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PRINCIPIO COSTRUTTIVO DEL PNEUMATICO
Il principio del “pneumatico” è di recente applicazione in edi-
lizia e viene utilizzato per realizzare spazi coperti sfruttando
l’aria in sovrappressione per far assumere la forma a un invo-
lucro “morbido” in materiale plastico, capace di resistere a sol-
lecitazioni di trazione. Il principio del “pneumatico” sfrutta quin-
di l'aria come elemento portante.
Le prime sperimentazioni risalgono ai primi anni del novecen-
to, oggi vengono utilizzate principalmente come coperture
smontabili per impianti sportivi, magazzini, padiglioni itineranti
per mostre; caratteristica peculiare delle costruzioni pneuma-
tiche è infatti quella di poter essere erette e rimosse con rapi-
dità mediante semplici operazioni di gonfiaggio e sgonfiaggio,
data anche la facilità di trasporto dell’involucro che è ripiega- a,b,c,d,e,f,g, schemi di funzionamento e tipi di
copertura gonfiabile (a,d), a camera d’aria
bile e leggero (peso 5Kg/mq circa). Applicazioni maggiori esi- (b,e) e mista (c,f,g).
stono nel campo dell'oggettistica, poltrone da mare, materas- h,i,l, collegamenti tra membrana e cordolo di
sini, ecc.; in paesi, come la Svezia, con clima invernale molto ancoraggio mediante profili in acciaio.
rigido involucri pressurizzati vengono utilizzati per consentire
la costruzione al chiuso di case unifamiliari isolate, di ridotte
dimensioni.
Si possono avere tre tipi di elementi costruttivi gonfiabili: le
le e le
coperture gonfiabili, coperture a camera d'aria copertu-
re pneumatiche miste.
Nelle “coperture gonfiabili” lo spazio interno all'organismo
risulta pressurizzato in quanto l'aria, elemento portante, in
pressione occupa l'intera concavità. Lo spazio abitabile si rea-
lizza insufflando sotto un involucro (costituito da teli di plastica
in unico strato) aria ad una pressione dell’ordine di 20Kg/mq
che assicura l’assunzione della forma prestabilita e la relativa
stabilità. Anche se l’uomo si trova a vivere in un ambiente
pressurizzato, gli sbalzi di pressione tra interno ed esterno
(anche in caso di sovrappressioni di 80-100 kg/mq, adottati
per forti carichi esterni) non sono comunque avvertibili anche a, collegamenti tra membrana e fondazione
da soggetti particolarmente sensibili. mediante zavorra.
Nelle “coperture a camera d'aria” l'involucro, a doppia parete
(frazionato in più comparti a camera d’aria) o composto da
elementi pneumatici da accostare tra loro per determinare l’or-
ganismo edilizio, contiene al suo interno l'aria in pressione; ne
risulta che lo spazio agibile non è pressurizzato. Le forme pos-
sibili per l'organismo edilizio sono molteplici e dipendono dalla
forma degli elementi pneumatici, si possono avere coperture
a botte costituite da archi pneumatici o volte con ordito pneu-
matico, tutte configurazioni che, nel caso di coperture gonfia-
bili, non risultano possibili.
Le “coperture pneumatiche miste” utilizzano contemporanea-
mente i due sistemi, gonfiabile e pneumatico, in quanto la
copertura, del tipo a camera d'aria, viene mantenuta in posi-
zione attraverso aria a debole pressione all'interno dello spa-
zio costruito. Con questo sistema si ottengono coperture di a, teatro galleggiante pneumatico all’Expo di
grandi spazi molto ribassate con le quali occorre far fronte a Osaka
20 condizioni di carico molto gravose (ad es.presenza di neve).
L'involucro in tutti e tre i casi suddetti viene sollecitato a trazio-
ne, la capacità di resistenza è data dall'aria in pressione e la
forma dell'organismo è data dalla configurazione che assume
l'involucro gonfiato. Entro certi limiti, sfruttando l'elasticità del-
l'aria, si possono ammettere deformazioni sotto carico.
Il problema importante da risolvere nelle coperture pneumati-
b
a che è quello dell'ancoraggio degli elementi, che risulta di diffe-
rente soluzione a seconda che questi debbano risultare di tipo
smontabile o di tipo fisso.
Per coperture fisse si possono progettare cordoli di ancorag-
gio in calcestruzzo ai quali bloccare le membrane con oppor-
tuni sistemi (profili in acciaio, in pvc, ecc.).
Nel caso di coperture smontabili ("pallone" per la copertura
a, organismo pneumatico a camera d’aria, b,
organismo gonfiabile invernale di una piscina) anche l'ancoraggio deve risultare
rimovibile e quindi si adottano opportuni collegamenti per
punti, mentre la tenuta viene affidata a sacchetti di sabbia o a
tubolari riempiti di acqua in modo da assecondare le possibili
scabrosità del suolo, facilmente rimovibili o svuotabili. Per
quanto riguarda l’attacco a terra del telo, per evitare lacerazio-
ni o strappi dell’involucro si devono ridurre le concentrazioni
degli sforzi in punti particolari del telo stesso e cercare di ripar-
tirli sul numero più elevato possibile di ancoraggi.
Nel caso di coperture gonfiabili il mantenimento dell'aria in
pressione va garantito nonostante debbano essere consentiti
gli accessi all'organismo: occorre prevedere apparecchi di
accesso ad anta, girevoli, a cortina d'aria o a camera d'equili-
brio che garantiscano la tenuta.
In rapporto alla sicurezza le cadute di pressione dell’aria inter-
na (dovute a perdite di tenuta o a guasti nei compressori), non
provocano un repentino afflosciamento del telo e quindi non
comportano un sostanziale pericolo per gli occupanti. Ai fini
del comfort ambientale se il telo è in unico strato può essere
insufflata aria preriscaldata.
Con qualsiasi tipo di sistema costruttivo gli involucri gonfiabili
possono essere ancorati al suolo mediante funi o cavi aggiun-
tivi, passanti al di sopra del telo, per ottenere una migliore sta-
bilizzazione.
Dato che il materiale costituente, il telo, è in genere attaccabi-
le dal fuoco, questi devono essere resi autoestinguenti attra-
verso opportuni trattamenti per garantire la sicurezza in caso
di incendio.
casseforme pneumatiche Negli anni ‘70 sono state realizzate delle casseforme pneuma-
tiche a membrana atte a realizzare involucri globali in calce-
struzzo di spessore sottile. La matrice era costituita da una
membrana in materiale sintetico ancorata al suolo e sorretta
da aria insufflata; l’armatura del tipo estensibile (a forma di
molla), cioè capace di assumere la configurazione spaziale
una volta gonfiata la cassaforma, veniva disposta sulla mem-
brana in orizzontale. Il getto veniva effettuato in piano e coper-
to con un telo, poi veniva insufflata l’aria e vibrata la cassafor-
ma.
il principio del pneumatico 21
PRINCIPIO COSTRUTTIVO DEL FUNGO
Il “principio del fungo” o “dell’albero” definisce la realizzazione
di un vano agibile attraverso un elemento verticale portante, il
sorreggente un elemento di chiusura orizzontale agget-
ritto,
tante, il collegato al ritto solidalmente. Definizione di
cappello,
uso corrente in edilizia è quella di che sta
copertura a fungo
ad indicare le coperture che hanno forma ispirata a quella
naturale del fungo.
Secondo questo principio costruttivo si realizzano spazi abita-
bili costituiti da un solo fungo o da un insieme di funghi, colle-
F.L.. Wright - Centro Johnson a Racine gati tra loro. Sotto il profilo statico si ha solidarietà tra cappello
e gambo (voncolo di incastro) e quest’ultimo deve possedere
capacità di resistenza flessionale. Il gambo è normalmente
incastrato alla base, ma può risultare anche incernierato alla
fondazione, in caso di più funghi tra loro adiacenti e con cap-
pelli collegati tra loro a cerniera (per es. la copertura del salo-
ne per uffici del Centro Johnson a Racine di F.L. Wright).
La copertura a fungo, che è tipica del nostro secolo, può esse-
re realizzata con vari materiali: con ritto e cappello in calce-
struzzo armato a soletta piena o nervata (come nell’opera cita-
ta di Wright), oppure a conformazione spaziale (come le
coperture di alcuni magazzini costruite da F. Candela negli
anni ‘50 in Messico, formate da superfici Ipar, porzioni di para-
F. Candela - Magazzini a Vallejo boloide iperbolico, dette anche ad “ombrello”); con ritto in
cemento armato e cappello con mensole di acciaio (p.es. la
grandiosa copertura del Palazzo del Lavoro a Torino di P.L.
Nervi e G. Covre); con ritto e cappello in elementi metallici (ad
es. pensiline dei distributori di benzina); con ritto metallico e
cappello in tessuto di cotone e cavi (p.es. copertura isolata in
un parco di F. Otto); in elementi di acciaio e materie plastiche;
infine con cappello pneumatico (ad es. pensiline isolate
aII’EXPO di Osaka 1970).
Nella categoria delle coperture a fungo si possono far rientra-
re i che vengono in genere adottati per soppor-
so/ai a fungo,
tare sovraccarichi elevati (ad es. in caso di depositi di carta o
di locali per rotative di giornali) in edifici multipiano con sche-
P.L. Nervi - Palazzo del Lavoro di Torino letro portante in cemento armato. Questo tipo di solaio è
caratterizzato da una soletta continua che, senza l’ausilio di
travi, si innesta direttamente sui pilastri; questi per non assog-
gettare la soletta a notevoli sollecitazioni di flessione e taglio
hanno all’innesto profilo ad iperbole (come lo ideò per la prima
volta Maillart) o sono conformati più correntemente a tronco di
piramide o di cono rovescio (con eventuale ingrossamento
della soletta). Da qui è nata la denominazione di solai a fungo.
Il primo a sperimentare e realizzare in Europa il solaio a fungo
è stato R. Maillart; nel 1910 costruì a Zurigo un magazzino
con questo tipo di solaio (avente le armature in due direzioni
ortogonali e di dimensioni variabili al variare del momento flet-
tente) per sopportare un carico di 20 kN/mq.
Qualche anno prima negli USA H. Turner aveva progettato un
F. Otto - fungo con cappello in tessuto di coto- solaio analogo (con diversa distribuzione delle armature) sem-
ne e cavi
22
pre con l’obiettivo di non considerare la trave elemento a sé
rispetto alla soletta. La soletta viene assimilata ad una
stante
lastra continua su pilastri isolati, disposti ad interasse costante
su file parallele (allineati nelle due direzioni ortogonali oppure
sfalsati di 1/2 interasse tra una fila e l’altra). La larghezza del
pilastro all’innesto con la piastra è in genere compresa tra 1/4
e 1/6 dell’interasse dei pilastri. Oltre al menzionato solaio di
Maillart, sono esempi noti: il solaio adottato da A.Àalto per la
sede di un giornale a Turku (1928-30); la soletta con nervature
secondo