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Tutela dell'ambiente: una situazione allarmante

La decisione di svolgere una relazione sulla tutela dell'ambiente nasce dalla volontà di acquisire qualche informazione e di tentare una ricostruzione, seppur breve e frammentaria, dell'allarmante situazione in cui versa l'ambiente negli ultimi decenni. Da più parti del mondo ci giungono rilevanti testimonianze, sia attraverso la voce di studiosi come gli etnografi, che decidono di trascorrere lunghi periodi della loro vita in stretto contatto con una comunità, per studiarla nel suo insieme, sia dal grido di attivisti che si sono ritrovati ad essere protagonisti dei profondi cambiamenti avvenuti a partire dagli anni della loro infanzia fino ai nostri giorni. Fondamentale il contributo tratto dall'autobiografia di Wangari Maathai "Solo il vento mi piegherà", da lei redatta per rendere pubblica la sua lotta (e quella di milioni di altre donne e uomini) per salvare la terra in cui è nata e cresciuta, ripristinandone le aree verdi.

Particolare interesse per questa ricerca è la condizione africana, con specifici riferimenti al Kenya, la terra di Wangari, come esempio lampante del fatto che "in quel continente le pressioni per sostituire le dinamiche del mercato a quelle dell'economia di sussistenza hanno creato nuove aree di fame, povertà, deprivazione sociale (...)" (Balsamo, Calvo, Di Meglio, Donini, Guerreschi, Maher, Segre, 1997)

Fino a partire dagli anni Venti del Novecento l'antropologia si è interessata ai cambiamenti prodotti dal contatto fra società industrializzate e non industrializzate. L'influenza esercitata dall'espansione occidentale sulle popolazioni indigene e sulle loro culture, conosciuta come occidentalizzazione e in particolare l'adozione forzata del sistema economico occidentale, rappresentano una grave minaccia per le popolazioni locali. Spesso, a stravolgere le economie del Terzo Mondo e dei Paesi in via di sviluppo sono le multinazionali.

che mirano alla ricerca di manodopera a basso costo e materie prime che in queste "terre vergini" sono particolarmente abbondanti. La moderna tecnologia produce una sorta di imperialismoculturale, che designa "la diffusione o l'avanzamento di una cultura a spese di altre, o la sua imposizione su altre culture, modificandole, rimpiazzandole o distruggendole" (Kottak 2008).[2] E i governi locali, attratti dai compensi economici promessi in cambio dello sfruttamento selvaggio della terra, spesso appoggiano queste vere e proprie razzie. I problemi, in Kenya, sono iniziati con la colonizzazione inglese. I primi europei giunsero alla fine del XIX secolo, per accaparrarsi quanto più continente fosse possibile. Le terre vennero tolte ai legittimi proprietari, i quali furono costretti a trasferirsi e ad abbandonare le loro proprietà. Le zone migliori, come gli altipiani, erano particolarmente apprezzate dai coloni, perché il terreno era fertile, senzamalattie debilitanti come la malaria, e il clima era perfetto.Perfetto per sostituire le piantagioni locali con le più monetizzabili coltivazioni di frumento, mais, caffè e tè, destinate alle esportazioni.Questa fu una delle cause principali della diffusione in Kenya di malattie associate allamalnutrizione, un fenomeno di cui Wangari non ricorda di aver mai sofferto, grazie allacoltura di legumi, radici, miglio, mais e molte varietà di frutti, cibi nutrienti che la terrarigogliosa degli altipiani offriva in abbondanza.In seguito al disboscamento a fini commerciali, la legna da ardere e per cucinare cominciò a scarseggiare, motivo per cui la popolazione dovette abbandonare l’alimentazione locale, ed adottarne una meno salutare e nutriente, perdendone in robustezza e forza fisica.«Non solo l’industria zootecnica era minacciata dal degrado ambientale, ma (…) tutto il Paese ne avrebbe pagato le conseguenze. Il legame fra i problemidà sicurezza economica e sociale alle comunità locali. Tuttavia, il disboscamento e la perdita di terreno minacciano direttamente queste attività e mettono a rischio la sussistenza delle persone coinvolte. Inoltre, il disboscamento ha un impatto significativo sul clima globale. Gli alberi assorbono anidride carbonica (CO2) dall'atmosfera durante la fotosintesi, aiutando a ridurre l'effetto serra. Quando gli alberi vengono abbattuti, questa capacità di assorbimento viene compromessa e l'anidride carbonica viene rilasciata nell'atmosfera, contribuendo al cambiamento climatico. Per affrontare questi problemi, è necessario adottare pratiche di gestione forestale sostenibile, promuovere l'agricoltura ecologica e ridurre l'uso di fertilizzanti chimici. Inoltre, è importante sensibilizzare l'opinione pubblica sull'importanza della conservazione delle foreste e promuovere politiche di tutela ambientale a livello globale. In conclusione, il disboscamento e la perdita di terreno sono problemi complessi che richiedono un approccio integrato e una cooperazione internazionale. Solo attraverso un impegno congiunto possiamo preservare le foreste e garantire un futuro sostenibile per il nostro pianeta.

èuna rappresentazione dello status sociale e della rispettabilità di un clan o di una famiglia.

Nella società samoana (…) la terra è ancora vista come la fonte primaria di sostentamentoeconomico e di potere politico (ai titoli più importanti corrispondono i maggiori appezzamentidi terra). (Duranti, 1992) [3].

In Etiopia i terreni furono confiscati ai legittimi proprietari alcuni decenni fa, durante ilregime comunista (questo ci fa pensare a quanto accadde nel Kenya di Wangari ai tempi delcolonialismo). Finita la dittatura, lo sceicco arabo Mohamed Al Amoudi, grazie ad un accordo2di privatizzazione con il governo etiope, rilevò i terreni che invece avrebbero dovuto essererestituiti ai vecchi proprietari del posto (Internazionale 2009).

Uno dei più grandi investitori che partecipano alla “corsa alla terra” è l’Arabia Saudita. Ifunzionari del governo e del settore agroindustriale saudita cercano terre.

soprattutto in paesi come Mali, Senegal, Sudan ed Etiopia per creare piantagioni, promettendo di aumentare la produttività del terreno tanto da soddisfare sia le esportazioni, sia i bisogni alimentari del continente africano. A tali promesse, i governi locali sono più che disponibili a svendere la terra a prezzi irrisori, magari in cambio del finanziamento di infrastrutture locali.

Il terreno di investimenti maggiormente coinvolto in questo "furto globale della terra" è certamente l'Africa.

Al disastro ecologico che avanza, occorre trovare una soluzione, o meglio più soluzioni che prevedano una forte cooperazione a livello locale. Iniziative che necessariamente devono essere appoggiate e devono coinvolgere gli abitanti delle località interessate, perché un intervento è adeguato e funzionale solo se rispettoso della cultura, degli usi e costumi locali.

"Né le agenzie per lo sviluppo né le ONG (organizzazioni non governative) possono risolvere da sole il problema. È necessario un approccio integrato che coinvolga tutti gli attori interessati, compresi i governi locali, le comunità locali, le organizzazioni della società civile e il settore privato."

«Le organizzazioni ambientaliste (sia governative che non governative) riusciranno nel loro intento se cercano di imporre i loro obiettivi senza tener conto di pratiche, costumi, regole, leggi, credenze e valori dei popoli interessati» (Kottak 2008).

Occorre, pertanto, intraprendere campagne di sensibilizzazione pubblica sulla necessità di ripiantare alberi. Fra le varie soluzioni, infatti, vi è quella di puntare a città più verdi.

«A mio modo di vedere, lo spirito harambee avrebbe spinto i kenioti a piantare alberi per proteggere il paese dalla desertificazione. Così facendo, avremmo anche salvaguardato l'sostentamento di milioni di piccoli contadini» (Maathai 2006).

Fu allora che nacque il Green Belt Movement, dall'idea di rinverdire le aree, richiamando di nuovo uccelli e piccoli animali e rigenerando la vitalità del suolo. Il movimento e le crescenti iniziative, però, richiedevano persone e istituzioni che fossero disponibili a sponsorizzarli. Infatti il Green Belt

Movement, oltre a un modo per risanare l'ambiente, mirava a offrire un'occupazione remunerata agli abitanti locali, soprattutto donne, che avendo abbandonato le loro terre ai tempi del colonialismo, si ritrovavano senza lavoro. Si trattava di contadine, che non avendo ricevuto un'istruzione necessitavano di consigli, per cui le guardie forestali spiegavano loro come gestire i vivai. "Consigliai loro di considerare le piantine in un altro modo. 'Non penso che abbiate bisogno di un diploma per piantare un albero' dissi. 'Usate il vostro intuito femminile. Queste piantine sono molto simili ai semi con i quali avete a che fare tutti i giorni, di fagioli, di mais e di miglio. Metteteli nella terra. Se sono buoni, germineranno. Se non lo sono, non lo faranno. Semplice.'" (Maathai 2006). Un'ulteriore testimonianza di quanto sia importante aumentare le aree boschive arriva dal Burkina Faso. Yacouba Sawadogo è un contadino a cui siriconosce di aver contribuito largamente allo sviluppo di un'agricoltura basata sulla piantagione di alberi. La sua famiglia possedeva una grande fattoria nel Sahel occidentale, che tra il 1972 e il 1984 attraversò un periodo di siccità che decimò la produzione alimentare di tutto il Sahel e vaste distese di savana si desertificarono. Sawadogo decise di riprendere una tecnica tradizionale che i contadini avevano usato per secoli che prevedeva di scavare dei pozzi poco profondi - zai - per raccogliere le acque piovane e farle confluire nelle radici dei raccolti. Prese anch'egli a scavare zai più grandi, per raccogliere più acqua, e vi sparse dentro del concime durante la stagione secca. A causa dei semi contenuti nel concime, tra le file di miglio e sorgo, iniziarono a nascere alberi, che facevano aumentare i raccolti donando fertilità al terreno. Le tecniche adottate da Sawadogo e dai contadini del Sahel potrebbero aiutare milioni.utilizzando una nuova strategia agricola basata sull'agroforesteria. Questo approccio prevede la coltivazione di alberi insieme alle colture tradizionali, creando così un sistema più resiliente e sostenibile. L'agroforesteria offre numerosi vantaggi. Gli alberi forniscono ombra alle colture, riducendo così l'impatto del caldo e della siccità. Inoltre, le radici degli alberi aiutano a trattenere l'acqua nel terreno, riducendo il rischio di erosione e aumentando la disponibilità di acqua per le colture. Inoltre, gli alberi producono legna da ardere, che è una fonte di energia rinnovabile e sostenibile per le comunità rurali. Questo riduce la dipendenza dalle fonti di energia non rinnovabili e contribuisce alla lotta contro il cambiamento climatico. La strategia dell'agroforesteria ha avuto successo in diversi paesi africani, tra cui il Malawi. Grazie a questa nuova approccio, gli agricoltori sono riusciti a migliorare la loro produttività e a garantire la sicurezza alimentare per le loro comunità. È importante che i governi e le organizzazioni internazionali sostengano e promuovano l'agroforesteria come soluzione per affrontare i cambiamenti climatici e la povertà. Investire in ricerca e fornire sostegno finanziario agli agricoltori è fondamentale per garantire il successo di questa strategia. In conclusione, l'agroforesteria è un'importante soluzione per affrontare i cambiamenti climatici e la povertà. Utilizzando alberi insieme alle colture tradizionali, gli agricoltori possono proteggere le loro colture, migliorare la fertilità del terreno e garantire una fonte di energia sostenibile per le comunità rurali. È necessario promuovere e sostenere questa strategia per garantire un futuro sostenibile per l'agricoltura e per il pianeta.oni di euro nel settore agricolo, il governo ha deciso di sostenere i piccoli agricoltori italiani. Questa scelta è stata motivata dalla volontà di preservare la tradizione agricola del paese e di garantire la sicurezza alimentare della popolazione. Per raggiungere questi obiettivi, il governo ha introdotto una serie di misure di sostegno per i piccoli agricoltori. Innanzitutto, è stato istituito un fondo di finanziamento per l'acquisto di attrezzature e macchinari agricoli moderni. Inoltre, sono stati promossi programmi di formazione e consulenza per migliorare le competenze degli agricoltori e aumentare la produttività delle loro aziende. Oltre a ciò, sono stati introdotti incentivi fiscali per favorire gli investimenti nel settore agricolo. Ad esempio, è stata prevista una riduzione delle tasse sul reddito per gli agricoltori che investono nella modernizzazione delle loro aziende. Inoltre, sono stati introdotti sgravi fiscali per l'acquisto di terreni agricoli e per la creazione di nuove aziende agricole. Tutte queste misure hanno contribuito a rilanciare il settore agricolo italiano e a garantire la sopravvivenza dei piccoli agricoltori. Grazie agli investimenti e al sostegno del governo, molti agricoltori sono riusciti a modernizzare le loro aziende, aumentare la produzione e migliorare la qualità dei loro prodotti. In conclusione, la decisione del governo di sostenere i piccoli agricoltori italiani si è rivelata vincente. Grazie a queste misure di sostegno, il settore agricolo è stato in grado di resistere alla concorrenza internazionale e di preservare la sua importanza economica e culturale nel paese.
Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
7 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/13 Storia e istituzioni dell'africa

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia e Istituzioni dell'Africa e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Zamponi Mario.