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27 EMPATIA DELL’EDUCAZIONE ED EDUCAZIONE ALL’EMPATIA
Empatia etnoculturale e pregiudizio
Essendo l’empatia etnoculturale un concetto nuovo nell’indagine psicologia, gli studiosi non hanno ancora avuta la maniera di
analizzare le connesssioni fra l’empatia etnoculturale e il pregiudizio nei confronti delle personi appartenenti a culture differenti
dalla propria.
Infatti Albiero, Bragaglia e Matricardi si sono interessati di accertare che quando l’empatia etnoculturale raggiunge alti livelli
potessero essere preannunziazioni di bassi livelli di pregiudizio interetnico in un gruppo di 124 adolescenti. Gli strumenti usati
nell’indagine sono stati la Scala di empatia etnoculturaie (Wang et al., 2003), la Scala di pregiudizio latente e manifesto
(Pettigrew, Meertens, 1995). Gli esiti dell’indagine rilevano la presenza di un valido collegamento negativo fra l’abilità di
empatizzare con persone appartenenti a etnie diverse dall’etnia italiana e l’esistenza di pensieri pregiudiziali (latenti o manifesti)
verso di loro. Quindi le persone che provano empatia etnoculturale nei confronti di gruppi o nazioni diverse dalla loro partecipano
ai loro sentimenti di frustrazione, si impegnano di capire i disagi dell'essere straniero in un paese in cui ci si tenta di inserire,
tentando ad accettare gli usi culturali rappresentati da persone di etnie differenti. Stephan e Finlay(1999), provano che, tramite
adeguate tecniche, programmi educativi multiculturali, indirizzati al potenziamento delle abilità empatiche, è ammissibile
diminuire i livelli di pregiudizio.
L'empatia nei contesti organizzativi
Negli ultimi anni i travolgenti mutamenti hanno interessatto sia la composizione multietnica della società che un definitivo
cambiamento del mercato, del mondo del lavoro che ha visto maturare l’obbligo di una trasformazione di punto di vista, che mira
sull’abilità emotiva dei lavoratori. Infatti per tanto tempo nelle organizzazioni l’importanza è stata messa sull'esperienza maturata,
sulle abilità tecniche, mettendo in disparte quell'insieme di capacità relazionali, di gestione emozionale, conosciuta come
intelligenza emotiva, dove ricopre una funzione essenziale la parte empatica.
Infatti il concetto di intelligenza emotiva fu coniato da Goleman (1995), evidenzia il valore produttivo di una forte, consapevole
gestione del patrimonio emotivo che le persone portano dentro di loro, nella vita giornaliera nello stesso modo nel contesto
lavorativo, dove la manifestazione regolata, positiva dei propri sentimenti contribuisce al perfezionamento dei rapporti
interpersonali, a uno sviluppo costruttivo di possibili dissisi. Così, l'empatia è reputata un’abilità indispensabile per regolare i
legami interpersonali, pure negli ambiti lavorativi e organizzativi.
Una buona gestione delle emozioni
Gestire in modo adeguato, competente, efficace le proprie emozionie in modo tale da consentire una serena cooperazione volta
allo scopo di giungere gli obiettivi comuni. E questo è più importante nel mondo del lavoro di oggi, in cui si sente il bisogno di
superare la vecchia divisione fra vita privata, quale momento di menifestazione della proprio individuo, e vita lavorativa, quale
posto in cui si nascondono frequentamente insuccessi e doveri ai quali bisogna compiere. Gli esiti di indagini attuali credono
convalidare un interesse crescente delle aziende per candidati, dipendenti che hanno buone abilità di gestione delle emozioni.
Ecco un esempio di un sondaggio effettuato dalla American Society for Training and Development (ASTD, 1997), con lo scopo di
analizzare le pratiche divulgate nelle maggiori società per la misurazione che mette a confronto dei servizi, fece emergere che nel
misurare le prestazioni, come pure nella selezione del personale, quattro aziende su cinque puntavano a promuovere nei propri
dipendenti le capacità riguardanti all'intelligenza emotiva, per mezzo di programmi di training e sviluppo, e anche una sequenza di
indagini finanziate da trecento aziende provano che una vasta varietà di posizioni professionali, lavorative sono la soluzione di
gran lunga maggiore rispetto alle abilità emotive che alle abilità cognitive (Spencer,1993).
In un mercato di lavoro sempre più efficiente l’investimento dovrebbe puntare sia al capitale materiale e intellettivo che alla
crescita del capitale cosciente e volta allo scopo del capitale emozionale delle risorse umane, mai quanto adesso sono essenziali
nel favorire, appoggiareil successo dell’organizzazione.
Per finire nel mondo dell’empatia dirigiamo il nostro interesse agli ambiti educativi, relazionali ecc. che possono avere una
funzione risolutiva nell’evoluzione socioemotiva del bambino, centralizzandoci specialmente nella scuola.
Nel pregio inoltre della funzione che l’empatia ha nei modi di risposta sociale, essa avrà un’elevata importanza nell’ambito
scolastico, dove i rapporti interpersonali sono importantissimi, abituali.
Nel dettagli questa argomentazione indicheremo sia un profilo dell’insegnante empatico, che evidenzieremo l’importanza
dell’empatia come agevolatore delle relazioni fra insegnante e alunno, come caratteristica stimolante per imparare una qualunque
materia.
Per finire consiglieremo la plausibilità di attuare programmi di educazione all’empatia che possono arrichire la formazione
scolastica e delineeremo dei percorsi dei training abitualmente usati per accrescere l’abilità empatica sia pensandoli
individualmente che includendoli nell’ambito più esteso dell’educazione alle social skills.
Empatia dell'educazione: La risposta empatica, a inziare da un’attitudine di nascita filogenetica, si sviluppa sia tramite la
comparsa di forme di mediazione cognitiva che a poco a poco diventano artefatte che con l’aiuto dell'aumento di quella
disponibilità affettiva, a fare propri gli stati emotivi di un altro individuo. I rapporti interpersonali rappresentano un principale
spazio di scambio in cui le persone accrescono le loro esperienze relazionali, confrontandosi con altre persone, imparando a
diversificare e provare uno spazio sempre più grande di reazioni emotive sia in loro stessi che divendo per concludere più
coscienti di stimoli che possone sollecitare risposte empatiche.
La letteratura ha indentificato le caratteristiche di socializzazione, trattando un'azione integrata, sono capaca di promuovere lo
sviluppo dell’abilità empatica, come la famiglia e la scuola. Per questo si svolgono indagini sugli stili genitoriali, le pratiche
educative e quelli sulla relazione fra insegnante e alunno.
Stili parentali e disciplina: Hoffman (2000) afferma che essere genitori empatici, per esempio sperimentando la solidarietà con le
altre persone, può incoraggiare i propri figli a fare la medesima cosa nella loro vita quotidiana. Secondo l’autore, appunto, nella
relazione genitori-figli, le pratiche educative possono divenire uno spazio essenziale per educare i figli a tenere in considerazione
le altre persone e a valutare le possibili ceffetti delle proprie condotte.
Empatia e pratiche educative: Dal punto di vista di Hoffman, lo stide educativo più adeguato a sviluppare le abilità empatiche
dei figli è quello "induttivo", in cui i genitori rilevano il punto di vista di un’altra persona, stanno attenti alla sofferenza degli altri
e fanno capire ai bambini quali loro azioni causano danni alle altre persone. Conseguentemente, uno stile educativo che si basa
sull'imposizione violenta di regole porta i bambini a ubbidire ai genitori poiché angosciati dalla paura, però in seguito a sfogare la
propria rabbia sui più deboli.Nello sviluppo morale è poi fondamentale il clima emozionale che si viene a formare nella relazione
fra genitori e figli. In speciale modo, uno stile educativo autorevole è positivamente connesso con elevate abilità empatiche e
simpatetiche, e un concetto di sé positivo dei figli. Infatti questi genitori autorevoli sono caldi, disponibili però fermi, e sono
interessata alla vita dei loro figli ad esempio sanno dove sono in un determinato momento i loro figli , poiché si curano di loro.
Empatia e legame di attaccamento
Secondo la teoria dell'attaccamento i bambini mostrano la tendenza innata a stringere connessioni privilegiate con le proprie figure
di attaccamento, ossie le persone che si prendono cura di loro (i caregivers). La vicinanza alla figura di attaccamento viene
mantenuta dal bambino tramite una sequenza di condotte innate, che agiscono o richiamando su di sé l'attenzione dell'adulto e, e
nel momento in cui lo sviluppo motorio lo permette, individuando l'avvicinamento del bambino alla figura di riferimento
(comportamenti di accostamento). Il comportamento del bambino è regolato, secondo Bowlby (1982),dai seguenti quattro sistemi
di controllo comportamentale: 1) lo schema di attaccamento, 2) lo schema di esplorazione, 3) lo schema affiliativo, 4) lo schema
di paura-attenzione. Lo schema di attaccamento viene effettuato dal bambino nel momento in cui egli sente in una circostanza
come pericolosa. Mentre nel momento in cui il bambino sente di trovarsi in una circostanza sicura, attua lo schema di
esplorazione, con lo scopo di conoscere, scoprire il mondo e le persone che lo circondano,e si producono un sentimento di
sicurezza.
Con l’andare del tempo i segnali effettuati dal bambino per mantenere la vicinanza con il caregiver diventano meno riconoscibili,
però la funzione rimane invariata. Ciò che cambia è che il bambino, inizia a interiorizzare la connessione di attaccamento che si è
instaurato con la madre, questa connessione diventerà essenziale nel suo modo di avvicinarsi ai furi rapporti; tanto più il loro
legame di attaccamento sarà stato sicuro, tanto più saranno sicuri verso chi li circonda e svilupperanno le loro capacità sociali e
interpersonali (Boudewyn, 2000).
Però come si chiarisce il rapporto che c’è fra la sicurezza dell’attaccamento e la seguente abilità sociale? E in che maniera una
storia di attaccamento sicuro crea l’abilità empatica? Weinfiel e suo collaboratori rispnderebbero tutti gl individui imparano i
modelli di interazione e di equilibrio emotivo tramite l’esperienza fondamentale di rapporto con il caregiver.
Quelle persone che in questa essenziale esperienza sono stati accuditi da una persone che si è mostrata responsiva verso i loro
primi bisogni e che li ha sostenuti nel momento in cui si trovavano faranno proprie questi modo di rapportarsi e, nelle future
relazioni, aiuteranno chi si trova in difficoltà tendo di cogliere, rispondere ai suoi bisogni.
Dal punto di vista di Elicker, Englund, Stroufe (1992) l’empatia espressa dal caregiver produce sia nel bambino attese sociali
positive che permette che il bimbo, prendendo parte a