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Pur riconoscendo all’Associazione “Il gatto viziato” il merito di essersi concretamente attivata per

il recupero dell’area, dall’attenta analisi del contesto urbano in cui essa è inserita, anche alla luce

delle iniziative più recenti, nonché delle difficoltà logistiche che un’iniziativa sperimentale (unica

nel suo genere) come quella del “Gattoparco” comporterebbe, è maturata la convinzione che sia

utile un ripensamento di tale progetto, specie considerando la notevole ampiezza dell’area e la

relativa prossimità della scadenza della convenzione tra l’Associazione e il Consiglio di Zona 6. Pur

non accantonando a priori l’idea di mantenere uno spazio dedicato ai gatti, coinvolgendo in

questo modo l’Associazione “Il gatto viziato”, si è quindi giunti alla conclusione che il modo

5 Il Sole 24 Ore: http://www.milanopost.info/2016/01/22/a-milano-in-zona-navigli-il-primo-gattoparco-

ditalia/

6 Repubblica.it: http://milano.repubblica.it/cronaca/2016/01/20/news/gattoparco_milano-131684004/

migliore per riqualificare l’area e restituirla ai cittadini tenendo conto del contesto in cui è

inquadrata è quello di realizzare un orto urbano collettivo.

La presenza di un orto urbano, infatti:

 permetterebbe di sfruttare la vicinanza del Mercato Agricolo che sorgerà nello scalo

ferroviario di Porta Genova, e aprirebbe la possibilità di collaborazioni con il consorzio di

agricoltori Unaproa;

 contribuirebbe, assieme al Mercato Agricolo stesso e agli spazi dedicati alle biciclette, a

qualificare la zona come un polo della sostenibilità, che sia d’esempio per l’intera città;

 consentirebbe, aspetto non secondario in una città sensibile alle problematiche

dell’inquinamento come Milano, di mantenere “verde” l’area, senza ridurla ad un mero

prolungamento del parco adiacente.

È importante sottolineare come un ruolo non secondario nella decisione di tale destinazione d’uso

è stato rivestito dall’esposizione universale tenutasi a Milano nel 2015. L’esperienza di Expo ha

indubbiamente avuto un forte impatto sulla città di Milano, che se da un lato è stata capace di

apprezzarne i benefici, dall’altro è chiamata a non sottrarsi alla responsabilità di raccoglierne

l’eredità. Il tema dell’esposizione universale, “Nutrire il pianeta, energia per la vita”, si è declinato

in molteplici significati ed ha delineato diversi obiettivi, tra i quali particolarmente rilevante è

quello di promuovere l’educazione all’alimentazione e di valorizzare le tradizioni alimentari in

tutto il mondo. Importanza cruciale riveste, in tal senso, la Carta di Milano, un documento che i

visitatori di Expo hanno avuto occasione di firmare e che, una volta conclusa l’esposizione, è stato

consegnato alle Nazioni Unite. Tra gli impegni sottoscritti dai firmatari che più si intonano con lo

scopo del presente lavoro è bene ricordare:

 essere parte attiva nella costruzione di un mondo sostenibile, anche attraverso soluzioni

innovative, frutto del nostro lavoro, della nostra creatività e ingegno;

 promuovere l’educazione alimentare e ambientale perché vi sia una consapevolezza collettiva

della loro importanza;

 sostenere e diffondere la cultura della sana alimentazione come strumento di salute globale;

 introdurre o rafforzare nelle scuole e nelle mense scolastiche i programmi di

educazione alimentare, fisica e ambientale come strumenti di salute e

prevenzione, valorizzando in particolare la conoscenza e lo scambio di culture alimentari

7

diverse, a partire dai prodotti tipici, biologici e locali.

7 Carta di Milano: http://carta.milano.it/impegni/

A conclusione di questa lunga premessa l’auspicio è che siano più chiare le motivazioni sulla base

delle quali ha preso forma l’idea della realizzazione di un orto urbano che ha l’ambizione di

qualificarsi come spazio di aggregazione e sensibilizzazione, nell’ambito di un progetto che, come

si avrà modo di spiegare, coinvolge soggetti pubblici, privati, enti non profit e cittadini.

Gli orti urbani a Milano: contestualizzazione storica e quadro normativo attuale 8

Il mondo degli orti urbani è estremamente ampio e variegato, e al giorno d’oggi coinvolge la vita

cittadina sotto molteplici punti di vista: dal rapporto con la terra alla riappropriazione del verde

pubblico, dalla nutrizione alla riqualificazione degli spazi. Per approcciare in modo più consapevole

la parte più operativa del progetto è stata quindi effettuata un’analisi del fenomeno, con

l’obiettivo di delinearne i confini e governarne, per quanto possibile, la complessità.

La vita dell’uomo, nella sua storia millenaria, è sempre stata indissolubilmente legata

all’agricoltura, ma è solo alla fine del millennio scorso che la cosiddetta urban agricolture ha

iniziato a delinearsi come peculiare sfaccettatura del rapporto dell’uomo con la terra.

“Ad un certo punto, verso il finire del XIX secolo, il genere umano ha iniziato a dedicare la

maggior parte dell’energia di cui disponeva alla costruzione e al mantenimento dell’habitat

urbano. L’agricoltura, che per otto millenni era stata il centro nevralgico del lavoro umano e

animale, adesso passava in second’ordine”. [Mike Davis, Città Morte]

Nell’Ottocento, infatti, con la rivoluzione industriale, l’istaurarsi del legame profondo tra crescita

industriale e crescita urbana ha fatto sì che l’importanza della produzione agricola diminuisse a

favore di quella artigianale e industriale. Ciò ha costituito un punto di rottura fondamentale,

perché, da lì in poi, in Occidente il ruolo sociale della produzione diretta di cibo è andato sempre

più marginalizzandosi. È stato solo alla fine del Novecento, dopo una crescita esponenziale delle

superfici urbanizzate, che il binomio tra crescita e modello industriale ha iniziato ad essere messo

in discussione, e che, anche a seguito dell’allargamento dei diritti e della maggiore diffusione del

benessere economico, sono state mosse le prime critiche sul versante ambientale, che vanno nella

direzione della riduzione delle emissioni inquinanti, di un rinnovamento delle modalità di

progettazione e gestione degli spazi pubblici, della minimizzazione dello sfruttamento delle risorse

naturali e del consumo del suolo: in una parola, nella direzione della sostenibilità.

La rivoluzione industriale, dunque, ha completamente modificato la natura del fenomeno della

coltivazione urbana: fino a quel momento essa era stata attività riservata ai cittadini più ricchi

(come nell’hortus della domus romana), o aveva avuto finalità prettamente decorative, o di

prestigio (come, nel XVII secolo, nel Jardin potager della reggia di Versailles). È nell’Ottocento che,

8 Nello sviluppo di questo paragrafo si è fatto riferimento principalmente alla tesi “Gli orti urbani nella città

contemporanea: uno studio di caso su pratiche e strumenti di policy” di Elena Colli, laureata all’università Bicocca

(anno accademico 2014/2015). I dati ed i grafici utilizzati sono pertanto da ricondurre a tale fonte.

per alleviare le precarie condizioni economiche ed alimentari delle famiglie contadine trasferitesi

in città in cerca di lavoro, gli orti acquistano per la prima volta una connotazione sociale, e

prendono il nome di “orti dei poveri”.

Un capitolo estemporaneo della storia della coltivazione urbana, che con i suddetti orti condivide

la finalità sociale, è quello degli “orti di guerra”: durante le due Guerre Mondiali l’impossibilità per

molte città di rifornirsi dalle zone rurali circostanti comportò un aumento considerevole della

diffusione degli orti cittadini (sostenuta da

apposite leggi), che avevano l’essenziale utilità di

produrre derrate alimentari indispensabili per la

sopravvivenza, tant’è che, come riporta la dott.ssa

Colli nella sua trattazione, “vengono messe a

coltivo anche le aree comunali a giardino, i parchi

pubblici, le sedi stradali”.

Negli anni della ricostruzione post bellica, poi,

come anticipato, anni di crescita economica e di

progressiva diffusione del benessere, il fenomeno

ha conosciuto una forte marginalizzazione, sia Orti di guerra in Piazza Duomo a Milano.

perché l’orto in città viene considerato come Fonte: Club Milano

“un’anomalia che rimanda a una storia passata e diventa indice di una condizione di miseria e

necessità”, sia perché “la pianificazione urbanistica tende a valutare tali spazi come disordinati e

poco adatti allo sviluppo urbano”. Gli orti in questo periodo nascono soprattutto nelle aree peri-

urbane, in un ottica di autoconsumo, dal desiderio di singoli individui di integrare salari

insufficienti, e per la prima volta il Comune di Milano, ravvisandone l’utilità sociale, incaricò gli

uffici decentrati di censire le aree potenzialmente adatte alla coltivazione e di fornire una lista di

persone interessate al progetto.

A cavallo tra l’ultimo decennio del Novecento e l’inizio del nuovo millennio, però, si è registrata

una rinascita del fenomeno, legata sia all’evoluzione economica e culturale della società moderna

sia alla crescente importanza assunta dalle istanze ambientali e dal tema della sostenibilità. In

moltissime delle attuali esperienze di orto urbano l’aspetto produttivo, volto a soddisfare

necessità alimentari, ha lasciato spazio a finalità aggregative, estetiche, ricreative, educative e

persino terapeutiche, sapendo attrarre su di sé interessi multidisciplinari.

Oggi, dunque, “il fenomeno risulta ben più complesso e articolato [rispetto al passato]: gli attori

delle iniziative emergenti si diversificano su svariati livelli […], e sono legati a nuove motivazioni e

significati non solo inerenti a un desiderio del verde, ma connessi ad una riconquista della città che

parte dai bisogni primari, legati alla qualità della vita”.

Consci della differente caratterizzazione del fenomeno degli orti urbani nel corso dei decenni, si è

quindi andati a verificare come le nuove esigenze sono state gestite sul piano normativo nel

contesto del Comune di Milano.

Come affermato dalla dott.ssa

Colli, “spesso il reticolo di

convenzioni, regolamenti, bandi e

riconoscimenti tra il formale e

l’informale assumono sfumature

diverse” ed è difficile identificarne

gli esatti confini. Tuttavia,

possono essere identificati due

strumenti che, rispetto agli orti

t

Dettagli
A.A. 2016-2017
17 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/07 Economia aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher matteo.romano95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia delle amministrazioni pubbliche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano o del prof Turrini Alex.