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PSICOLOGICO FORMA LOGICA.
In che cosa il pensiero effettivo differisce dalla logica formale
È diverso il ragionamento formale (logicos) da pensiero:
1. La materia della logica è impersonale (come la formula algebrica), è indipendente dalla attitudini di
chi pensa, sue intenzioni e desideri
2. Le forme della logica sono costanti, immutabili, indifferenti al cambiamento del materiale da cui
devono essere riempite, escludono il cambiamento. Il pensiero effettivo è un processo (qualcosa che
accade e ha un corso, muta in continuazione, x tutto il t che una persona pensa). Il sogg deve tener
presente ad ogni passo la materia di insegnamento
3. Le formule logiche non prestano attenzione al contesto
La logica è un prodotto, le sue forme sono costanti.
Il pensiero effettivo è un processo psicologico e richiede tempo.
L’educazione è impegnata a creare attitudini capaci di favorire l’effettivo processo del pensiero, selezionare e
adattare ad uno scopo la materia di studio e attività, xò anche il trattamento formale ha qualche valore
educativo: mostra le forme in cui il risultato di un concreto atto di pensiero e incasellato x facilitarne la
prova.
Le forme logiche non sono usate nel corso del pensiero effettivo, ma x esporre i risultati del pensiero, non
servono a raggiungere le conclusioni, ad arrivare alla conoscenza, ma x mostrare nel modo + efficace le
conclusioni raggiunte in modo da convincere gli altri della fondatezza del risultato.
Invece nel processo di pensiero si fanno osservazioni che possono allontanare dal punto di partenza, false
tracce, suggestioni infruttuose, passi superflui; proprio xchè non si conosce la soluzione si procede a tentoni,
xò durante la ricerca possono emergere conclusioni parziali.
Il pensiero effettivo ha la sua logica: non significa che il pensiero non abbia una logica, è logico nel senso di
ragionevole (ha un ordine, una successione ordinata in relazione ai fini, assicura l’evidenza, controlla
l’esattezza dei rapporti).
L’educazione in relazione alla forma
Il compito vitale dell’educazione è coltivare le attitudini del pensiero riflessivo, preservandolo dove già
esiste e trasformando dove possibile i metodi meno ordinati in altri + rigorosi.
L’educazione non si esaurisce nell’aspetto intellettuale, occorre formare le attitudini di efficienza pratica,
rafforzare e sviluppare disposizioni morali, coltivare capacità di apprezzamento estetico.
L’istruzione intellettuale implica l’accumulo di info, ma deve essere accompagnata dalla comprensione.
L’info diventa conoscenza solo se accompagnata dalla comprensione, ossia le varie parti dell’info sono
afferrate nella loro relazione reciproca. Il risultato è raggiunto quando l’acquisizione è accompagnata dalla
riflessione costante sul significato di ciò che è studiato. Solo così il pensiero ha un’utilità nelle situazioni
reali, xchè permette di progettare, inventare e affrontare situazioni critiche.
La connessione tra processo e prodotto del pensiero è misconosciuta da alcune scuole pedagogiche:
Ritiene che la mente proceda x sua natura in modo illogico e che le sue forme logiche debbano essere
impresse dall’ext; le operazioni mentali diventano logiche solo con l’assorbimento di materiale logicamente
formulato dall’ext, x cui le formulazioni logiche non sono il risultato di un processo di pensiero
personalmente intrapreso e concluso. La mente diventa logica con l’imparare a conformarsi alle materie ext
di studio, la materia è analizzata nei suoi elementi logici che sono disposti in classi secondo formule logiche,
lo scolaro impara la definizione, ricostruisce il sistema logico, imbevendosi dall’ext di qualità logiche.
Si nega che la menta possegga nativamente delle tendenze verso un’attività logica e riflessiva, che compaia
fin dal 1° sviluppo, xchè richieste dalle condizioni ext e stimolate dalla curiosità innata (disposizione innata a
trarre inferenze, desiderio intrinseco di sperimentare e provare). In ogni stadio del suo sviluppo, la mente
possiede la sua logica.
L’insegnante che opera nell’esperienza naturale del ragazzo vedrà senza difficoltà che il problema
dell’educazione intellettuale è la trasformazione della curiosità casuale e suggestioni sporadiche in
attitudini di profonda indagine.
Libertà e disciplina
1. Disciplina: concezione x cui la disciplina mentale è qualcosa di negativo, sostenuta da una
tradizione pedagogica, ossia come uno spiacevole processo che obbliga la mente su determinati
sentieri: è un addestramento, doloroso, ma necessario x prepararsi al futuro. È l’operazione di far
entrare, tramite sforzi incessanti, una sostanza estranea in un materiale resistente. Il suo scopo non è
produrre abiti di pensiero, ma modi uniformi ed esteriori d’azione.
In realtà la disciplina è qualcosa di positivo e costruttivo, è un potere che consente di controllare i
mezzi necessari a raggiunger ei fini; implica pratica ed esercizio che non prendono a forma di
addestramento privo di significato, ma di una pratica dell’arte. È un’operazione volta a realizzare un
fine desiderato. Ogni educazione genuina termina nella disciplina, ma si attua come un processo in
cui la mente è impegnata in attività meritevoli di apprezzamento.
2. Libertà: è il potere di agire e eseguire le azioni indipendentemente dalla tutela ext, capacità di
autocontrollo nell’esercizio del proprio potere, emancipazione dall’influenza altrui. Se intesa come
scarica diretta di una tendenza impulsiva è fatale al pensiero: la riflessione sorge solo quando
l’impulso è frenato e costretto a ripiegarsi su se stesso. L’educatore deve incoraggiare, non
minimizzare le difficoltà, che si presentano nello sviluppo di un’esperienza xchè sono lo stimolo
all’indagine riflessa. La libertà consiste nel raggiungere qualcosa attraverso il superamento, la
riflessione personale, le difficoltà.
È necessario uno sviluppo naturale del pensiero fin dall’infanzia: ogni stadio dell’attività prepara
inconsapevolmente le condizioni x la manifestazione dello stadio seguente. Il pensiero non è una tendenza
isolata che esplode in un dato momento.
L’infanzia non è un periodo sprovvisto di riflessione e l’adolescenza non è il momento in cui si manifesta il
pensiero, ma un allargamento dell’orizzonte infantile. Solo l’uso costante del pensiero rivolto ad
applicare/guidare le osservazioni e movimenti può preparare la via ai + alti tipi di pensiero. Deve essere il +
possibile attivo fin dall’infanzia x garantire in seguito l’emergere di poteri superiori.
C.6 ESEMPI DI INFERENZA E PROVA
Inferenza = ragionamento deduttivo con cui da 1 o + premesse si giunge ad una conclusione.
L’inferenza implica un salto dal noto all’ignoto e avviene grazie a una suggestione che emerge da cose
viste/ricordate. Saltano spontaneamente in testa, ma il tipo di suggestione dipende dall’esperienza di ogni
persona (preferenze, interessi, stato emotivo) e dalla cultura del t. è impossibile evitare le suggestioni, ma si
può controllare l’inferenza.
Il controllo dell’inferenza è la prova. Finché una cosa non è stata controllata, non se ne conosce il valore, ma
se uscita vittoriosa da una prova porta con sé le sue credenziali. Ogni inferenza deve essere controllata
oppure occorre discriminare tra le inferenze fondate sull’evidenza e quelle che non lo sono.
Due tipi di prove:
1. Prova di coerenza: le inferenze suggerite sono provate nel pensiero x vedere se i diversi elementi
della suggestione si accordano l’uno all’altro; è un processo di immaginazione
2. Prova tramite l’azione: ulteriore controllo x vedere se le conseguenze anticipate nel pensiero si
verificano nei fatti
La funzione del pensiero riflessivo è trasformare una situazione in cui si è fatta esperienza di oscurità,
dubbio, conflitto in una situazione chiara, coerente, risolta. Il modo migliore x decidere se un’inferenza è
avvenuta è chiedersi se si è conclusa con lo schiarimento del dubbio.
C. 7 ANALISI DEL PENSIERO RIFLESSIVO
La riflessione implica l’osservazione
Nel momento in cui si inizia a riflettere, si osserva x fare l’inventario delle condizioni esistenti.
L’osservazione avviene attraverso la percezione (uso diretto dei sensi) e della memoria (osservazioni fatte
in precedenza, da se stesso o altri). Alcune possono essere un ostacolo, altre un aiuto, rappresentano i fatti del
caso con cui bisogna x forza fare i conti, sono inflessibili.
La riflessione implica la presenza di suggestioni
Durante l’osservazione sorgono diverse suggestioni sui possibili modi d’azione, spesso in conflitto tra loro.
Confrontandole, il sogg giudica la migliore; dai nuovi fatti osservati sorgono nuove suggestioni che
diventano la guida x ulteriori investigazioni = interazione costante tra fatti rilevati dall’osservatore e
soluzione proposte/suggerite, finché una soluzione non si accorda con tutte le condizioni del caso.
Dati e idee sono fattori correlativi e indispensabili della riflessione
1. Fatti osservati: cioè i dati, il materiale che deve essere interpretato, spiegato, chiarito. Si sviluppano
con l’osservazione e memoria
2. Idee: soluzioni suggerite dalle difficoltà rilevate dall’osservazione. Si sviluppano con l’inferenza, va
aldilà di ciò che è direttamente osservato, si riferisce a ciò che è possibile.
Le funzioni essenziali dell’attività riflessiva
Una situazione perturbata, dubbia, incerta è una situazione pre-riflessiva. Quando diventa rischiarata,
unificata, risola è post-riflessiva.
5 fasi del pensiero riflessivo:
1. Intellettualizzazione: osservazione attenta delle condizioni che costituiscono la difficoltà e causano
l’arresto dell’azione (prima di questo c’è il disagio, lo shock provocato dal problema, ossia una
qualità emozionale data dalla difficoltà)
2. Ipotesi (idea come guida): la 1° suggestione sorge spontaneamente, non c’è nulla di intellettuale.
Quando si definiscono le difficoltà, ci facciamo un’idea + chiara del tipo di soluzione che occorre,
pertanto si introduce l’elemento intellettuale che allarga il problema. La suggestione originaria
diventa un’ipotesi, una supposizione ben definita, cessa di essere una mera possibilità e diventa una
possibilità controllata e misurata.
3. Ragionamento: le idee sono suscettibili di grande sviluppo. Il ragionamento è lo sviluppo di idee
che aiut