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I BUCHI NERI DELL'EDUCAZIONE

INTRODUZIONE

Alla ricerca del nero più nero

A livello cosmologico un buco nero (ovvero ciò che rimane dopo il collasso gravitazionale di una stella) è un terribile e mostruoso oggetto nel quale lo spazio e il tempo diventano infiniti. Sfuggire da un buco nero sembra la massima aspirazione di ogni particella dell'universo, entrarvi e rimanervi intrappolati sembra il destino peggiore che si possa augurare a qualsiasi forma di vita. Al fondo del buco nero però c'è una luce mai vista, qualcosa per cui vale la pena iniziare il viaggio che tanto ci spaventa. Solo guardando fino in fondo il nero è possibile, con un lieve tocco di colore, iniziare ad attraversare il negativo, fondare un mondo nuovo.

La storia, la politica, la teoria: sono questi a nostro parere i buchi neri che la pedagogia contemporanea non ha più il coraggio di attraversare e nemmeno di osservare. Presentare la storia come inutile peso sulle

spalle degli uomini o come accumulo di morte e macerie, la politica come amministrazione dell’esistente o come utopistico progetto destinato al fallimento, la teoria come ozioso passatempo per colti o come complicazione della vita così semplice e chiara: queste le colpe di tanta pedagogia.

Riprendere a parlare della storia come bilancia sempre in bilico tra emancipazione e barbarie, della politica come tentativo di mettere in atto il sogno umano di una società giusta, della teoria come vera e più profonda forma di prassi intellettuale e pedagogica, è un dovere ineludibile per una pedagogia che voglia ancora pensarsi come scienza dell’emancipazione e della liberazione dell’uomo, della donna, dell’animale e della pianta.

CAPITOLO PRIMO

Educati all’oblio

Il buco nero della storia

  1. La rimozione della storia

Il manifesto nietzschiano dell’antistoricismo Sull’utilità e il danno della storia per la vita si apre con

l'immagine di un gregge che vive solo nel presente, senza sapere cos'è ieri e continua con l'immagine dell'uomo: L'uomo resiste sotto il grande e sempre più grande carico del passato: questo lo schiaccia a terra e lo piega da parte, questo appesantisce il suo passo come un invisibile e oscuro fardello. Oggi il peso non c'è più, il fardello è stato abbandonato: ma l'uomo e la donna non vivono certo in un mondo felice. Siamo forse nella prima epoca astorica dell'umanità. E in quest'era si pascola e si saltella avanti e indietro (come un gregge), vivendo solo il presente piacere e dolore, finalmente liberi da ogni eredità e da ogni compito. L'oblio della storia, con il quale l'uomo si è liberato di quello che riteneva un insopportabile peso, ha cancellato tutto: la storia è stata trascinata via da una corrente di pensiero che vuole vivere ogni giorno come se fosse il primo e chegira il capo infastidita quando le si mostrano le radici del presente, speranze o ingiustizie che siano. La cecità nei confronti della storia permette alla preistoria della barbarie di continuare a rinnovarsi; quello che l'uomo astorico del XX secolo non capisce (o capisce fin troppo bene) è che la chiusura della strada alle sue spalle provoca un uguale sbarramento della via verso il domani. Con la storia si uccide anche il futuro, un diverso futuro. L'errore sta nel fatto che la storia non viene indagata come deposito di senso per il presente, ma viene semplicemente presentata come terra mitica e suggestiva isolata in un territorio inaccessibile. Il secondo esempio che proponiamo è fornito dal dibattito sulla Resistenza antifascista o sulle foibe. Anche qui, piuttosto che inquadrare il ragionamento dentro una cornice storica, all'interno della quale ovviamente è opportuno e giusto far valere i reciproci schieramenti e le scelte ideologiche, sipreferisce annacquare il tuttomettendo sullo stesso piano le azioni e le reazioni che hanno caratterizzato il periodo del fascismo e della Resistenza. Con il risultato che il dibattito si presenta senza alcuna ideologia se non quella dell'appiattimento di tutti i protagonisti in una generica condanna della violenza. Dare, invece, una lettura rigorosamente fondata dei fatti significa ovviamente riconoscere e condannare tutte le atrocità, mantenendo però la necessaria distinzione tra cause ed effetti, tra prima e poi. Quello che oggi manca non è la narrazione della storia come prodotto di intrattenimento per le masse, quanto piuttosto la domanda sul "perché fare storia", che è gemella della domanda sul "perché fare memoria". La storia di per sé non basta, la memoria deve essere orientata e deve esplicitare i fini e gli scopi ai quali si mira. La domanda chiave è "perché raccontare?": per dare

Una lettura umana alla storia. Qui entra in gioco la differenza tra storia e storicità: potremmo dire che il mondo prima dell'uomo e della donna era caratterizzato da una sua storia; dopo l'avvento dell'uomo e della donna entra in una dimensione di storicità, che è storia indagata e studiata, sottratta alla cecità dell'evento e in qualche modo portata alla coscienza di sé. È questa la differenza tra la nozione di storia e quella di storicità, mondana la prima, integralmente umana la seconda. Ed è proprio la seconda a essere oggi marginalizzata, rifiutando di vedere come invece studiare, narrare e criticare la storia porti a cambiare la storia stessa e a cercare di orientarla verso un fine. La domanda alla quale la passione per la storia deve rispondere riguarda il futuro dell'umanità: sarà mai possibile un mondo migliore di questo? Quello che oggi occorre è riconoscere nella storia un

territorio di lotta, raccontareun'altra storia, la storia dei vinti, ma soprattutto dare a questa storia un diverso finale,un altro andamento. Contestare il verso della storia, cercare altre soluzioni, altrestorie, guardare al passato in maniera critica...la storia vera non è stata ancora scritta,perché non siamo ancora entrati nell'universo libero della storia! 2. Una pedagogia dell'impromptu L'esperienza culturale che i nostri studenti non fanno è quella di relazionare le idee,le concezioni artistiche, le scoperte scientifiche al loro contesto storico e,circolarmente, di leggere gli avvenimenti storici sullo sfondo della concezione delmondo tipica dell'epoca studiata. Una ulteriore latenza è reperibile nell'assenza di un approccio storico alle discipline:ai giovanissimi la matematica e le discipline scientifiche vengono presentate comenate dal nulla, senza un reale riferimento al dibattito politico e culturale che le

hannosostenute e le hanno fatte nascere.

Crediamo che non sia difficile scorgere il carattere ideologico di questa scelta: presentare in tal modo le discipline scientifiche rende la scienza inattaccabile da unpunto di vista politico e sociale, la rende sostanzialmente neutra. La cosa più grave è che la scienza strettamente connessa alla dimensione storica, ricevendone le commissioni e offrendole le proprie scoperte. Pensiamo alle nuove tecnologie, negli apologeti dei blog e delle chat si può facilmente notare una curiosa sottovalutazione della questione dell'origine delle tecnologie medesime.

Ma la storia che non viene narrata, il vero buco nero nella formazione storica dei sudditi del capitalismo, è ovviamente la storia del capitalismo stesso; sono state le trasformazioni interne al capitalismo stesso a portare i suoi apologeti a non intenderlo più come uno dei possibili tipi di produzione, ma come l'unica possibilità, l'unico destino.

per la specie umana. Si tratta di destoricizzazione. Abbiamo toccato qui uno dei motivi più profondi dell'espulsione della storia dai processi formativi: la ragione storica propone alternative, e non le presenta semplicemente come alternative scartate dallo sviluppo storico, ma come possibilità negate da questo sviluppo storico.

Rispetto al tramonto della coscienza storica nei processi formativi, i servizi educativi hanno una profonda responsabilità: è tipico il tentativo di riempire gli utenti di cose da fare, di attività che si susseguono, senza tener conto lo sfondo storico (individuale e sovraindividuale) sul quale le attività si vanno a collocare. La formazione dovrebbe sviluppare nel soggetto la capacità di cogliere il nesso causa-effetto e la dimensione processuale degli eventi. Ad esempio, come si può educare alla legalità senza un'analisi processuale e storica delle leggi, a partire da una lettura storica

La storia dei servizi educativi è spesso dimenticata, così come la storia dei diritti dei lavoratori. Questo porta a una depoliticizzazione degli operatori e a una mancanza di consapevolezza sulle nuove tipologie educative e sulle domande politiche a cui rispondono. Inoltre, quando la storia entra nelle pratiche educative, è spesso limitata alla storia occidentale, come se fosse la sola rilevante.

Per contrastare questo oblio, è necessario ripensare il dibattito sulla memoria e sull'oblio, su cosa deve essere ricordato o dimenticato. È importante chiedersi perché e per chi fare memoria. Inoltre, è fondamentale aprire il dialogo con gli altri e guardare al futuro. La storia deve essere narrata senza tralasciare le microstorie e il soggetto.

Ricostruire una totalità, non fermarsi alla dimensione del frammento, ma comporre il mosaico delle "vite normali" riscattate. Analizzare un oggetto attraverso la lente della storia significa che questa è dentro e fuori di lui, nelle connessioni con gli altri oggetti e in ultimo con la totalità storico-sociale. CAPITOLO SECONDO Educati al narcisismo Il buco nero della politica 1. La denigrazione della politica Siamo entrati in un'epoca della storia che vede a livello sociale il predominio dell'"uomo apolitico": quell'uomo apolitico che era il vero obiettivo del nazismo. Ritratto di una persona per la quale la politica è un concetto astratto, costituisce la radice di tutti i mali; l'affermazione che troviamo più spesso sulla bocca di queste persone è che "tutti i politici sono uguali", perché "la politica è una cosa sporca". Insomma la politica non viene sentita come.

Qualcosa che possa risolvere i propri conflitti personali, e dunque viene lasciata ad altri. È

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Publisher
A.A. 2012-2013
12 pagine
1 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PED/01 Pedagogia generale e sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Sara F di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pedagogia della formazione e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli o del prof Sirignano Fabrizio Manuel.