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ESERCIZIO DELL’AZIONE PENALE E UDIENZA PRELIMINARE
Con l’argomento di oggi compiremo una svolta fondamentale perché tratteremo l’esercizio
dell’azione penale che il PM è tenuto ad iniziare tutte le volte in cui non esistano i
presupposti dell’archiviazione (e nella scorsa lezione abbiamo visto quali sono).
C’è una norma di carattere generale sull’azione penale, avevamo visto l’art. 406 che
statuisce che nei 6 mesi il PM se non deve chiedere l’archiviazione esercita l’azione
penale con le forme che ora vedremo e l’art. 50.1 rubricato Azione penale - che è
contenuto nel libro dei soggetti e nel titolo rubricato Pubblico Ministero - definisce l’azione
penale e ancora una volta troviamo statuito che:
Il PM esercita l’azione penale quando non sussistono i presupposti per la richiesta di
archiviazione.
L’obbligatorietà dell’azione penale, quindi, scatta nel momento in cui esistono elementi
idonei a sostenere l’accusa in dibattimento perché alla fine il criterio principale è questo.
Abbiamo poi visto i presupposti secondari dell’archiviazione ma non è lì che si gioca il
principio di obbligatorietà.
Come è stato più volte osservato da molti, qui in realtà vi è un margine di flessibilità che
implica valutazioni discrezionali e forse anche poco controllabili da parte del giudice,
d’altra parte non vi è possibilità di altre soluzioni cioè è necessario attribuire un potere di
selezionare l’azione penale perché altrimenti sarebbe paradossale perché ad ogni notizia
di reato dovrebbe necessariamente seguire l’esercizio dell’azione penale ed invece le
indagini preliminari si fanno precisamente per determinare se l’azione penale debba
essere esercitata.
Nell’art. 50 vi sono anche quelli che vengono definiti i caratteri dell’azione penale:
1. L’obbligatorietà dell’azione penale è stabilita in costituzione all’art. 112 e d’altronde il
verbo esercita (il PM esercita l’azione penale) non allude ad un potere discrezionale ma
allude ad un obbligo del PM;
2. Nell’art. 50.2 troviamo quella che viene definita officiosità dell’azione penale ma
probabilmente è superflua questa precisazione cioè l’azione penale è esercitata d’ufficio
il che vuol dire che non è necessaria una richiesta di parte ma d’altronde stiamo
parlando di una parte che è il PM e quindi è logico che il PM eserciti d’ufficio l’azione
penale, questi sono caratteri tradizionali che trovavamo già nel codice del 1930.
L’art. 50.2, dunque, statuisce che l’azione penale è esercitata d’ufficio quando non è
necessaria la querela, la richiesta, l’istanza o l’autorizzazione a procedere che sono le
condizioni di procedibilità, in sostanza dobbiamo vedere le condizioni di procedibilità
come un ostacolo posto all’esercizio dell’azione penale da parte del PM sicché una
volta rimosso questo ostacolo il PM deve attivarsi d’ufficio appunto, senza bisogno di
richieste di parte, certo una denuncia è un presupposto che determina l’obbligatorietà
dell’azione penale a condizione però che siano raccolti idonei elementi;
3. L’art. 50.3 statuisce infine che l’esercizio dell’azione penale può essere sospeso o
interrotto soltanto nei casi espressamente previsti dalla legge: vi sono ipotesi in cui la
legge prevede che il processo si fermi, una di queste ipotesi per esempio è quando si
deve risolvere una questione pregiudiziale al processo penale per cui per esempio si
deve risolvere una questione di stato di famiglia che è di competenza esclusiva del
tribunale civile ed allora è possibile fermare l’azione penale fino a che il giudice civile
non abbia deciso oppure si sospende il processo quando l’imputato non è in condizioni
di partecipare consapevolmente al processo il che - si badi bene - non ha nulla a che
vedere con l’imputabilità, qui si tratta soltanto di stabilire se l’imputato capisce ciò che
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sta succedendo e quindi se è in grado di partecipare perché se non è in grado di
partecipare il processo viene sospeso e poi vi sono delle revisioni periodiche per
decidere il processo debba andare avanti oppure no.
Ad ogni modo, come già abbiamo detto, l’azione penale non può essere ritrattata anche se
quegli elementi sulla base dei quali il PM l’aveva esercitata dovesse venire meno perché
comunque non può tornarsi indietro sicché è necessario che si arrivi ad una sentenza.
Ora, il modo ordinario (che non vuol dire il più frequente) per esercitare l’azione penale,
quello che fa parte dello schema tipo del processo penale, è la richiesta di rinvio a
giudizio che il PM indirizza al gip il quale però come abbiamo detto - si badi bene a
questo punto - è sempre incompatibile con il giudice che ritualmente abbia adottato
decisioni di merito nel corso delle indagini preliminari e che siamo abituati a definire gup
(giudice dell’udienza preliminare) perché vi è incompatibilità tra gip (giudice per le indagini
preliminari) e gup (giudice dell’udienza preliminare).
Il PM esercita l’azione penale con richiesta di rinvio a giudizio e si celebra un’udienza -
denominata udienza preliminare - per la quale si va una verifica sulla non infondatezza
dell’azione penale cioè il può darsi che il PM non abbia ritenuto di chiedere l’archiviazione
ma abbia ritenuto di esercitare l’azione penale in mancanza degli elementi necessari ed
allora si richiede al giudice di pronunciare una sentenza, in questo caso la sentenza è
denominata sentenza di non luogo a procedere che è una sorta di impedimento
processuale anche se di fatto decide sulle prove presentate al giudice.
Questo è il modo ordinario di procedere ma non è il più frequente perché è prevista
espressamente la possibilità di esercitare l’azione penale senza passare attraverso il
vaglio dell’udienza preliminare per i reati di minore importanza: è un’esigenza
esclusivamente pratica, guardando bene non vi è alcuna ragione teorica per salta
l’udienza preliminare ed anzi si potrebbe discutere anche sulla parità di trattamento sotto
questo profilo poiché sarebbe opportuno vi fosse almeno un giudice che vagliasse
l’iniziativa del PM tuttavia ci vorrebbero troppi giudici per far questo, è proprio un fatto
pratico, non c’erano al momento dell’entrata in vigore del codice - ed oggi è ancora peggio
- abbastanza magistrati per assegnar un giudice ad ogni azione penale e dunque sulla
scia di quello che nel codice abrogato era il procedimento davanti al pretore che ora non
esiste più (era un organo monocratico sostanzialmente cumulava le funzioni di PM e
giudice, faceva tutto lui, secondo un metodo tipicamente inquisitorio ed il pretore si
occupava essenzialmente dei reati più lievi) per i reati di minore importanza alcuni dei
quali sono espressamente individuati dalla legge ma per stabilire l’ordine di grandezza
possiamo dire che per tutti i reati conrtravvenzionali (cioè per tutte le contravvenzioni) e
per tutti i reati puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a 4 anni
(quindi anche opre reati abbastanza consistenti) il PM non deve passare attraverso
l’udienza preliminare e dunque formula direttamente l’imputazione, esercita l’azione
penale con un suo decreto e quindi il decreto che dispone il giudizio viene emesso
direttamente dal PM che è uguale in tutto e per tutto al decreto con il quale il gip, se ritiene
di accogliere la richiesta del PM, rinvia a giudizio l’imputato.
Nonostante si tratti di reati minori rispetto al novero dei reati individuati dal diritto privato
sostanziale, statisticamente sono la stragrande maggioranza per cui noi ragioniamo sulla
base di un modello che è quello ordinario e che è lo schema tipo del processo però
dobbiamo anche prendere atto che alcune tra le cose che studieremo in realtà non sono
applicabili nella maggior parte dei casi appunto perché si tratta di reati di minore
importanza ma che vengono trattati con questa forma semplificata che è la citazione
diretta a giudizio.
Non solo ma a ciò va aggiunto che il tribunale (che è l’organo giudicante di primo grado)
può essere investito in composizione collegiale - ed è questo ancora una volta lo schema
tipo, il procedimento davanti al tribunale in composizione collegiale - ma anche in
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composizione monocratica e anche qui, oltre ad un elenco di reati espressamente
individuati dalla legge, il tribunale decide in composizione monocratica anche per tutti i
delitti (oltre che ovviamente per tutti quelli appena menzionati per i quali non si passa
nemmeno attraverso l’udienza preliminare) puniti con pena non superiore nel massimo a
10 anni di reclusione.
Alla fine, quindi, lo schema tipo che funge da parametro perché poi gli altri modelli sono
articolazioni di questo schema tipo si applica in una quantità piuttosto esigua di casi e
diciamo anche che è stata definita una riserva di collegialità per reati particolarmente gravi
- ma è un’individuazione anche qui sulla carta - che debbono essere attribuiti al tribunale.
A ciò per completezza va aggiunto che i giudici di primo grado penali, oltre al tribunale
in composizione collegiale o monocratica, sono:
1. La corte d’assise che è un organo misto composto da 6 giudici popolari e 2 giudici
togati che decide per delitti particolari, per delitti che hanno un maggiore impatto
sociale, la partecipazione popolare è riservata a questi delitti che colpiscono
particolarmente l’opinione pubblica come per esempio l’omicidio: c’è un elenco di delitti
per i quali è competente esclusivamente la corte d’assise che quindi seguono le regole
del procedimento davanti al tribunale in composizione collegiale ma evidentemente poi
finiscono davanti ad un organo diverso.
Si aggiunga ancora che queste variazioni non portano alcuna differenza rilevante sino
al momento del rinvio a giudizio perché la fase delle indagini preliminari rimane uguale,
è attribuita comunque al PM perché c’è solo il PM presso il tribunale che si occupa
ovviamente anche dei reati di corte d’assise, il gip interviene quando è necessario allo
stesso modo e quindi tutto quanto visto finora rimane invariato mentre la variabile si
realizza al momento del processo appunto perché