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TENDINOPATIE

Sono frequenti nei soggetti giovani; le tendinopatie si dividono in 3 tipi: pubalgia, tendinopatia degli

adduttori e del retto femorale, quest’ultima frequente nell’anziano a livello dell’inserzione prossimale

(quando devono salire in macchina). Si manifesta dolore al reclutamento selettivo dei mm.

La pubalgia appare come un dolore elettivo sulla sinfisi perché non è infiammato solo il muscolo; c’è dolore

alla pressione sovrapubica.

: riposo funzionale assoluto di 1 mese o anche di più, proporzionalmente allo stadio della

TRATTAMENTO

patologia;

- terapia medica per os;

- terapia infiltrativa e mesoterapia (US);

- ridotta l’infiammazione, KT passiva per riprogrammare la mobilità e togliere compensi; KT attiva ; KT

attiva in acqua;

- in seguito esercizi globali propriocettivi prima di riprendere l’attività.

LESIONI MENISCALI

Nel ginocchio non esiste una congruità articolare tra i condili e i piatti tibiali, il che conferisce poca stabilità

all’intera articolazione. La stabilità passiva è data dalla capsula e dai legamenti, quella attiva dai muscoli

periarticolari. I menischi sono delle fibrocartilagini parzialmente vascolarizzate, a forma di C aperta

(mediali) e a C chiusa (laterali), connessi al muro meniscale lateralmente e liberi internamente; tra i due

menischi ci sono dei legamenti.

Funzioni:

1- aumentare la congruenza articolare;

2- lubrificare indirettamente l’articolazione (perché le cartilagini subcondrali sono lambite dai menischi che

spandono la sinovia di cui sono ricchi);

3- nutrire la cartilagine con “effetto spugna” (assorbe col carico e rilascia senza carico);

4- limitare e condurre la F/E mentre si flette il ginocchio si muovono indietro e frenano la discesa del

condilo;

5- condurre le microrotazioni della tibia (RE in Est e RI in Fless);

6- migliorare la stabilità articolare controllando le entità delle rotazioni;

7- ammortizzare gli stress;

8- trasmettere i carichi.

I menischi sono formati da fogli di cartilagine posti orizzontalmente uno sopra l’altro: nell’anziano la lesione

è orizzontale, di tipo degenerativo.

La patologia è rara nei giovani con meno di 15 aa., frequente tra i 20 e i 50 anni di età, rara in età avanzata

(patologia degenerativa). E’ importante l’epoca del trauma, le modalità sono di solito di tipo distorsivo (nelle

lievi distorsioni è coinvolta la parte mediale, in quelle + importanti la laterale). Tipica lesione meniscale è la

lesione “del minatore”: piedi nel fango che affondano, da piegati ci si alza e si pizzica perché mancano le

rotazioni tibiali. Nei movimenti di valgo-extra si ledono LCA e MM.

: dolore che migliora con il tempo, gonfiore proporzionale all’infiammazione, cedimento

CLINICA

dell’articolazione in quanto c’è una inibizione monosinaptica del Q poiché ci sarebbe tanto dolore, non

perché manchi la stabilità; blocco vero in flessione (45°-60°). Il versamento può non esserci nelle lesioni

degenerative. : pliche sinoviali (ipertrofia di una delle pliche della sinovia della capsula);

DIAGNOSTICA DIFFERENZIALE

ipertrofia del corpo di Hoffa (tessuto adiposo sottorotuleo); corpo mobile intraarticolare, condropatia

degenerativa, osteocondrosi dissecante. La diagnosi è clinica, la radiografia non serve ma esclude altre

patologie. Si fanno TC e RNM (può dare dei falsi positivi). Poi si fa l’artroscopia di tipo diagnostico.

: 85% traumatiche, 15% degenerative; spesso le lesioni sono distorsioni, distrazioni menisco-

PATOGENESI

legamentose (LCM e LCA). La lesione meniscale da trauma diretto è rara, a meno che si cada sulle

ginocchia col piede plantiflesso (perché la rotula sale e lo spazio meniscale si espone, può essere pizzicato

nel ritorno indietro dalla flessione). Se si cade col piede dorsiflesso si rompe la rotula. Le lesioni si hanno per

traumi in iperflessione, iperestensione o dando un calcio a vuoto.

: corno anteriore, corno posteriore o del corpo meniscale; longitudinali, trasversali,

TIPI DI LESIONI

orizzontali, longitudinali del corpo o complesse. La lesione a manico di secchio è quella che più

frequentemente forma i blocchi articolari.

: si sutura il menisco se la lesione è in una parte vascolarizzata: si regolarizza, cioè si toglie la

TRATTAMENTO

parte lesa, o si asporta totalmente (evitata per la degenerazione in artrosi del compartimento articolare) o si

pulisce (toeletta meniscale).

Sia che la lesione sia trattata chirurgicamente o meno si deve fare:

1- In acuzie: trattamento dell’edema con crioterapia (azoto liquido, ghiaccio), elettromagnetoterapia, terapia

medica (FANS, fibrolitici, analgesici), terapia del dolore con elettroterapia (diadinamica, TENS); riposo

funzionale e immobilità (bendaggio tipo Jones) il meno possibile per non andare incontro a rigidità.

2- Fase postacuta: mobilizzazione passiva evitando iperflessione e iperestensione + esercizi attivi in CCC,

wall slide, idrochinesi, stimolazioni elettriche di Kotz o BFB se c’è ipotrofia.

3- Esercizi propriocettivi in carico: sia tradizionale (tracciati, tavolette) che computerizzata (BFB).

Meccanoterapia (step, squat in CCC), es. pliometrici, test isocinetico per recupero della forza massimale.

FRATTURE DEL PIATTO TIBIALE

Possono essere localizzate nel condilo esterno o interno, a livello delle spine o bicondiliche. Le più frequenti

sono del condilo esterno. Sono conseguenza, negli adulti, di traumi sportivi, della strada; possono essere

composte o scomposte (distacco del condilo), più frequentemente c’è un affondamento del piatto (osso

spongioso) per l’impatto del condilo femorale.

: dolore alla mobilizzazione ma in misura maggiore al carico, tumefazione, dolore

SINTOMATOLOGIA CLINICA

alla palpazione, deformità in varo o valgo, eventuali instabilità per lesioni LCL o LCM.

: solo radiografica. Una volta si faceva la stratigrafia, h la TAC in 3D.

DIAGNOSI : se la linea di frattura è composta, si tratta incruentemente con un gesso femoro-pedidio per

TRATTAMENTO

40-60gg. Se si interviene (frattura con affondamento o scomposta), si riduce e si sintetizza con vite, cambra e

se c’è affondamento si effettua un riempimento con osso spongioso (dall’ala iliaca o con osso di banca).

Dopo l’intervento immobilizzazione per 40gg. e comunque NON carico per 3 mesi.

La riabilitazione è uguale sia per trattamenti chirurgici che incruenti:

1- esercizi vascolari distali;

2- esercizi CCC 0°-90° per 3 settimane (0°-45° 1^sett., 0°-60° 2^sett., 0°-90° 3^sett.);

3- esercizi isometrici Q + stretching IC;

4- Kotz sui distretti ipotrofici;

5- Rinforzo con BFB.

Durante i 40gg. di immobilizzazione si formano retrazioni al bicipite femorale e al semitendinoso 

massoterapia (massaggio trasversale, connettivale), BFB su estensione e flessione attivando gli estensori e

non i flessori, pompage.

Appena possibile mettere il pz. in piedi con carico sfiorato perché rimanga il più possibile la propriocezione

di caviglia e piede. La rieducazione al passo viene fatta dopo 10-18gg.

Appena il ginocchio è “pulito” mobilizzazione passiva della rotula (insegnare al pz. come farla) e dell’intero

arto. Dopo 3-4 settimane, ancora da seduto, si possono iniziare esercizi propriocettivi su tavolette. Poi lavoro

in acqua.

Se ci sono lesioni capsulo-legamentose associate, la perdita di propriocezione aumenta e quindi è necessario

lavorare su tracciati. Poi si procede con Kotz, pliometria e isocinetica dal 4^-5^ mese.

I giovani perdono 5cm di circometria (40-50cm la norma).

FRATTURE DIAFISARIE DI TIBIA E PERONE

Si verificano in seguito a trauma diretto (rare) o indiretto (sport o strada); tipiche del bambino di 8-10 aa. che

scia. Sono solitamente monofocali, raramente bifocali (2 sedi di frattura), spesso esposte. Sono fratture

tronche, esposte, oblique.

: radiografica.

DIAGNOSI

: dolori, impossibilità di carico, deformazione del profilo della gamba, tumefazione. L’esposizione

SINTOMI

può essere puntiforme.

: nel bambino è conservativo: alla riduzione della frattura si asscocia l’immobilizzazione con

TRATTAMENTO

gesso che viene controllato e sostituito se il bimbo cresce; si può dare un tacco di carico nel gesso alle 4

settimane per farlo caricare e facilitare le ricrescita ossea.

Nell’adulto le fratture composte si trattano con uno stivaletto gessato con a volte il tacco di carico; il gesso

va tenuto da 20-40 a 60gg.

Gli interventi chirurgici possono essere: sintesi endomidollari (che si sfioccano in 4 chiodini che bloccano le

rotazioni), placche e viti, fissatori esterni (obbligatori nelle esposte); le fratture isolate di perone son trattate

in gesso con un gesso di carico alla 4^ settimana; raramente c’è necessità di intervento rieducativo.

Con il fissatore esterno, al terzo distale (caviglia), ci può essere una riduzione della mobilità, formazione di

edemi e si interviene con la magneto, esercizi vascolari al piede e alla TT; appena possibile ortostatismo e

carico sfiorato. Con Ilizarov carico consentito.

Con l’immobilizzazione in gesso si tratta l’edema residuo con esercizi vascolari, bagni alternati, magneto,

mobilizzazione attiva assistita, controllo della deambulazione.

: lesioni dell’arteria tibiale anteriore e posteriore, lesione SPE o SPI, pseudoartrosi

COMPLICANZE GENERALI

(spesso), algodistrofie dopo rimozione del gesso.

FRATTURE TERZO DISTALI (MALLEOLARI)

Provocate da traumi sportivi (sci, trauma da scarpone) o della strada. Possono essere della componente

metaepifisaria, epifisaria e malleolare (N.B.: il terzo malleolo è la tuberosità calcaneare). Spesso sono

bimalleolari, raramente solo del 3^ malleolo e mediamente frequenti le trimalleolari.

L’intervento è conservativo (in stivaletto gessato da gin. a MTF) nelle fratture composte e nei distacchi

parcellari; si proscrive il carico per 20-40gg., poi si può fare un bendaggio funzionale con benda mono o

biadesiva su se stessa.

Il trattamento è cruento nelle fratture scomposte o pluriframmentarie; si sintetizza con viti o chiodi di Rush

(a ombrello) prima di mettere una doccia gessata o un tutore rigido.

:

TRATTAMENTO INCRUENTO

Nella riabilitazione in fase acuta:

- esercizi vascolari delle parti libere;

- mobilizzazione dei segmenti liberi;

- magneto anche sul gesso;

- posture drenanti in scarico.

Nella fase post-acuta (dopo gesso) si può avere:

- edemi o ematomi in sede retromalleolare o verso il dorso del piede se sono lesi i legamenti (deltoideo e

peroneo-astragalico);

- limitazioni articolari in flessione dorsale TT e dolo

Dettagli
A.A. 2016-2017
18 pagine
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SSD Scienze mediche MED/09 Medicina interna

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher rosalba_campanile di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienze interdisciplinari e riabilitazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Magistroni Enrica.