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CAPITOLO 3: EDUCATORI ED EDUCATRICI ALLA PROVA
3.1 Il profilo professionale
Il profilo professionale di chi educa non è di facile definizione. Educatrici e educatori restano ancora poco conosciuti dall'opinione pubblica. Fino agli anni Novanta all'educatore era associato il termine "extrascolastico". L'educatore, secondo la norma del 2017, opera nell'ambito formativo e pedagogico in rapporto alle attività delle varie fasi della vita, in una prospettiva di crescita personale e sociale.
Il ruolo degli educatori rientra nell'ambito dell'apprendimento non formale ed è caratterizzato da una scelta intenzionale della persona, che si realizza al di fuori di sistemi formali.
La Legge del 2018 prevede che gli educatori in servizio possano compiere una riqualificazione presso le università per acquisire il titolo di "educatore socio-pedagogico". Il periodo 1980-1995 aveva visto ridisegnare tutto il sistema dei
Servizi sociali e apparire una vasta letteratura sull'educatore — L'educatore agisce in ambito educativo e formativo; scolastico; socio-assistenziale e della famiglia. Lo sviluppo del ruolo pedagogico si affianca a nuove culture della famiglia, a un'evoluzione del settore psichiatrico o quello della devianza, a una risposta più efficace ai problemi della tossicodipendenza e all'integrazione dei rifugiati. Il concetto di welfare generativo coinvolge gli enti locali e il terzo settore, come investimento che produce benessere e coglie l'importanza della persona in formazione. Tuttavia, all'educatore non è ancora riconosciuto un ruolo sociale adeguato per ciò che fa. Spesso il confronto con altre professioni più forti per sapere metodologico può apparire a sfavore della dimensione pedagogica. L'educatore ha un ruolo "interdisciplinare", è in grado di affrontare problemi su vari versanti.
Pierpaolo Triani
individua quattro caratteristiche dell'educatore:
- Centratura sul cambiamento: L'aspetto legato al cambiamento può essere considerato un fattore identitario molto importante, volto allo sviluppo del singolo.
- L'intenzionalità: l'intenzione di agire conferisce "potere" all'educatore. È un potere che giustifica le scelte e l'asimmetria educativa.
- Conoscenza di sé: costituisce un fattore centrale nella gestione dell'azione educativa. Atteggiamenti e comportamenti di ogni persona derivano dal suo mondo interiore, fatto di esperienze e incontri.
- Quotidianità: la quotidianità caratterizza l'educatore rispetto ad altre professioni perché essi lavorano in contesti in cui la continuità è fondamentale per accompagnare gli individui.
3.2. Sensibilità. Competenze emotive e implicazione personale
Educare nella complessità significa assumersi il compito di interpretare
società e dalle esperienze personali. L'educazione, quindi, implica anche la consapevolezza e la gestione delle proprie emozioni. Per fare ciò, è necessario sviluppare una riflessione critica sul proprio agire educativo. Questo processo richiede la capacità di mettersi in discussione, di analizzare le proprie azioni e di cercare di comprendere il loro significato. Solo attraverso questa auto-riflessione è possibile migliorare le proprie competenze educative e offrire un servizio di qualità ai bambini e ai giovani. Inoltre, è importante sottolineare che gli educatori e le educatrici hanno una conoscenza più ampia di quanto credano e agiscano. Spesso, infatti, si tende a sottovalutare le proprie competenze e a non riconoscere il proprio valore. Lavorare sull'esplicitazione significa credere nella propria professionalità e nel proprio potenziale educativo. Infine, è fondamentale considerare il concetto di habitus, ovvero l'insieme dei nostri schemi di percezione, valutazione e azione. Questi schemi sono influenzati dalle richieste della società e dalle nostre esperienze personali. Sono una sorta di grammatica dei nostri comportamenti e giocano un ruolo importante nel nostro agire educativo. In conclusione, educare significa non solo trovare un senso alle situazioni, ma anche aggiungere significati. Questo processo richiede la consapevolezza e la gestione delle emozioni, nonché una riflessione critica sul proprio agire educativo. Gli educatori e le educatrici hanno una conoscenza più ampia di quanto credano e agiscano, e lavorare sull'esplicitazione significa credere nella propria professionalità. L'habitus, infine, influisce sui nostri comportamenti e va tenuto in considerazione nel nostro agire educativo.società. François Tochon quando descrive l'insegnante esperto, parla della sua capacità di "improvvisare" a seconda dei casi con cui lavora, proprio come un bravo musicista crea note nuove per una bella armonia. Joseph LeDoux propone la definizione di inconscio cognitivo per ricordare che gran parte della vita mentale si svolge fuori dalla consapevolezza. L'aspetto emotivo incide sul nostro comportamento e non può essere separato da quello razionale. L'educazione alle competenze emotive si svolge attraverso vari stadi: - Consapevolezza e identificazione degli stati emozionali dai più semplici ai più complessi - Segue la capacità di controllo delle emozioni, la motivazione di sé stessi e il controllo delle nostre azioni al fine di produrre e creare - Riconoscimento delle emozioni altrui (empatia) permette di divenire sensibili e più esperti nelle relazioni umane. Possiamo così sintetizzare.i passaggi della competenza emotiva:- Decifrazione delle emozioni. Nei primi anni di vita i bambini vivevano esperienze anche intense all'interno delle relazioni con il mondo. Solo successivamente riusciranno a nominare le emozioni
- Abilità di verbalizzarle e rappresentarle a livello concettuale e simbolico
- Capacità di mentalizzarle
- Gestione dei meccanismi di autocontrollo e la qualità della comunicazione in senso meta-riflessivo
relazione disinteressata, evitando il rischio di esercitare un possesso
3.3. Educatori in ricerca nel contesto culturale
I principali strumenti di ricerca degli educatori sono la capacità di osservazione, l'ascolto e la postura di ricerca. In pedagogia da tempo si parla di "ricerca-azione". Questo atteggiamento di formazione collega teoria e pratica, riflessione e azione. Bisogna agire nella prospettiva di migliorarsi continuamente. L'azione non è formativa, se non trasforma l'espressione. L'esperienza è apprendimento derivante dalla trasformazione dei fatti concreti. Un'analisi delle situazioni educative che tenga conto della complessità deve condurre a declinare l'osservazione su diversi piani. Jacques Ardoino individua diversi piani di osservazione: la persona, la relazione, la dimensione del gruppo e il piano istituzionale. Willem Doise individua quattro livelli nel modello psicologico che riguardano i fenomeni psichici.
delle persone, il rapporto dell'individui con gli altri, i rapporti in un gruppo e tra i vari gruppi. Lo sguardo etico permette di affrontare i processi di ricerca prevedendo il coinvolgimento e l'assunzione dal punto di vista degli altri. L'atteggiamento di ricerca richiede di seguire regole ben precise e di rendere partecipi le persone per raccogliere informazioni in modo rispettoso. Mentre cresce la spinta ad intra deve diventare meno timido lo sforzo ad extra del mondo più vasto per cogliere meglio l'influenza del macrosistema sulle relazioni, i fenomeni educativi e lo sviluppo delle persone. L'ottica socio-culturale pone attenzione al modello di ricerca etnografica. Questo metodo è caratterizzato dalla preoccupazione di considerare l'educazione in termini socio-culturali, senza sostituirsi all'approccio cognitivo o affettivo. L'attenzione etnografica è utile per comprendere la realtà, a condizione di tener conto dellapiù recente visione della cultura. Per educare oggi occorre allargare le prospettive: entrare nel mondo delle persone e osservare e comprendere a partire dalle relazioni, fino a comprendere il ruolo dei fattori Esterni Tobin dimostra l'importanza di attribuire importanza alla dimensione macro. E' importante mettere a fuoco la distinzione tra globale e locale. Da un lato esiste la forza omogeneizzante della globalizzazione che incide sulle modalità educative, dall'altro resistono ancora forme di educazione tradizionale locale. L'aspetto più importante è fare riferimento alle logiche culturali implicite degli educatori e insegnanti. Il lavoro educativo ha come obiettivo quello di esplicitare a quali modelli culturali anche impliciti si fa riferimento. La contaminazione con il web ha accelerato le relazioni interculturali e ciò ha portato a modelli culturali mescolati e intrecciati. 3.4. Le competenze interculturali Il concetto di competenzacomprende un insieme di conoscenze e abilità, assunta in determinati ambiti professionali. Essa si esercita per far fronte alle variazioni nel modi in cui e diverse culture leggono il mondo. Seconda Fantini per competenza interculturale si intende un complesso di abilità necessarie per agire in modo efficace e appropriato quando si è in relazione con altri che hanno culture e lingue diverse. La competenza Interculturale si delinea con una propria Specificità e assume le connotazioni di una sensibilità personale del professionista a mettere in pratica il sapere posseduti in situazioni ad elevata differenziazione culturale. Il termine 'competenza interculturale' comprende la sensibilità culturale, il decentramento, il rispetto e l'empatia. Quando si parla di competenza è appropriato usare il termine 'sensibilità', che esprime l'insieme di attitudini affettive e positive verso la differenza culturale.permettono di comprenderla. La relazione interculturale pur essendo improntata all'accettazione, non può prescindere da esprimere giudizi su determinati atteggiamenti. La competenza interculturale non può essere costruita su una scelta relativista che accetti in toto gli elementi di una cultura senza esercitare la necessaria critica dove ci siano divergenze di valori. La proposta di Fernand Quellet si presenta articolata attorno a tre assi: l'esame critico delle principali questioni teoriche sollevate dal pluralismo etnoculturale; l'esperienza di esplorazione di una tradizione culturale straniera; l'elaborazione e la sperimentazione di un progetto di intervento. Due sono i modelli per sviluppare competenze interculturali: Primo modello: L'obiettivo è aumentare la sensibilità interculturale degli operatori sociali e degli educatori, secondo questo schema: 1. Conoscenze interculturali: - Acquisizione di un bagaglio teorico sulle principali questioni e i- Ampliamento conoscenze nelle scienze umane, in campo geostorico e sociopolitico e nell'arealinguistica
- Comprensione interculturale: