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PIRANDELLO E LA POLITICA
Contraddittorio è anche il suo rapporto con il fascismo. Egli non è un fascista ma nel 1924 si iscrive al
partito per vivere, per lavorare e x non essere perseguitato. Egli prende la tessera del partito dopo il
Delitto Matteotti, quindi aderisce al fascismo nel momento in cui questo manifesta il suo volto più violento.
Nel '29 viene nominato accademico d'Italia, quindi ottiene questo grande riconoscimento dal regime
sebbene il suo comportamento nel suoi confronti sia fortemente distaccato.
Da alcuni rapporti dell'OVRA (polizia segreta fascista) che osserva Pirandello risulterà che egli spesso,
soprattutto ad est, critica il regime.
Per cui l'OVRA scriverà che Pirandello ha la tessera del partito nella tasca ma non ha il partito nel cuore.
Negli ultimi anni della sua vita è afflitto da amarezze; nonostante i successi egli si sente solo, triste,
malinconico, angosciato.
Nel 1936 è impegnato nell'assistere alle imprese della trasposizione cinematografica del suo romanzo “Il
fu Mattia Pascal” a Cinecittà, egli si ammala di polmonite e muore nella sua casa romana.
Lascia delle disposizioni testamentarie in cui chiede di avere un funerale insignificante, di essere nudo in
una bara di prim'ordine, senza corteo funebre, e di essere bruciato e che le sue ceneri vengano sparse nel
nulla perchè nulla rimanga di lui. (questo esprime la sua amarezza, la sua angoscia).
POETICA DI PIRANDELLO
La sua opera è caratterizzata da elementi estremamente importanti.
Nella prefazione a “Sei personaggi in cerca d'autore” egli sintetizza i motivi fondamentali della sua
opera in 3 nuclei fondamentali:
• L'inganno della comprensione reciproca fondata sulla vuota astrazione delle parole. (tema
dell'incomunicabilità, gli uomini sono abituati a parlare però non si comprendono).
• Molteplice personalità di ognuno, perchè in ognuno di noi si trovano innumerevoli possibilità
d'essere (assistiamo alla frantumazione dell'io)
• il conflitto immanente tra la vita che di continuo si muove e cambia e la forma che la fissa,
immutabile
Pirandello si ispira alle filosofie vitalistiche del primo '900 per cui egli percepisce la vita come un flusso
di energia spontaneo, profondo, che le convenzioni sociali ci obbligano a portare in “forme” fittizie e
superficiali, ossia i ruoli che l'individuo ha nella società (insegnante, adulto, madre) e che comportano
doveri, abitudini.
Spesso questi ruoli ci fanno soffrire perchè gli altri ci vedono diversi da come noi vorremmo essere visti per
cui ci vedono diversamente dal ruolo che noi ci siamo costruiti (ciò significa che i ruoli non sempre
rispecchiano la nostra vera personalità).
Secondo Pirandello noi siamo maschere che passano in un soffio per lasciare il posto ad altre.
Gli uomini sono soffocati dalle convenzioni, dalle regole e quando a volte il flusso violento dei loro
desideri straripa, tutto sfocia in tragedia perchè l'ordine e l'esistenza si interrompono. Quindi chi si
abbandona alle proprie passioni e lascia straripare la propria energia vitale finisce x essere giudicato
pazzo.
Chi tenta di liberarsi dalla finzione e di mettere a nudo il proprio volto alla fine deve arrendersi perchè
l'identità dell'uomo è inscindibile dalla maschera che indossa – quindi nessuno può mai mostrare la
sua vera natura.
Ma se la vita è un'energia che fluisce e che viene vitalizzata dalla forme, quante forme possiamo
ottenere? In quante forme può essere espressa l'unica energia vitale?
Dentro di noi convivono più anime, diverse, opposte, più personalità.
Se non possiamo rivelare e conoscere la verità di noi stessi, e quindi non possiamo rivelare e conoscere la
nostra vera identità, come possiamo conoscere la verità su ciò che ci circonda? Un INTERROGATIVO
PIRANDELLIANO che porta Pirandello al RELATIVISMO CONOSCITIVO secondo cui non esiste una
verità assoluta, il mondo esterno non lo si può conoscere e non vi è una realtà uguale per tutti.
Gli uomini sono condannati al contrasto tra la vita e la forma, a questo relativismo conoscitivo,
all'angoscia, all'estraneità reciproca perchè noi ci parliamo ma le parole non servono a niente, le
parole alludono a varie cose, per cui spesso noi parliamo ma non ci comprendiamo. Secondo Pirandello gli
uomini non riescono a comunicare, credono di comprendersi ma in realtà non si comprendono mai.
Pirandello è consapevole che esprimere queste idee significa contrapporsi alle tradizionali concezioni
dell'arte e nel suo saggio “L’UMORISMO” del 1908 egli prende le distanze dalle poetiche veriste e
decadenti e si contrappone anche all'idea di Croce (della poesia vista come intuizione pura).
Egli in questo saggio definisce le caratteristiche dello scrittore umoristico perchè egli stesso si ritiene
tale. Questo tipo di scrittore, secondo Pirandello, è “colui che è in grado di far interagire la fiamma
del sentimento e l'acqua ghiaccia della riflessione”. L'accostamento di questi 2 atteggiamenti
opposti serve a mettere a nudo le incongruenze dell'esperienza quotidiana.
Per cui l'umorista crea opere dissonanti, scomposte, stridenti, che mettono in discussione i meccanismi
del senso comune.
Egli differenzia il comico dall'umoristico. Sostiene che:
• comico è ciò che fa ridere, mentre
• l’umorismo si ha quando al comico subentra la riflessione
Pirandello fa l'esempio di una vecchia signora che si veste come una giovane ragazza: il colore dei capelli
è vistoso, si trucca in maniera esagerata e, a vederla, uno spettatore ha una reazione comica, ma è solo il
primo impatto perché se alla comicità subentra la riflessione abbiamo l'umorismo, il sentimento del
contrario.
Questa donna finge di essere più giovane della sua età per tenere vicino a se il marito che è molto più
giovane di lei e a questo punto la riflessione ci porta alla commozione e alla pietà nei suoi confronti.
Comico e umoristico sono quindi sentimenti in contrapposizione: nel momento in cui si riflette sulla
condizione della vecchia signora non si ride più e si coglie questo sentimento del contrario.
Ciò che è comico è ciò che ci fa ridere, ma se riflettiamo su quello che fa ridere si coglie l'assurdità e ciò
che si nasconde dietro all'apparenza.
Pirandello si ritiene un poeta umorista per cui l'umorismo caratterizzerà alcune delle sue opere.
Secondo lui, l'umorista non si può abbandonare a un sentimento senza avvertire dentro
qualcosa che lo turba, che lo sconcerta e lo insospettisce – questo sentimento è appunto il sentimento
del contrario.
Egli definisce questo sentimento del contrario come un “misto di riso e pianto di disprezzo e compassione
di fronte a quella che è la pena di vivere”.
PRODUZIONE NARRATIVA DI PIRANDELLO
Dall'inizio della sua carriera fino a pochi anni prima della sua morte, egli compone circa 225 novelle che
raccoglie a partire dal 1923 in un unica opera dal titolo “NOVELLE PER UN ANNO”.
Pirandello cala le sue idee sulla vita e sull'arte in questa grandissima varietà di personaggi e di storie
per cui le sue novelle rappresentano un immenso repertorio di temi, di tipi umani, di soluzioni
narrative che spesso egli poi riprenderà nei suoi romanzi o nelle opere teatrali.
Pirandello inizialmente subisce l'influenza di Verga, però pur ispirandosi al verismo, fin da subito nelle
sue novelle è evidente l'interesse che egli manifesta nella rappresentazione dell'assurdità della vita.
Successivamente si allontanerà sempre più dal verismo dando vita alla sua NARRATIVA UMORISTICA.
Per alcuni versi produrrà anche delle novelle fortemente surrealiste (“Il treno ha fischiato”) .
Le prime novelle sono ambientate in Sicilia poi ne ambienta molte anche sullo sfondo borghese. Per
quanto riguarda i PERSONAGGI: i protagonisti delle sue opere sono le persone scontente, forse le più
scontente del mondo, afflitte da strani mali. In realtà i veri protagonisti delle novelle pirandelliane sono
uomini oppressi dalla crudeltà del destino, dalle convenzioni sociali; diverso è il modo di reagire ai
vari problemi, alcuni si chiamano dal gioco della vita (guardano dall'esterno dalla propria vita, ne
denunciano le finzioni con l'ironia) altri si abbandonano all'evasione o a comportamenti violenti e
incontrollati tra cui interviene il delitto, il suicidio, la pazzia.
Pirandello rappresenta tutte le devianze psicologiche dell'umanità e per farlo si avvale dell'ironia, di toni
grotteschi, e nelle sue novelle incalza continuamente il lettore per esclamazioni, lo coinvolge nelle
avventure dei personaggi e lo tiene in sospeso sugli sviluppi e sul significato della storia fino alla fine della
storia.
Altrettanto grottesco è anche il mondo che lui rappresenta nei romanzi.
“L'ESCLUSA” - 1911 – è il primo romanzo, è un opera minore che risente dell'influenza verista.
Racconta la storia di una donna sposata scacciata di casa perchè ingiustamente accusata di infedeltà;
essendo in una condizione di disperazione, infine veramente tradisce il marito, ma viene riammessa e
riabilitata. La situazione descritta è paradossale: la donna è accusata ingiustamente di adulterio e viene
allontanata ma quando veramente è infedele viene perdonata e riammessa in famiglia.
“IL FU MATTIA PASCAL” 1904 – questo è il primo romanzo umoristico di Pirandello che dapprima
appare a puntate sulla rivista "Nuova Antologia" nel 1904 e in seguito pubblicato, nello stesso anno, in
volume.
Pirandello rappresenta la crisi dell'identità dell'individuo del 1° '900.
Rinnega la tradizione letteraria italiana e si avvicina ai grandi autori della letteratura europea.
La storia è narrata in prima persona dal protagonista Mattia Pascal. E’ ambientata a Miragno, un
immaginario paesino ligure dove il padre ha lasciato in eredità alla moglie e ai due figli una discreta
fortuna.
In questo paesino Mattia Pascal lavora come bibliotecario ma è oppresso dalle prepotenze della moglie e
dalla suocera per cui la sua è una vita angosciata, frustata e triste.
Colto da un momento di sconforto egli scappa e si reca a Montecarlo dove gioca al casinò e vince un
ingente somma di denaro. Mentre è in treno legge per caso su un giornale la notizia della sua presunta
morte: a Miragno è stato ritrovato nella roggia di un mulino il cadavere di un uomo identificato c