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Principio di pari dignità e uguaglianza dei cittadini
"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali".
Nel primo comma dell'articolo viene espresso il concetto di "pari dignità sociale" dei cittadini rispetto agli altri membri della collettività, l'aspetto della dignità umana viene ripreso successivamente nel testo costituzionale come limite all'iniziativa economica privata (art.41), ai trattamenti sanitari (art.32) ed alle pene contrarie al senso di umanità (art.27). Subito dopo il concetto di dignità umana viene espresso il principio di eguaglianza formale, cioè dei cittadini di fronte alla legge, che non può essere discriminatoria. In realtà, il riconoscimento dell'eguaglianza formale è eredità di molte costituzioni del Settecento e dello stesso Statuto Albertino, tuttavia nell'art.".
3 il concetto viene approfondito maggiormente: vengono infatti elencate delle categorie che escludono la possibilità per il legislatore di legiferare in maniera discriminatoria sulla base di questi caratteri. L'uguaglianza nasce come un diritto ma con il tempo assume sempre di più le caratteristiche di un principio, senza comunque abbandonare il suo status di diritto soggettivo. Per eguaglianza si intende il principio per il quale situazioni eguali non vanno trattate in maniera diversa e situazioni diverse non devono essere trattate in modo diverso. Il sesso, oggi meglio definibile come genere, è la prima caratteristica ad essere elencata in quanto, dopo le prime elezioni politiche a suffragio universale, doveva essere superata l'ineguaglianza tra l'uomo e la donna, presente Principi fondamentali della Costituzione 2 Diritto Costituzionale Prof.ssa Giuditta Brunelli in molti ambiti e soprattutto nella legislazione di famiglia (modificata solo nel 1975),
Inoltre, alcune norme escludevano le donne dalla magistratura o da altri uffici pubblici (in questo senso è di rilievo la sentenza della Corte Costituzionale n.33 del 1960, che apre le porte della magistratura alle donne). Il secondo elemento, sul quale si discute abbastanza, è la razza. Oggi si tende a considerare scientificamente superato il concetto di razza ed alcuni vorrebbero un cambiamento in questa direzione anche nella Costituzione, magari con la sostituzione del termine con la parola "etnia" o simili; in realtà in questa parola c'è un segno caratteristico della nostra storia che serve da monito contro l'esperienza totalitaria, in cui sulla base della razza si operarono gravi discriminazioni, che culminarono con le leggi razziali del 1938. La lingua riguarda, invece, le minoranze linguistiche che erano state represse durante il fascismo, specialmente con l'imposizione della lingua italiana, per questo ad oggi queste minoranze sono
tutelate dalla Repubblica (art.6). L'articolo impone poi il divieto di discriminare sulla base della religione e delle opinioni politiche, per non ripetere quanto avvenuto nel ventennio fascista quando intellettuali e politici furono uccisi o mandati al confino. L'ultimo punto, nonché fondamentale, è dato dalle condizioni personali e sociali: l'espressione è vaga perché potrebbe riguardare condizioni di malattia cronica, povertà, disabilità, ecc.; in ogni caso è proprio questa vaghezza che consente di far rientrare nell'art. 3 anche altre tipologie di differenze che non sono espressamente enunciate e che possono essere comprese per via interpretativa. Grazie al primo comma di questo articolo è fatto divieto al legislatore di emanare leggi discriminatorie nei confronti di queste categorie e di altre che possono essere comprese, pena l'annullamento della legge dalla Corte Costituzionale per violazione dell'art.
3 Cost. Anche lo Statuto Albertino prevedeva l'eguaglianza formale ma non veniva rispettata perché costituzione e legge erano sullo stesso piano. Il secondo comma dell'art. 3 stabilisce che "è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Se nell'eguaglianza formale si chiede al legislatore di non emanare leggi che siano discriminatorie, nell'eguaglianza sostanziale si chiede di intervenire positivamente per riequilibrare le posizioni svantaggiate, è proprio su questo concetto che si fondano i diritti sociali. Dalla tradizione ottocentesca derivano due tipologie di diritti: i diritti civili o libertà negative in quanto chiedono allo Stato un
comportamento negativo ovvero di non intromissione nell'esercizio di tali diritti (es. libertà di manifestare il pensiero) e i diritti politici, che rappresentano i diritti di partecipazione (es. diritto di voto). Più avanti si introdussero i diritti sociali che, al contrario di quelli civili, sono positivi e pertanto chiedono allo Stato di intervenire in determinate situazioni per garantire l'eguaglianza (es. diritto alla salute). Questa disposizione riconosce che per attuare l'uguaglianza non basta il pari trattamento (eguaglianza formale), ma occorre anche rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona e la sua effettiva partecipazione all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese (eguaglianza sostanziale). Essenziale a questo proposito è la realizzazione dei diritti sociali, che sono precondizioni della democrazia; unapersonaanalfabeta non è nelle condizioni di partecipare alla vita politica del Paese. Ad oggi, alcune condizioni che limitano il pieno sviluppo della persona ancora sussistono, esempi sono la retribuzione insufficiente che molte volte viene corrisposta nel mondo del lavoro ed i tagli alla sanità ed all'istruzione in favore di quelle private. C'è un legame forte tra i due commi dell'art. 3 e la stessa Corte Costituzionale in una sentenza del 1993 dichiarò che i due commi sono legati da un rapporto di integrazione reciproca e non di regola-eccezione come alcuni avevano ipotizzato.
Principio lavorista
Il principio lavorista è espresso all'art. 1 e poi ripreso nell'art. 4, che al primo comma recita: "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto"; c'è quindi un collegamento diretto tra i due articoli. Il diritto al lavoro è un
Il diritto al lavoro è un diritto sociale e per questo richiede allo Stato un intervento positivo che conceda ai cittadini la possibilità di procurarsi un posto di lavoro, tuttavia è bene ricordare che la Repubblica (Stato, Regioni, Comuni ecc.) non ha il dovere di dare lavoro ai cittadini bensì di attuare le condizioni necessarie affinché questo diritto possa essere effettivo, con provvedimenti che consentano l'accesso al lavoro da parte dei cittadini che vogliono contribuire al progresso della società. Il fatto che il diritto al lavoro sia riconosciuto a tutti i cittadini significa che non vi possono essere discriminazioni nelle offerte di lavoro, a meno che la differenziazione non riguardi le capacità e la preparazione che l'attività richiede. Il diritto al lavoro, oltre che all'articolo in questione, è espresso anche all'art. 1, il quale specifica che l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, conferendo più
Il diritto al lavoro è sancito come fondamentale nella nostra Carta costituzionale. Il Titolo III è interamente dedicato a questo diritto, cominciando dall'art. 35 che tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni fino ad arrivare agli artt. 39 e 40 che garantiscono ai lavoratori strumenti come l'organizzazione sindacale e lo sciopero per far valere i propri diritti. Il fatto che la proprietà sia subordinata al lavoro è evidente negli articoli 41, 42 e 43: infatti, se da una parte l'iniziativa economica privata è libera, dall'altra questa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale, come del resto la proprietà privata che è riconosciuta ma limitata allo scopo di garantire la sua funzione sociale, oppure ancora come la possibilità di trasferire allo Stato o ad altri enti pubblici la proprietà di imprese che o rano servizi pubblici essenziali che abbiano carattere
Di preminente interesse generale. Per concludere, il secondo comma dell'art. 4 specifica che "ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società". Il lavoro è quindi un elemento di partecipazione al progresso della società secondo le proprie attitudini e le proprie scelte, sia che riguardi un lavoro di tipo manuale che di tipo spirituale.
Principi fondamentali della Costituzione 4
Diritto Costituzionale Prof.ssa Giuditta Brunelli
Principio pluralista
Il principio pluralista riguarda diversi aspetti: il pluralismo politico, territoriale, linguistico e religioso. Il pluralismo politico è enunciato all'art. 49 che prevede la libertà per i cittadini di associarsi in partiti politici, ma è anche tutelato esplicitamente dalla Costituzione, che richiede che le minoranze siano incluse
nelle commissioni parlamentari e che i delegati regionali per l'elezione del Capo dello Stato siano costituiti in modo da rappresentare le minoranze (art.83), inoltre impone la maggioranza qualificata (⅔) per la modifica della Costituzione (art.138), l'elezione del Presidente della Repubblica (art.83) e l'elezione dei giudici della Corte Costituzionale in Parlamento. I partiti possono essere anche contrari all'ordinamento costituito ma devono farlo con metodo democratico e quindi senza violenza o minaccia, non ci sono partiti vietati se non quello fascista, sotto qualsiasi forma. Importante ricordare che non è illegale il pensiero fascista, ma la ricostituzione del partito. Il pluralismo territoriale è espresso principalmente nell'art. 5 che recita: "La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi"
a la necessità di adeguare le norme e le procedure legislative alle specifiche esigenze di autonomia e decentramento.