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Nel corso degli ultimi decenni del secolo scorso si è assistito allo sviluppo di un modello di produzione e di
sviluppo caratterizzato da forti discontinuità rispetto al modello che lo ha preceduto, basato su una produzione
fordista.
Questo modello si concretizza nella produzione di massa e nella standardizzazione del prodotto attraverso
un’elevata meccanizzazione dei processi (catena di montaggio). Nel sistema di produzione post-fordista
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venfono perseguiti elevati livelli di produttività grazie al controllo del lavoro ma soprattutto agli incentivi
materiali quali l’aumento di reddito dei lavoratoti. La stabilità del lavoro è un altro tratto caratteristico del
modello fordista. L’asse portante del modello fordista è che il lavoro sia per tutta la vita.
Questa modalità lavorativa nei paesi industrializzati ha assunto la connotazione di quello che oggi si definisce
lavoro dipendente remunerato dal salario attorno al quale ruota la vita economica e sociale.
L’inizio di questo cambiamento è collocabile intorno alla metà degli anni 70 quando si assiste al passaggio da
una società salariale fordista ad una società salariale post fordista.
Il concetto di società salariale definiva una società ordinata e progressista, i conflitti sono regolati da
istituzioni statali e originati dalla società civile. Questo sistama faceva contenti tutti perché garantiva datore di
lavoro, lavoratore e Stato. Con la fine di questo modello le differenti parti si allontanano, si perde il beneficio
comune e aumentano le disuguaglianze, mentre la società salariale favoriva l’aumento del potere d’acquisto e
il consumo di massa. Il modello di sviluppo della società salariale può essere riassunto in 2 assunti:
l’organizzazione del lavoro;
• il regime di accumulazione;
• il metodo di regolamentazione.
•
Castel identifica 5 elementi che definiscono la società salariale:
- separazione tra chi lavora e chi non lavora;
- stabilizzazione delle carriere nel lavoro stabile;
- funzione dei lavoratori salariali per sostenere il consumo di massa. I lavoratori producono e con il salario
possono comprare ciò che producono;
- accesso della forza del lavoro ai servizi pubblici e alla proprietà sociale, attraverso cui tutti possono disporre
di una parte della ricchezza prodotta. Una parte del lavoro va a pagare la sicurezza del lavoratore e della
famiglia;
- riconoscimento pubblico della funzione sociale del lavoratore salariato, il quale si costruisce così la sua
identità.
Verso la metà degli anni 70 questo sistema entra in crisi. Le cause di questa sono da ricercare
nell’insostenibilità di un modello di sviluppo economico che perseguiva una crescita continua ed illmitata.
L’evoluzione del processo di modernizzazione è utile alla comprensione dell’idea di insostenibilità del
modello e della pecuriarità della trasformazione in atto. La crescita rallenta, si assiste a un incremento
dell’inflazione accompagnata dall’aumento di disoccupazione.
Il modello che emerge in risposta alla crisi può essere identificato attraverso il principio di flessibilità il quale
si propone di rispondere alla crisi del sistema capitalistico con l’obiettivo di garantirne la continuità storica. La
cultura post-fordista mette al centro l’individuo, mentre quello fordista necessitava di una dimensione
collettiva più ampia.
Nella società post-fordista la sussistenza del lavoratore cessa di essere un problema comune al datore di
lavoro, allo Stato e allo stesso lavoratore, i rischi vengono ripartiti. Al lavoro stabile e garantito si
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contrappone il lavoro instabile e precario, alla remunerazione fissa quella variabile. Uno dei punti
nevralgici della crisi è l’indebolirsi delle forme di regolazione sociale che si sostanziano nella messa in
discussione delle funzioni regolative dei sistemi di WS. La presenza di un rischio sociale è uno dei caratteri
distintivi di questi fenomeni.
Tre parole caratterizzano il modello post-fordista:
- FLESSIBILITA’ salariale, nell’uso della forma del lavoro (mobilità interna, part-time orizzontale/verticale);
- PRECARIETA’ condizione occupazionale caratterizzata da forme di incertezza che sono determinate dal tipo
di lavoro svolto;
- INSTABILITA’ nasce dalla trasformazione delle forme di regolazione del lavoro. Egli non sceglie questa
condizione, ma si trova nell’istanbilità per vari motivi.
Uno degli elementi maggiormente qualificanti il passaggio dal modello fordista a quello post-fordista è lo
sviluppo di forme contrattuali “atipiche” e flessibili, dotate di caratteristiche differenti rispetto al modello
occupazionale “tipico” del sistema fordista, basato su contratti a tempo indeterminato, tutelati da molte
garanzie. Nel sistema post-fordista si sviluppano contratto di breve durata, che rientrano nell’universo
dell’atipico (ci sono molte forme contrattuali che si collocano a metà delle 2. I processi di flessibilizzazione
dellavoro hanno determinato lo sviluppo di forme occupazionali in cui prevale l’incertezza a causa
dell’aumentato rischio di disoccupazione ad essi connesso. L’incertezza può poi essere incertezza economica,
temporale, sociale.
Quando si parla di forme di lavoro flessibili o atipiche si utilizzano indifferentementi i due termini per indicare
le situazioni lavorative in cui viene a mancare quella condizione di stabilità temporanea tipica del lavoro a
tempo indeterminato. In realtà con precarietà si intende una condizione occupazionale, non nuova,
caratterizzata da forme di incertezza che sono determinate dal particolare tipo di lavoro svolto. La condizione
di instabilità, invece, è qualcoda di diverso che nasce dalle trasformazioni delle forme di regolazione del
lavoro, spogliate da quelle tutele che erano garantite nel modello di lavoro salariale fordista. Instabile è colui
che non sceglie questa condizione, ma si trova a viverla per vari motivi..
Attraverso le trasformazioni socio-economiche in atto e attraverso le trasformazioni del mercato del lavoro
cambiano gli spazi di riferimento e gli spazi di azione degli attori. La perdita di certezza non è vissuta come un
passaggio normale , perché si assiste alla destabilizzazione di chi è stabile, mentre per i giovani è una cosa
normale, perché non hanno mai provato il contrario. In questo nuovo contesto sono aumentate le possibilità di
scelta ma sono aumentati i vincoli, poichè le necessità quotidiane impediscono alla fine di essere liberi di
scegliere.
Capitalismo
Ci sono 3 modelli di capitalismo:
-contesto europeo continentale;
-contesto giapponese, il quale, attraverso il modello just in time, ha minato le pasi del modo di produzione
fordista; 6
-contesto anglossassone, la cui evoluzione è caratterizzante dei nuovi modelli della new economy.
La relazione tra capitale e lavoro rappresenta la formulazione classica dell’equilibrio tra gli interessi degli
azionisti e quelli dei lavoratori. La forte innovazione nel campo della new economy ha determinato la nascita
di ciò che viene chiamato capitalismo patrimoniale o cognitivo. Nel patrimoniale l’elemento fondamentale
consiste nel primato dell’innovazione finanziaria delle imprese. La creazione e l’accumulo di ricchezza
dipendono dal capitale finanziario. Un simile sistema di accumulazione si sviluppa in un contesto in cui il
potenziale potere regolatore delle istituzioni diventa sempre più fragile e si sviluppano così nuove forme di
gestione delle imprese che definiscono e regolamentano i rapporti tra azionariato e dirigenti salariati. Le
imprese ottengono finanziamenti attraverso il capitale di rischio. In quello cognitivo l’elemento chiave
riguarda le innovazioni legate al primato delle attività intellettuali. Il potere è legato al possesso delle nuove
tecnologie della comunicazoone e dell’informazione.]
Lavoro: Italia e Spagna
Negli ultimi 15 anni sia il mercato del lavoro italiano che quello spagnolo hanno vissuto un forte processo di
aumento della partecipazione. Entrambi i paesi erano caratterizzati da tassi di attività e occupazione molto
inferioti alla media europea.
In Italia, nonostante i tassi di attività e occupazione siano più bassi, i livelli di reddito, misurati a parità di
potere di acquisto, sono sostanzialmente simili. L’economia italiana è caratterizzata da alcuni meccanismi che
le permettono di garantire un tenore di vita paragonabile alle altre realtà europee.
In Italia la crescita occupazionale non è riuscita ad attenurare le differenze regionali, i tassi di disoccupazione
al sud sono più del doppio rispetto al nord e i tassi di attività femminile sono maggiori al nord.
Sia la struttura spagnola che quella italiana sono state interessata da processi di trasformazione profonda,
caratterizzari dalla continua crescita del settore dei servizi che è diventato predominante sull’industria. In Italia
le forme di lavoro flessibile entrano nel dibattito pubblico in maniera definitiva a partire dalla legge del 1997,
che ha introdotto il lavoro interinale. È persistente il problema del lavoro nero. Maggiori contratti “atipici” in
Italia:
- contratti a tempo determinato (fino al 2001 utilizzati solo in casi eccezionali, dal 2001 è utilizzabile in caso
in cui ci siano delle ragioni;
- contratti a causa mista (con formazione)
- contratti temporanei di somministrazione del lavoro
- contratti part-time
- collaborazioni a progetto.
La famiglia che cambia
Anche la famiglia si caratterizza per rappresentare uno dei principali elementi centrali dl mutamento. La
famiglia ha un ruolo strategico rispetto alla sua valenza istituzionale e al suo ruolo determinante nella
strutturazione della società. Essa partecipa alla vita quotidiana della società e dei sui mutamenti. Come dice
Esping-Andersen la famiglia è la prima fra le istituzioni sociali e, in quanto istituzione, modella il
comportamento, le aspettative e i desideri degli individui, ed essendo un soggetto di decisioni, la famiglia è un
attore che partecipa alla vita quotidiana della società e dei sui mutamenti.
I rapporti familiari non sono strutturati come nel lavoro (alla prestazione corrisponde un salario – delle
prestazioni ci dovrebbero cmq essere eheheh by tekla) anche se esiste una forma contrattuale, cioè il
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matrimonio. La differenza è che nel contratto matrimoniale si intrecciano norme, culture e codici morali e
non è economico.
La famiglia è sempre stata essenzialmente centrata sulla figura maschile, il capo famiglia. La predominanza
maschile si è sostanziata col processo di industrializzazio