Psicologia dei processi cognitivi
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La percezione della successione tra eventi è fondamentale per comprendere la casualità tra eventi: è
stato dimostrato che due eventi vengono percepiti con uno conseguenza dell’altro se distano meno
di 2 secondi.
Ci sono dei casi sperimentali in cui la percezione tra causa ed effetto può essere addirittura invertita.
Supponiamo di premere un tasto e di vedere istantaneamente un flash: i due eventi saranno percepiti
come simultanei e collegati. Se si mette un delay di 135 millisecondi, dopo un pò il delay non viene
più percepito e i due eventi sono nuovamente considerati simultanei. Togliendo improvvisamente il
ritardo (quindi i due eventi tornano realmente simultanei) il flash viene percepito come anticipare la
pressione del tasto. 8
Attenzione
Nel dire comune l’attenzione fa riferimento a tutto ciò verso cui la mente o lo sguardo di una
persona si sta rivolgendo o anche a ciò di cui si è consapevoli in un dato momento.
[La Gioconda, a seconda di dove si rivolge lo sguardo, evidenzia il sorriso o meno, ecco perché è
definito “enigmatico”. L’effetto è dovuto alle ombreggiature ai lati della bocca che sono visibili
solo nella visione para-foveale.]
Gli elementi che caratterizzano l’attenzione sono:
1) SELETTIVITÀ
2) ORIENTAMENTO
3) CAPACITÀ DI GESTIRE COMPITI MULTIPLI (MULTITASKING)
4) DURATA NEL TEMPO
1: SELETTIVITÀ
Si fa riferimento alla capacità che consente di considerare selettivamente solo alcune caratteristiche
dello stimolo e non altre; se, ad esempio, sto cercando un cerca-fase nella scatola degli attrezzi, la
selettività mi consente di individuare gli oggetti “lunghi con manico trasparente” escludendo le altre
caratteristiche.
La selettività è più forte negli adulti che nei bambini in quanto è legata all’esperienza pregressa che,
a sua volta, porta alla costruzione delle c.d. mappe mentali (vedi la parte dell’apprendimento) che
influenzano l’attenzione. Ad esempio, le guardie aeroportuali potrebbero non vedere una pistola nel
bagaglio di un passeggero perché la loro mente costruisce una mappa delle frequenza con cui si
visualizza quella particolare forma e tale mappa influisce sulla selettività dell’attenzione (c.d.
MODELLO A BASSA PREVALENZA).
L’attenzione selettiva si realizza non solo con la vista ma con tutti gli organi di senso; nel caso
dell’udito la selettività è detta “effetto cocktail party” ed è la caratteristiche che consente di ascoltare
la conversazione che sta avvenendo davanti a noi isolandoci dal resto dei rumori.
Nel caso della vista si distingue una selettività legata agli stimoli provenienti dall’area foveale
(“attenzione diretta”: covert) ma anche una legata agli stimoli delle zone periferiche della
retina (“attenzione nascosta”: covert).
FENOMENI LEGATI ALLA SELETTIVITÀ
A. INATTENTIONAL BLINDNESS: (cecità da inattenzione). Se si è attenti e concentrati a guardare
una certa scena o ad analizzare certi fenomeni, si rischia di non vederne degli altri. Il fenomeno
è causato proprio dal fatto che la selettività “spegne” la sensibilità verso stimoli diversi da
quelli su cui si sta prestando attenzione [gorilla]
B. CHANGE BLINDNESS: (cecità al cambiamento). L’attenzione che si presta a certi fenomeni rende
quasi invisibile il fatto che è cambiato qualcosa in ciò che si sta vivendo [turista che chiede info ad
un passante e poi viene cambiato]. La change blindness è un effetto legato al paradigma del Flicker
(sfarfallio): presentando in sequenza due immagini quasi uguali intervallate da uno
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schermo nero per 200 millisecondi, non ci si accorge dei cambiamenti intervenuti nella
seconda; diminuendo lo sfarfallio, si riuscirebbe a notare maggiormente il cambiamento
LIMITI DELLA CAPACITA’ SELETTIVA
1. EFFETTO STROOP: è un effetto legato al fatto che la selettività dell’attenzione non è
assoluta e presenta dei limiti. Questo è il caso in cui i soggetti devono enunciare il colore
con cui è scritta una certa parola quando questa parola è a sua volta un colore; quindi i
soggetti devono ignorare il significato della parola. L’attenzione non riesce a filtrare
prontamente l’informazione legata al significato per cui si impiega più tempo a svolgere
il compito
2. EFFETTO SIMON: è un altro fenomeno legato alla non assoluta selettività dell’attenzione e
si ha quando i soggetti devono premere un pulsante destro o uno sinistro a seconda della
forma che compare sullo schermo (esempio: pulsante destro se triangolo, sinistro se
quadrato). Visto che le figure possono comparire a destra o a sinistra dello schermo, in caso
di posizione incrociata (triangolo che compare a sinistra o quadrato che compare a destra)
la mente fatica a rimuovere l’informazione della posizione in cui compaiono le figure.
2: ORIENTAMENTO
L’attenzione può essere catturata dall’esterno in modo involontario (“bottom-up”: forte rumore,
movimento,…) oppure essere volontariamente orientata (“top-down”). Nel primo caso è lo stimolo,
grazie alle sue caratteristiche, che si impone all’attenzione; è su questa base che si sviluppano le
tecniche degli illusionisti che, con gli ampi movimenti delle mani o con i movimenti irregolari della
bacchetta, catturano l’attenzione degli spettatori. Sempre su questa base si spiega il fatto che,
nonostante grazie alla selettività dell’attenzione, siamo stati in grado di isolarci in una
conversazione all’interno di una festa, se sentiamo pronunciare il nostro nome all’esterno, veniamo
attratti verso la direzione da cui arriva il suono (stimolo saliente).
L’orientamento, quindi, è come se funzionasse da contraltare adattativo alla selezione: serve
ad evitare che l’attenzione venga totalmente assorbita dalla selezione.
Nell’ambito della percezione visiva i segnali legati a stimoli in movimento provenienti dall’area para-
foveale viaggiano più rapidamente di quelli provenienti dall’area foveale: la visione periferica è,
quindi, ottimizzata proprio per attrarre l’attenzione e fungere da guida per la determinazione della
direzione da cui arriva il movimento. Questa caratteristica della visione periferica è alla base del fatto
che se in una sala c’è un televisore acceso, non possiamo fare a meno, ad intervalli regolari, di dargli
uno sguardo.
Sempre nell’ambito della percezione visiva agisce l’effetto della INIBIZIONE DI RITORNO che è
funzionale al risparmio di energia: se si sta cercando qualcosa con lo sguardo, difficilmente lo
si rivolgerà per due volte verso il medesimo punto
3: ATTENZIONE DIVISA E MULTITASKING
Il multitasking è un’illusione: possiamo elaborare informazioni legate ad un compito che
richiede attenzione uno per volta; la mente opera solo in serie, mai in parallelo.
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Per sopperire a questa limitazione, il sistema cognitivo tende a rendere diversi compiti AUTOMATICI,
in modo da non assorbire risorse attentive che possono essere portate su altri compiti (es.: guidare).
Quindi due o più compiti possono essere eseguiti contemporaneamente solo se solo uno di essi
richiede attenzione mentre gli altri sono automatizzati.
Questo meccanismo può essere alla base di problemi come gli incidenti stradali: a causa del fatto
che guidare è diventato un processo automatizzato, il guidatore ritiene di potersi impegnare in altri
compiti come parlare al telefono o con una persona a fianco; tali azioni, però, sottraggono risorse
attentive al processo principale che, se pur automatizzato, può aver bisogno di momenti di massima
attenzione (un pedone attraversa la strada improvvisamente, l’auto di fronte frena bruscamente…).
Errori tipici legati al processo di automatizzazione dei compiti (routine):
- SLIP: Se siamo abituati a svolgere una azione in un certo ambiente, nel momento in cui
questo cambia, continuiamo a fare le stesse azioni automatiche, anche se non hanno più
senso (prendo il corridoio per andare nel mio vecchio ufficio, anche se è cambiato da poco)
- ERRORE DI CATTURA: si ha, al contrario, quando si vuole realizzare una azione nuova in un
ambiente in cui si è soliti fare una certa azione diversa. Ad esempio, se in sala sono abituato
a guardale la TV, entrandoci per prendere un libro, prenderò il telecomando.
Un ulteriore effetto del processo di automatizzazione è che, una volta che un’attività è stata
automatizzata, è molto difficile svolgerla nuovamente sotto il controllo attentivo (lettura)
4: DURATA NEL TEMPO (ATTENZIONE SOSTENUTA), VIGILANZA E INTERRUZIONI
Pensiero comune vuole che si riesca a mantenere l’attenzione per un tempo limitato; in realtà
l’attenzione è un processo onnipresente, semplicemente nel tempo cambia l’oggetto verso cui la
si presta (simile al processo di abituazione per la percezione).
Esperimenti dimostrano che interrompere un compito attentivo spostando l’attenzione su altri
elementi, aiuta a mantenere l’attenzione sul compito primario; ciò avviene, però a discapito del
tempo necessario a realizzare il compito primario perché la memoria ha bisogno di un “tempo di
rimessaggio” per riprendere le informazioni precedentemente accantonate (resumption lag).
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Memoria
L’invenzione della stampa ha portato l’uomo a non tramandare più le storie in modo orale; questo ha
portato ad un cambiamento radicale del modo con cui vengono create e riportate le storie: non più
in modo stereotipato (es.: la Bibbia), adatto alla memorizzazione, ma più romanzato. Questo ha
portato al fatto che i moderni romanzi non possono essere memorizzati e non sono adatti alla lettura
ad un pubblico (non si capiscono al solo ascolto)
È possibile allenare la mente a memorizzare meglio e di più.
Quando si parla di memoria si fa riferimento alla capacità di CODIFICARE,
ELABORARE, IMMAGAZZINARE e RECUPERARE le informazioni
CODIFICA ELABORAZIONE
Formo una IMMAGAZZINAMENTO
rappresentazione Trattengo una RECUPERO
parte delle
delle informazioni Conservo le
che mi arrivano informazioni per informazioni
dall’esterno Rendo disponibili
un tempo più le informazioni
lungo all’occorrenza
EBBINGHAUS, VON RESTORFF, BARTLETT
Le prime ricerche effettuate con metodo scientifico sono legate ad Ebbinghaus che scoprì:
- IPOTESI DEL TEMPO TOTALE: La quantità di informazioni che si riesce a memorizzare
è direttamente proporzionale (1:1) al tempo che si passa a memorizzarle
- EFFETTO DELLA POSIZIONE SERIALE: data usa serie di parole, si ricordano maggiormente le
prime (effetto priorità, dovuto al fatto che nel processo di memorizzazione le prime
parole vengono ripetute più spesso) e le ultime (effetto recenza, dovuto al fatto che le
parole rimangono nella memoria a breve termine per un breve periodo)
- CURVA DELL’OBLIO: la relazione tra tempo e quantità di informazione dimenticata è logaritmica
% di Ipotesi del
ricordi tempo totale
Curva dell’oblio
tempo
A Von Restoff si deve la scoperta dell’effetto che porta il suo nome: un elemento che si differenzia
in modo significativo dal resto è memorizzato con maggiore facilità.
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Bartlett, infine, utilizzando negli esperimenti degli elementi naturali (al posto di terne di letere
incomprensibili usate fino ad allora), dimostrò la NATURA RICOSTRUTTIVA più che riproduttiva della
memoria. Scopre cioè che, durante il processo di recupero delle informazioni memorizzate, le persone
tendono a distorcere la realtà per farla aderire ai propri schemi mentali o vengono influenzate dal
contesto in cui si trovano a dover richiamare le informazioni (segue il concetto dell’ancoraggio in
ambito decisionale – vedi -: non avendo informazioni di dettaglio le persone ricostruiscono un
incidente in modo diverso a seconda delle parole utilizzate da chi ha posto la domanda, ancorando la
ricostruzione alle parole “colpire” e “schiantare”). Il processo di ricostruzione del ricordo ogni volta
che viene evocato non solo “cambia le carte in tavola” ma va a ri-memorizzare ogni volta un ricordo
diverso: ogni volta che si evoca un ricordo lo si cambia.
STRUTTURA E CAPACITA’ DELLA MEMORIA
Uno SCHEMA SEMPLIFICATO della memoria la rappresenta come un “sistema di magazzini”, ovvero
sottosistemi che differiscono per durata e capacità di immagazzinamento (da alcuni decimi di
secondo a tutta la vita, da piccole quantità a quantità illimitate)
Reiterazione
MEMORIA A MEMORIA A
MEMORIA Attenzione Elaborazione
BREVE LUNGO
SENSORIALE TERMINE TERMINE
Informazione persa per decadimento o interferenza
MEMORIA SENSORIALE: è impegnata nel primo riconoscimento della realtà in quanto trattiene, per
pochi decimi di secondo, le informazioni appena elaborate dalla corteccia cerebrale e provenienti
dagli organi sensoriali. È la memoria che consente di vedere una luce in movimento come se fosse una
scia; già nel 1700 era stato misurato il tempo di latenza in memoria sensoriale calcolando il tempo
minimo necessario a fare in modo che un tizzone acceso sul bordo di una ruota fosse visto come un
cerchio luminoso (1/10 di secondo).
La persistenza dell’informazione nella memoria sensoriale è detta “immagine postuma” o “effetto di
persistenza dell’immagine” ed erroneamente veniva reputata causa della percezione del movimento a
partire da immagini statiche (vedi prima: illusione del movimento).
L’effetto di immagine postuma si ha anche per altri sensi, come il tatto; è a causa di questo effetto
che non ci si accorge del furto dell’orologio da parte dei prestigiatori: il prestigiatore inizia stringendo
il polso al soggetto e dando, quindi, alla memoria sensoriale il messaggio chiaro. Quando toglie
l’orologio, nella memoria sensoriale c’è ancora l’immagine postuma della stretta e dell’orologio, per
cui il soggetto non si accorge dl furto.
La memoria sensoriale uditiva è detta ECOICA e consente di capire la direzione di arrivo di un suono
grazie al fatto che tale memoria trattiene l’informazione quando il suono arriva al primo orecchio e
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fino a quando non arriva al secondo; il cervello, poi, calcola la direzione di provenienza del suono
proprio facendo riferimento alla differenza di tempo percepita
MEMORIA A BREVE TERMINE: consente di manipolare informazioni in assenza del dato percettivo
(es.: fare operazioni). Attenzione e memoria a breve termine sono fortemente legate: le informazioni
in memoria orientano l’attenzione e l’attenzione consente di memorizzare le informazioni. Ha durata
da 2 a 5 secondi nei quali viene elaborato un PACCHETTO (CHUNK) di informazioni per poi passare a
quello successivo; ha capacità di non più di 4 elementi per volta, molto meno della memoria
sensoriale.
Secondo Baddeley la memoria a breve termine può essere vista come un sistema complesso
articolato in più sottosistemi, ognuno dedicato ad un certo tipo di elaborazione; per questo motivo si
propone di sostituire il concetto di “breve termine” con quello di MEMORIA DI LAVORO:
CONTROLLA
ESECUTIVO L’ORDINE DI
CENTRALE ESECUZIONE DI
UN COMPITO
CIRCUITO BUFFER
TACCUINO MEMORIA A
LUNGO
EPISODICO
FONOLOGICO VISUO-SPAZIALE TERMINE
ELABORAZIONE E ELABORAZIONE RECUPERO DELLE
RIPETIZIONE DELLE INFORMAZIONI
DELLE INFORMAZIONI DALLA MEMORIA
INFORMAZIONI VISIVE A LUNGO
VERBALI TERMINE
Il CHUNKING è un meccanismo di memorizzazione che consente di immagazzinare nella memoria a
breve termine una quantità di informazioni elementari superiore ai 4 elementi menzionati.
Caratteristiche come l’organizzazione, la ripetizione e la peculiarità consentono di raggruppare una
serie di informazioni elementari in un CHUNK che può essere memorizzato come un unico
elemento. Ne sono un esempio le singole parole di un testo che sono memorizzate come singolo
CHUNK e non come singole lettere.
MEMORIA A LUNGO TERMINE è un magazzino che contiene le conoscenze complessive che ognuno
ha di sé e del mondo.
Distinguiamo:
a) MEMORIA DICHIARATIVA: è la capacità di rievocare fatti o descrizioni e può essere:
I. EPISODICA: permette di evocare eventi specifici di cui si è stati protagonisti
personali con le loro caratteristiche spazio temporali (cosa, dove, quando)
II. SEMANTICA: consente di recuperare il significato o la descrizione di un fatto senza
alcuna connotazione spazio-temporale; ad esempio “gli orsi sono mammiferi”
b) MEMORIA PROCEDURALE: molto resistente all’oblio è quella che consente il recupero delle
modalità di esecuzione di una certa attività anche dopo tanto tempo (sciare, andare in bici,…)
RECUPERO DELLE CONOSCENZE 14
RICONOSCERE VS RICORDARE: “Ricordare” è la capacità di riprodurre con esattezza informazioni a cui
si è stati esposti in precedenza. “Riconoscere”, invece, consiste nell’identificare qualche informazione
familiare, già vista in passato, che consenta di distinguere una risposta giusta all’interno di un
ventaglio di risposte possibili.
È dimostrato che è più semplice riconoscere che ricordare. Il principio della “specificità di codifica”
consiste nel fatto che può essere recuperato dalla memoria solo ciò che è stato immagazzinato e il
modo con cui avviene il recupero dipenda da come il ricordo è stato immagazzinato. È il modo con
cui è avvenuta la codifica di una parola o avvenimento che determina come essa/o verrà recuperata.
Vivere, quindi, un certo contesto, può aiutare la fase di decodifica (recupero) semplicemente perché
è lo stesso che è stato vissuto in fase di codifica (memorizzazione).
LIVELLI DI ELABORAZIONE, CODIFICA, RECUPERO
Secondo il modello della specificità della codifica, la profondità della traccia che viene lasciata in
memoria da un concetto/parola dipende dal livello di profondità della elaborazione; vengono,
quindi, distinti tre livelli di elaborazione con un ordine crescente di facilità di codifica e, quindi, di
facilità di decodifica:
SUPERFICIALE (es. memorizzo se una parola è scritta in maiuscolo o minuscolo)
FONETICA (es. memorizzo il suono della parola o le eventuali rime in un testo)
SEMANTICA (es. memorizzo il significato delle parole del testo)
Il ricordo migliora verso la semantica perché è un livello più profondo di elaborazione.
MEMORIA PROSPETTICA
È una parte della memoria a lungo termine che invece di consentirci di ricordare episodi del passato
permette di ricordare INTENZIONI che non possono essere realizzate immediatamente (es.: ricordare una
procedura o gli orari per prendere le medicine di una terapia). Consiste in due capacità:
1. Ricordare, al momento opportuno, di dover fare qualcosa
2. Ricordare cosa doveva essere fatto
Caratteristica fondamentale di questo tipo di memoria è l’auto-innesco, che nella memoria
retrospettiva non c’è, visto che la necessità di ricordare qualcosa è esogena. L’auto-innesco può
basarsi su eventi (la prima volta che piove dovrò concimare il prato) o sul tempo (alle 7 devo
chiamare il mio amico).
ERRORI, OBLIO E AMNESIA
OBLIO: esperienza in cui non si riesce a recuperare informazioni dalla memoria a lungo termine.
Può dipendere da diversi fattori:
- Tempo che intercorre tra memorizzazione e recupero
- Frequenza con cui l’informazione viene recuperata
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- “Interferenza proattiva”: che si ha quando informazioni memorizzate nel passato impediscono
che vengano memorizzate delle nuove (es.: non riesco a memorizzare il nuovo PIN perché
mi viene in mente sempre il vecchio)
- “Interferenza retroattiva”: si ha quando le nuove informazioni impediscono di ricordare le
vecchie (es.: non ricordo il vecchio PIN perché ce n’è uno nuovo)
- Inefficienza del processo di codifica iniziale (es.: non ricordo dove ho messo le chiavi
perché quando le ho lasciate ero disattento)
AMNESIA: consiste nel mancato immagazzinamento e/o recupero delle informazioni provocato
da traumi o patologie. Si distinguono:
- AMNESIA ISTERICA: non viene ricordato un avvenimento che ha causato uno stress molto
forte. Tendenzialmente temporanea.
- AMNESIA TRAUMATICA/PATOGENA: deriva da traumi o patologie; è selettiva e
difficilmente temporanea. Può essere:
1. RETROGRADA: non si ricordano avvenimenti passati
2. ANTEROGRADA: non si acquisiscono nuovi ricordi coscienti
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Apprendimento
È il processo che porta all’acquisizione di conoscenze e comportamenti. Dal punto di vista fisico
l’apprendimento consiste nelle modificazioni sinaptiche che avvengono quando l’individuo è
sottoposto ad uno stimolo; l’apprendimento comporta, cioè, dei mutamenti strutturali del sistema
nervoso: i collegamenti tra le cellule nervose si modificano in funzione di ciò di cui si sono occupate
in precedenza.
Si distinguono:
APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO: consiste nella rilevazione e conservazione di una associazione tra eventi
APPRENDIMENTO COGNITIVO: si realizza attraverso la creazione e modificazione delle
rappresentazioni mentali (modelli)
APPRENDIMENTO ASSOCIATIVO
Studiato dai comportamentisti, si basa sulla capacità di rilevare un collegamento temporale tra
due eventi. Si distinguono due forme:
1. Il CONDIZIONAMENTO CLASSICO (o Pavloviano) in cui l’associazione avviene tra uno stimolo
e una risposta
2. Il CONDIZIONAMENTO OPERANTE (o Skinneriano) in cui l’associazione è tra un
comportamento e un rinforzo
1: CONDIZIONAMENTO CLASSICO.
È legato agli studi di Pavlov che scoprì come negli animali si realizzi automaticamente un certo
effetto (Risposta Incondizionata, RI: la salivazione) partendo non dallo stimolo naturale (Stimolo
Incondizionato, SI: la vista del cibo) ma da uno stimolo imposto esternamente (Stimolo Condizionato,
SC: il suono di un campanello). Lo stimolo condizionato, quindi, nell’istinto dell’animale, prende
il posto dello stimolo incondizionato producendo gli stessi effetti.
Nella mente dell’animale si realizza la seguente implicazione:
i) Se vedi il cibo allora produci saliva;
ii) Se senti il campanello allora arriva il cibo;
iii) Quindi, se senti il campanello allora produci saliva perché sta per arrivare il cibo.
Prima di diventare stimolo condizionato, un evento esterno è detto Stimolo Neutro perché non porta
alcun effetto; lo SN diventa SC solo se presentato in costante associazione con il SI. Il processo grazie
al quale si realizza l’associazione tra stimolo neutro e risposta incondizionata (che quindi, alla fine,
diventa Condizionata) è detto ACQUISIZIONE e si realizza grazie a due elementi: la RIPETIZIONE e la
CONGRUITÀ TEMPORALE; in altre parole, il campanello provoca la salivazione solo se ripetutamente è
avvenuto che ad esso seguisse l’arrivo del cibo all’interno di un certo arco temporale NON SUPERIORE
ai 15 secondi. 17
Stimolo Risposta
Incondizionato Incondizionata
+
Stimolo Stimolo Risposta
Neutro Condizionato Condizionata
Durante il processo di acquisizione, lo stimolo naturale e lo stimolo incondizionato possono
essere presentati in sequenza:
- Ritardata (SN – SI)
- Retrograda (SI – SN)
- Di traccia (SN sparisce prima che compaia SI)
- Simultanea (SN + SI)
Oltre alla prossimità temporale, perché si possa creare una associazione tra Stimolo Condizionato
e Stimolo Incondizionato è necessario che lo stimolo sia un PREDITTORE AFFIDABILE (deve essere
sempre associato allo stimolo incondizionato) e che sia INFORMATIVO o SALIENTE (deve essere
evidente e deve staccarsi dagli altri stimoli).
Se lo stimolo condizionato non viene più presentato insieme allo stimolo incondizionato allora
la risposta condizionata diminuisce fino ad estinguersi (ESTINZIONE). Se, però, l’associazione
viene ripresentata, questa si ristabilisce più rapidamente.
GENERALIZZAZIONE E DISCRIMINAZIONE DELLO STIMOLO
Una volta che c’è stata l’associazione tra Stimolo condizionato e risposta condizionata, questa varrà
anche per stimoli simili a SC; è la GENERALIZZAZIONE dello stimolo (un bambino morso da un cane
avrà paura di tutti i cani). La DISCRIMINAZIONE dello stimolo è il processo contrario con cui si educa un
organismo a rispondere solo a quel determinato stimolo.
2: CONDIZIONAMENTO OPERANTE
È un processo di condizionamento che si basa sull’effetto Thorndike che consiste nel fatto che
un’azione da cui scaturisce un effetto positivo avrà maggiori probabilità di essere ripetuta mentre
una con effetto negativo avrà maggiori probabilità di essere evitata.
Questo tipo di apprendimento si basa sull’associazione che avviene tra conseguenza di un
comportamento e comportamento stesso grazie al c.d. rinforzo o FEEDBACK che può essere definito
come una informazione che rende più o meno probabile la ripetizione di un comportamento.
Rinforzo
Comportamento Conseguenza
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Tale tipo di apprendimento associativo è detto OPERANTE perché il soggetto opera un cambiamento
sull’ambiente grazie alle sue azioni, al suo comportamento. I comportamenti appresi tramite
condizionamento operante modificano l’ambiente e sono “mantenuti vivi” dai feedback che essi
ricevono; i comportamenti appresi tramite condizionamento classico, essendo legati ai RIFLESSI, sono
sollecitati dagli stimoli (stimolo condizionato riflesso condizionato) e non possono essere
“mantenuti vivi” dalle risposte.
Le differenze tra i due condizionamenti associativi sono, quindi, due:
1. LE ASSOCIAZIONI: nel classico sono tra stimoli e riflessi mentre nell’operante sono tra
comportamenti e conseguenze (comportamenti orientati ad un fine specifico: il gatto che tira
la leva giusta per avere cibo)
2. Nel classico lo stimolo produce l’associazione e precede il comportamento (campanello
salivazione); nell’operante il comportamento è condizionato dallo stimolo (il rinforzo)
Il rinforzo (“insegnamento”, feedback) può essere positivo o negativo; il rinforzo negativo è diverso
dal una punizione:
- PUNIZIONE: azione/informazione proveniente dall’esterno che mira alla cessazione di
un comportamento non voluto
- RINFORZO NEGATIVO: azione/informazione che ha come conseguenza attesa il ritorno di un
comportamento desiderato (non ti do la paghetta perché tu possa avere una pagella migliore)
Il rinforzo positivo (ricompensa, feedback), per essere efficace deve essere:
- Immediato
- Piacevole per chi lo riceve
- Frequente
- Proporzionale alla prestazione
- Coerente
- rivolto a prestazioni attive e concrete
Gli SCHEMI DI RINFORZO sono i diversi modi con cui può essere somministrato il rinforzo al fine di
avere il comportamento desiderato:
a) COSTANTE o CONTINUO: ogni volta che si ha il comportamento desiderato si somministra
il rinforzo
b) INTERMITTENTE o PARZIALE: il rinforzo viene somministrato saltuariamente
Per rinforzare un comportamento non spontaneo, nell’educazione degli animali si usa lo SHAPING:
si rinforzano (premiano) i singoli “pezzi” del gesto in modo da dare all’animale singole parti di
informazione fino al raggiungimento del risultato finale.
Il comportamento “SUPERSTIZIOSO” trova spiegazione proprio nella logica dei rinforzi. Se il legame
tra azione e rinforzo non è immediato, il ricevente può assumere di essere stato premiato per
un’azione che, in realtà, non ha nulla a che fare con l’obiettivo del soggetto premiante. La stessa cosa
accade negli uomini quando si crede che, mettendo in atto un certo comportamento, si realizzeranno
le conseguenze sperate. 19
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Stefanococchi95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia dei processi cognitivi e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Modena e Reggio Emilia - Unimore o del prof Mariani Pier Paolo.
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