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Si possono distinguere:
1) viaggi di formazione che vengono effettuati normalmente da persone culturalmente
attrezzate e provenienti da ceti abbienti (esempio: viaggi per stages o master all’estero);
2) turismo di massa, caratterizzato da spostamenti di breve durata a scopo ricreativo di
persone che provengono dai paesi ricchi e si dirigono verso i paesi meno sviluppati
Altre situazioni, oltre al turismo, che generano dei contatti diretti tra popolazioni di Stati diversi
sono:
1) la delocalizzazione della produzione di alcuni beni dai paesi più industrializzati a quelli
meno sviluppati. Essa:
● è favorita dal basso costo della manodopera e dai vincoli ambientali meno restrittivi dei
paesi ospitanti;
● favorisce uno scambio culturale “asimmetrico”: gli apprendimenti che si generano negli
abitanti dei paesi che ospitano gli insediamenti produttivi sono spesso più ampi di quelli
generati in coloro che sono ospitati;
● si tratta di apprendimenti che possono generare conflitti con i saperi preesistenti.
2) le occupazioni militari, spesso etichettate come “missioni di pace” da parte, soprattutto,
dei paesi occidentali. Esse:
● hanno lo scopo di sconfiggere militarmente un nemico considerato pericoloso per gli
interessi di questi paesi;
● sono spesso associate alla proposta (a volte, imposizione) intenzionale di obiettivi di
apprendimento legati, ad esempio, alle forme di partecipazione politica, agli stili di
consumo, ecc.
Locale e globale
La globalizzazione ha comportato delle radicali modificazioni nei rapporti tra due dimensioni:
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1) il locale: si tratta di contesti territoriali ben delineati e identificabili. Ad esempio: lo Stato, il
quartiere, ecc.;
2) il globale: insieme di relazioni economiche, sociali e politiche che interessano l’intero pianeta.
In particolare, il locale ha perso la sua distinzione ed autonomia rispetto al globale, perché le
informazioni, le merci e le persone superano i confini sia materiali che immateriali dei vari
territori;
3) il locale, a sua volta, influenza il globale, perché gli avvenimenti che si verificano a livello locale
possono influenzare, anche molto rapidamente, il globale (ad esempio, i fatti dell’11 settembre
2001).
Il tipo di rapporto che si è venuto a creare tra locale e globale provoca, a livello educativo e
culturale, processi tra loro in contrasto:
● aumento e diversificazione delle occasioni informali di apprendimento;
● processo di omologazione culturale, cioè riduzione delle differenze culturali quando
una cultura locale si impone sulle altre. E’ il caso dell’americanizzazione, cioè
dell’esportazione di alcuni comportamenti mode, ecc. al di fuori dei confini degli Stati
Uniti.
● processo di creolizzazione che produce, in tempi lunghi, culture e apprendimenti che
inglobano in sé aspetti di culture tra loro diverse.
● processo di rigetto che rappresenta un tentativo di salvaguardare le culture locali dalle
possibili “contaminazioni” di culture provenienti dall’esterno.
Una situazione che ha generato l’intrecciarsi dei precedenti processi è quella
dell’occidentalizzazione del mondo (il sistema economico, politico e culturale che ha avuto
origine nell’Occidente tende ad estendersi e ad imporsi in buona parte del pianeta).
Questo processo ha suscitato, nel corso della storia, resistenze latenti o palesi e opposizioni
anche violente.
Il postfordismo sociale
N.B. Con la parola fordismo si intende indicare un metodo di produzione basato sull'utilizzo
della tecnologia della catena di montaggio allo scopo di aumentare la produttività. Il termine fu
coniato negli anni Trenta in relazione al successo ottenuto nell'industria automobilistica
dall'industriale statunitense Henry Ford.
Nell’età contemporanea si è verificato il passaggio dalla società fordista a quella postfordista,
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cioè da una società solida ad una società “liquida”, dominata dall’instabilità, dal precariato, dalla
flessibilità, dagli spostamenti, ecc.
Il termine “postfordismo” può riferirsi a diversi ambiti di significato:
1) significato ristretto che riguarda il superamento dell’organizzazione produttiva basata su
fabbriche di grandi dimensioni dedite alla produzione di beni materiali di consumo di massa.
Questo tipo di organizzazione produttiva contribuiva a delineare un particolare modello di
lavoratore, che aveva implicazioni educative e che delineava valori di riferimento in grado di
orientare la vita delle persone.
2) significato più ampio che riguarda il superamento di un’organizzazione sociale avente
caratteristiche simili al modello organizzativo della fabbrica fordista.
Il disordine educativo
Le trasformazioni che hanno attraversato la società contemporanea hanno determinato un
aumento dell’entropia educativa, cioè del grado di disordine, di indeterminatezza, di
incertezza, con la conseguente moltiplicazione di modelli di riferimento.
L’entropia investe sia l’educazione formale che quella informale, sia le componenti intenzionali
che quelle non intenzionali.
L’entropia educativa, in particolare, ha colpito la famiglia (luogo educativo “naturale” per
eccellenza), la scuola (esperienza educativa che presenta il massimo grado di intenzionalità e
formalizzazione) e le diverse comunità.
La famiglia
L’educazione familiare è considerata come la principale esperienza educativa, perché
coinvolge gli individui per lungo tempo e segna in modo permanente la storia personale di
ciascuno. Rispetto a quella familiare, le altre esperienze educative sono considerate ad essa
funzionali e integrative.
Diverse sono le concezioni di famiglia, le due principali sono:
1) concezione ristretta: la famiglia deve essere generata soltanto dall’unione stabile tra
conviventi di sesso diverso, legittimata dal matrimonio e finalizzata alla procreazione dei figli.
2) concezione allargata: la famiglia può derivare dalla convivenza sufficientemente protratta nel
tempo di persone, prescindendo dal matrimonio, dalla presenza di figli e dall’orientamento
sessuale.
Esaminando la famiglia dal punto di vista educativo, possiamo individuare tre aree:
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1) educazione nella famiglia che genera apprendimenti:
● nella direzione delle persone più anziane verso quelle più giovani (tipicamente dai genitori
verso i figli);
● tra pari (ad esempio, tra coniugi o tra fratelli);
● nella direzione delle persone più giovani verso quelle più anziane.
2) educazione della famiglia Rientrano in questa area gli apprendimenti che l’insieme del
nucleo familiare acquisisce attraverso le influenze provenienti dall’esterno (ad esempio dal
mondo del lavoro).
3) educazione alla famiglia E’ l’area di maggiore interesse per l’educazione informale.
Riguarda le caratteristiche della famiglia (la sua missione, composizione, tipologia di rapporti
interni) ritenute appropriate e desiderabili in un certo contesto sociale.
L’insieme degli apprendimenti che riguardano il modello della famiglia hanno origine sia nello
stesso ambito familiare che in quello extrafamiliare.
Oggi si sta verificando un processo di radicale revisione del “modello famiglia” con conseguente
ridimensionamento del modello della famiglia tradizionale che per secoli è stato pratcamente
l’unico possibile (il mancato adeguamento a questo modello veniva interpretato come sintomo di
problematicità).
Sebbene il modello tradizionale di famiglia sia ancora prevalente, oggi esistono forme di
convivenza familiare in cui si osserva:
1) discontinuità nella composizione del nucleo (ad esempio, cambi di partner per i genitori);
2) presenza di partner omosessuali;
3) passaggio in secondo piano della finalità di procreazione dei figli.
Si registra un’educazione diffusa e informale che riguarda sia la continuità che la discontinuità
familiare. Questa educazione si realizza principalmente attraverso la pratica sociale di certi
comportamenti.
La scuola
La scuola è l’istituzione in cui sono massimi i livelli di formalizzazione e intenzionalità educativa.
In essa sono comunque riscontrabili anche esperienze di educazione informale:
1) esperienze educative informali interne all’ambiente scolastico (ad esempio legate al rapporto
tra compagni) in grado di generare apprendimenti forti, anche di segno opposto rispetto a quelli
intenzionali e dichiarati;
2) aspetti informali riguardanti l’educazione alla scuola, cioè inerenti all’immagine della scuola
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stessa. Essa avviene in molti ambiti d’esperienza (nel gruppo dei pari, attraverso i media e la
comunicazione interpersonale) e genera apprendimenti che delineano un’idea di scuola non
sempre positiva.
In particolare, tende a prevalere a livello sociale l’idea di una scuola che non riesce a mantenersi
al passo dei tempi, che non mantiene le promesse, che è poco rilevante per il successo
professionale e personale.
La scuola occupa una posizione contraddittoria: se da un lato si riduce la fiducia rispetto alla
possibilità che l’educazione scolastica raggiunga i suoi obiettivi (tipicamente si affida alla scuola
l’educazione professionale, la formazione del “buon cittadino”, ecc), dall’altro lato si addossano
alla scuola nuove responsabilità educative, quasi a voler colmare le insufficienze della famiglia e
degli altri contesti extrascolastici.
Le comunità
In ambito educativo, la comunità è un oggetto sfuggente, difficile da inquadrare e da definire in
modo univoco.
Possiamo considerare due significatilimite tra i quali si colloca un’ampia gamma di sfumature
intermedie:
1) comunità come ambito relazionale percepito e vissuto intensamente dai suoi membri;
2) comunità come generica dimensione collettiva e/o di gruppo.
Nella pratica, le comunità possono:
● essere caratterizzate da relazioni dirette tra i componenti oppure da relazioni
“virtuali” o a distanza;
● fondarsi su motivazioni e scopi che permangono nel tempo oppure possono essere
temporanee e finalizzate al raggiungimento di uno scopo limitato;
● possono riferirsi ad un determinato territorio oppure no.
Le comunità si collocano tra l’ambito individuale e familiare e quello sociale.
Possiamo riconoscere:
1) forme di educazione alla comunità, che mirano a sviluppare il senso di appartenenza alle
comunità locali, nazionali o internazionali;
2) forme di educazione della comunità, cioè azioni educative svolte dalla comunità stessa nei
confronti dei propri membri.
Nella contemp