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4. INTERAZIONE DISTRUTTIVE E SODDISFAZIONE DI
CARRIERA
Interazioni familiari problematiche…secondo Batesone Wyne sono alla base dei problemi di
schizofrenia, soprattutto i problemi che riguardano la comunicazione ambigua/contraddittoria in
famiglia (desideri e consigli opposti tra loro da parte dei genitori che confondono le idee dei figli).
La letteratura del campo discerne tra tre gradi di possessività o di affiliazione nelle interazioni tra
genitori e figli, denominati da Stierlin:
DOPPI LEGAMI…le situazioni di questo genere sono molto frequenti nelle aziende e un esempio
classico è l’apprezzamento da parte del manager accompagnato da un espressione del viso o da un
tone di voce di segno opposto. Il manager solito a questi atteggiamenti riterrà inferiori i suoi
subordinati e ciò blocca il nascere di qualsiasi rapporto di fiducia e di collaborazione. Questo
atteggiamento metterà il subordinato sulla difensiva e lo farà cadere in errore più spesso di quanto
non gli accadrebbe in una situazione normale. A volte anche il subordinato non è esente da colpe.
MODI VINCOLANTI…moti manager operano in maniera vincolante ovvero riponendo fiducia
solo in alcuni subordinati preferiti, dichiarano gli altri indegni di fiducia e creando quindi una
nicchia di pochi privilegiati. Il prezzo da pagare per far parte della nicchia è un’estrema lealtà e
devozione al capo. Sono come bloccati in una gabbia d’oro privi di iniziativa e di parola, ma spesso
questa situazione è vista positivamente poiché il subordinato è incline a un transfert idealizzante.
Un modo molto usato dai manager per creare dei legami è l’attribuzione diffusa di responsabilità
ambigue, di modo che sia poi difficile trovare il responsabile quando sorge un problema. Ma
dal’altro canto, non essendo precisata la responsabilità di nessuno il potere è detenuto nel emai del
capo e nessuno davvero autonomo.
Un altro modo per creare dei legami è instillando lentamente un senso di colpa nella mente del
subordinato, facendolo sentire sempre in debito col superiore per le opportunità che sta ricevendo e
il tema preferito è sempre quello del sacrificio che il subordinato deve affrontare a guisa di
compensazione.
MODI RESPINGENTI…il rifiuto si manifesta con l’abbandono di quei soggetti che il superiore
giudica fastidiosi e usabili e viene usato spesso dai manager schizoidi che non amano comunicare.
Non hanno considerazione del subordinato che di conseguenza tenderà a cavarsela da solo e non
sarà pertanto mai autosufficiente. Questa modalità tenderà inoltre a rendere anche loro superficiali e
incapaci di provare simpatia.
MODI DELEGANTI…la delega è uno degli aspetti che coinvolge subordinato e superiore in un
vortice di forze centripete e centrifughe dove il desiderio di vincolarsi si scontra con quello di
rifiutare. Spesso il manager delega dei compiti al subordinato e se da un lato questo può essere
gratificante poiché lui si affida alle nostre capacità, dall’altro è poi frustante che i risultati ottenuti
siano riconosciuti al nostro superiore.
CONSIGLI PER IL CONSULENTE: occorre rompere il circolo vizioso, ma dal momento che
questa operazione va incontro a tutta una serie di resistenze (può addirittura venire meno la
consapevolezza di questo circolo), è meglio prevenire questo genere di relazioni dal potenziale
distruttivo. E’ importante quindi:
- Portare subordinato/responsabile alla consapevolezza dell’esistenza di queste relazioni poco
funzionali e soprattutto i manager devono essere coscienti della gravità della natura
coercitiva delle loro richieste (che costringono, restringono la sfera di iniziativa del
subordinato).
- Cercare di aiutare il subordinato che di solito si adatta alle condizioni del superiore
chiamando in causa una terza parte che eviti le discussioni dirette troppo focose e che dia un
parere da esterno.
- Cercare di ridurre al minimo gli invischiamenti non funzionali suscettibili di causare
sottomissione, mancanza di iniziativa, ribellione e inefficacia.
5. CRISI DI MATURAZIONE E SODDISFAZIONE DI CARRIERA
La fase dell’impatto con la realtà: dopo l’ingresso nell’organizzazione, il livello di soddisfazione
diminuisce progressivamente poiché di solito il giovane manager entra con delle speranze eccessive
oppure è l’azienda stessa che non è in grado di corrispondere alle aspettative più realistiche. Nei
primi due anni, gli elementi di frustrazione principali sono: sentire gli incarichi ricevuti inferiori alle
proprie capacità, il tempo lungo necessario perché gli sforzi siano visibili, mal comprensione del
funzionamento dell’organizzazione, mancanza di un mentore, le difficoltà di sopravvivenza che
nascono negli ambienti competitivi come le aziende (come sostiene il “modello torneo” di
Rosembaum basato sul darwinismo sociale). Queste frustrazioni sul lavoro sono accompagnate da
quelle private, infatti si fanno i primi passi verso il matrimonio e la famiglia.
La fase della socializzazione e dello sviluppo: va dai 28/29 anni (dopo aver superato la prima fase
che dura circa 2 anni) ai 35 ed è qui che inizia un periodo migliore, caratterizzato da una maggiore
soddisfazione. Si ritiene che questo sia dovuto ai frutti della socializzazione nell’organizzazione.
Inoltre, il divario fra aspirazioni e opportunità diminuisce grazie ad una visione pù concreta della
realtà. Ci si illude di meno e si diventa più consapevoli dei propri limiti. Ma iniziano a vedersi
anche i primi frutti dei propri sforzi e ci si allontana da chi inizialmente è stato il nostro mentore. A
casa è terminata la tensione pre e post matrimoniale e anzi, la famiglia collabora a infondere un
senso di stabilità e tranquillità.
La fase della crisi di mezza età: va dai 35 ai 45 ed è caratterizzata da un declino del grado di
soddisfazione che dall’ambito professionale si ripercuote, inevitabilmente, anche sulla vita privata.
Il concetto di crisi di mezza età è stato coniato da Jacques durante le sue ricerche sull’incremento
dei decessi in questa fascia d’età. Egli collegò tale dato alla maggiore consapevolezza dela propria
finitezza e mortalità che le persone acquistano in questo periodo della vita. La Neugarten da
un’interpretazione simile sostenendo che in questo periodo il tempo viene considerato in base a
quanto ci manca da vivere piuttosto che come tempo trascorso dalla nascita. La nostra prospettiva
dunque si capovolge. Erikson parla invece della fine del nostro periodo generativo (dove possiamo
essere d’aiuto per guidare la generazione più giovane) e l’inizio della stagnazione, che equivale ad
una mancanza di sviluppo.
Nelle organizzazioni ci sono vari fattori che possono contribuire alla persistenza di questa crisi: la
consapevolezza che le opportunità di carriera diminuiscono sempre di più, l’obsolescenza
professionale sempre più consistente, resistenza al cambiamento data dai troppi vincoli psicologici
che si hanno. Nella vita privata invece ci si accorge del proprio declino fisico, iniziano i primi
problemi sessuali e anche le gioie matrimoniali attraversano il periodo più basso.
Appaiono sempre più evidenti le disparità tra le ambizioni e i risultati raggiunti dopo anni di
sacrifici.
La fase dell’accettazione: quando termina la crisi di mezza età, che può durare tempi differenti a
seconda delle capacità personali di reazione e di elaborazione del vissuto , inizia quello che
Levinson chiama il “periodo di ri-stabilizzazione”. Una nuova struttura mentale di accettazione
consente la razionalizzazione delle proprie aspettative e consente di accettare la condizione presente
e questo processo è spesso favorito dalle attività di formazione e di supporto che vengono richieste
ai manager più vecchi (attività molto gratificanti).
La fase del prepensionamento: parte dopo i 57 anni e si tratta di una fase molto complessa perché si
è in bilico tra l’accettazione del proprio vissuto e la disperazione per la perdita imminente di tale
stabilità.
Armonizzare le fasi evolutive con l’ambiente di lavoro: LA SODDISFAZIONE PROFESSIONALE
(RELATIVA SIA AL LAVORO SIA ALL’ORG.NE) E’ FUNZIONE I UN GRAN NUMERO DI
FATTORI INERENTI ALLE FASI DI EVOLUZIONE DELLA VITA. C’E’ UNA
CORRISPONDENZA TRA GLI STATI EDONISTICI E LE FASI EVOLUTIVE SUGGERITE
DALLA LETTERATURA QUINDI I CONSULENTI DEVONO PRESTARE MOLTA
ATTENZIONE ALLA FASE CHE ATTRAVERSA L’OGGETTO DELLA CONSULENZA.
PARTE II SUPERARE LA RESISTENZA AL CAMBIAMENTO
. IDENTIFICAZIONE DEI MECCANISMI DI DIFESA E DELLE FONTI DI
6
RESISTENZA
precedenti si è parlato delle disfunzioni organizzative, ora si passa ai
Nei capitoli
processi di cambiamento ma soprattutto ai motivi comuni di resistenza che
impediscono il cambiamento. Le cause più comuni sono: le cure e le attenzioni che si
ricevono grazie ai sintomi, il dispiacere nel conoscere le cause delle proprie difficoltà,
l’accogliere la sofferenza come una punizione per i sensi di colpa che si formano. Ma le
cause sono infinite. genera un comportamento
MECCANISMO DI DIFESA: è quel processo psichico che
osservabile (la resistenza appunto). Il termine difesa fa invece inteso in senso ampio,
poiché molti di questi processi stanno alla base della normale sopravvivenza:
difendono l’io da percezioni troppo penose. Di per se stesse infatti, le difese non sono
patologiche. A prescindere dalla loro eziologia (sentimenti di colpa, di ansia, odio,
invidia) hanno l’effetto di restringere l’esattezza delle percezioni individuali e quindi
tutto il repertorio dei comportamenti dell’individuo.
i meccanismi di difesa si attivano di facto perché il
Nei casi di cambiamento organizzativo,
cambiamento riduce sempre l’autorità e gli sconvolgimenti nella scala gerarchica
comportano sempre tutta una serie di reazioni emotive da parte dei manager che
temono di essere scavalcati. Pertanto, si tratta sempre di qualcosa di traumatico.
Resistenze difensive
Le più comuni sono:
1) RIMOZIONE…memorie, desideri, emozioni e pensieri diventano inconsci e quindi evitano
così sentimenti di angoscia. Si manifestano quindi attraverso vuoti di memoria e
dimenticanze.
2) REGRESSIONE…consiste nel tentativo di ripristinare modi di adattamento e di
comportamento più appropriati a una precedente fase di sviluppo. Di solito insorge durante
momenti di grave minaccia al’autostima, nel momento in cui si sente che il modo abituale di
fronteggiare la situazione è inadeguato. Si util