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Il significato e l'interazione nel pensiero costruttivista
Per un costruttivista l'esorcismo non deve essere per forza vero, ma la sua realtà è a livello del significato: posso non credere che le voci e le persone possedute esistano, ma se l'esorcismo le libera, esso è reale a livello del significato. Da qui nasce il quesito fondamentale su cui si interroga il pensiero interazionista: come nasce il significato e come viene condiviso? La matrice dei significati possibili è sempre l'interazione: il comportamento non può essere una risposta a serie di stimoli, perché l'uomo non subisce la realtà ma la "significa". Gli stimoli vengono sempre interpretati, perché non sono stimoli ma simboli, e sono costruiti nell'interazione. Blumer, nel 1937, formalizza una definizione del paradigma interazionista:
- gli esseri umani agiscono nei confronti delle cose in base al significato che gli attribuiscono;
- il significato nasce dall'interazione tra gli individui.
atteggiamenti altrui che uno fa propri in quanto influenti sulla propria condotta. Questo Me è mutevole: se tutti mi dicono che sono un depresso, se prendo i farmaci e non sono più depresso, allora nel corso della vita mi costruirò una rappresentazione di me come individuo depresso. Viene enfatizzato il ruolo, ovvero l'insieme delle norme e delle aspettative che convergono su un individuo in quanto occupa una determinata posizione in un sistema sociale. L'interazionismo enfatizza questo concetto affermando che quando noi percepiamo determinate caratteristiche di una persona, molto spesso noi percepiamo le caratteristiche di una persona che dimostra tali caratteristiche per interpretare il ruolo che il contesto gli impone. Molto spesso non siamo "liberi", ma rispecchiamo ciò che il contesto, gli altri e il nostro ruolo ci impongono. L'applicazione clinica di questa concezione ha quindi delle potenzialità "liberatorie" per
il soggetto, che deve cercare di trovare la propria vera identità, liberarsi dal ruolo imposto. La carriera deviante è un esempio perfetto di co-costruzione identitaria in ottica interazionista; secondo il paradigma positivista, "deviante" è l'atto o il comportamento di una persona o di un gruppo che viola le norme di una collettività e che di conseguenza va incontro a una sanzione. Durkheim affermò che le risposte della collettività a uno stesso atto possono variare anche radicalmente nello spazio e nel tempo. Si parla quindi di relatività dell'atto deviante rispetto al contesto storico, politico, sociale o anche rispetto al contesto geografico. Sono esempi di comportamenti devianti l'omosessualità, la pedofilia, la nudità, il consumo di stupefacenti; ma è il soggetto deviante che è malato? Ed è malato biologicamente, psichicamente, eticamente? Il DSM, nel corso del tempo, haspesso modificato il suo giudizio su cosa è malattia psichica e cosa no: l'omosessualità, una volta considerata malattia, oggi è tornata a essere un comportamento non patologico. L'approccio interazionista rifiuta però l'ipotesi correlazionale, eziologica, in cui si cercava di correlare il comportamento deviante con delle cause spesso mediche. Viene spostato il focus della ricerca: non vengono più focalizzate al massimo le caratteristiche dell'atto e dell'attore, ma l'opinione pubblica e la reazione sociale. Quindi è la società che crea la devianza. Viene quindi sviluppato il concetto di labelling, o etichettamento: il comportamento deviante non è solo l'effetto di azioni in contrasto con le norme sociali, e nemmeno l'espressione delle caratteristiche intrinseche del soggetto, ma può essere dovuto all'etichetta che la società imprime sul soggetto. Si parla quindi di devianza.secondaria quando unsingolo comportamento deviante assume visibilità, viene stigmatizzato, solleva una reazionesociale e porta a un etichettamento della persona come persona deviante. In seguito a questoetichettamento si rischia degradamento, isolamento e collusione tra identità assegnata dallasocietà e identità percepita dal soggetto. Quindi l'assegnazione di un'etichetta di devianzaporta il soggetto a percepirsi come deviante, e a intraprendere in questo modo una carrieradeviante. Quest'idea è fondamentale in termini pedagogici ed educativi: può portare acarriere di malati psichiatrici, depressi, bulli o tossicodipendenti (la cura deitossicodipendenti non crea persone nuove: o non porta alla cura o porta alla creazione di extossicodipendenti. Quell'ex indica la tua etichetta e la personalità che ti rimarrà).Metodo sperimentale
Per poter essere studiato con il metodo sperimentale un fenomeno deve essere operazionabile,
ovvero deve poter essere organizzato secondo un preciso modello mentale che mi consenta di individuare e distinguere le qualità primarie, manipolabili e quindi importanti, dalle qualità secondarie, soggettive e quindi da escludere nelle misurazioni. Ad esempio, per analizzare un comportamento secondo un approccio sperimentale devo trovare una scala concreta di misura, poiché la misurazione è l'unica operazione che mi permette di trarre scientificamente ed oggettivamente dei dati, misurando le qualità che ho selezionato.
La differenza tra psicologia sperimentale e psicologia umana risiede non tanto nel metodo utilizzato, quanto nel fatto che la prima ha costruito modelli dei fenomeni che studia, su cui fa esperimenti caratterizzati dalla ripetibilità, dall'intersoggettività, dalla quantificabilità e dalla condivisione del modello. La psicologia umanista/clinica, invece, non costruisce modelli mentali operazionabili, ma si basa su
Punti di vista spesso discordanti. Gli psicologi umanisti accusano quelli sperimentalisti di non tenere conto delle variabili veramente importanti, ovvero i vissuti soggettivi; gli psicologi sperimentalisti, al contrario, accusano quelli umanisti di fare una pre-scienza. La diatriba che è nata con il nascere della psicologia è presente ancora oggi. Un tentativo di incorporare i due approcci è rilevabile nelle neuroscienze. È importante ricordare come anche nel metodo clinico è possibile trovare delle generalizzazioni che, anche se non particolarmente sicure, consentono di distinguere un anoressico da un ossessivo.
Il rischio del metodo sperimentale nelle scienze umane è dato dal fatto che il modello mentale può influenzare in modo erroneo l'analisi e soprattutto la diagnosi di un soggetto, cioè rischia di non vedere o di ritenere irrilevanti alcune qualità, che invece sono presenti o sono rilevanti. Bisogna essere consapevoli del
fatto che la diagnosi è un'operazione di classificazione e che le classi sono create da colui che esegue la diagnosi, quindi sono concetti e non fatti: la diagnosi rileva le caratteristiche del soggetto in relazione al diagnosta, non in maniera assoluta. Se non c'è questa consapevolezza si rischia l'etichettamento. Anche l'intervento è influenzato dall'approccio che si prende in considerazione (sperimentale o clinico), infatti se da un lato (quello sperimentale) la patologia viene vista come un problema organico, a cui si applica una terapia prettamente farmacologica, dall'altro lato (quello clinico) la patologia viene vista come il risultato di dinamiche sociali distorte, e l'intervento verterà su terapie di gruppo più narrative. Ovviamente in entrambi i casi un lato viene tralasciato. Da questa visione iniziale del metodo sperimentale, tuttavia, si è recentemente passi a una visione post-moderna, con alcuniaspetti differenti. Una prima caratteristica è l'abbandono della totale fiducia nei confronti della realtà esterna conoscibile; di conseguenza sono possibili infinite interpretazioni antitetiche della realtà ma tutte legittime, che convivono. Le scienze, soprattutto quelle umane, non hanno un fondamento di verità, bensì hanno un fondamento retorico: raccontano delle storie che sono più o meno convincenti, ma non è detto che siano vere. La critica alle scienze sperimentali muove dal fatto che lo studio in laboratorio non ha una validità ecologica, ovvero sul reale. Si sostituiscono dunque i criteri di verità con criteri di utilità pragmatica.
Comportamentismo
Tra gli approcci sperimentali più noti e importanti si ritrova sicuramente il comportamentismo, che nasce nel 1913 negli Stati Uniti ed è il prodotto della cultura nordamericana: secondo il comportamentismo, la psicologia deve essere una branca
del comportamento umano. Questo approccio si basa sulla convinzione che il comportamento sia determinato da fattori ambientali e che possa essere modificato attraverso l'apprendimento. Nel contesto del comportamentismo, l'obiettivo principale della psicologia è quello di studiare il comportamento in modo scientifico, utilizzando il metodo sperimentale. Questo implica la raccolta di dati osservabili e misurabili, al fine di formulare leggi generali che possano spiegare e prevedere il comportamento umano. Tuttavia, il comportamentismo ha ricevuto molte critiche nel corso degli anni. Alcuni sostengono che questo approccio trascura l'importanza dei processi mentali e delle esperienze soggettive nella comprensione del comportamento umano. Altri criticano il comportamentismo per la sua visione riduzionista dell'essere umano, che lo riduce a una semplice macchina reattiva agli stimoli esterni. Nonostante le critiche, il comportamentismo ha contribuito in modo significativo allo sviluppo della psicologia come disciplina scientifica. Ha introdotto il concetto di apprendimento e ha fornito una base solida per lo studio del comportamento umano. Oggi, molti principi e tecniche comportamentali sono ancora utilizzati nella pratica clinica e nell'ambito dell'educazione.lo, ad esempio, utilizzano proprio questo principio). Il comportamento umano è influenzato da una serie di fattori, tra cui l'ambiente circostante, le esperienze passate, le emozioni e le motivazioni personali. La comprensione di come questi fattori influenzano il comportamento umano è fondamentale per molte discipline, come la psicologia, la sociologia e la neuroscienza.