vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
La geopolitica durante l'era fascista
La geopolitica giocò un ruolo fondamentale nell'era fascista, con una politica estera attivissima. Prima si attua una politica di stabilità per poi optare con la destabilizzazione dell'ordine con l'alleanza tedesca. Nascita dell'impero e interessi in Est Europa con il protettorato sull'Albania. Gli interessi nazionali durante l'era fascista cambiarono in tre fasi, ossia l'allineamento con i vincitori della Grande guerra e attuare una posizione di stabilità prima; riproposizione del modello imperiale romano attraverso la ricerca dell'autonomia in politica estera, come l'intervento in Spagna e in Etiopia nonostante le sanzioni della SdN e con lo scopo di ri-acquistare ruolo.
egemone all'interno del Mare Nostrum, il Mediterraneo. Infine, la guerra, che incentrò l'interesse nazionale su una posizione ideologica e non strategica, ossia contro le potenze plutocratiche. Politica del peso determinante (alleanza con la Germania). Obiettivi: Rompere le sbarre della prigione nel Mediterraneo, Marciare all'oceano Indiano saldando Libia, Sudan e Etiopia, Atlantico via Africa settentrionale francese, Albania necessaria per gravitare nei Balcani. Nell'Italia post-bellica, ossia quella Repubblicana, caratterizzata dalla Costituzione italiana, con un cambio netto della politica estera, dei suoi principi e dei suoi interessi, sancendolo attraverso l'art.11, in cui l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Sancendo, inoltre, il consenso per cedere parte della propria sovranità in favore delle OI. Inoltre, l'articolo78 in cui si definisce che Le Camere deliberano lo stato di guerra e l'articolo 87 che definisce che è il Presidente della Repubblica ad avere il comando delle Forze armate e presiede il Consiglio supremo di difesa.
Pesi e contrappesi per il mantenimento delle istituzioni. Nel periodo della prima repubblica la politica estera fu di basso profilo, dopo la disfatta fascista, per riconquistare la credibilità internazionale, ponendosi all'interno della tensione tra mondo libero e mondo comunista, conflitto che annullava la discussione sugli interessi propriamente nazionali. Nel frattempo, s'imponeva un'impostazione post-nazionale degli interessi, essendo figura chiave dell'integrazione europea. Le nuove forze politiche dominanti avevano come denominatore politico l'avversione al nazionalismo come fattore che condusse alla guerra e le due correnti maggiori furono quella marxista e quella cattolica, entrambi che individuavano interessi nazionali differenti.
Gli interessi nazionali, infatti, non sono normati nella costituzione, così da lasciare libera interpretazione degli interessi nazionali all'esecutivo. Dalla prima Repubblica in poi si viene a delineare il perimetro della politica estera italiana che è definito dei 3 cerchi: Alleanza atlantica, Europa e il Mediterraneo con il Terzo mondo e ultimamente anche nell'area balcanica. L'Italia ha avuto, infatti, prima un approccio atlantico e poi uno molto più lento in Europa, attraverso il processo d'integrazione europea, che inizia molto lentamente nel '51 con la CECA. Inoltre, la politica estera italiana, oltre a rispondere all'immagine dei 3 cerchi, risponde anche all'immagine delle due direttrici: una continentale e una marittima. Fino alla caduta del muro di Berlino l'Italia viveva la propria politica estera con discreta libertà grazie all'enorme presenza comunista nel Paese, che assicurava un pieno sostegno americano in.chiave anticomunista, in cambio di basi militari. Finita la guerra fredda, però, la libertà a Sud e soprattutto ad Est si sono notevolmente ridotte, sia a causa della cessione di sovranità alle autorità europee, sia perché la NATO tutta chiedeva maggiori contributi da parte dell'Italia, vista la fine della minaccia sovietica. Inoltre, entrava a gamba tesa anche il fenomeno della globalizzazione costringendo il sistema politico a un'enorme ristrutturazione del modello politico-economico che non avvenne completamente e che rischia di far trovare l'Italia sì tra i vincitori della guerra fredda ma tra i perdenti della globalizzazione.
In Italia si sono delineate due tipi di politica estera che variano in base all'esecutivo capo o alle parti di potere all'interno del governo e che definiscono l'incertezza della posizione italiana all'interno delle alleanze e degli allineamenti interni: quella del centro-destra
La politica estera del centro-sinistra è un approccio democratico/internazionalista basato sul multilateralismo, Euro-fanatismo e atlantismo critico e forte pressione e importanza verso le istituzioni internazionali. L'approccio diplomatico e militare non è mai diretto ma attraverso OI e missioni umanitarie e punta ad aprire equella del centro-sinistra.
La politica estera del centro-destra è un approccio nazionalista/conservatore centrato su una nuova idea di bilateralismo aggressivo e basato su un forte atlantismo e un forte Euro-scetticismo; un forte attivismo diplomatico e militare, come nel caso Bosnia e Somalia e partecipazione alla coalizione USA contro la lotta al terrorismo, ma soprattutto la forte attenzione posta sul bilateralismo eccentrico con Russia e le questioni Israele e Libia. Le politiche estere del centro-destra pongono quindi in tensione i due cerchi interni della politica estera italiana, ossia quello dell'alleanza atlantica e dell'unita europea.
contatti bilaterali di dialogo anche con gli Stati più ostili, soprattutto agli USA, come la Corea del Nord, l'Iran. Enorme importanza viene data al mondo Medio Orientale e alla Cina, ma anche all'India. Tra il 2005 e il 2015 si ha un approccio post-ideologico alla politica estera con la sovrapposizione delle due visioni e che viene presentata come pragmatica e che trascende le vecchie ideologie destra-sinistra ed è molto tecnica e basata sul problem solving, secondo il modello liberale ossia il modello organizzativo. Molto legate all'immagine dei 3 cerchi ma sempre più importanti si fanno le questioni energetiche, per questo si presenta una politica estera economica più forte che porta a discontinuità dei rapporti con gli alleati tradizionali a causa dei legami con il Medio Oriente. Dalla fine della guerra fredda ci sono stati tre grandi interpretazioni della politica estera italiana: Il sistema eterodiretto, teorizzato da Rosenau e Panebianco.secondo cui l'Italia, perso il suo ruolo strategico durante la crisi adesso è costretta a vivere la politica estera in modo passivo e guidata da interessi e influenze straniere dei Paesi alleati, questo amplificato anche dal totale disinteresse della nuova politica delineatasi dal 2015 ad oggi alla politica estera.
Il gioco su due livelli, teorizzato da Putnam e Isernia, secondo cui l'Italia dovrebbe giocare in modo strategico e bilaterale su più tavoli, tralasciando le questioni ideologiche e politiche ma affermando una logica mercantilistica per sopperire alle carenze strutturali del proprio sistema.
Il sistema del vincolo esterno, teorizzato da Guido Carli e Diodano, secondo cui l'Italia ha bisogno di una nuova ancora terminata la guerra fredda attraverso cui mantenere la propria posizione all'interno dello scacchiere internazionale e utilizzare il supporto esterno sia per scegliere un modello di modernizzazione che sia supportato e finanziato.
accompagnandoloinsieme; sia per evitare invasioni popolari e ideologiche nelle scelte in politica estera. L'Italia, deve soprattutto far fronte al declino di cui è succube e che rischia di far scivolarel'Italia tra le potenze medie e non tra le teste di serie dello scacchiere internazionale. Come già visto in precedenza l'italia basa tanto del suo potere sulla diplomazia e non viceversa, grazie alla politica della sede e della sedia, nonostante ciò il ruolo che ricopre all'interno delle IO è si una presenza complessiva in tutte le maggiore IO e a tutti i livelli gerarchici, ma il numero totale dei funzionari si è ridotto quasi del 2% dal 2008 ad oggi. Mentre si rafforzano leggermente le posizioni totali nell'ONU e nelle altre organizzazioni internazionali di tipo economiche e militare, le posizioni apicali scendono notevolemente sia nella istituzione comunitarie dell'UE sia in quelle internazionali, in cui abbiam perso.granparte delle posizioni al vertice delle istituzioni, comprese quelle in cui la presenza italiana era storica. Ad oggi, l'immagine delle due direttrici non è più di grande rilevanza ma sempre maggiore importanza la ricopre quella delle 4 direttrici, ossia transatlantica, europea/continentale, mediterranea e balcanica e alle 4 direttrici vengono accompagnati i 3 assi della politica estera, ossia la diplomazia della crescita, l'impegno nell'integrazione e nel progetto dell'Unione europea e l'impegno nella crisi mediterranea, con particolare attenzione non più solo alla Libia ma anche all'Egitto. Queste nuove posizioni vengono assunte quando nel 2010 si riforma il MAE e la politica estera italiana viene riformata. Avvengono, infatti, 3 grandi cambiamenti: l'Italia passa da essere consumatore di sicurezza a produttore di sicurezza, ossia decide di assumere ruolo protagonista nella propria sicurezza senza affidarsi completamente ad.attori stranieri; passare a un campo d'azione diretto alla dimensione globale e globalizzata e la riforma del MAE
i tre macro-settori tematici della politica estera italiana sono quindi:
Riguardo alla sicurezza i temi principali sono la sicurezza energetica, l'attenzione alla non-proliferazione, soprattutto nelle zone calde (come l'Iran), il terrorismo e l'ambiente, a cui si aggiunge anche una particolare attenzione all'immigrazione.
Riguardo l'attenzione al progetto europeo l'Italia punta a valorizzare l'economia, il benessere e la crescita europea oltre al principio della legalità, oltre a puntare a una politica immigratoria comune. Inoltre, dedica molta importanza al progetto di cooperazione strutturata in tema di sicurezza e d'interventi militari congiunta, con lo sviluppo di una vera e propria sicurezza collettiva.
Per quanto riguarda invece la proiezione all'estero del sistema-Paese grossa rilevanza la hanno gli attori non statali.
attraverso una maggiore attenzione al raccordo con il Paese non governativo, soprattutto l'industria Made in Italy e qu