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PEDAGOGIA, EDUCAZIONE E COMUNICAZIONE
1. Pedagogia, educazione e comunicazione: la circolarità 'aperta'
Si riassume l'ampio e complesso 'cristallo poliedrico' rappresentato dalla comunicazione. Sotto l'egida della riflessione pedagogica. Per tre buoni motivi, almeno:
- Il primo: di posizionamento epistemologico di questa disciplina
- Il secondo: in ragione dell'oggetto di studio della pedagogia, che è l'educazione
- Il terzo: per la crisi profonda che riguarda oggi l'educativo e l'educazionale e l'urgenza, nel contempo, di avviarla per lo meno a risoluzione.
A questi se ne aggiunge un quarto, nell'intreccio tuttora non definitivamente 'superato' tra educazione e formazione. Non sta a me dire quando un tale matassa sarà mai districata e risolta, sempre che sia possibile, a meno di non assumere uno specifico punto di vista al riguardo, come tenterò di fare più in
avvicina alla filosofia, alla sociologia, alla psicologia, alla politica, alla storia, alla letteratura, all'arte, alla religione, alla scienza. La pedagogia si pone come una disciplina interdisciplinare, che cerca di comprendere e guidare il processo educativo in tutte le sue sfaccettature. La pedagogia si occupa dell'educazione, intesa come processo di formazione e sviluppo dell'individuo, che coinvolge non solo l'acquisizione di conoscenze e competenze, ma anche la formazione di valori, atteggiamenti e comportamenti. L'educazione è un processo complesso e multifattoriale, che coinvolge molteplici agenti educativi, come la famiglia, la scuola, la società e i mezzi di comunicazione. La pedagogia si propone di studiare e comprendere i processi educativi, di individuare le migliori pratiche educative e di promuovere una cultura dell'educazione. La pedagogia si basa su una visione olistica dell'educazione, che considera l'individuo nella sua interezza, tenendo conto delle sue caratteristiche personali, delle sue esperienze, dei suoi bisogni e delle sue aspirazioni. La pedagogia si interessa anche delle istituzioni educative, come le scuole, le università, i centri di formazione professionale, i servizi educativi per l'infanzia. Si occupa di analizzare e migliorare l'organizzazione e il funzionamento di queste istituzioni, di promuovere la formazione e lo sviluppo professionale degli educatori, di valutare l'efficacia delle pratiche educative. In conclusione, la pedagogia è una disciplina che si occupa dell'educazione in tutte le sue dimensioni, cercando di comprendere, guidare e migliorare il processo educativo.è volto non solo ai concreti bisogni educativi del genere umano, ma anche e soprattutto sui contenuti conoscitivi incessantemente prodotti dalle scienze della natura e da tutte quelle scienze che indagavano parti e comportamenti speciali dell'uomo: dell'uomo in società (sociologia), delle pulsioni dell'uomo (psicologia), del potere e delle istituzioni del potere dell'uomo (politica), della ricerca delle soddisfazioni dei bisogni naturali e degli scambi tra fini e mezzi di queste soddisfazioni (economia), delle forme di convivenza e d'informazione extra-genetica (le discipline antropologico-culturali), delle norme della convivenza (diritto ed etica) ecc. In questo suo sguardo la pedagogia ha cercato di compiere un complicato e talora straordinario lavoro di traduzione. Assumendo da questo o quel contenuto disciplinare un certo termine, un certo concetto, ha tentato di tradurlo per piegarlo alla finalità sua propria, quella di rendere umano quelche umano non era ancora non è. e il pedagogista ha compiuto innumerevoli errori ed ha finito con il determinare malintesi ed equivoci. Va tuttavia detto che l'equivoco non è soltanto la dannazione del traduttore, ma è anche e soprattutto la destinazione finale di qualsiasi traduzione. Una traduzione non è semplicemente la riproduzione in un altro codice di un certo contenuto, ma è anche la dilatazione dei significati originari posseduti da quel contenuto nel codice primitivo. Come dire che l'equivocità della traduzione sta nel fatto che il significato di ciò che viene tradotto risulta enormemente arricchito, proprio perché reso non univoco, ossia non ristretto né limitato. Quando nel linguaggio della pedagogia si traduce un'espressione bio-psicologica quale 'età evolutiva', questa traduzione fa sì che l'attenzione si concentri non già unicamente sullo sviluppo biologico eIl mio compito è formattare il testo fornito utilizzando tag html.
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neuro-psichico del bambino, bensì sulla sua crescita spirituale. Come dire che il pedagogista non si preoccupa semplicemente di cogliere le fasi del processo evolutivo, bensì di individuare la meta di questo processo. Nella distinzione tra la pedagogia e la psicologia: la pedagogia ha a che fare con la crescita della persona e la crescita non è mai neutrale perché s'interfaccia con le finalità o le mete stesse di questo processo; la psicologia s'intrattiene sullo sviluppo (si pensi a Piaget), che non può non avere un maggiore riguardo per i mezzi e le procedure impiegati. Pure nell'azzardo di questa divaricazione, ma nel recupero medesimo di tale separatezza in quella cabina di regia ultima rappresentata dalla pedagogia a fronte dell'educazione: tra la modellistica pedagogico-educativa e le doverose notizie-informazioni desunte degli altri saperi, di volta in volta utili. E tornando ora all'autocitazione del testo sin qui
utilizzato: il linguaggio della pedagogia è un linguaggio equivoco perché è il lessico di una traduzione intesa ad arricchire di significato le conoscenze acquisite sull'uomo, cercando di porre in evidenza che l'univocità e la parcellizzazione della natura umana possono nascondere per sempre l'uomo a se stesso. A questo punto ci riteniamo autorizzati ad articolare, assumendo tutte le responsabilità ed i rischi di un tale azzardo, una nuova definizione della scienza pedagogica, che vorremo sufficientemente provvisoria, perché solo la provvisorietà ne garantirebbe la perfettibilità, ma che vorremmo altresì sufficientemente solida, così da garantire alla pedagogia la capacità di affrontare le sfide che l'aspettano nel futuro. La pedagogia è la scienza che decodifica tutte le notizie desunte dalle altre scienze trasformandole da notizie in informazioni e in progetti. La pedagogia accettaresponsabilmente il suo destino di essere equivoca quanto al suo lessico, dal momento che l'unico contenuto di cui può disporre con assoluta sicurezza è non già il sapere che cosa sia l'uomo, ma il chiedersi costantemente che cosa l'uomo coglia essere. Il contenuto di questa scienza è equivoco come il suo linguaggio. Lo è perché l'uomo non è semplicemente un'entità, ma è un groviglio di fini. Di qui la possibilità di definire la pedagogia come la scienza teleonomica. E senza neppure coltivare la prosecuzione al contrario dell'impossibile sogno hegeliano di una impraticabile, e perciò odiernamente improponibile, gerarchia delle scienze, così come avanzata nell'Enciclopedia delle scienze filosofiche". Espressione tra l'altro, quella hegeliana, di una spiegazione scientifica unilineare o di causa-effetto, allora abbracciata, ma ampiamente superata dalla
La cultura dell'interdipendenza tra cause ed effetti, come dalle teorie della complessità, dei sistemi e delle catastrofi per cui: "il rapporto della pedagogia con le scienze sociali ed umane non va pensato nei termini di un'egemonia. Ciò che occorre alla pedagogia è di disporre, per le proprie finalità interpretative, dei risultati acquisiti dalle discipline."
A vantaggio del proprio 'oggetto di studio', che è l'educazione, e quindi di tutte le persone e del loro intero ciclo di vita. E in ordine alla formazione: un ambito che, in ragione della sua vastità di approcci, declinazioni e significati, condivide appunto con molti altri saperi e discipline. Un passaggio finale quello conclusivo e formulato di cui serbare attenta memoria allorché si esamineranno pure le zone di prossimità e di sovrapposizione eventuale fra educazione e formazione. E passiamo al secondo buon motivo. Cioè all'educazione.
e non solo da teorizzare; se l'educazione è un processo complesso e articolato che coinvolge la famiglia, la scuola, i giovani, gli adulti e persino la Chiesa Cattolica; allora possiamo affermare che siamo di fronte a una crisi dell'educazione a 360 gradi. Questa crisi si manifesta nella famiglia, nelle relazioni educative familiari che sono diventate sempre più complesse e difficili da gestire. Si manifesta anche nella scuola, dove si evidenziano problemi di apprendimento, di dispersione scolastica e di mancanza di motivazione da parte degli studenti. Inoltre, la crisi dell'educazione coinvolge sia i giovani che gli adulti, che spesso si trovano in una condizione di reciproca influenzamento negativo. Persino la Chiesa Cattolica non è immune da questa crisi, con la diminuzione della pratica religiosa e la mancanza di una formazione spirituale adeguata. In questo contesto, diventa fondamentale riflettere sul ruolo dell'educazione nella società contemporanea. L'educazione non può essere considerata solo come un processo di trasmissione di conoscenze, ma deve essere intesa come un'esperienza che coinvolge l'intera persona, a livello cognitivo, emotivo, sociale e spirituale. È necessario quindi promuovere una cultura dell'educazione che valorizzi la famiglia come primo luogo di formazione, che riconosca il ruolo fondamentale della scuola nel processo educativo e che favorisca la collaborazione tra famiglia, scuola, comunità e istituzioni religiose. Solo attraverso un impegno congiunto e una visione olistica dell'educazione sarà possibile superare la crisi attuale e costruire un futuro migliore per le nuove generazioni.per essere poi consegnato qualetestimonianza e comunicazione ai giovani da educare: la domanda sinora posta di "dove siano andatia finire gli adulti" o di "quali educatori adulti stiano disponendo al presente i nostri minori" è uninterrogativo che non può allarmarci, tale da offrire più di una ragione alla crisi contemporaneadell'educazione. Unitamente alle altre crisi di cui si è fin qui discusso. Quindi: la "formazione". Eanche qui non si può non procedere dichiarando che tale prassi o concetto ha molteplici significati esi colloca in diverse discipline: dalla filosofia alle scienze, alla teologia, declinandosi su innumerevolicrinali, sino alla formazione come cultura del pensiero. Così come non è un caso che i Dipartimenti diScienze della Formazione in Italia ospitino, al proprio interno, aree di ricerca differenti tra loro che,intersecandosi tra loro, danno poi vita al sistema dei corsi diLaurea in cui si articola la loro stessa offerta didattica. E dove formare vuol dire dare una forma, differenziandosi, con ciò, dal fatto quale evento già composto per la sua struttura organizza e organizzata. La formazione, pertanto, richiede tempo per assimilare e per comprendere; e quale risultato, per l'appunto, di un piano formativo teso a strutturare, solidificare e rinforzare in maniera completa. E questo vale sia sotto il profilo della struttura delle cose che sul versante delle persone: dalla formazione della terra a quella, ad esempio, del Regno d'Italia, di un partito o di un gruppo. La formazione non fa riferimento, perciò, a un istante, ma a un processo che dura nel tempo al fine di strutturare, organizzare, regolare, confinare ecc. In particolare dal punto di vista pedagogico perché è proprio in questo ambito disciplinare che essa trova la sua ermeneutica migliore. Recuperando, con ciò, l'ampia digressione iniziale.
Sull'astruttura epistemologica della pedagogia e il suo rapporto con le altre scienze e le loro notizie-informazioni, chiamate di volta in volta in causa per la diagnosi, la prognosi e la terapia degli eventi oggettuali sottoposti a studio e intenzion.