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CAPITOLO 10: CRESCITA: I FATTI PRINCIPALI
1. Come si misura il tenore di vita
La ragione per cui ci si preoccupa della crescita è l’interesse per il tenore di vita, concentrandosi sulla
variabile prodotto pro capite invece che sulla produzione aggregata. Come si confronta il prodotto pro capite
tra paesi? Una soluzione potrebbe essere usare i tassi di cambio, metodo che però non funziona per due
motivi: a) innanzitutto i tassi di cambio possono variare molto b) la seconda ragione è che in generale quanto
minore è il livello del prodotto pro capite di un paese, tanto minori saranno i prezzi dei beni alimentari e dei
servizi essenziali in quel paese. Quando si vuole confrontare il tenore di vita, il principio di costruzione è
semplice: si usa un insieme comune di prezzi per misurare le quantità di beni e servizi simili prodotti in
ciascuna economia. Questi dati aggiustati del Pil reale, misure del potere di acquisto nel corso del tempo o
in paesi diversi, prendono il nome di dati in parità dei poteri di acquisto. Si conclude con tre osservazioni: 1)
ciò che conta per il benessere delle persone è il loro livello di consumo e non il reddito. Per questo è meglio
usare il consumo pro capite al posto del prodotto pro capite come misura del tenore di vita 2) pensando al
lato della produzione, la misura appropriata è il prodotto per addetto; prodotto pro capite e prodotto per
addetto sono diversi nella misura in cui il rapporto tra il numero di lavoratori rispetto alla popolazione è
diverso tra paesi 3) la ragione per la quale si è interessati al tenore di vita è che interessa la felicità degli
individui. Ci si chiede se un più alto tenore di vita sia associato a una maggiore felicità.
4. Un modello per pensare alla crescita
Per studiare la crescita, si utilizza uno schema logico originariamente sviluppato da Robert Solow.
4.1. La funzione di produzione aggregata
Il punto di partenza nella formulazione di una teoria della crescita deve essere una funzione di produzione
aggregata, che specifichi la relazione tra produzione aggregata e input produttivi. Si assume l’esistenza di
due input, capitale e lavoro, e che la relazione tra produzione aggregata e questi due input sia: Y = F(K, N)
Y è la produzione aggregata, K è il capitale, N è il lavoro; F ci dice quanto prodotto è ottenuto per date
quantità di lavoro e capitale, ed è detta funzione di produzione aggregata. Ciò che determina quanto
prodotto può essere ottenuto per date quantità di capitale e lavoro, è lo stato della tecnologia: un paese con
tecnologia più avanzata produrrà di più rispetto ad uno con tecnologia arretrata.
4.2. Rendimenti di scala e rendimenti dei fattori
in cui si raddoppia sia il numero di lavoratori sia l’ammontare di capitale
Si considera un esperimento teorico
nell’economia; si suppone che anche la produzione raddoppi, per la proprietà dei rendimenti di scala
costanti: raddoppiando la scala di produzione anche il prodotto raddoppia: 2Y = F(2K, 2N)
Più in generale, per ogni x: xY = F(xK, xN)
Ora, cosa si deve ipotizzare quando un solo fattore produttivo viene aumentato? La produzione aumenta,
ma aumenti di capitale identici comporteranno aumenti di prodotto tanto minori quanto più elevato è il livello
del capitale stesso: se all’inizio il capitale è poco una piccola aggiunta avrà grande effetto, se è elevato una
piccola aggiunta farà poca differenza. La proprietà secondo la quale aumenti di capitale generano, dato il
lavorto, aumenti di prodotto tanto minori quanto maggiore è il livello di capitale è quella dei rendimenti
decrescenti del capitale. Analoga proprietà vale per il lavoro: aumenti della quantità di lavoro, dato il capitale,
generano incrementi di prodotto tanto minori quanto maggiore è la quantità di lavoro già impiegata. Questa
proprietà è detta dei rendimenti crescenti del lavoro.
4.3. Prodotto e capitale per occupato
La funzione di produzione e le due proprietà comportano una relazione tra prodotto per occupato e capitale
per occupato. Si pone x = 1/N, cosicché: Y / N = F(K/N , N/N) = F(K/N , 1).
Y / N è il prodotto per occupato, K / N è il capitale per occupato,e l’equazione dice che la quantità di prodotto
per occupato dipende dalla quantità di capitale per occupato. La relazione tra i due è una curva decrescente:
all’aumentare del capitale per occupato, anche il prodotto per occupato aumenta. Ulteriori aumenti di
capitale provocano aumenti sempre minori di prodotto, a causa della proprietà di rendimenti decrescenti del
capitale.
4.4. Le fonti di crescita
Ora da cosa è generata la crescita? Perché il prodotto per occupato aumenta nel corso del tempo?
Semplice: 1) gli aumenti del prodotto per occupato (Y/N) derivano da aumenti del capitale per occupato
All’aumentare
(K/N). di K/N, aumenta Y/N 2) gli aumenti del prodotto per occupato (Y/N) possono derivare
anche da miglioramenti dello stato della tecnologia, che sposta la funzione di produzione F e premette di
ottenere una maggior quantità di prodotto per occupato con lo stesso capitale per occupato. Si può quindi
pensare che le fonti della crescita siano costituite dall’accumulazione di capitale e/o dal progresso
tecnologico, fattori che hanno ruoli diversi nel processo di crescita 3) l’accumulazione di capitale da sola non
può sostenere la crescita: a un certo punto la società non sarà più disposta a risparmiare abbastanza per
aumentare il capitale, e il prodotto per occupato smetterà di crescere. Ciò implica che il tasso di risparmio
dell’economia non sia irrilevante: un maggior tasso di risparmio non può sostenere in modo permanente un
maggior tasso di crescita della produzione, ma può sostenere un maggior livello di produzione. 4) una
che portano all’aumento
crescita sostenuta richiede un progresso tecnologico sostenuto: poiché i due fattori
della produzione sono l’accumulazione di capitale e il progresso tecnologico, se l’accumulazione di capitale
non può sostenere la crescita per sempre, la crescita deve derivare dal progresso tecnologico. Questo
lungo periodo un’economia con elevato e sostenuto tasso di progresso tecnologico finirà
significa che nel
per superare le altre.
CAPITOLO 14: LE ASPETTATIVE: NOZIONI DI BASE
1. Tassi di interesse nominali e reali
Introduciamo la distinzione tra tasso di interesse nominale e tasso di interesse reale: 1) il tasso di interesse
in termini di euro è detto tasso di interesse nominale: se il tasso di interesse nominale per l’anno t è i t
prendere a prestito un euro nell’anno t comporta il pagamento di (1 + i ) euro l’anno successivo 2) il tasso di
t
interesse espresso in termini di beni è detto tasso di interesse reale: se indichiamo il tasso di interesse reale
per l’anno t con r , allora prendere a prestito l’equivalente di un bene nell’anno t comporta il pagamento
t
dell’equivalente ) beni nell’anno successivo.
di (1 + r t
Qual è la relazione tra i due tassi? Si suppone che nell’economia ci sia un solo bene, e si indica il tasso di
, e che il prezzo di un chilo del bene quest’anno sia P
interesse nominale a un anno con i euro. Se i è il
t t t
dollari, l’anno prossimo dovremo ripagare
tasso di interesse nominale a un anno e se prendiamo a prestito P
t et+1
euro. L’ultimo passo richiede la conversione degli euro in kg di bene: sia P
(1 + i )P il prezzo del pane che
t t prossimo, quanto ci si aspetta di ripagare il prossimo anno in termini di kg di
ci si aspetta prevarrà l’anno et+1
pane è (1 + i )P diviso per P , cioè si ottiene che il tasso di interesse reale a un anno è dato da:
t t et+1
≡
1 + r (1 + i ) P / P
t t t e
Si indica l’inflazione attesa tra t e t + 1 con Π , e il tasso atteso di inflazione è definito come la variazione
t
attesa del prezzo in euro del bene tra quest’anno e il prossimo, divisa per il prezzo del bene quest’anno:
et+1 et+1
Π ≡ –
(P P ) / P
t t et+1 et et
nell’equazione come 1/(1 + Π ) / (1 + Π
Possiamo scrivere P P ), ottenendo: 1 + r = (1 + i )
t / t t
Uno più il tasso di interesse reale è uguale a uno più il tasso di interesse nominale diviso per uno più il tasso
di inflazione attesa, che è relazione esatta tra tasso di interesse reale, tasso di interesse nominale e
inflazione attesa. Quando il tasso nominale e il tasso di inflazione atteso non sono troppo grandi, su può
et
≈ Π
approssimare con: r i -
t l’inflazione attesa. Quando
Il tasso di interesse reale è uguale al tasso di interesse nominale meno
l’inflazione attesa è uguale a zero, tasso di interesse reale e nominale sono uguali, il tasso reale è < del
tasso nominale, e più è elevato il tasso di inflazione atteso, minore è il tasso di interesse reale. In definitiva,
comunque sostituire nell’equazione il prezzo del bene con il livello dei prezzi (prezzo medio dei beni).
basta
2. Tassi di interesse nominali e reali e modello IS-LM
il tasso di interesse subentra in due punti: influenzando l’investimento
Nel modello IS-LM nella curva IS e
incidendo sulla scelta tra moneta e titoli nella curva LM. Si tratta di tasso nominale o reale?
Si considera la curva IS: nel decidere l’ammontare di un investimento, le imprese sono interessate al tasso
nella IS indicato con r. L’equazione della curva IS può quindi riscriversi
di interesse reale che appare quindi
–
come: Y = C(Y T) + I(Y, r) + G
La spesa per investimenti e quindi la domanda di beni dipende dal tasso di interesse reale.
Si considera la curva LM, riferita al tasso di interesse nominale e quindi ancora data da: M / P = YL(i)
et
Π
Considerando anche il tasso di interesse reale r = i - , si ha che: a) il tasso di interesse direttamente
t
influenzato dalla politica monetaria (LM) è quello nominale b) il tasso di interesse che influenza la spesa e la
produzione (IS) è quello reale c) gli effetti della politica monetaria sulla produzione dipendono dal modo in
cui le variazioni del tasso di interesse nominale si ripercuotono in variazioni del tasso di interesse reale.
3. Crescita della moneta, inflazione, tassi di interesse nominali e reali
Una maggiore crescita della moneta fa diminuire i tassi di interesse nominali nel breve periodo, ma nel
medio periodo li fa aumentare. Una maggior crescita della moneta fa aumentare i tassi di interesse reali nel
breve periodo, ma nel medio periodo non li influenza.
3.1. Il