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LA LIBERTA’
Il gioco è un atto libero non tanto o non solo perché in esso si possa fare ciò che si
vuole ma quanto una libertà dalal sfera della soddisfazione dei bisogni primari.
Il gioco è educativo perché è profondamente libero, perché è separato dalla logica
mezzi-fini. Il gioco è libero perché è distaccato dalle cose mondane. Il gioco viene
contrapposto al necessario e quindi a tutte le attività che servono a soddisfare i
bisogni e che producono beni e risultati.
Per Turner dell culture tribali e agricole il gioco non è contrapposto al lavoro infatti
l’intera comunità è impegnata nei riti “ LVORO SACRO” necessario alla riproduzione
benefica dei ritmi comunitari Quindi il rito, il gioco sono utili al fine di mantenere e
infondere benessere nella comunità.
Nella società industrializzate il gioco è uno strumento di intrattenimento e di svago e
quindi oggetto di scelta individuale.
La liminalità è un lavoro coatto e comunitario che si può applicare solo alle società
cicliche. Turner conia il termine LIMINOIDE che si può adattare a fenomeni di svago
legate alla scelta personale e espressione di una individualità.
Distinzione liminale e limino ide i fenomeni limino idi nei quali l’individuo compie
gesti azioni e performance che godono di creatività sono più liberi dei fenomeni
liminali nei quali i soggetti sono costretti i una zona separata e inviolabile e costretti
all’indistinzione.
Liminialità è il potere di trasformare il reale come libertà di trascendere il dato
materiale immaginando la sua possibile ulteriorità.
2.2 il cerchio magico
La liminalità potrebbe essere simboleggiata da un cerchio magico delimitati e
conchiuso nel quale accadono eventi speciali, extra-ordinari, differentemente da
quanto accade nelle attività quotidiane.
Il luogo dove si svolge il gioco è separato dallo spazio ordinario perché viene
delimitato formalmente . Chi gioca trasforma il suo mondo per farne un luogo
incantato dove non vigono le consuete regole spazio-temporali
Huizinga identifica la separazione e la delimitazione dello spazio come una
caratteristica fondamentale del gioco.
Anche il tempo ordinario viene sospeso e acquisisce caratteristiche speciali infatti il
gioco dona presente, ci tiene attenti e presenti qui ed ora.
2.3 Il sacro tra credere e non credere.
2.4 Performance nello spazio transazionale
Il gioco creando una cornice di spazio-temporale libera istituisce un altro mondo
accanto al mondo ordinario un mondo IN IMMAGINE nel quale realizzare potenzialità
che sono rimaste inespresse nella realtà.
Il ruolo del gioco nello sviluppo mentale del bambino per VYGOTSKIJ il bambino vive
in un mondo in cui attribuisce autonomamente significato alle cose e inventa per loro
un senso.
Il bambino nel gioco impara ad accettare la situazione di delusione e frustrazione
perché il tutto si sviluppa in una dinamica di illusione e collusione con la madre.
WINNICOTT il gioco è l’esperienza transazionale per eccellenza che nella vita si
trasforma nell’esperienza creativa. L’area intermedia permette all’individuo di fare
esperienza dell’oscillazione tra mondo interno ed esterno. L’area transazionale è una
zona protetta, separata, di transizione che consente possibilità impensabili e
inverosimili.
La rappresentazione artistica funziona se gli attori e gli spettatori sono sinceramente
coinvolti. E’ lo sguardo incantato a donare sincerità all’azione ludica, è la presenza
viva del performer a donare verità alla scena, a renderla autentica per lo spettatore’.
la pratica della consapevolezza e della presenza richiede una grande dispendio
energetico e il superamento dello scollamento tra corpo e mente ( come lo yoga). Il
pensiero deve incatenarsi al corpo in modo da formare una mente incarnata o un
corpo pensante.
Il corpo nella performance psicofisica come nel gioco ha bisogno di una grande
dispendio energetico che chiamiamo ENERGIA DI LUSSO. Ci deve essere una presenza
viva, bisogna padroneggiare ogni impulso.
Per descrivere tale disposizione psicofisica Grotowski dice che nel teatro è necessario
liberarsi da ogni blocco psichico che impedisce all’attore di donarsi completamente. La
rappresentazione è credibile se l’attore si denuda della sua rutine e dai suoi blocchi e
si dono totalmente alla relazione con il pubblico. Grotowski parla di ATTORE SANTO.
Per il carattere di liminalità e transizionalità ( protezione e separazione) il gioco e la
performance costituiscono una qualità dell’esperienza diversa dalla quotidianità. Sono
zone di rielaborazione e rappresentazione dell’esperienza, nelle quali la vita viene
doppiata.
Nel gioco come nella dimensione artistica avvengono delle performance nelle quali si
compie nuovamente e ritorna eternamente l’azione simbolica del corso del mondo.
L’artista e il giocatore nella loro tensione creativa sono i testimoni e gli eredi del puer
ludens e con massimo impegno dovranno lottare per tornare là dove il fanciullo
beatamente regna sovrano.
Grazie all’artificialità e alla finzione, la realtà transazionale acquisisce un luminoso
carattere di autenticità. Il gioco rapisce nell’incatenamento e chi non è in grado di farsi
incatenare NON SA GIOCARE.
2.5 La componente drammatico -polemica
Il gioco si nutre si contrapposizioni e antinomie, tra serietà e divertimento, tra
solitudine e compagnia, tra verità e finzione, tra libertà e normatività. Quasi ogni gioco
è dominato da una tensione contrappositiva.
Per Huzinga la guerra è ludica quando si svolge tra pari grado e ha una funzione
rituale e normalizzante, prende la forma di uno scontro tra due gruppi omologhi
oppure può tradursi in uno scontro rituale che evita il conflitto svolgendo una funzione
esemplare di accordo fra le parti. Tali forme di scontro rivelando tratti comuni con il
gioco: delimitazione del campo, regolazione di norme, ritualizzazione con
travestimenti.
Per le società industriali le forme rituali o liminali con tratti significativamente ludici
non hanno un peso rilevante per le comunità come processi che accompagnano e
ritmificano l’intera vita sociale e si trasformano un attività individuali non necessarie,
facoltative , LIMINOIDI.
Nel gioco la situazione dei giocatori può ribaltarsi più volte durante una partita a
seguito delle mosse e delle azioni e questo aspetto viene descritto da Thompson che
lo definisce come componente DRAMMATICA del gioco.
Il gioco sopravvive solo se i componenti che si fronteggiano sono di pari valore o
livello. Il ludico si esaurisce quando l’equilibrio tra le due parti viene meno, si esaurisce
quando il conflitto esce dalle regole stabilite.
Per Caillois il gioco non è un’isola di gioia ma inquietante, un’area perturbante dove
INTERESSI E PASSIONI non si lasciano dominare facilmente.
CAPITOLO 3 L’anima del gioco
3.1. Il paradosso: insegnare a giocare
Il gioco non è appreso culturalmente, i bambini semplicemente giocano. Il compito
dell’educatore non è quello di insegnare ai bambini a giocare e quindi si trovano
costretti ad ammettere quanto sia difficile entrare e sostare nel mondo del gioco dei
bambini. Gli adulti non riescono a parteciparvi autenticamente e non si divertono
perché non credono alla magia della finzione. E’ difficile per un educatore ammettere
di annoiarsi a giocare con i bimbi, eppure questa condizione frequente.
L’educatore sa che nel gioco è nascosto l’apprendimento, la rielaborazione delle
emozione, l’interiorizzazione delle norme e dei valori.
GIOCARE E’ UAN QUESTIONE DI SGUARDO, UNA QUESTIONE CORPOREA, E’ UNA
DISPOSIZIONE D’ANIMA Più CHE UN’ATTIVITA’.
Se l’educatore entra troppo nel processo, nelle dinamiche e nelle relazioni, non sta più
educando ma GIOCA nella situazione il suo mondo vitale. Viceversa se non entra nel
processo non può educare e giocare ma dirige il gioco.
La posizione adatta dell’educatore è quella che invita a una DISTANTE INTIMITA’, una
posizione paradossale, liminale, potenziale e transazionale. L’educatore deve lasciarsi
guidare da una disposizione appassionata per la materia animata dell’infanzia perché
può giocare in modo autentico solo se recupera uno sguardo capace di incantarsi nel
gioco e al tempo stesso rimane educatore. Si tratta quindi di una DISPOSIZIONE
D’ANIMA.
Il compito dell’educatore è quello di nutrirsi della materia pungente e aspra del gioco,
di assaggiare le complicate mescolanze, di nutrirsi del suo nettare e accettarne le
architetture contraddittorie. Dal gioco non dovrà poi guarire , ma rimanerne contagiato
e appestato, dovrà far esplodere il potenziale trasformativo ed eversivo della
disposizione di un educatore, di un giocatore incantato.
3.2 Tracce di immaginario adulto sull’infanzia
L’infanzia è l’anima del gioco, è il suo cuore pulsante. Lo sguardo infante è presente
nella sensibilità del poeta, dell’attore e del giocatore quindi nell’educatore e nel
bambino.
I nostri atteggiamenti PUER non sono legati all’età giovanile. Il PUER è la capacità di
credere nel cerchio magico, nello spazio transazionale e liminale di ogni attività ludica
ed immergersi in essa con le qualità di un fanciullo sognante.
La dimensione del gioco si mescola e sovrappone con la dimensione simbolica
dell’infanzia.
IL BIMBO CHE NON GIOCA NON E’ UN BIMBO PERO’ L’UOMO CHE NON GIOCA HA
PERSO PER SEMPRE IL BIMBO CHE VIVE IN LUI.
Partendo dall’erotismo il bimbo è compreso in un doppio legame cioè a esso viene
negato e represso ma al tempo stesso è stimolato da una sessualizzazione precoce.
POSTMAN parla di SCOMPARSA DELL’INFANZIA nella società occidentale poiché con
la diffusione di massa dei mezzi di comunicazione i bimbi tornano ad essere posti di
fronte alla rappresentazione della realtà senza filtri quindi possono accedere al sapere
sulla violenza e sulla sessualità al apri degli adulti e quindi diventano PRECOCEMENTE
GRANDI.
Dal punto di vista temporale il bimbo è riempito di ogni tipo di attività per impedire
ogni forma di libero dispiegamento dei suoi atti e dei suoi sogno ad occhi aperti e
quindi i tempi per giocare si ritagliano laddove è possibile. Ma è anche vero che il
desiderio di giocare nasce dal vuoto, dalla noia e dall