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Ora parliamo di un istituto che non è un procedimento cautelare, anche se preventivo. Si tratta

della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite. Questa è disciplinata

dall’art. 696 bis cpc. Il legislatore del 2005 ha di mira questa finalità: ci sono controversie in cui il

conflitto fra le parti non è di carattere giuridico sull’interpretazione delle norme, ma neanche

esclusivamente relativo allo svolgimento dei fatti, ma relativo al punto di vista tecnico di determinati

fatti. Sono quelle controversie in cui il giudice si avvale di un consulente tecnico per colmare le

sue lacune. Il giudice nominerebbe un consulente tecnico perché ci sono profili di accertamento la

cui constatazione richiede delle cognizioni tecniche particolari. Es: accertamento sul

funzionamento di una macchina, di violazione di un brevetto industriale… il legislatore ragiona

così: consentiamo alle parti di attivare un procedimento che ha la finalità esclusiva di accertare

attraverso un esperto quali siano le cause e le conseguenze di determinati fatti. Ai fini

dell’accertamento e della relativa determinazione dei crediti derivanti da mancata o inesatta

esecuzione di obbligazioni contrattuali o da fatto illecito. Al tempo stesso il legislatore prevede che

questo strumento possa servire alla conciliazione della lite. La parte si rivolge al giudice, descrive

la controversia che ancora non pende e chiede al giudice che per accertare entità e conseguenze

di un inadempimento contrattuale venga nominato un consulente tecnico. Anche le parti hanno

diritto di avvalersi di consulenti tecnici di parte . Esperti della medesima tipologia del consulente

tecnico d’ufficio. Quando il consulente ha compiuto le sue indagini, prima di depositare la sua

relazione, tenta la conciliazione fra le parti. Se lo facesse dopo aver depositato la relazione, si

vedrebbe già a favore di quale parte giocano le conclusioni del consulente. Invece giocando

ancora al buio il consulente può tentare di raggiungere la conciliazione. Se la conciliazione

riesce

, il verbale che contiene gli accordi fra le parti costituisce titolo esecutivo . Se invece le parti

non si accordano, il consulente tecnico deposita la sua relazione. Quando si inizierà la causa, la

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consulenza tecnica assunta legalmente potrà essere utilizzata come mezzo di prova. La riforma

del 2005 ha anche allargato gli spazi di applicazione dell’accertamento tecnico preventivo, di cui

abbiamo già parlato. Se originariamente l’accertamento tecnico preventivo poteva servire

esclusivamente per la descrizione di luoghi, cose e persone, adesso è possibile anche per

descrivere le cause e i danni relativi all’oggetto della verifica. Il 696 bis non è un procedimento

cautelare. Può attivarsi indipendentemente da un pericolo di cambiamento delle cose o dei luoghi.

Non serve il periculum in mora.

Per 3 o 4 anni, la dottrina se ne è occupata fino alla nausea. Si sono date tesi, scritti articoli, e la

giurisprudenza ne ha fatto un certo uso. Passato l’entusiasmo iniziale, la fruizione di questo

strumento processuale è andata via via inaridendosi. Neanche un mese fa, il legislatore cerca di

dare nuovo vigore alla norma. L’8 marzo 2017 viene promulgata la legge 24 sulla responsabilità

medica. La legge 24/2017 è una legge non particolarmente lunga che tocca lungo il profilo della

responsabilità nelle professioni sanitarie molti aspetti dello scibile giuridico (penale, civile,

processuale). La norma di carattere processuale che ci interessa è l’art. 8. Non si può promuovere

azione risarcitoria fondata sulla responsabilità medica se non dopo aver attivato il procedimento di

cui all’art. 696 bis

. La consulenza tecnica preventiva con funzione di conciliazione della lite diventa

condizione di procedibilità della domanda risarcitoria sulla responsabilità medica. Si devono

accertare danni e conseguenze da parte di un consulente. In alternativa al 696 bis, i soggetti

interessati a promuovere la domanda possono attivare il procedimento di mediazione di cui al d.

lgs. 28/2010. Il classico, largamente inutile, procedimento di mediazione davanti agli organismi di

mediazione. Il legislatore, prevedendo questa alternativa, mostra di avere le idee un po’ confuse: le

due cose sono profondamente diverse. È ben difficile che il mediatore venga scelto fra persone

che abbiano una competenza medico – sanitaria idonea a comprendere i profili non strettamente

giuridici della controversia. Probabilmente fioriranno nei prossimi mesi degli organismi di

conciliazione dedicati ad hoc a questo tipo di controversie.

DENUNCE DI NUOVA OPERA E DI DANNO TEMUTO. Le denunce di nuova opera e di danno

temuto sono provvedimenti cautelari cui si applica la disciplina del rito cautelare uniforme : artt.

669 bis e ss. Inoltre, per espressa previsione dell’art. 669 octies, le denunce di nuova opera e di

danno temuto si comportano come provvedimenti cautelari anticipatori . Questo significa che

hanno, rispetto al giudizio di merito, un rapporto di strumentalità attenuata. Quando il

provvedimento è anticipatorio la misura cautelare non perde di effetto né se il giudizio di merito

non viene iniziato, né se si estingue. Perdono di effetto se il giudizio di merito si conclude con

una sentenza che dichiara inesistente il diritto , oppure se il giudice subordina l’esecuzione della

misura cautelare a una cauzione che non viene versata .

La denuncia di nuova opera (operis novi nuntiatio) è quella misura cautelare che mira ad evitare

un danno alla propria cosa (per cui è a tutela). Artt. 1171, 1172 cc. Fa riferimento a proprietario,

possessore e titolare di un diritto reale di godimento sulla cosa. Questi possono temere che da una

nuova opera intrapresa da altri sul proprio o sull’altrui fondo possa derivare un grave e

irreparabile danno al loro diritto. L’azione cautelare può essere iniziata dopo che l’opera sia

iniziata, ma prima che sia finita. La misura cautelare tende a bloccare l’attività in cui si esplica il

fare. Immaginiamo che il nostro vicino inizi a sopraelevare il suo manufatto, aprendo luci o vedute

al di sotto delle distanze legali. Immaginiamo che nel fondo del vicino si stia impiantando una

fabbrica che molto probabilmente inquinerà l’ambiente e arrecherà danni alla nostra cosa. Se uno

vuol far valere il proprio diritto alla salute, non avrà a disposizione la denuncia di nuova opera, ma

un altro provvedimento cautelare di cui parleremo.

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Con la denuncia di danno temuto si propone azione quando si teme che da un edificio, un albero

o un’altra cosa derivi un danno imminente al proprio diritto. Nel caso della denuncia di nuova

opera chi denunzia teme un fare altrui. Nella denuncia di danno temuto quello che l’attore in via

cautelare teme è un non fare. Cioè teme che il proprietario della cosa, albero, edificio, non lo stia

custodendo in modo tale da evitare il danno. Ricordiamo l’art. 2051 cc che prevede la

responsabilità risarcitoria per le cose in custodia. Chi ha detenzione, controllo, custodia di cose

deve attivarsi perché le cose non procurino danni ad altri. Nel processo ordinario si proporrà

un’azione a tutela di proprietà, possesso o altro diritto reale.

La regola di competenza è molto semplice. Se il giudizio di merito è già pendente, la denuncia si

propone al giudice del giudizio di merito. Se invece il giudizio di merito non pende ancora, la

denuncia di nuova opera o di danno temuto si propone al tribunale del luogo in cui si teme si

verifichi il fatto dannoso. Rispetto alle norme generali sul procedimento cautelare uniforme,

queste regole di competenza con riguardo alla pendenza del giudizio di merito non aggiungono

nulla di diverso. La regola è invece diversa con riguardo alla competenza ante causam. Secondo

la disciplina generale la competenza ante causam è del giudice del luogo che sarebbe competente

per il merito. Qua è del giudice del luogo dove si teme che si verifichi il fatto dannoso.

Aspetto interessante della disciplina processuale è dato dalla cauzione. La possibilità di imporre

una cauzione per il giudice qui assume un valore essenziale. Il giudice, accogliendo la domanda

cautelare, può fare due cose: imporre un determinato comportamento (ad es. bloccare l’opera), e

nel fare questo può imporre a chi ha richiesto il provvedimento cautelare di versare una cauzione.

Io giudice impongo a voi che avete intrapreso la nuova opera di fermarvi. Ma impongo anche a chi

ha chiesto contro di voi di bloccare l’opera di prestare una cauzione con funzione di risarcimento

danni che l’interruzione di un’opera in realtà legittima può causare; il giudice poi può consentire

l’opera, ma imporre a chi la sta realizzando di versare una cauzione. Io giudice ti lascio continuare

l’opera, ma versa cauzione per l’ipotesi in cui l’attore dimostri di avere ragione nel giudizio a

cognizione piena. In entrambi i casi c’è accoglimento della domanda cautelare.

Se nonostante il divieto di proseguire l’opera il soggetto continua, il giudice in fase di attuazione

della misura può disporre il ripristino dello stato di fatto precedente. Es: voi state costruendo la

casa, siete arrivati al secondo piano fuori terra. Il giudice ordina di sospendere. Noi continuiamo e

arriviamo al terzo pieno. Il giudice può ordinare la demolizione di quel piano costruito dopo l’ordine

del giudice.

Vediamo cosa succede se la cauzione imposta non viene versata. Il caso più semplice è quello in

cui la cauzione venga imposta al soggetto che ha domandato la misura cautelare. Per regola

generale il mancato versamento della cauzione determina la perdita di efficacia della misura.

Altrimenti il mancato versamento comporta la sospensione dell’esecuzione dell’opera.

Un criterio di ragione potrebbe essere questo: più il giudice ritiene il fumus boni iuris (che la

domanda del ricorrente cautelare sia fondata), tanto più tenderà a bloccare l’opera e a imporre la

cauzione a chi ha chiesto la domanda. Se il fumus è da zero a 33, la domanda cautelare verrà

respinta. Se va da 33 a 66, il giudice dirà: consentiamo che l’opera continui, ma ti impongo

cauzione. Se il fumus è altissimo, il giudice blocca l’opera, e non ha bisogno di imporre cauzione a

chi ha formulato denuncia di nuova opera.

PROVVEDIMENTI DI URGENZA. Art. 700 cpc. Sono provvedimenti cautelari residuali e atipici .

Residualità significa che si può ricorrere allo strumento dell’art. 700 se non esiste un’altra misura

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cautelare che possa servire alla tutela urgente del

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SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiuliaNico di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale civile II e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Ronco Alberto.