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TECNICHE DI MATRICE OPERANTE

Tecniche di matrice operante, usate per favorire l’apprendimento di nuovi comportamenti adattivi, il

potenziamento di comportamenti già presenti ma poco frequenti, o l’eliminazione di condotte

disadattive. Tra queste, tutte di natura pedagogica, vi sono:

- Shaping (modellaggio, approssimazione successiva) → Attraverso questo si tende a sviluppare un nuovo

comportamento attraverso il rinforzo selettivo di risposte che si avvicinano sempre di più all'obiettivo

finale desiderate.

- Prompting (sollecitazione) → In cui si usa un aiuto per favorire l’inizio della risposta e in cui possono

servire come sollecito istruzioni, gesti e guida fisica.

- Fading (dissolvenza) → Con cui gli aiuti forniti inizialmente dal terapeuta sono progressivamente

eliminati per permettere la normale autonomia del comportamento.

- Chaining (concatenamento) → In cui si predispone una sequenza di comportamenti che avvengono in

ordine fisso e in cui ogni comportamento serve da rinforzo condizionato che consolida la risposta

precedente.

- Extinction (estinzione) → Utilizzata per favorire l’eliminazione di un comportamento disadattivo

interrompendo la serie di rinforzi che lo mantenevano attivo.

- Response cost (costo della risposta) → Implica la perdita dei vantaggi, consapevoli o inconsapevoli, o, in

altri casi, la richiesta di una penalità per la messa in atto di comportamenti disadattivi.

- Stimulus control (tecniche di controllo dello stimolo) → Queste tecniche prendono spunto

dall'identificazione di determinati stimoli che sono profondamente legati a risposte che possono essere

adattive o disadattive; si agisce su queste condizioni per giungere ad una capacità di autocontrollo.

- Contrattazioni delle contingenze (contratti comportamentali) → Implicano la stipulazione di un vero e

proprio contratto tra il terapeuta e il cliente.

TECNICHE CHE PREVEDONO L'ESPOSIZIONE AGLI STIMOLI TEMUTI

- Desensibilizzazione sistematica → Cioè un insieme di metodi usati per indebolire risposte ansiose

abituali a certi stimoli, contrapponendo modalità di risposta opposte all’ansia, come il rilassamento.

- Flooding → Che consente di ottenere l’estinzione di una risposta d’ansia esponendo il soggetto in modo

massiccio e assai prolungato allo stimolo temuto e impedendo l’abituale comportamento di evitamento;

- Eposizione in vivo → Che è stata la tecnica più usata per disturbi ossessivo-compulsivi, per disturbi

d’ansia e attacchi di panico, e in cui le difficoltà specifiche del paziente vengono affrontate inizialmente

accompagnandolo ad affrontare gli oggetti delle sue paure in modo da poter esercitare le pratiche di

autocontrollo e poi pian piano lasciandolo autonomo nel metterle in pratica.

TECNICHE UTILI PER MODIFICARE IL LIVELLO DI AROUSAL

- Tecniche di rilassamento → Costituiscono delle vere e proprie abilità di coping, cioè delle capacità attive

di controllo e autocontrollo, e vengono insegnate ai paziente per poter ridurre l’attivazione fisiologica e la

tensione muscolare in situazioni altamente stressanti.

- Distrazione → Cioè i pazienti devono imparare a spostare la loro attenzione da un focus interno a uno

esterno per ridurre l’ansia e il livello di attivazione.

TECNICHE COMPLESSE PER INSEGNARE CAPACITÁ MANCANTI

- Social skills training (training delle abilità sociali) → Cioè un insieme di tecniche volte ad aumentare il

repertorio individuale di abilità e competenze in ambito interpersonale.

- Modeling (modellamento) → È uno dei più semplici tipi di skills training; il terapeuta mostra come

affrontare l'oggetto fobico o come superare i comportamenti fobici, mentre viene osservato dal paziente.

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- Role-playing → È una modalità di preparazione all'esposizione; il paziente si esercita a mettere in atto le

abilitù più adatte ad affrontare quella situazione; è usato soprattutto in situazioni in cui l'ansia piò creare

difficoltà nell'attuare comportamenti adatti.

- Assertive training (terapia assertiva) → Si insegna al paziente a comportarsi in modo tale da evitare gli

estremi dell'aggressività e della passività.

ALCUNE APPLICAZIONI TERAPEUTICHE

La terapia comportamentale si è dimostrata particolarmente efficace in ambiti quali:

ALCOLISMO E TOSSICODIPENDENZA

Nella terapia in questi casi hanno un ruolo saliente le tecniche di autocontrollo e controllo dello stress,

vengono così insegnate strategie di problem solving , oltre al social skills training. La terapia cerca così di

modificare le aspettative e il sistema di auto attribuzioni legate al fallimento e alle ricadute.

BULIMIA

L’approccio integrato cognitivo-comportamentale induce miglioramenti significati nelle condizioni

cliniche, nella qualità dell’adattamento sociale e nella riduzione della psicopatologia generale.

DISTURBI D'ANSIA

In questo ambito ciò che accomuna le diverse terapie comportamentali è l’esposizione agli stimoli che

inducono disagio sia attraverso l’immaginazione (in cui i pazienti devono immaginare di trovarsi nella

situazione che induce reazioni fobiche) sia dal vivo (in cui i pazienti sono realmente esposti alle situazioni

verso cui provano fobie). Le altre variabili nelle terapie di esposizione consistono nella durata di

quest'ultima e nel livello di ansia fatto raggiungere al paziente.

DISTURBI OSSESSIVO-COMPULSIVI

Il trattamento d’elezione è ancor oggi basato sui principi dell’esposizione in vivo, dell’estinzione della

prevenzione della risposta.

SCHIZOFRENIA

Le terapie comportamentali hanno messo a punto programmi di social skills training e programmi di

educazione per le famiglie, volti a modificare gli stili di comunicazione interpersonali.

CAPITOLO 6 - COGNITIVISMO CLINICO E PRATICA PSICOTERAPEUTICA COGNITIVISTA

COGNITIVISMO CLINICO E PRATICA PSICOTERAPEUTICA COGNITIVISTA

La terapia cognitiva nasce dall’influenza di tre radici:

① LA RADICE COMPORTAMENTISTA di Watson

A differenza del cognitivismo clinico, ha sempre attribuito scarsa importanza agli stati di coscienza,

considerati irrilevanti nell'influenzare emozioni e comportamento. Ha sempre rinnegato ogni riferimento

alla mente e alla psiche. Per Watson, primo teorizzatore, è l'unica possibilità per giungere ad uno studio

realmente scientifico del comportamento umano, eliminando a priori il costrutto teorico di mente, per

focalizzare la ricerca sperimentale solo sui comportamenti manifesti. La mente è stata considerata una

sorta di scatola nera, il cui funzionamento interno è inconoscibile. Il meccanismo di apprendimento

secondo questa teoria è il condizionamento, ossia il processo che si verifica con l'associazione tra due

stimoli e una risposta. Per il comportamentismo, il meccanismo centrale di modificazione è il rinforzo,

ovvero la situazione in cui a una determinata risposta ha fatto seguito una ricompensa.

② LA RADICE COGNITIVISTA CLINICA di Ellis e Beck

Questo nuovo modello teorico ha alla base la fondamentale concettualizzazione della mente come un

elaboratore di informazioni e dell’attività mentale come di un insieme di conoscenze.

Ellis ritiene che la sofferenza non dipende dagli stati mentali inconsci ma dalle elaborazioni verbali esplicite,

valorizza gli stati coscienti e cerca nella coscienza l'origine della sofferenza psichica.

Beck, che inaugura in campo clinico l'uso dell'aggettivo "cognitivo", preferisce invece definire il benessere

psicologico come cognizione funzionale e non necessariamente razionale. La terapia cognitiva si rivela così

in grado di diminuire la sofferenza emotiva connessa a un insieme di disturbi psicologici quali la

depressione e l’ansia, gli attacchi di panico, il disturbo post-traumatico da stress, i disturbi alimentari e il

disturbo ossessivo-compulsivo. 40

③ LA RADICE COSTRUTTIVISTA

In cui si sottolineano la componente interiore e soggettiva del processo conoscitivo e il legame con

l’esperienza personale di ognuno. I modelli psicologici costruttivisti, pongono maggiore attenzione

all'elaborazione soggettiva e personale che costruisce la realtà invece di conoscerla. Questa corrente nasce

a partire dalla psicologia dei costrutti personali di George Kelly che si basa sull’idea che l’uomo vive per

prevedere se stesso nel mondo. Dunque il principio motivazionale è quello conoscitivo e predittivo. Il

cognitivismo clinico si fonda, in quanto forma di psicoterapia, su un tipo di setting faccia a faccia, incontri

settimanali, e un colloquiare, durante la seduta, intenso e discorsivo.

INNOVAZIONI RECENTI: LE BASI EVOLUTIVE DELLA COGNIZIONE, LA MINDFULLNESS, LA COMPASSIONE E

L'ACCETTAZIONE

In generale gli autori concordano sul fatto di considerare importanti le prime relazioni, seppur diverse, e sul

ritenere l’intervento su di esse un passo significativo del lavoro psicoterapeutico, che ha come scopi il

riconoscimento dei modelli di attaccamento, la lettura delle eventuali anomalie e la ricerca di modelli

alternativi. Verso la fine degli anni ’90, il cognitivismo ha affrontato la nuova sfida rappresentata dal

‘paziente difficile’, ovvero il paziente la cui sofferenza non sembra modificabile attraverso la gestione

cognitiva esplicita delle credenze.

La prima novità è la mindfullness, una tecnica di meditazione applicata ai trattamenti per stati di sofferenza

emotiva, quali ansia e depressione cronica, la cui efficacia è stata provata empiricamente.

Un'altra novità della terapia cognitiva è stata la meta-cognizione, cioè l’insieme delle abilità che

consentono di attribuire e riconoscere la presenza di stati mentali in noi stessi e negli altri valutando le

espressioni facciali, gli stati somatici, i comportamenti e le azioni. Queste abilità possono essere divise in

abilità che consentono di riflettere su se stessi (autoriflessività), abilità che permettono di ragionare sugli

stati interni altrui (comprensione della mente altrui), e abilità che consentono di gestire gli stati mentali

problematici. Inoltre, deve usare informazioni riferite a specifici stati mentali che riguardano eventi

accaduti in uno spazio e in un tempo ben precisi.

Ciò che produce sofferenza non è il contenuto cognitivo in sé, ma il ritenerlo inopportuno, diverso dal

normale: basta normalizzarlo per vedere calare l'ansia a livelli ragionevoli.

L'intervento di accettazione parte dal presupposto che la sofferenza mentale non sia determinata dai

contenuti disfunzionali, ma da una valutazione di rifiuto e non accettazione dei propri stati mentali.

All'accettazione si affianca l'impegno di voler cambiare.

LA PROCEDURA

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
57 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valentinaf95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia clinica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Falgares Giorgio.