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In che modo i costi del dissesto impattano sul valore dell'impresa e sulla struttura finanziaria
ottimale?
La possibilità di fallimento ha un effetto negativo sul valore dell'impresa. Tuttavia, la riduzione del
valore non è determinata dal rischio del fallimento in se stesso, bensì dai costi associati al fallimen-
to. Questi costi controbilanciano i vantaggi fiscali del debito e possono essere diretti e indiretti.
I costi diretti sono: costi legali; spese amministrative; liquidazione; riorganizzazione.
I costi indiretti sono: compromissione della capacità di svolgere l'attività di impresa; costi di agen-
zia (incentivo ad assumere rischi elevati, incentivo a sotto investire, milking the property).
Questi costi del dissesto finanziario possono ridurre il valore dell'impresa e possono essere
conseguenza di un debito troppo elevato e non sostenibile.
Secondo la teoria del trade off esiste un ammontare ottimale di debito ove l'equilibrio tra vantaggio
fiscale e costi del dissesto è perfetto e massimizza così il valore dell'impresa. Superata questa soglia
i costi del dissesto aumentano più velocemente dei benefici fiscali, causando una riduzione del valo-
re.
Prendendo in considerazione il costo medio del capitale si può affermare che sarà minimizzato nel
punto di equilibrio tra vantaggio fiscale del debito e costi del dissesto, ovvero nel livello di debito
ottimale.
Ne discende che una decisione inerente alla struttura finanziaria di un'impresa determina un trade-
off fra benefici fiscali del debito e i costi del dissesto. Ciò porta ad affermare che esiste un ammon-
tare ottimale di debito.
Quali condizioni permettono di considerare la politica dei dividendi irrilevante? Quando ne
esiste una ottimale?
Le condizioni che rendono irrilevante la politica dei dividendi sono: mercato efficiente; nessun co-
sto di transazione ed emissione (mercato dei capitali perfetto); nessuna imposta; imprese e investito-
ri possono indebitarsi allo stesso tasso; non esiste avversione al rischio.
Se si volesse incrementare i dividendi, a parità di investimenti e debiti, il denaro addizionale non
può che provenire dagli azionisti, sotto forma di nuove azioni da emettere, che verranno acquistate
da nuovi azionisti.
I vecchi azionisti che vedranno un aumento iniziale dei dividenti da una parte, dall'altra subiranno
una perdita in conto capitale per l'emissione di nuove azioni. Un incremento dei dividendi al tempo
0 porta necessariamente alla loro riduzione al tempo 1, cosicché per i vecchi azionisti la ricchezza
rimane invariata.
Sempre in questo contesto gli investitori possono attuare una costruzione in proprio dei dividendi
qualora la politica aziendale non li soddisfi.
Le variazioni apportate dal management alla politica dei dividendi possono essere annullate da un
azionista che, reinvestendo/vendendo parte dei propri dividendi/titoli azionari, può muoversi verso
le proprie preferenze.
La sola politica dei dividendi non è in grado di innalzare il dividendo per azione in una certa data
mantenendo contemporaneamente costante il livello dei dividendi in tutte le altre date.
Le imprese non dovrebbero mai tuttavia rinunciare a un progetto a VAN positivo per distribuire di-
videndi maggiori.
Una politica dei dividendi in realtà può essere influenzata da più fattori che potrebbero condizionare
la scelta di distribuirli o di effettuare un bayback. Tra questi: flessibilità del riacquisto rispetto al-
l'impegno dividendi; remunerazione manager; compensazione della diluizione equity; sottovaluta-
zione; imposte.
Un elemento importante nel cercare di attuare una politica dei dividendi ottimale è la presenza o
meno di liquidità in eccesso. Se non c'è liquidità, in presenza di imposte sul reddito delle persone fi-
siche, all'impresa non conviene emettere nuove azioni per pagare dividendi. Potrebbe però essere
costretta a farlo per seguire le preferenze degli investitori. Se invece l'impresa ha liquidità potrebbe
selezionare nuovi progetti, acquisire nuove società, acquistare attività finanziarie, riacquistare azio-
ni proprie. Ciò significa che in presenza di imposte personali, le imprese sono economicamente in-