Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
L’EDUCATORE E I MINORI STRANIERI NON ACCOMPAGNATI (MSNA)
Negli ultimi anni il fenomeno della migrazione dei minori stranieri non accompagnati ha assunto rilevanza
sia dal punto di vista quantitativo sia per i problemi legati alla definizione di percorsi educativi volti
all’inserimento di queste persone nel contesto di vita italiano.
Le principali tipologie di MSNA sono:
1) minori che chiedono asilo o per i quali sono previste misure di protezione temporanea per motivi
umanitari;
2) minori giunti in Italia per ricongiungersi ai familiari senza avere i requisiti richiesti dalla legge;
3) minori sfruttati giunti in Italia attraverso la criminalità organizzata.
Istituzionalmente i principali soggetti incaricati di accogliere e prendere in carico i MSNA sono le
10
Regioni e i Comuni.
In alcune città sono presenti degli uffici minori stranieri che lavorano in collaborazione con i servizi
sociali, le unità di strada, ecc. e che intervengono nella fase della prima accoglienza, quando maggiori
sono i rischi di abuso e sfruttamento dei minori.
L’educatore incontra il MSNA nelle strutture di prima o seconda accoglienza e prende in carico il caso
su mandato del Comune o dei servizi educativi territoriali.
Per riflettere sulla progettazione educativa individualizzata relativa ai MSNA occorre riferirsi al quadro
normativo.
La normativa vigente sottolinea la necessità di tutela del MSNA, ma non delinea chiaramente le strategie
di presa in carico ai fini educativi.
In assenza di vincoli precisi, l’intervento dell’educatore è volto come minimo a garantire l’inserimento
del minore in una struttura comunitaria e la frequenza scolastica o di corsi di formazione professionale.
Per progettare un percorso formativo rivolto a un MSNA, l’educatore deve elaborare delle ipotesi sulla
direzione di crescita che consenta al minore un’effettiva integrazione sociale.
L’educatore deve stimolare nel minore la mobilitazione delle risorse personali per rielaborare emozioni
antitetiche legate alla scelta di emigrare, con tutte le aspettative connesse, e alla situazione effettiva che si
configura all’arrivo in Italia.
L’educatore dovrà tener conto delle emozioni del minore legate al sentirsi solo e al senso di precarietà e
incertezza riguardo al futuro.
Il principale traguardo formativo che l’educatore deve considerare riguarda l’autonomia del MSNA,
sia relativa al proprio sostentamento (casa e lavoro), sia relativa alla capacità di orientarsi nelle scelte e
decisioni da prendere in Italia.
Un esempio di obiettivo formativo più circoscritto riguarda la capacità del ragazzo di creare nuove reti
sociali.
I minori soli, appena giunti in Italia, fanno unicamente riferimento ai connazionali casualmente incontrati
per strada.
L’educatore deve favorire l’acquisizione di maggiore autonomia da parte dei MSNA che consenta loro
di costruirsi nuove reti di amicizie e supporto, rapportandosi con adolescenti e gruppi etnici diversi dal
proprio. 11
Un primo oggetto educativo relativo ai MSNA riguarda la ricostruzione della loro identità, aspetto
particolarmente delicato perchè alle difficoltà di costruire una propria identità tipica dell’adolescente, si
aggiunge la difficoltà di farlo in un Paese straniero.
La situazione diventa più complessa quando il minore arriva in Italia in base a un progetto della sua
famiglia che considera il paese di destinazione come luogo ricco di opportunità. E’ compito
dell’educatore mediare tra le aspettative del minore e della sua famiglia e la realtà italiana.
Un secondo ambito di oggetti educativi riguarda l’educazione ai valori socialmente condivisi e alla
cittadinanza.
Per migliorare le condizioni di vita del minore un ruolo centrale è rappresentato dall’apprendimento
dell’italiano, in quanto per molti MSNA l’arrivo in Italia è caratterizzato da un’assoluta impossibilità di
capire e farsi capire.
L’educatore inizialmente può comunicare col minore usando una lingua ponte (di solito la lingua inglese
o francese) e deve proporre al ragazzo la frequenza di corsi di lingua italiana presso i centri territoriali
permanenti o presso associazioni di volontariato.
I luoghi in cui svolgere il lavoro educativo con i MSNA sono diversi:
1) Le comunità alloggio Costituiscono un setting strutturato in cui i ragazzi vivono e fanno esperienza
di condivisione con gruppi etnici diversi.
L’educatore può operare secondo due registri:
A) il setting già strutturato gli permette di assumere un ruolo preciso e riconosciuto per gestire i problemi
della vita comunitaria (organizzare i turni per le pulizie, per l’aiuto in cucina, ecc.);
B) egli può assumere un ruolo più informale, favorendo la creazione di spazi spontanei di dialogo
consentendo ai minori di sentirsi parte di una relazione e di rielaborare i loro vissuti.
2) I CAG I minori possono accedere ai centri perchè indirizzati dalla scuola o dai servizi sociali (in
questo caso vengono seguiti da un educatore di riferimento secondo un PEI); oppure possono giungervi
casualmente e solo successivamente il loro caso viene preso in carico dai servizi sociali.
3) La strada Anche la strada, dove l’educatore incontra i MSNA, può diventare un setting formativo
se l’educatore stesso opera intenzionalmente e strategicamente.
La maggior parte delle strategie educative con i minori stranieri soli richiede l’instaurarsi di una
relazione di fiducia tra educatore e ragazzo. 12
Lo strumento è il dialogo a partire dall’esperienza, come occasione di confronto sull’evoluzione
della storia di vita del ragazzo, per favorire la ristrutturazione della sua identità.
I compiti dell’educatore nel lavoro con i MSNA devono prevedere due passaggi fondamentali:
1) il sostegno di fronte alle paure e il supporto nella rielaborazione del processo negativo di
etichettamento da parte dei coetanei;
2) la promozione del processo di costruzione di un sentimento positivo rispetto all’autostima e del
potenziamento della capacità progettuale del minore.
Nodi critici
1) rischio di focalizzarsi eccessivamente sul sostegno materiale (ricerca di una casa e del lavoro);
2) rischio di strutturare percorsi formativi per rispondere all’esigenza di inserimento nei percorsi
scolastici e formativi e dell’apprendimento della lingua italiana, elementi essenziali, ma insufficienti per
rispondere alla complessità delle domande educative del minore.
L’educatore può evitare questi rischi attraverso la disposizione al dialogo, la creatività nell’individuare
risorse da valorizzare e strade da intraprendere.
L’EDUCATORE NEI CASI DI SOSPETTO MALTRATTAMENTO E ABUSO DI MINORI
A partire dagli anni Novanta si è notata un’accresciuta consapevolezza da parte dei servizi territoriali
delle problematiche connesse al maltrattamento e all’abuso dei bambini.
Gli educatori non sono soltanto coinvolti nel lavoro presso le comunità residenziali per minori allontanati
dalla famiglia, ma anche nelle fase della rilevazione che precede l’eventuale allontanamento del minore
dalla famiglia e che viene svolta, ad esempio, presso i centri diurni.
Nei casi di sospetto maltrattamento o abuso su minori, si costituisce una rete di operatori (psicologi,
neuropsichiatri, ecc.) e gli educatori sono spesso chiamati a cooperare con gli assistenti sociali.
Il servizio sociale può ricevere le segnalazioni di presunto maltrattamento o abuso su minori attraverso
diversi canali:
1) canale scolastico o attraverso altri servizi educativi. Ad esempio, gli insegnanti segnalano la loro
preoccupazione per la sofferenza manifestata da un bambino o per la loro difficoltà a gestirne i problemi
comportamentali.
2) le situazioni problematiche possono essere già conosciute dai servizi a causa di interventi precedenti
13
rivolti al nucleo familiare (esempio: genitori tossicodipendenti o con problemi psichiatrici).
3) aiuto richiesto dagli stessi genitori che formulano domande spesso incongrue rispetto ai reali problemi
del bambino. Esempio: richiedono per il figlio un sostegno scolastico, ma di fatto la sua sofferenza è
molto profonda.
Nei casi di presunto maltrattamento o abuso di minori, l’educatore può assumere diverse posizioni:
1) L’educatore come riparatore del bambino
E’ una posizione che riguarda particolarmente i casi in cui emerge un’evidente sofferenza da
parte del bambino riconducibile ai comportamenti dei genitori.
L’educatore può rischiare di intervenire offrendo un immediato aiuto per alleviare la sofferenza del
minore operando contemporaneamente una squalifica dei genitori.
Ciò genera una semplificazione rassicurante dei ruoli: l’educatore è il “buono”, i genitori sono i “cattivi”
da estromettere e il bambino la “vittima” da salvare.
E’ una situazione in cui l’educatore rischia di non osservare con la necessaria attenzione i rapporti tra
genitori e bambino, importante per comprendere le radici del disagio. Si tratta inoltre di un
atteggiamento che può indurre nei genitori reazioni di rifiuto.
2) L’educatore come sponsor del genitore
E’ una posizione che l’educatore può assumere quando è il genitore stesso a chiedere il suo intervento.
L’educatore tende a identificarsi con i genitori e ad attivare particolari interventi a sostegno della
genitorialità.
Si tratta di una posizione rischiosa soprattutto quando la situazione è di effettivo maltrattamento del
minore: l’educatore offre aiuto ai genitori maltrattanti e si colloca ad di fuori della logica corretta di
offrire tutela al minore.
Se si dovesse arrivare alla necessità di un intervento del Tribunale dei Minori, i genitori possono sentirsi
traditi. dall’educatore.
3) L’educatore come investigatore in incognito
Riguarda i casi in cui esiste un rapporto controverso tra il servizio sociale e la famiglia: l’educatore si
colloca in una posizione di “spia” del servizio sociale.
La situazione può generare confusione nell’educatore circa il proprio ruolo (“Ma è questo il mio
14
lavoro?”)
La famiglia e il minore possono intuire l’ambiguità della posizione assunta dall’educatore, che
percepiscono lontano emotivamente, pronto a cogliere “indizi” da riportare ai servizi sociali.
Per affrontare adeguatamente le problematiche descritte, è utile richiamare i concetti di contesto e
metacontesto.
Il contesto è il campo in cui prende forma e significato un comportamento umano e l’insieme
delle regole in cui la persona si trova immersa.
Esso è caratterizzato da una dimensione oggetti