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MODELLI DI APPRENDIMENTO
Premessa
L’educazione prescolare è iniziata in Italia, come in Europa, nei
primi decenni del secolo scorso; sia il lavoro femminile, dovuto
alla rivoluzione industriale, che creava problemi di custodia dei
bambini, sia le idee illuministiche e gli ideali democratici della
rivoluzione francese, evidenziarono la necessità di provvedere
all’educazione dell’infanzia.
Queste esigenze si tradussero in istanze educative che si
svilupparono con vari pedagogisti. Verso il 1830 Ferrante Aporti
istituì le prime “Scuole infantili”, le quali, nonostante i suoi sforzi
restarono delle semplici sale di custodia, anche per la scarsa
competenza delle maestre.
Più avanti, con la diffusione del metodo froebeliano, le cose non
migliorarono, anche se i “Giardini d’infanzia” avevano una 1
maggiore specificità educativa e davano ampio spazio al gioco
educativo.
Questi “asili” considerati ancora istituti di assistenza, come tali
dipendevano dal Ministero dell’Interno, anziché da quello della
Pubblica Istruzione e, quindi, non sottoposti a impero di leggi, ma
al buon senso e alla buona competenza di chi li amministrava.
Queste situazioni si protrassero fino all’inizio del ‘900, quando le
l’esperienze delle loro “Scuole materne”,
sorelle Agazzi diffusero
dove si valorizzava l’istruzione sociale e non solo la custodia e
l’assistenza. Contemporaneamente nascevano le “Case dei
bambini” della Montessori, grande conoscitrice dell’animo
infantile, prima donna medico, che portava con sé un grande
bagaglio di esperienza con i bambini handicappati. La sua venne
chiamata “pedagogia scientifica” ed aveva due obiettivi: quello
sociale, cioè accogliere i bambini in un ambiente appositamente
strutturato e con materiale didattico specifico; quello pedagogico,
cioè educare il bambino e le famiglie. Il metodo agazziano e
quello montessoriano rivoluzionarono la pedagogia dell’infanzia, 2
in quanto il bambino diventava soggetto di educazione e non più
redatti i primi “Programmi”
oggetto. Finalmente nel 1914 furono
accompagnati da “Istruzione e orari” per gli asili infantili.
Essi risentirono fortemente dei modelli educativi nati all’estero e
misero ordine nel variegato panorama delle iniziative private
distinguendo nettamente le scuole infantili da quelle primarie.
Questi “Programmi”, infatti, davano larga importanza alla pulizia,
ricusando l’istruzione prescolare.
al nutrimento e al gioco-lavoro,
In tal modo si affermava l’autonomia didattica della scuola
materna rispetto alla scuola elementare, ma tale autonomia venne
compromessa dalla Riforma Gentile del 1923, la quale
denominava l’educazione del bambino “grado preparatorio”.
Nel 1945, poi, furono emanati “Programmi, Istruzioni e Modelli
che anche se rispecchiavano
per la scuola elementare e materna”,
in larga parte quelli del 1914, affermavano che la “scuola
materna” non può sostituirsi alla famiglia nell’ educazione del
bambino, ma deve integrarne l’opera e sollecitarne le esperienze. 3
Dopo tredici anni, finalmente, nel 1958 vennero pubblicati gli
“Orientamenti per l’attività educativa della scuola materna”, che
sostenevano il principio della piena autonomia didattica della
scuola del bambino rispetto alla scuola del fanciullo.
“Orientamenti” a “Programmi”
Infatti, la sostituzione del termine
è significativa nell’indicare la flessibilità dei contenuti e dei
metodi di questo grado di scuola, più adeguati alla realtà familiare
e ambientale del bambino e al suo mondo psicologico.
L’istituzione della scuola materna statale giunge, finalmente, con
la legge 444/68 e trova il suo profilo didattico e pedagogico negli
“Orientamenti” del ’69.
Con essi si supera la logica del servizio di assistenza e custodia e
si dà maggiore importanza alla cultura e alla competenza delle
educatrici; si riconosce il diritto di tutti i bambini, in età
prescolare, ad una scuola gratuita ed estesa su tutto il territorio
dello Stato e, più importante, si propone un’educazione integrale
proiettata in una dimensione di promozione personale e sociale.
Nel lungo periodo che si è interposto tra gli “Orientamenti” del 4
’69 e quelli del 1991 la nostra società è stata caratterizzata da
grandi progressi e la scuola si è adeguata ad essi grazie ad
innumerevoli interventi legislativi.
Di particolare importanza sono i Decreti delegati del 1974, in
special modo il n.416 istitutivo degli “Organi Collegiali” che
hanno consentito ai genitori di partecipare alla gestione della
scuola e 417 che, tra l’altro, ha ridotto l’orario di servizio delle
docenti da 42 a 36 ore settimanali.
Con l’O.M. 97/76 è stato consentita la partecipazione ai concorsi
di scuola materna anche alle insegnanti provenienti dagli Istituti
magistrali; mentre la legge 903/77 ha aperto le porte della scuola
materna anche agli insegnanti di sesso maschile.
Particolarmente importante è la legge 463/78 che, oltre ad
un’ulteriore riduzione dell’orario da 36 a 30 ore settimanale,
sopprime la figura dell’assistente e quella dell’insegnante aggiunta
ed istituisce il doppio organico; ancora la legge 270/82 stabilisce
un numero massimo di 20 alunni nelle classi dove sono presenti
bambini handicappati; poi la legge 517/77 che istituzionalizza 5
l’integrazione dei bambini portatori di handicap nelle scuole
comuni.
Con i Nuovi Orientamenti del 1991 la scuola materna si è posta
all’avanguardia rispetto all’intero ambito scolastico. Essi ci
presentano un piano perfettamente aggiornato ed adeguato ai
cambiamenti della nostra società, che come dice il sociologo
Luhmann è una “società complessa”, cioè caratterizzata da un gran
numero di elementi e relazioni e da mutamenti nelle parti e nelle
relazioni. I Nuovi Orientamenti ci presentano un ambiente
educativo progettato per poter sviluppare al meglio le capacità del
bambino partendo dalla sua realtà culturale, linguistica e sociale.
In essi si fa riferimento anche alla multiculturalità e alla plurietnia;
la scuola materna diventa il primo luogo specializzato per
l’educazione e l’apprendimento e suo compito primario è
conoscere il vissuto del bambino, mettendosi in rapporto di
continuità e di correlazione, sia con la famiglia, che con le altre
agenzie educative presenti sul territorio. In questo modo, essa può
filtrare e valorizzare le esperienze extrascolastiche del bambino 6
a raggiungere una capacità critica ed un’autonomia di
per aiutarlo
comportamento in grado di difenderlo da eventuali
condizionamenti negativi. È chiaro che l’istruzione non ha per
scopo l’accumulo di abilità, ma è diretta a dinamizzare la mente
mediante processi di continua riorganizzazione.
Quindi fine ultimo della scuola materna è quello dello sviluppo
integrale della personalità del bambino attraverso la maturazione
dell'identità, la conquista dell'autonomia e lo sviluppo della
competenza. Finalità, queste, che vanno perseguite mediante
un'attenta rilevazione dei cambiamenti che si verificano nelle varie
aree del comportamento o attività psicologiche, come il pensiero,
il linguaggio, la sfera affettiva, emotiva ecc.; infatti lo sviluppo
avviene attraverso percorsi individuali differenti da soggetto a
soggetto, passando man mano per fasi di accelerazione e di
rallentamento su cui incidono fortemente fattori ambientali e
genetico-strutturali.
Anche il Piaget per descrivere lo sviluppo si richiama alla
“maturazione fisica” e all’esperienza sociale” ponendole in stretta 7
interconnessione. Nel periodo che va dai tre ai sei anni, nel
bambino si verificano processi che partano da una “base percettiva
motoria manipolativa” per poi condurre progressivamente ad
mentale sempre più “simbolico-concettuale”.
un’attività
Al suo ingresso nella scuola materna il bambino è spinto dalla
curiosità, dal bisogno di esplorare la realtà che lo circonda, tramite
il movimento e il fare acquisisce una competenza pratica
all’uso dello spazio.
finalizzata
Egli, inoltre, impara progressivamente a servirsi dei simboli,
infatti traccia dei segni su di un foglio bianco e afferma che quella
è la sua casa, anche se il disegno non ha nulla di una casa, per lui
l’immagine tracciata è il “significante” che sta per un
“significato”, appunto quello della sua casa.
A quest’età le parole, le immagini, i numeri, i diagrammi, ecc.
sono simboli che rappresentano il mondo che lo circonda e, quindi,
il suo pensiero.
Nello sviluppo cognitivo hanno uno specifico ruolo il complesso
degli apparati culturali che la scuola materna ha a disposizione per 8
stimolarlo e fare in modo che egli passi da forme di conoscenze
indistinte a quelle concrete.
Non meno importante è lo sviluppo affettivo; L'affettività è una
componente che, soprattutto nell'età infantile, permea l'agire e il
pensiero del bambino monopolizzando le sue relazioni sociali.
Infatti, il bambino non ha ancora acquisito una buona capacità di
controllare i propri stati affettivi, e tutte le sue azioni sono basate
sulla simpatia, l'antipatia e la gelosia. Tenendo presente che egli
ha ancora una posizione egocentrica, possiamo notare che cerca la
compagnia degli altri, ma "l'amico" è colui che fa ciò che egli
vuole, senza uno scambio reciproco. Le esperienze conflittuali che
vivono i bambini sono importanti per il passaggio dalla fase
egocentrica a quella sociale. In questo sviluppo si individuano,
secondo il Piaget, tre stadi: competenza (condizione passiva),
coesistenza (stadio di nascita delle prime relazioni), convivenza o
socializzazione (stadio in cui ci si abitua a convivere con gli altri).
Importanti sono anche i rapporti che egli ha con l'adulto, sia
genitore che insegnante, per un giusto equilibrio sociale e 9
comportamentale, infatti se i rapporti sono troppo autoritari si
generano frustrazioni, mentre se sono aperti si svilupperà la
creatività. Infine abbiamo lo sviluppo motorio che è legato allo
sviluppo corporeo. Il primo traguardo di questo sviluppo interessa
le capacità "senso percettive" che si individuano negli organi di
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