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Attuando una cura autentica, l’educatore riconosce nella relazione educativa ruoli e differenze, ma si
colloca sempre nella dimensione della reciprocità: l’altro è sempre e comunque opportunità di
conoscenza e l’incontro con lui implica reciproco cambiamento, senza che per questo vengano meno le
specifiche identità di ciascuno. 11
La finalità fondamentale dell’agire dell’educatore professionale che si colloca all’interno della Pedagogia
speciale, è quello di accompagnare l’altro in un percorso formativo che sia in grado di promuovere in lui
maggiore consapevolezza della propria storia.
L’educatore deve promuovere occasioni di riscatto esistenziale per le persone con bisogni educativi
speciali e deve configurarsi come orientatore sostenendo il soggetto in un percorso di conoscenza e
scoperta personale. Nel fare ciò deve evitare di vincolare la persona a disegni rigidi e a percorsi
prefissati, ma far vivere all’educando una serie di esperienze rigeneranti.
Il profilo professionale dell’educatore è quindi caratterizzato da flessibilità, da polivalenza di
stili e metodologie di intervento.
Il lavoro educativo deve essere svolto con intenzionalità e continuità.
L’educatore che opera nei confronti dei soggetti diversamente abili deve prestare costantemente
attenzione a molti elementi:
1) alla persona nella sua globalità;
2) alla mediazionenegoziazione con la realtà di riferimento;
3) alla resilienza e ai processi metabletici individuali e collettivi;
4) alla ridefinizione del Progetto di vita;
5) alla riduzioneeliminazione degli ostacoli, delle barriere culturali, sociali, materiali, relazionali che
limitano l’autonomia del soggetto e restringono il campo delle opportunità formative.
6) all’accoglienza dell’altro e all’ascolto della sua storia.
Nel rapporto con i soggetti diversamente abili o portatori di bisogni educativi speciali, particolarmente
importante risulta il ricorso alle pratiche e alle tecniche narrative che sono efficaci per conoscere
i reali bisogni formativi della persona con deficit e permettono di sviluppare una riflessione
sugli elementichiave del processo di integrazioneinclusione, tra cui ricordiamo:
● le dimensioni simbolicoculturali del disabile: stili e modi di pensare, forme e modalità
espressivocomunicative;
● sull’idea di sé e sulla collocazione di sé nel mondo: stereotipi, fiducia nelle capacità personali,
evoluzioni, adattamenti, ecc.;
● sulla disponibilità a progettare la propria esistenza: idee sul futuro, capacità decisionali,
disposizione al cambiamento, ecc.; 12
● sulla quantità e qualità delle relazioni socioculturali, in ambito scolastico ed extrascolastico
(territorio, tempo libero, servizi sociosanitari);
● sul livello della cultura della famiglia di appartenenza e sul clima di accettazione: valori familiari,
qualità dei rapporti tra i membri della famiglia, apertura verso l’esterno;
● sul livello della vita affettiva, sessuale, amicale;
● sull’orientamento e sul livello di riconoscimento nella sfera sociolavorativa.
L’educatore deve sviluppare, tra le altre, le seguenti abilità:
1) deve risultare attraente, in quanto spesso deve svolgere il compito di riconquistare alla vita
persone stanche, demotivate e smarrite;
2) deve saper ascoltare e comprendere empaticamente l’altro;
3) deve configurarsi come agente di cambiamento promuovendo nuovi significati nell’esistenza delle
persone in difficoltà, in vista del potenziamento dei processi di autonomia.
Il concetto di autonomia è particolarmente importante in ambito educativo e pertanto richiede delle
precisazioni.
L’autonomia non coincide con la capacità del soggetto di fare a meno dell’aiuto dell’altro, ma è
piuttosto l’interdipendenza in un contesto di appartenenza.
L’educatore deve continuamente ricordare a se stesso e agli altri che autonomia non significa solo
acquisire alcune particolari competenze, ma piuttosto nel riconoscersi in grado di assumere nuovi
comportamenti e nel superare le inevitabili difficoltà.
Il concetto di autonomia è legato a quello di appartenenza. L’appertenenza è una neccesità: ciascuno
ha bisogno di conoscere la propria collocazione in un certo contesto territoriale e ha bisogno di
mantenere il collegamento tra la propria quotidianità e quella degli altri.
La professionalità dell’educatore comprende anche competenze riflessive. L’educatore ha bisogno di
tempo e di silenzio riflessivo, di una costante opera di ridefinizione di sé e del suo bagaglio
professionale, di una riflessione sul senso del suo operare in situazioni spesso particolarmente
complesse.
Riflessione ed esperienza non sono collocate su piani diversi e la riflessione non deve solamente
precedere l’azione, ma anche accompagnarla. 13
L’esperienza del limite e del dolore vissuta dai soggetti con bisogni educativi speciali è spesso per
l’educatore logorante e problematica, allo stesso tempo però deve rappresentare una preziosa
occasione di autentica riflessione critica, di affinamento di sé e di apertura verso nuove ed inedite
possibilità.
Poichè riflettere significa creare un universo fattuale scegliendo tra più universi possibili e
significa definire le “regole del gioco”, allora riflettere è fare.
Il compito dell’educatore diventa così quello di esprimere un’esperienza educativa che, partendo
dall’immediatezza della spontaneità, venga costantemente sottoposta al vaglio critico e alla riflessione
culturale, perché essa diventi cosciente, razionale, organica sulla base di un orientamento progettuale.
Importante è anche notare che l’educatore professionale non esiste tanto per le competenze tecniche e
per le doti comunicative, ma soprattutto perché un altro soggetto lo riconosce presente nel contesto
relazionale del conessere educativo.
Terminiamo il capitolo ricordando che la finalità ultima dell’educatore deve essere quella di rendersi
sempre meno indispensabile per il soggetto educando.
Egli deve pian piano scomparire sullo sfondo della scenografia e ciò testimonia che l’educatore è stato
effettivamente in grado di aiutare l’educando ad aiutarsi, aumentando la sua capacità di affrontare i
problemi e il suo livello di autonomia.
Capitolo sesto Progetto di vita e accompagnamento competente
Nel definire l’identità, il ruolo e le competenze dell’educatore professionale, possiamo fare riferimento
a quattro ambiti valoriali:
1) il lavoro, che richiede impegno e fatica e che contraddistingue la stessa natura umana, soprattutto dal
punto di vista sociale, cioè della relazione con gli altri per il raggiungimento di uno scopo comune;
2) la professionalità, che indica la motivazione, la vocazione, l’intenzionalità e la consapevolezza delle
proprie competenze;
3) il mestiere, che fa riferimento alla padronanza di abilità e capacità di sapere e saper fare.
In questo senso, l’educatore è artigiano della relazione perché possiede la dimensione dell’operare nella
concretezza dei gesti e delle azioni. Poiché i bisogni a cui l’educatore cerca di rispondere sono dinamici,
ambigui e aperti a significati diversi, egli è obbligato a ricalibrare continuamente la propria azione.
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4) l’arte, nel senso che educare è azione creativa, volta a legare teoria e pratica, tecnologia e metodi,
conoscenze teoriche e procedure operative.
Il sociologo americano Richard Sennett usa la metafora della “bottega artigianale allestita
dall’educatore” definita come contesto in cui l’artigianoeducatore possiede un sapere specifico ed è
disponibile ad insegnare e a mettere a disposizione di altri gli arnesi e il mestiere.
L’educatore, come professionista della relazione di aiuto, svolge una serie di interventi caratterizzati da
una specificità più accentuata quando essi si riferiscono a situazioni che richiedono attenzioni speciali.
La sua competenza fondamentale consiste nel possedere una visione ecologicosistemica che implica
la capacità di attivare feconde mediazioni e negoziazioni per legare tra loro linguaggi e risorse
provenienti da professionalità diverse. Lo scopo è quello di condividere obiettivi, contenuti e strategie
volte all’integrazione della persona diversamente abile e all’inclusione di tutti e di ciascuno nel contesto
socioculturale di appartenenza.
Il riferimento è al lavoro di rete che, come vedremo più avanti, costituisce una metodologia
fondamentale nel lavoro educativo.
Come già detto, la presa in carico dei bisogni speciali di per sé non guarisce il deficit o la patologia della
persona, ma fornisce sostegno e accompagnamento competente fondamentali affinché il soggetto possa
sentire di “essere nel mondo”.
Canevaro nota che nell’accompagnamento competente sono riconoscibili due elementi:
1) l’essere insieme, collegati da un’interfaccia che permette di tenere insieme le differenze.
Questo elemento fa riferimento a concetti quali “autonomia solidale”, “processo reciproco”, ecc.;
2) l’essere insieme in una prospettiva progettuale che investe il futuro. Prevedere significa
sviluppare le capacità necessarie per eliminare gli ostacoli sia personali che circostanziali.
L’educatore professionale si rende spesso conto della difficoltà di passare dal desiderio di
costruire un percorso di aiuto personalizzato alla costruzione effettiva di un percorso che permetta
al disabile di diventare sogetto della sua storia, protagonista del suo presente e del suo futuro.
Tale difficoltà è spesso dovuta alla mancanza di un sapere come fare, nei termini di una concreta
competenza da applicare nelle particolari e reali situazioni di vita.
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Per l’educatore l’apprendimento attraverso l’azione è una delle modalità principali per capire come
affrontare situazioni anche molto complesse: la competenza di un educatore deriva spesso dalla
riflessione sugli esiti delle azioni intraprese, che permette di comprendere il modo migliore di riformulare
le azioni future.
Riflettendo sul lavoro degli educatori, possiamo distinguere due tipi di didattiche relazionali:
1) didattiche relazionali implicite Si configurano come competenze metodologiche, cioé
modalità di strutturazione di relazioni significative che, a loro volta, comportano capacità di
organizzazione, di osservazione, di programmazione e di valutazione.
Tali didattiche servono per evi