionale troviamo il grado con
cui un individuo fa fronte agli eventi (impotente, disperato, sicuro), l'intensità dell'emozione
(terrore, estasi, giubilo, repulsione), il grado e la natura dell'attivazione fisiologica (eccitato, calmo,
infuriato) e cosi via.
Il lessico emozionale, però, codifica i vari aspetti del'esperienza emotiva in modo disomogeneo in
quanto ogni termine non può descrivere (codificare) tutte le componenti.
5. Il processo emotivo
Le componenti formano il nucleo del processo emotivo: la valutazione da parte dell'individuo di un
evento provoca una tendenza all'azione accompagnata da risposte fisiologiche e espressive per
poi tradursi in comportamenti.
L'esperienza emotiva comprende anche una struttura intenzionale (esempio: il rimorso comporta
spesso il desiderio di fare qualcosa per rendere la propria colpa meno severa) che estende lo stato di
tendenza all'azione e definisce la natura di un'emozione.Le emosioni si differenziano anche per il
loro decorso temporale (alcune infatti hanno un chiaro inizio e una chiara fine, in altri casi
l'esperienza è discontinua e variabile. La durata reale dell'esperienza emotiva dipenderà dall'impatto
dell'evento emotigeno sull'individuo e dai processi di regolazione che questi mette in atto.
I comportamenti messi in atto dall'individuo saranno determinati dal tipo specifico di emozione
suscitata ma anche dalla valutazione di oggetti particolari associati a quell'evento (caso gelosia, il
cui oggetto particolare è l'interesse del partner per altri, l'individuo che la prova cerca di prevenire il
ripetersi dell'evento che l'ha scatenata, impedendo al proprio partner di uscire).
L'individuo spesso giudica l'emozione che prova sia come emozione provata dal Sé (approvandola o
meno a seconda dei propri canoni) sia rispetto ai suoi effetti sugli altri. Esempio: provo invidia
quindi mi dispiace di aver percepito negativamente un successo del mio rivale (valutazione
dell'evento), rifiuto di accettare il mio desiderio di rovinare il suo successo (tendenza all'azione), mi
rammarico di aver fatto commenti malevoli su di lui (comportamento), o infine cercare di sentirmi
felice per il suo successo. Il sistema emotivo è un modulo che opera insieme ma indipendentemente
da altri sistemi. Un'emozione può insorgere anche se l'individuo è impegnato in altra attività. La
valutazione emozionale degli eventi è presumibilmente continua e contemporanea alle altre attività
in corso (almeno fino a quando l'emozione non è eccitata). Il processo emotivo presuppone la
presenza di alcune condizioni, quali i meccanismi e i processi che producono le valutazioni e i
cambiamenti nella tendenza all'azione e le risorse che permettono i comportamenti. Se non ci si
trova in uno stato ottimale mentale (esaurimento psicofisico) i processi non operano in modo
adeguato modificando anche le emozioni. Come pure se le risorse energetiche dell'organismo non
sono ottimal, diminuiscono la sensibilità e reattività emotiva all'ambiente.
CAPITOLO DICIASSETTESIMO
MOTIVAZIONE
Che cos'è la motivazione:
La parola motivazione deriva dal latino motus, cioè movimento e indica ciò che una persona compie
a perseguire un determinato obiettivo o a desistere dal mantenere il proprio stato. La persona
motivata ha un obiettivo e compie sforzi e persiste in esso. Prova sati di irrequietezza, di tensione e
di attivazione tanto che si è potuto paragonare la Motivazione ad una forma mitigata dell'ossessione.
Non è possibile esternamente cogliere la motivazione di una persona ma solo indizi e dunque trarne
delle teorie ingenue . La motivazione è dunque un concetto ipotetico chiamato in causa per spiegare
la condotta. Perchè ci comportiamo in un determinato modo. Cosa permette di sopportare fatiche o
di tollerare frustrazioni ripetute (io sopporto De Negri per es.) per ottenere l'approvazione altrui?
Risultano maggiormente motivanti i rinforzi esterni oppure le gratificazioni personali? Per illustrare
il modo in cui affronteremo questi interrogativi consideriamo un esempio concreto. Quali sono i
motivi che inducono una persona a sottoporsi ad una dieta. Supponiamo che il motivo scatenante sia
stato trovare nell'armadio un abito divenuto troppo stretto per indossarlo ed il desiderio di diventare
come qualche anno fa. Quindi la forte spinta motivazionale sono costituiti dallo spostarsi dell'ago
della bilancia e la speranza e l'orgoglio per l'iniziale diminuzione di peso. Ebbene questa persona
vivrà la progressiva dominuzione di peso sia come vicinanza all'immagine corporea desiderata
(richaiamata dal vecchio abito) sia come ampio rafforzamento dell'autostima personale. In queso
modo verrà creato un sistema di automotivazione in cui stimoli esterni (diminuzione del peso ,
variazione dell'aspetto corporeo e approvazione e complimenti altrui) e vissuti
personali( soddisfazione, compiacimento, senso di controllo) si rinforzano reciprocamente. Quello
che invece accade spesso èche un regime alimentare molto rigido difficile da sostenere a lungo
termine , unita all'idea di essersi sacrificati abbastanza e di non avere abbastanza forza di carattere
per proseguire porta inevitabilmente ad una trasgressione. Il piacere immediato che ne deriva è che
una persona golosa è impossibile che segui una dieta. A questo punto i chili perduti si recuperano ,
soprggiungono i sensi di colpa e di inefficacia e la persona in questione si rifugerà nei piaceri della
tavola. Questi esempi servono a comprendere in seguito che la motivazione è funizonalmente
collegata ad un insieme di fattori sia esterni che interni.
Le teorie delle motivazioni.
Una classica tassonomia distingue le motivazioni in Estrinseche ed Intrinseche.
Le motivazioni estrinseche quali, i premi , gli elogi, gli incentivi, l'approvazione sociale, o il
raggiungimento di uno status, avviene quando un comportamento è messo in atto per ottenere
qualcosa che va al di là della motivazione in quanto tale.
Le motivazioni intriseche quali l'interesse , la curiosità il successo o il potere sono motivazioni che
fanno afrontare un compito fino a se stesso e non per finalità esterne. Se pensiamo all'es. Della
dieta ci accorgiamo che la motivazione non è un processo unitario ma un insieme di esperienze
soggettive di origine intriseca o estrinseca , quali gli obittievi , le aspettative, i processi emotivi, i
valori, gli interessi personali. Dall'analisi emerge che esistono almeno 20 differenti termini
motivazionali distinti tra quelli relativi alle motivazioni estrinseche ed intrinseche.
Pulsioni e rinforzi
Diverse teorie asseriscono che il comportamento sia dettato da pulsioni ed istinti . La psicoanalisi
di Freud, oppure l'etologia di Konrad Lorenz o il comportamentismo di Clark Hull. Freud sosteneva
che la motivazione è pulsione innata, ovvero istinto biologico che porta l'individuo a comportarsi in
un certo modo sotto la spinta di componenti consce ed inconsce. Secondo Freud esistono due
pulsioni primarie: La pulsione vita (eros) e qualla di morte (Thanatos) . La prima comprende le
pulsioni sessuali e di autoconservazione, la seconda racchiude impulsi di aggressione e distruzione e
il desiderio di controllo e dominio. La teoria comportamentista ha elaborato una visione della
motivazione e dell'apprendimento come prodotto di una serie di variabili controllabili attraverso la
programmazione di gratificazioni e rinforzi di varia natura. La teoria del condizionamento sostiene
che gli esseri umani a pari degli animali sono motivati a produrre comportamenti che portano a
conseguenze positive nell'ambiente ed evitano quelle motivazioni che portano a conseguenze
negative nell'ambiente. Secondo la legge dell'effetto di Edward Thorndike, le risposte seguite nel
tempo da un effetto positov tendono ad essere ripetute dall'animale quando questi si trova nella
medesiva situazione.
La teoria dei bisogni
Secondo lo psicologo americano Abraham Maslow la motivazione è la manifestazione di alcuni
bisogni primari che vengono rinforzati od ostacoloati dall'ambiente. Secondo Maslow c'è una
gerarchia dei bisogni.
Bisogni fisiologici (fame, sete, ) Bisogni di sicurezza ( ricerca di un rifugio, sicurezza economica) ,
bisogni di appartenenza ( senso di intimità, amore) bisogni di stima , bisogno di autorealizzazione
(espressione di attività nobili quali i comportamenti altruistici). Così una persona costretta a non
mangiare per giorni, difficilmente rinuncerà al cibo in nome di qualche causa politica. La gerarchia
di tale teoria è stata molto discussa. Infatti a volte accade che impegnati un in'occupazione
particolarmente stimolante il tempo passa senza che ce ne rendiamo conto e dimentichiamo
appuntamenti importanti e non si percepisce stanchezza e fame.
Le teorie cognitive e sociocognitive
Secondo la prospettiva cognitivista la motivazione è influenzata falla convinzioni dell'individuo
circa il suo valore e le sue abilità, gli obiettivi che si pone , le aspettative di successo o di fallimento
. Questa teoria sostiene anche che le altre persone e l'ambiente sociale e culturale influenzano
significativamente tutti i fattori sopra indicati. Il nucleo centrale delle teorie sulla motivazione di
tipo sociocognitivo si sposta dalle nozioni di spinta bisogno e pulsione, a quelle di ricompensa
eincentivo estrinseco, nonché di aspettativa , obiettivo e atteggiamento personale. In altre parole
nelle teorie sociocognitive la motivazione è una configuraziobne d'esperienze soggettive che
consente di spiegare l'inizio , la direzione , l'intensità e la persistenza di un compito finalizzato ad
un determinato obiettivo. Una tale chiave di lettura ci spiega come una motivazione inizialmente
estrinseca diventa in seguito intrinseca. Esempio se per necessità economiche accetto un detrminato
lavoro, successivamente scopro degli aspetti interessanti di tale attività a cui posso ricare una certa
soddisfazione nel riuscirci, ecco che la motivazione diventa anche intrinseca. Per garantirsi la
capacità di persistere nel conseguimento di risultati difficili e obiettivi lontani nel tempo, il
creare le condizioni per favorire il passaggio tra questi due tipi di motivazioni può essere di
grande utilità.
La motivazione alla riuscita
La motivazione alla riuscita rappresenta la necessità di fare le cose al meglio per un desiderio
intrinseco di raggiungere il successo ed evitare il fallimento. Già dai primi anni di vita i bambini
mostrano il desiderio di fare anche quando non sono particolarmente rinfirzati dai genitori. Molti
studiosi affermano che vi è nell'uomo una motivazione intrinseca di voler conoscere ed esplorare il
mondo. Negli anni 30 gli psicologi Americani Atkinson e David Mc Clelland posero le basi della
ricerca sulla motivazione partendo dall'assunto teorico di Kurt Lewin secondo il quale il
comportamento di una persona dipende dal suo spazio vitale che è composto dalla persona e
dall'ambiente psicologico permeabile dall'influenza dell'ambiente esterno, e che la motivazione
scaturisce dalla tensione tra le forze di attrazione e di repulsione che percorrono tale spazio.Secondo
Atkinson la motivazione alla riuscita risulta da 2 opposte tendenze :ottenere il risultato ed evitare il
fallimento.In particolare Atkinson ha dimostrato che le differenze individuali legate alla
motivazione alla riuscita si manifestano nella scelta di compiti di differente difficoltà. Il modello di
Atkinson delle scelte a richio spiega in che modo una persona spinta da 2 opposte motivazioni /il
desiderio di successo e la paura del fallimento) sceglie se affrontare o no il compito.
Al crescere della difficoltà del compito corrisponde un aumento dell’incentivo, rappresentato
dall’emozione anticipata di orgoglio. La motivazione cresce quando la preoccupazione per la
difficoltà è compensata dall’emozione positiva data dalle prospettive di soddisfazione. Quando la
difficoltà del compito diviene eccessiva e la probabilità di riuscita si riduce anche la motivazione si
riduce, perché la paura del fallimento prende il sopravvento.La situazione ottimale è rappresentata
dal punto di incontro tra le 2 dimensioni: incentivo adeguato e probabilità di riuscita, che si verifica
quando i compiti appaiono di difficoltà leggermente superiore alla media.
Si è dimostrato che le due tendenze ad ottenere il successo ed evitare il fallimento sono tra di loro
indipendenti.
Possono esistere 4 categorie di persone :
Sovramotivati: con alta tendenza sia a ricercare il successo che evitare il fallimento
Orientati al successo: con alta tendenza al successo e bassa tendenza a evitare il fallimento
Orientati ad evitare il fallimento: con bassa tendenza al successo e alta tendenza a evitare il
fallimento
Orientati al fallimento: con bassa tendenza sia al successo sia a evitare il fallimento.
Solo le persone orientate al successo hanno motivazione ottimale poiché l’aspirazione al successo è
più forte del timore di fallire.
La misura alla motivazione predice il successo lavorativo. Una forma precoce di questo tipo di
motivazione è stata anche chiamata motivazione di competenza si può osservare nel voler far da sé
del bambino che si ostina a fare da solo anche quando padroneggia poco. La psicologa americana
Susan Harter ha esaminato lo sviluppo della motivazione di competenza nel bambino in relazione
della presenza o assenza del sostegno da parte dei genitori. I risultati hanno dimostrato che se è
sostenuto e rafforzato nei primi tentativi , il bambino tende a sviluppare un sistema di
autoricompensa, per cui il fatto stesso di compiere l'azione stimola l'adozione di quel
comportamento a prescindere dall'approvazione esterna. Il bambino si percepisce più competente e
interorizza una percezione di controllo rendendo autorinforzanti i tentativi di padronanza. Al
contrario se il bambino viene scoraggiato e disapprovato in queste sue esperienze tende a sviluppare
un continuo bisogno di approvazione.
L'essere umano fin da piccolo manifesta il bisogno di conoscere e di sentirsi competente come
dimostrato dalla teoria dell'autodeterminazione di scegliere le attività da svolgere. Decy e Ryan
individuano nell'autodeterminazione la soddisfazione di 3 bisogni:
competenza, autonomia e relazione. La competenza consiste nella percezione di padronanza
dell'azione e di controllo. L'autonomia riguarda la possibilità di scegliere attività e modalità di
svolgimento delle stesse. La relazione fa riferimento al bisogno di relazioni sociali.
L'autodeterminazione consiste quindi nel fare le cose scelte personalmente nei tempi e nei modi
voluti e nel sentirsi in queste non solo competenti ma anche approvati socialmente.
Le cause del successo e le cause del fallimento. La teoria attributiva.
Successi e fallimenti hanno effetti completamente diversi a seconda delle cause cui vengono
attribuite.Nel caso del fallimento le conseguenze saranno diverse a seconda se la causa sia
individuata in una scasa capacità o attribuita alla difficoltà del compito o ad un impegno
insufficiente. Quindi occorre distinguere le cause in esterne ed interne. Gli effetti dell'attribuzione
sono diversi a seconda che riguardino i risultati propri (autoattribuzione) o altrui
(eteroattribuzione).
E' tendenza comune attribuire cause esterne ai fallimenti e interne ai successi per quanto riguarda i
propri risultati, il contrario per gli altri. Questo effetto viene chiamato errore edonico di
attribuzione , un errore di ragionamento imputabile ad una motivazione fondamentale : la necessità
di salvaguardare l'immagine di sé. Altre distinzioni riguardano la stabilità nel tempo della causa e
la sua controllabilità. Sono cause più stabili l'abilità e le caratteristiche del compito e sono causae
meno stabili l'impegno e la fortuna. Anche se si riconosce che un evento è frutto di diverse cause, si
è portati a privilegiarne solo alcune. E' la localizzazione interna della causa a detrminare sentimenti
di orgoglio o vergogna.
La teoria attributiva è un'interpretazione in chiave cognitiva della posizione di atkinson. Nella teoria
attributiva la motivazione non deriva dalle emozioni anticipate ma dai processi cognitivi che
riflettono sulle cause dei propri risultati. Un fallimento detrminerà un'emozione di vergogna se
attribuito alla scarsa abilità ma non se attribuito fattori casuali ; l'orgoglio e la soddisfazione si
proveranno per un successo attribuito al proprio impegno ma non se imputato all'aiuto degli altri.
Gli individui motivati al successo e quelli motivati ad evitare il fallimento si differenziano nello
stile attributivo, Gli individui motivi al successo tendono ad attribuite il conseguimento dei prorpi
obiettivi a fattori interni , primo fra tutti la propria abilità, ed i fallimenti a cause variabili come la
sfortuna. Gli individui motivati ad evitare il fallimento hanno uno stile attribuitivo tendente a vedere
il fallimento cone causato da una scarsa abilità, ed il successo come risultato di fattori esterni.
L'esperienza del libero flusso
Con l'esperienza di flusso (flow experience) lo psicologo Ungherese Mihalyi Csikszentmihalyi
descrive un tipo di esperienza che è così piacevole e coinvolgente da diventare autelica cioè fine a
se stessa. Le attività creative come lo sport, i giochi, i riti religiosi sono fonti tipiche di questi tipi di
esperienza e rappresentano l'esemprio estremo di motivazione intrinseca.
Requisito fondamentale per raggiungere un tale stato è che il livello di difficoltà dell'azione sia
superiore alla media delle abituali opportunità. Il flusso non ha bisogno di ricompense esterne.
Gli elementi fondamentali dell'esperienza di flusso sono 3:
Un grande investimento di attenzione sulla situauzine in atto
Una sensazione di benessere e soddisfazione personale
La presenza di un impegno a cui corrsipondono capacità personali adeguate.
Motivazione e apprendimento.
Gli studi sulla relazione tra motivazione ed apprendimento sono recenti.Tale relazione è mediata da
tante variabili, così che la motivazione ad apprendere in una determinata situazione sarà maggiore
se si conosce e si applicano strategie di apprendimento ragionate e flessibili (in particolare di tipo
metacognitivo) ; protrae nel tempo il suo impegno ; attribuisce a quest'ultimo i suoi successi o
fallimenti, sceglie compiti di dfficoltà ottimale che gli consentano di mettersi realmente in gioco.
Un modello teorico quello definito “aspettative-valore”esemplifica la relazione tra motivazione ed
apprendimento. Secondo questo modello la motivazione, misurata nei termini della qualità della
prestazione, nella scelta dei compiti impegnativi e nella persistenza in questi è vista come
determinata dal valore del compito cioè l'importabza che assume per il soggetto che apprende e
dalle aspettative della riuscita cioè la probabilità di successo. Le aspettative di riuscita sono
influenzate da quanto ci si ritiene abili in quella situazione. Queste credenze sono inglienzate da
valutazioni cognitive e sociali, come la spiegazione data ai successi/falliementi e le aspettative che
gli altri hanno nei nostri confronti. Tutte queste stime e valutazioni risultano centrali nel modello
per la relazione bidirezionale che le lega alla percezione di sé e agli obiettivi perseguiti.
Obiettivi di apprendimento e teorie dell'intelligenza.
La spinta motivazionale all'apprendimentoè mediata da varie componenti di varia natura sia
cognitiva sia affettiva. Premesso ci0 perchè alcune persone davani ad un ostacolo si comportatno
come una condanna ed altri come una sfida interessante. La psicologa americana Caol Dwech
distingue nellapprendimento tra obiettivi di padronanza (cioè quello che ci porta ad imparare cose
nuove)e obiettivi di prestazione. (cioè quelli che ci portano a dimostrare le abilità).Tali obiettivi
non sono tutto o niente nel senso che non si è solo interessati a dimostrare di essere bravi oppure
solo interessati ad imparare. Piuttosto in ognuno di noi ci può essere che prevalga l'uno o l'altro.
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dei processi cognitivi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Suor Orsola Benincasa - Unisob o del prof Zorzi Girotto.
Acquista con carta o conto PayPal
Scarica il file tutte le volte che vuoi
Paga con un conto PayPal per usufruire della garanzia Soddisfatto o rimborsato