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LA POETICA
L’elaborazione di questa poetica va dal 1904 ( premesse de’ al 1908.
Il fu Mattia Pascal)
Dalla visione del mondo scaturisce la poetica di Pirandello, enunciata nel testo chiave de’
“L’umorismo” (1908).
L’umorismo viene visto come caratteristica perenne dell’arte esistente fin dall’antica Grecia. Ma
nelle due premesse de’Il fu Mattia Pascal, esso è collegato alla modernità e, specialmente, alla
scoperta di Copernico ( relativismo).
Caratteristiche:
Disarmonico, difforme, ridicolo, grottesco, non ha un ordine
Strutture aperte
Linguaggio quotidiano
Rifiuto del Sublime
Destituzione dell’io, visto come insieme di spinte contrastanti
Cerebralismo: riflessione amara, ironica, paradossale. La riflessione scompone la realtà e
mette in luce la vita al di là della forma.
Rifiuto dell’arte classica, romantica, decadente
“dal
L’opera d’arte, secondo Pirandello, nasce libero movimento della vita interiore”; la riflessione
al momento della concezione resta invisibile. Nell’opera d’arte umoristica la riflessione non si
nasconde, non è una forma del sentimento, ma si pone dinanzi ad esso come giudice, lo analizza e
“il
lo scompone. Di qui nasce sentimento del contrario”, tratto caratterizzante dell’umorismo
pirandelliano. Lo scrittore propone a tal proposito un esempio (cfr Luperini T2 pp. 656-7 ).
La riflessione nell’arte umoristica coglie il carattere molteplice e contraddittorio della realtà,
permette di vederla da prospettive diverse contemporaneamente. Se coglie il ridicolo di una
persona, di un fatto, ne individua anche il fondo dolente, di umana sofferenza e lo guarda con pietà;
viceversa, se si trova davanti al tragico non può evitare di fare emergere anche il ridicolo. In una
realtà multiforme comico e tragico vanno sempre insieme: il comico come l’ombra che non può
mai essere disgiunta dal corpo del tragico.
“fuori
L’arte umoristica è un’arte chiave”, cioè disarmonica, piena di dissonanze, in cui ogni
pensiero genera sempre contemporaneamente il suo opposto. E’ un’arte che non costruisce
immagini armoniche, unitarie e ordinate del mondo, ma tende a scomporre e disgregare, a fare
emergere stridori e contrasti.
Si tratta dell’arte moderna per eccellenza perché riflette la visione di un mondo non più ordinato ma
frantumato, in cui non vi sono più prospettive privilegiate, ma solo ambiguità e contraddizioni. Le
opere di Pirandello sono tutte umoristiche perchè tragico e comico sono mescolati, non emerge
alcuna visione armonica del reale, ma solo il senso di un mondo frantumato e polivalente.
IL TEATRO DI PIRANDELLO
Nel teatro Pirandello trova la forma espressiva più adatta per dare forza alla sua visione della realtà.
(“ Il teatro è lo specchio della vita”). Pirandello opera una vera e propria rivoluzione teatrale. Il suo
modello tragico è Manzoni, che è un rivoluzionario del teatro. Egli si oppone al teatro di Racine e di
Alfieri sovvertendo le unità aristoteliche di tempo e spazio, troppo artificiose. Mentre Manzoni dà
‘cantuccio
un taglio storico alle sue opere e trasforma il coro in un di idee personali’, Pirandello dà
un taglio sociale ( parla specialmente della borghesia),
“vita” “forma”,
Il contrasto tra e realtà e finzione, persona e personaggio o maschera (Luperini
p.653) acquista sulla scena un’evidenza straordinaria. Il teatro è infatti la forma di rappresentazione
artistica che più tende al realismo (cose, persone e fatti si presentano direttamente davanti agli
occhi), ma è anche quella che presenta il più alto grado di artificio (tutto quello che vediamo è un
inganno). Pirandello esalta questa ambiguità e la fa esplodere per indagare le ambiguità della vita
(cfr on line 36)
GLI ESORDI
L’interesse di Pirandello per il teatro ha radici lontane, che risalgono agli Novanta, ma i testi scritti
in questo periodo non vengono rappresentati sulla scena. Solo nel 1910 viene rappresentato Lumìe
ma è dal 1915 che ha inizio una continuativa attività teatrale. La vera storia del teatro
di Sicilia,
pirandelliano, infatti, comincia con (1916).
All’uscita
Fra il 1915 e il 1916 Pirandello scrive vari testi in dialetto, destinati alla compagnia del famoso
attore siciliano Angelo Musco; compone inoltre testi in lingua, rivolti a un pubblico nazionale,
talora traducendo i testi originali siciliani.
“GROTTESCO” pp. 696-697.
IL TEATRO DEL “Una
Nel 1920 Pirandello fornisce del grottesco una definizione chiara e pregnante: farsa che
includa nella medesima rappresentazione della tragedia la parodia e la caricatura di essa, ma non
come elementi soprammessi, bensì come proiezione d’ombra del suo stesso corpo, goffe ombre di
un gesto tragico”. La definizione risponde perfettamente a quella data dell’umorismo nel 1908.
Il grottesco non è che la forma assunta dall’arte umoristica sulla scena ( interscambio tra
produzione narrativa e teatrale), è la risposta ad un teatro privo di senso.
Al teatro grottesco, unione di tragico e comico, appartengono: Il berretto a sonagli, Così è ( se vi
pare), Il giuoco delle parti, Il piacere dell’onestà.
Dal 1916 si afferma decisamente sulla scena pirandelliana il teatro grottesco. Esso tende a mostrare
l’assurdo, che è dovuto al relativismo assoluto.
Il contesto teatrale all’interno del quale Pirandello viene ad inserirsi è quello del dramma borghese
di impianto naturalistico, che si incentra sui problemi della famiglia e del denaro, vale a dire
sull’adulterio e sulle difficoltà economiche. Si tratta di un dramma serio che spesso indulge
all’enfasi, al sentimentalismo e che si fonda sulla verosimiglianza, sulla riproduzione fedele della
vita quotidiana, sulla proposizione fedele di personaggi a tutto tondo, su uno psicologismo che ha
come presupposto la rigida consequenzialità di causa ed effetto propria del determinismo
naturalistico.
Pirandello apparentemente riprende questi temi, ma porta la logica delle convenzioni borghesi alle
estreme conseguenze fino a farla esplodere dall’interno. I ruoli imposti dalla società borghese
vengono assunti con estremo rigore sino a giungere al paradosso e all’assurdo, smascherandoli nella
loro inconsistenza. Con il teatro grottesco Pirandello sconvolge i due capisaldi del teatro borghese
naturalistico, la verosimiglianza e la psicologia. Gli spettatori non hanno l’illusione di trovarsi di
1
fronte a un mondo naturale, ma vedono un mondo stravolto, ridotto alla parodia e all’assurdo, in cui
i casi della vita normale sono forzati all’estremo, assumendo una fisionomia stranita, artificiosa,
meccanica che lascia sconcertati. I personaggi non sono caratteri dalla psicologia coerente e
unitaria, ma personaggi scissi, sdoppiati, contraddittori, irrigiditi, trasformati in marionette.
(1916) Il vecchio professor Toti, che non ha potuto farsi la famiglia a causa
Pensaci, Giacomino!
del suo magro stipendio statale, decide di vendicarsi sposando una donna giovanissima, in modo da
costringere lo Stato a pagarle per molti anni la pensione. Mette anche nel conto il tradimento, anzi
arriva a favorire il legame della ragazza con il giovane Giacomo, suo allievo, ma afferma che le
protuberanze ossee non andranno in testa a lui, bensì alla parte che recita, alla professione di marito.
In (1917) Pirandello porta in scena il relativismo assoluto, che contesta una volta
Così è (se vi pare)
per tutte la pretesa di definire una realtà assoluta. Cfr Luperini p.697
Giovanni Macchia in la commedia è bipartita, lo si evince anche dal titolo.
La camera della tortura:
“così
Da una parte c’è il è”, che presenta le caratteristiche della vecchia commedia borghese, in cui
c’è diritto ad una verità assoluta. Rappresenta una vita sicura, tranquilla, in cui tutto deve essere
“se
capito. Ma dall’altra parte c’è il vi pare”, il disordine che concede il beneficio del dubbio e
mette in crisi una società desiderosa di verità che indaga martirizzando il personaggio. Si crea un
“camera
palcoscenico tra persecutori e indiziati che non si conclude con una vittoria ( questa è la
della tortura”). Laudisi smaschera le pretese di verità oggettiva della comunità. Emblematica è la
sua tipica risata umoristica di irrisione mista a pietà. Egli ha capito il gioco, accetta il nulla
dell’identità e l’impossibilità di raggiungere la verità ( la Signora Ponza compare sulla scena
‘velata’ perché la verità è oscura, non ha volto).
(1918) Leone Gala, che è separato dalla moglie e mostra di guardare con
Il giuoco delle parti
filosofica indifferenza la relazione di lei con Guido Venanzi, accetta di fare la sua parte di marito
sfidando a duello un giovane che l’ha offesa, ma poi rifiuta di battersi, lasciando il compito
all’amante. Il dramma, come ha messo in rilievo Gigi Livio, è il capolavoro del teatro pirandelliano
“grottesco”.
del periodo L’opera infatti, nella sua essenzialità scarna, si offre come un vero e
proprio manifesto del grottesco pirandelliano, una dichiarazione di poetica che prende corpo in
personaggi ed azioni. Lo scambio di parti tra il marito tradito e l’amante, nel duello inteso a
difendere l’onore della moglie, è un meccanismo bizzarro, che suscita la sorpresa divertita. La
“serio”,
commedia pirandelliana riprende il dramma borghese tradizionalmente incentrato sul
motivo dell’adulterio, e lo riduce ad un meccanismo vuoto e paradossale. I personaggi diventano
marionette che soffrono e perciò sono guardate con irrisione ma anche con dolente pietà. La farsa
dello scambio tra marito e amante assume un carattere serio sofferto e si colora di tragedia con la
morte di Venanzi, che getta un’ombra cupa sul finale dell’ultimo atto.
In realtà recensori e pubblico non sono preparati a queste novità del teatro pirandelliano e ne restano
sbalorditi. Inizialmente il teatro pirandelliano ha scarso successo di pubblico. Il carattere
rivoluzionario di un simile teatro, la carica di contestazione della sua arte vengono colti da un solo
“Luigi
recensore, Antonio Gramsci, che nel 1917 scrive sull’”Avanti”: Pirandello è un ardito del
teatro. Le sue commedie sono come tante bombe a mano che scoppiano nei cervelli degli
spettatori e producono crolli di banalità