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SEZ III: TEST D’INTELLIGENZA
Bisogna distinguere fra strumento e modo d’uso: l’uso di classificazione umiliante e discriminante che
storicamente ne è stato fatto più recentemente ha portato a ridefinire il concetto d’intelligenza come
Intellectual competence (scarr 1981) in cui, oltre all’abilità cognitiva, è compreso il ruolo giocato
dall’adattamento e dalla motivazione.
Sul concetto di intelligenza si è dibattuto molto ed oggi è studiato soprattutto da:
• i teorici del modello evolutivo - intelligenza=capacità individuale che si crea nello sviluppo sulla base delle
esperienze. Piaget: valutazione qualitativa dell’intelligenza, come adattamento dell’individuo all’ambiente
tramite assimilazione (nuovi dati) e accomodamento (modificazione x integrare i nuovi dati).
• i teorici del modello dell’human information processing - processi mesi in atto fra stimolo e risposta
(operazioni, processi mentali, trasformazioni e manipolazioni delle informazioni nell’acuisizione e nel
richiamo; processi di controllo e metacognizioni nella formulazione di soluzioni).
• i teorici del modello neurobiologico - controversa relazione fra struttura cerebrale e intelligenza per la
difficoltà di isolare gli aspetti biologici dalla cultura.
Oggi l’intelligenza non è più considerata un costrutto unitario ma formato da più componenti: performance,
acquisizione, ritenzione, transfert, ecc. Lo psicologo clinico continua comunque ad utilizzare un certo
numero di test tradizionali.
1. Reattivi cross-cultural, cultire reduced e culture-specific per la valutazione dell’intelligenza
Con il tempo si è verificato che realizzare dei reattivi che prescindano dalla cultura è praticamente
impossibile. Un primo tentativo era stato fatto con l’army beta, test non verbale in cui venivano presentate
delle figure di oggetti: ma anche la conoscenza di questi non può prescindere dalla cultura di provenienza. Si
può però affermare che i reattivi interculturali sono meno condizionati da restrizioni rispetto ad altri
• leiter international performance scale – hawaiani, statunitensi e africani
• ipat culture fair intelligence test (Cattell) europa, usa, africa, asia
• matrici progressive di raven
• semantic test of intelligence
• goodenough draw-a-man test
Tutti questi test hanno dato dubbi risultati per vari motivi: la validazione è stata trascurata o inadeguata e là
dove c’è stata non ha dato buoni risultati, hanno dato risultati discordanti con altri test di intelligenza, hanno
dato rendimenti diversi dovuti proprio dalle differenze culturali. Goodenough, Florence ed Harris hanno
concluso che: è illusoria la ricerca di un reattivo indipendente dalle differenze culturali qualsiasi sia il
costrutto che si intende misurare. I problemi dei reattivi interculturali sono in larga parte determinati
dall’obiettivo intrinseco: misurare l’intelligenza, uno dei dangerous games della storia della psicologia.
Spearman (1904) ha identificato nel fattore g un dato comune a tutte le operazioni mentali ed è in base a
questo che viene esaminata la validità dei test interculturali. Con obiettivi più modesti ma maggior validità il
reattivo davis-elles games si propone la misura di un index of problem solving ability (ipsa) piuttosto che del
QI. Nonostante le problematiche presentate, i trend di utilizzo di questi test, risultanti da lavori pubblicati,
non sembrano diminuire. In particolare le matrici di raven sono state oggetto di varie revisioni per essere
adattate a culture specifiche e ne esistono ad oggi varie versioni anche informatizzate, largamente utilizzate.
Il giudizio in letteratura continua ad essere comunque molto cauto: Kline (1993) ne afferma la validità sulla
misurazione della “intelligenza fluida”, non cristallizzata dalle influenze culturali. In Italia sono utilizzate
nelle versioni pm38, pm47, pm colore ed è utilizzato anche il culture fair di Cattell: a proposito di questo
Kline ne elogia lo sforzo ma ne raccomanda la validazione all’interno delle culture di applicazione. Si può
dedurre che sarebbe più proficuo produrre test culture-specific (come il black intelligence test of cultural
homogeneity per i neri o il relevant aspects of potential per valutare i candidati all’istruzione superiore nei
ceti svantaggiati) piuttosto che sforzarsi di trovarne uno culture-free . Invece che etichettare i test culture free
(sinonimo: culture fair) murphy e davidshofer propongono una classificazione delle caratteristiche dei test
secondo due parametri: influenza culturale elevata o ridotta. Propongono anche di ribattezzare i culture-free
come culture-recduced .
2. Strumenti non verbali per la valutazione dell’intelligenza
L’uso dei test durante la prima guerra mondiale è per molti (Boring e Garret) il primo grande evento della
psicologia sperimentale. Lo studio dell’eta-beta (1974) test derivato dall’ rbe revised beta examination, è
particolarmente interessante in quanto, essendo un test con circa 70 anni di storia alle spalle, consente di
esaminare l’evolversi del tempo non solo del concetto di intelligenza e dello strumento di misurazione, ma
anche della funzione dei somministratori. Infatti questo deriva dall’ army beta, derivato a sua volta dall’army
alfa a cui nel 1917 furono sottoposti i soldati USA per il reclutamento nella prima guerra mondiale. L’army
alfa (test carta-e-matita costituito da materiale quasi esclusivamente verbale) divenne poi army beta
(materiale figurativo), proprio perché evidenziò le difficoltà di comprensione del linguaggio da parte degli
analfabeti e dei non anglofoni presenti fra le reclute. Ma il beta non è l’esatta trasposizione del verbale
dell’alfa in stimoli e situazioni, ovvero sembra più fondato pensare che l’alfa servisse a determinare quali
fossero i soggetti a cui affidare i compiti di maggiore responsabilità, mentre il beta servisse ad escludere il
reclutamento dei debilitati mentali. L’army beta è costituito da 7 subtest: 1-labirinti; 2 -analisi dei cubi; 3 -
serie di segni x-o; 4-associazione cifre a simboli; 5-verifica di numeri; 6-completamento di figure; 7-
costruzioni geometriche. Ogni subtest ha diversi item. Nel dopoguerra il beta fu oggetto di numerosi studi e
rimaneggiamenti, mantenendo però sempre la sua caratteristica di idoneità per semi-analfabeti e non
anglofoni. Questo malgrado fosse già stata dimostrata la parità di saturazione di fattore g dei test figurativi
rispetto ai verbali, e l’affermarsi con larga fortuna di altri test non verbali quali le scale Wechsler (WB I
1939, WB II 1946 e WISC 1949), le matrici progressive e il test cultural-free di Cattel (1940), sotto
l’influenza della psicologia della Gestalt. L’rbe fu largamente utilizzato non più in ambito militare ma con
scopi diversi: educativi, vocazionali e di counseling, quindi su una popolazione di entrambi i sessi . Proprio
la differenza sui risultati forniti da maschi (punteggi superiori tranne che nel subtest “associazioni cifre
simboli”) e femmine all’rbe ha dato l’avvio a varie ricerche che rivolgono interesse al come piuttosto che al
quanto; ovvero all’approccio statistico si unisce anche quello clinico, teso a comprendere i risultati. In Italia
l’rbe viene fatto conoscere dallo psichiatra viene utilizzato su adolescenti maschi detenuti o in osservazione
(istituto beccaria). Gli psicologi che lo utilizzarono conclusero che fosse inadatto alla somministrazione in
gruppo, mentre somministrato singolarmente era un valido “setaccio a maglie larghe” indicatore della
presenza/assenza di problemi intellettivi: se dava QI medio-alti poteva non essere seguito da altri test
d’intelligenza . Allo stesso scopo fu utilizzato con successo sulle femmine all’istituto nazareth dimostrando
però la non completa adeguatezza del materiale e delle norme statistiche quando applicato alle femmine.
Tutto il bagaglio di conoscenze sull’rbe andò purtroppo perduto per la mancanza di contributi scritti (veniva
trasmesso da psicologo in psicologo) e l’rbe divenne appannaggio della psichiatria ed utilizzato per 20 anni
nell’inquadramento dei pazienti dell’iop paolo pini e nella selezione del personale paramedico dell’iop
cerletti. Passò poi alle carceri e in seguito fece la sua comparsa nella selezione del personale,
nell’orientamento e nel counseling di aziende, industrie e banche (iter molto simile a quello Usa). Quello che
né in Italia né in usa venne in mente agli psicologi di fare fu di migliorare la caratterizzazione funzionale
degli item e dei subtest che compongono l’rbe. La Francolini prese in esame le variabili legate al sesso e alla
scolarizzazione. Nel va e vieni di suggerimenti clinici e verifiche sperimentali è nata la più recente
trasformazione dell’rbe: l’eta-beta diverso nel materiale, nei tempi limite e nella forma grafica. Nella nuova
forma ci si è attenuti al principio che il risultato ad un test di QI è determinato da vari fattori, non tutti
specificamente intellettuali. Cattel teorizzò questo in un equazione :
QI(apparente)=QI(reale)+s+f+e+p: Dove s=conoscenze; f=fluttazione dell’intelligenza nelle 24 ore; e=errore
di misurazione; p=sofisticazione del test. Noi ci aggiungiamo anche un bel +c=contesto (luogo in cui l’esame
è condotto, significato per il soggetto e finalità). L’ambito di massima efficacia dell’eta-beta è quello del
vaglio delle prestazioni intellettuali su ogni tipo di esaminato, e di mettere in risalto, se utilizzato da uno
psicologo che ne comprenda a fondo i meccanismi, alcune strategie di pensiero.
Il Comprensive Test Of Nonverbal Intelligence (CTONI) è una batteria di sei subtest che misurano diverse
abilità intellettive non verbali in correlazione tra loro. Può essere somministrato a soggetti dai 6 ai 90 anni di
età.
L’Universal Nonverbal Intelligence Test (UNIT) è una batteria di sei subtest non verbali che misurano
diverse abilità intellettive in correlazione tra loro. Può essere somministrata a soggetti dai 5 ai 17 anni di età.
3. La Scala Leiter-R
La Leiter-R è una scala comportamentale non verbale, che non richiede comunicazione verbale fra
esaminatore e soggetto, né che quest’ultimo legga o scriva qualcosa. È quindi particolarmente adatta per
bambini e adolescenti con ritardo cognitivo e con disturbi verbali, oltre che per soggetti che non siano in
grado di padroneggiare l’italiano. Si somministra come un gioco e lo scoring è effettuato in modo semplice e
veloce. A differenza dei tradizionali test del QI, la Leiter-R pone l’accento sull’intelligenza fluida, che è la
misura pi