Pedagogia della famiglia - Appunti
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modo parziale provvisorio, del diventare genitori, apre in altro orizzonte di riflessione.
La riflessione epistemologica intorno alla teoria dell’evoluzione può avere delle interconnessioni con l’intervento
educativo che si rivolge alla genitorialità.
Darwin disse che il motore del cambiamento risiede nella diversità individuale, ciò è solo una visione storica e
narrativa che ci porta a comprendere l’evoluzione del mondo vivente nella sua interezza.
3.2 nei percorsi dell’evoluzione:un’alternativa al gradualismo e al riduzionismo
Teoria dell’evoluzione (Darwin) : tutti gli esseri viventi sono legati tra loro da una relazione di parentela.
Dopo varie teorie l’evoluzione è stata intesa come un processo lento, lineare e graduale, dominato dalla metafora del
progresso o in altri casi dalla metafora del disegno intelligente.
Tramite la selezione naturale si ha la progressiva conquista della perfezione che culmina nella comparsa dell’homo
sapiens(Darwin) .
Far derivare in modo deterministico gli aspetti della micro e macroevoluzione non consente render conto delle
discontinuità presenti nella documentazione fossile. L’altro aspetto che diventa problematico nell’ipotesi del
gradualismo è il riuscire a spiegare perché molte specie sono stabili per un periodo e poi improvvisamente ne
compaiono altre.Mayr (1942) ipotizza che all’origine della comparsa di nove specie non ci siano solo ragioni genetiche
ma anche ambientali.Secondo la teoria degli equilibri punteggiati le specie attraversano lunghi periodi di stabilità
morfologica, punteggiati da brevi periodi di cambiamento, in cui possono comparire repentinamente nuove
forme.Anche nel caso dell’estinzione della specie il neodarwinismo mantiene un’ottica di gradualità, ipotizzando
lunghi periodi di preparazione.
Il motore dell’evoluzione risiede non solo nella selezione naturale, ma anche nelle modificazioni ecologiche
dell’ambiente, da cui può dipendere il destino della specie.
teoria gerarchica dell’evoluzione: la selezione non agisce solo sugli organismi ma anche sui geni e le specie.
Tali teorie sono una revisione e in ampliamento di quella di Darwin:
t. equilibri punteggiati :amplia l’immagine gradualistica dell’evoluzione, si introducono una pluralità di tempi,
l’evoluzione è graduale ma procede anke x salti.
T. gerarchica :sostituisce all’idea di pianificazione deterministica il concetto di interrelazione di livelli e
quindi di co-evoluzione.
3.3 dalla linearità all’imprevedibile
La teoria dell’evoluzione lineare ritiene che sia una sola specie per colta ad evolversi in forme progressive e
graduali.Pievani mostra come non ci sia uno sviluppo lineare, ma una pluralità di percorsi evolutivi che si intrecciano,
si sovrappongono e si innestano.
L’evoluzione darwiniana esclude un animale che possa sviluppare attivamente una struttura dannosa, ma non può
garantire che strutture utili possano continuare ad essere vantaggiose in circostanze ambientali nuove.
Sostituire l’ipotese che vede nell’estinzione di un animale una sorta di inadeguatezza adattiva, con la considerazione
storica su cambiamenti contingenti delle regole ambientali di sopravvivenza, comporta una diversa posizione delle
cause e degli effetti, attribuisce un ruolo diverso al caso, dà un diverso significato al cambiamento e alla stabilità.Da
una parte c’è la perfezione della natura dei creazionisti, dall’altra la biologia dell’imprevedibile delle epistemologie
evolutive.
3.4 dalla pedagogia della mancanza al pluralismo evolutivo.
La metafora del gradualismo e del progresso per l’evoluzione, in educazione persegue la programmazione dettagliata,
nella fase iniziale si definiscono gli obiettivi, nel metodo si strutturano le gradualità, i risultati coincidono con il
raggiungimento degli obiettivi.Il punto di arrivo è stato predefinito in partenza, l’intervento educativo è pianificato..ma
è il principio del determinismo che guida tale educazione, un principio che ci porta a confondere:
la pianificazione con la relazione
14 il metodo con l’esperienza
osservatore con osservato
contenitore con il contenuto
Bisogna effettuare un cambio i prospettiva rispetto alla natura del cambiamento, bisogna usare il termine cambiamento
puntazionale. In questo modo si può sostituire all’ipotesi di transizione graduale un’idea di transizione puntazionale
che trasforma il processo genitoriale in una trama di continuità e discontinuità, di interconnessione tra livelli, di
contingenze.La possibilità trasformativa dell’intervento educativo emerge da una continuità relazionale punteggiata da
discontinuità su più livelli interconnessi e non come la conclusione di un percorso lineare, definito in vari stadi che si
muovono gradualmente nella stessa direzione.
La nozione di cambiamento puntazionale modifica la polarità stabilità-cambiamento e il principio di causalità,
portandoci a ripensare radicalmente la relazione educativa .L’educatore abbandona il determinismo e diventa
educatore rapsodico, che tesse e trasforma le possibilità, non vi è programmazione ma progettazione creando
possibilità senza determinare direzioni.La progettualità educativa diventa una co-evoluzione dove i molteplici fattori in
gioco interagiscono in modo non prevedibile.La progettualità educativa si muove nel disordine nel caos
dell’esperienza relazionale, da questa si potrà costruire l’ordine che sarà imprevedibile.
L’educatore rapsodico non potrà determinare il risultato perché esso non è definito in partenza.
L’intervento educativo che si rivolge alla genitorialità è co-educazione, dovrà tenere conto di diversi livelli (unità,
sistemi e sistemi di sistemi) dotati di autonomia e in reciproca interrelazione,
Co-educazione = auto-organizzazione = creazione di un nuovo significato delle relazioni fra gli elementi del sistema.Si
tratta dunque di costruire modelli di organizzazione in grado di modificarsi da sé e di creare significati che siano
imprevisti e sorprendeni anche x chi fabbrica i modello-
Due ingredienti x auto-organizzazione : indeterminatezza e caso,ruolo dell’osservatore e del contesto nella definizione
del significato.Auto-organizzare significa permettere al cosa di acquisire un significato, a posteriori e in un
determinato cintesto di osservazione.
3.5 exaption
ipotesi exaptation = non esiste una direzione deterministica nel processo evolutivo, ma una progressione aperta e
creativa verso un’ottimalità funzionale del’organizzazione della vita.Ciò ci porta a vedere i processi di sviluppo e
cambiamento in varie dimensioni nel campo della biologia, scienze cognitive e sociali.
Si usa il termine exaptation per definire qualsiasi cambiamento funzionale, qualsiasi riutilizzo ingegnoso di caratteri e
strutture che si sono formate x altre ragioni.Nell’exaptation non si può prevedere l’utilità futura del cambiamento.
Ciò consente di abbandonare il determinismo dove la genitorialità è intesa come processo evolutiva che chiama in
causa co-determinazioni tra individuo e ambiente.Per l’educazione significa considerare la contingenza, le ridondanze,
la pluralità e unicità, mettere in conto una molteplicità di fattori, uscire da un’idea di perfezione e di prevedibilità del
risultato.
L’evoluzione appare come il risultato polimorfo e imprevedibile di percorsi di adattamenti secondari e sub-ottimali, di
bricolage imprevedibili.Da qui nasce la metafore del genitore come bricoleur
3.6 il bricolage evolutivo del divenire genitore
il genitore con l’arrivo del primo figlio assembla pezzi diversi dal suo vissuto esperienziale, strumenti che recupera
dalla sua infanzia, preleva tecniche che ha già usato in contesti diversi.Nella maggior parte dei casi coordina la sua
tecnica con l’altro genitore nella vita di coppia e con la rete relazionale più ampia, nella relazione con le famiglie di
origine e nel contesto sociale.Nel farsi della nuova costruzione deve riorganizzare i vari materiali che nel tempo ha
accumulato, riorganizza la memoria, può inventare nuove funzioni per oggetti che ha sempre avuto presenti.L
transizione alla genitorialità è un’attività di bricolage, una sorta di assemblaggio nel quale, in ogni situazione , il
genitore attinge, di volta in volta a ciò che è più facilmente o più rapidamente reperibile.
Non è più possibile tracciare le strade da seguire, perché è solo nell’unicità e nella storia di quel genitore—che si
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compie il trans-eo alla genitorialità.
Divenire genitore si crea ogni giorno nella relazione.Il genitore costruisce e decostruisce di continuo, con grande
flessibilità e usando ciò che in quel momento dispone, interfacciandosi con i bisogni del figlio e i propri, senza mai
perdere di vista il sistema globale della relazione che a sua volta evolve. Si tratta di usare sempre gli stessi elementi, di
modificarli. Di disporli in modi diversi per produrre oggetti di complessità crescente.Bisogna formare i genitori ai
possibili non si possono trasferire tecniche.
(Bricolage = pimo tipo di exaptation)
3.7 genitori in situazione:inventarsi padre, tra caso e necessità (pgg136/140)
3.8 spazi interstiziali nella relazione tra nido e famiglia
secondo tipo di exaptation = relazione tra nido e famiglia
L’asilo nido a causa dei cambiamenti ambientali si è dovuto adattare alle mutate condizioni dell’ambiente, aprendosi
anche ai genitori.Le educatrici devono trovare dei mosaici di saperi per creare un varco sulla relazione tra il modello
pedagogico e la visione di famiglia, se declinata nella concretezza delle prassi educative e nella storia dei servizi.
3.9 educazione e banalizzazione
Un’interpretazione riduttiva del darwinismo ha prodotto in neurologia, psichiatria e psicologia, un’idea del medico e
dello psicologo come di meccanici che aggiustano il cervello e la mente di una macchina banale, l’uomo.Ci si chiede
se le teorie evolutive possono aiutare la pedagogia a uscire da quella banalizzazione dell’uomo che veicola un’idea di
educazione come istruzione, di formazione come dare forma, di un riempire vuoti.L’educatore in questo caso è colui
che immette dati nell’educando recipiente, considerato come una macchina banale.
In particolare al nido si pone il problema della continuità con la famiglia.SE le famiglie sono tutte diverse come può il
nido porsi in continuità con ciascuna di esse?Il rischio è di banalizzare la complessità della relazione e al contempo
non riconoscere le competenze del bambino.
Cosa si intende per continuità delle abitudini familiari?Famiglia e nido devono incontrarsi ( al nido molte cose non
possono essere fatte come a casa), ma incontro non è annullamento delle differenze, negazione della continuità.Restare
nella discontinuità, nella differenza familiare e ambiente nido è un vincolo che agisce positivamente sul bambino,
portandolo verso la ricerca creativa delle proprie soluzione tra i modelli diversi che gli si propongono.Rispetto del
bambino e continuità con le abitudini familiari vanno coniugate nel contesto.Il contesto di asilo nido nn è quello di
casa,solo con il riconoscimento della propria specificità è possibile aprirsi alla specificità dell’altro, sia esso bambino,
genitore, famiglia.L’azione educativa ha la sua specificità nella differenza dei due contesti di vita,è il riconoscimento
di tale diversità che crea la possibilità evolutiva del sistema nido-famiglia.
3.10 verso una pedagogia con la famiglia
La nozione di exeptation, ponendo una correlazione tra potenzialità delle strutture e novità funzionale,attraverso una
sorta di assemblaggio introduce il concetto di ridondanza.Nella ridondanza ( lo stesso organo può svolgere diverse
funzioni, oppure organi diversi svolgono la stessa funzione) i sistemi trovano la possibilità di agire e retroagire, in
modo creativo ai cambiamenti delle regole ambientali, ma poichè il cambiamento di regole è la norma in un processo
discontinuo di trasformazione, è nella flessibilità che il sistema trova la possibilità di sopravvivenza.
Le agenzie educative e tra queste l’asilo nido, possono portare avanti una prospettiva prettamente educativa che
riconosca le risorse del nucleo familiare e crei contesti nei quali adulti e bambini possano ricercare le proprie modalità,
riconoscere le ridondanze, le originalità,fare esercizio di flessibilità…L’intervento educativo, assumendo questa
prospettiva, non è un servizio o una consulenza, non fornisce una diagnosi o supporti, ma un’attività processuale che si
svolge con la famiglia in situazione, tesa ad innescare cambiamenti co-evolutivi, non adattamenti unilaterali ( il
genitore si adatta al figlio, il bambino al nido, il nido alla famiglia)
16 3.11 l’educatore rapsodico
la formazione con la genitorialità diventa una formazione attenta ai temi dell’unicità della storia del soggetto e delle
sue originali traiettorie di apprendimento all’interno delle relazioni,che possa prendere in considerazione
l’intenzionalità del soggetto, la sua volontà e motivazione alla partecipazione dell’evento formativo.Un soggetto che
cambia identità e si modifica nel divenire, ma spesso si ferma in esperienze che si fissano all’interno di modelli
culturali dati.
L’educazione rapsodica trova un ancoraggio nella dimensione di costruzione del sapere che comporta la mobilitazione
delle risorse interne e non la semplice assimilazione delle risorse esterne, la formazione deve essere connessa al
vissuto esperienziale del soggetto.
L’educazione con la famiglia si colloca nel territorio del’educazione in età adulta, che prevede, come reale
motivazione al cambiamento, l’adesione volontaria al contesto di apprendimento.Un contesto che prevedere una
conoscenza della famiglia non pregiudizievole, ma costruita sulla relazione.
la relazione educativa è inoltre connotata dalla reciprocità , l’educatore non è il professionista esterno che legge,
analizza e definisce i bisogni della famiglia e in seguito progetta l’intervento, fornendo un input, l’educatore rapsodico
dovrebbe evitare i facili precetti, la normatività di soluzioni generalizzate, per mettere in luce l’esistenza della vita
come apprendimento, conoscenza di sé e autorealizzazione,Tali azioni si possono svolgere solo da dentro.L’educatore
che lavora con i genitori è un educatore tra educatori, non ha il controllo unilaterale della relazione, il suo intervento
sarà una perturbazione che il sistema elaborerà autonomamente in direzioni non prevedibili.Ciò chiama in causa la
responsabilità dell’educatore rapsodico:egli si espone personalmente, accetta la responsabilità di essere nell’intervento
educativo per quello che egli è, consapevole di portarvi i propri pregiudizi, di entrarci con la propria esperienza
personale e professionale.Quindi diventa impossibile la condizione di osservatore esterno, neutro e imparziale.
In una prospettiva che punti al cambiamento vi è la necessità di personalizzare l’intervento : rivolgersi ad un saper fare
e saper divenire, non si tratta di trasmettere un sapere ma è la sperimentazione diretta e in prima persona dell’essere in
relazione che dispiega le sue potenzialità nell’esperienza pratica, nello stare con e fare con. A condizione che si
sostengano la pluralità di p..d.v e di feedback che possono arricchire e perpetuare la consapevolezza delle potenzialità,
risorse ed errori dei genitori come degli educatori.
Altro aspetto che connota l’educatore rapsodico = autoreferenzialità = capacità di riconoscere i propri vincoli,
alternando continuamente la sua posizione dentro il sistema e fuori di esso, diventando così un modello per la
famiglia, in particolare per gli adulti della famiglia che imparano i vantaggi della decontrazione.
Un’educazione rapsodica può costruire con la famiglia un altro territorio di interventi, nozioni, informazioni che il
genitore possiede e riceve dagli ambienti medici, pediatrici….Si tratta di un cambiamento d prospettiva.Si tratta di una
rapsodia che richiede all’educatore creatività, competenza, disponibilità a mettersi in discussione uno spirito
inesauribile di ricerca.
PARTE SECONDA:FAMIGLIE AL NIDO
Cap 4: aver cura dell’accoglienza
Non è possibile tracciare un come ci si deve relazionare con la famiglia ma bisogna rintracciare i fili che connettono in
modo unico e rapsodico, nel qui ed ora, quella famiglia con quella comunità, quel padre e quella madre con il figlio,
quel marito con la moglie, quel nido con quei genitori.
Il primo contatto con la famiglia, l’avvio della relazione con essa, l’accogliere i genitori appartengono e sono
inscindibili dall’intervento pedagogico, non sono un pre, non sono altro rispetto all’azione educativa.
La trama relazionale tra famiglia è servizio, tra educatori e famiglia è un accompagnamento.Accompagnare ci fa
ipotizzare dei partecipanti con una propria specificità, che convivono una comune esperienza, condividono discorsi e
storie e costruiscono il significato di quella esperienza.Accompagnare trova le proprie specificità dell’aver cura del
pensare-con e del fare-con, prevede uno stare-con nella costruzione di una NOSTRA esperienza.
La pratica dell’accoglienza trova un primo ancoraggio nella necessità di mantenere uno sguardo sul particolare che
comporta un doppio movimento:
capacità di osservare quella famiglia in situazione così come si mostra nel suo mettersi in relazione qui e ora
17 l’uso di una modalità riflessiva che contestualizzi ogni dettaglio, che si prenda cura di ogni particolare in
quella specifica relazione educativa
L’accoglienza della famiglia al nido copre quel periodo che va dalle prime richieste di informazioni fino
all’inserimento del bambino, all’inizio della frequenza vera e propria.Ripercorrere le fasi può portare alla rivisitazione
da un altro p.d.v di aspetti che connotano l’intera relazione educativa tra famiglia e nido. La ricerca delle premesse alle
modalità operative , il rintracciare significati spesso impliciti nelle prassi educative, il rivisitare le proprie pratiche può
offrire nuovi p.d.v; una operazione preziosa se accompagnata da un pensiero riflessivo.La posizione di riflessività apre
delle possibilità educative e trasformative dell’accompagnamento con la famiglia.La riflessività si riferisce al
desiderio di cercare , senza cadere in uno sterile relativismo,di capire e descrivere i vari livelli di osservazione, i
dentro e i fuori dei vari modi che utilizzano per costruire la realtà , e i diversi ruoli, modalità e descrizioni possibili che
l’osservatore e l’osservato possono assumono.
4.2 pratiche di cura
le pratiche di cura assumono nella cultura occidentale:
una cura ripartiva che colma mancanze ( vecchiaia, malalttia…)
cura promotiva , che coltiva il crescere dell’essere umano con azioni quali il proteggere ,dedicare attenzione e
considerazione , essere pensosi.
Al secondo tipo di cura appartiene cura educativa, privata, familiare, amicale, pubblica e sociale.La dimensione della
cura nei contesti educativi è praticata ma non è pensata, la cura è talmente intrecciata con il lavoro degli educatori che
questi non riescono a notarla, a distinguerla dall’azione educativa.
La cura educativa può essere definita una pratica che ha luogo in una relazione in cui qualcuno si prende cura di
un’altra persona dedicandosi, attraverso azioni cognitive, affettive, materiali, sociali e politiche alla promozione di
una buona qualità della sua esistenza.
L’accompagnamento alla genitorialità è una pratica riflessiva il cui fine è mettere il genitore nelle condizioni di
provvedere da sé al proprio diventare genitore, alla propria costruzione della relazione con i figli, alla propria
interpretazione del ruolo educativo.
4.3 un contesto che accompagna
Un gesto, una parola, un’azione rivolti ad una persona sono messaggi che possono essere classificati solo in relazione
ad un contesto.Il contesto è la matrice dei significati.Il contesto, sempre scelto da un osservatore:
ci informa sui significati e le funzioni attribuite a ciò che al suo interno accade
si identifica con il sistema di rappresentazioni, + o- condivise, in base al quale gli attori sociali costruiscono il
mondo circostante e all’interno del quale compiono azioni e intrattengono rapporti.
Negli asili nido l’attività educativa rivolta al bambino può essere svolta esclusivamente in sintonia con il suo contesto
di vita, la famiglia. La famiglia deve essere concepita in termini di livelli multipli di analisi, che consistono in elementi
che insieme costituiscono i sottoinsiemi e che in quanto tali sono in relazione reciproca, formando un’identità non
riducibile alla somma delle sue parti.
Il tutto è diverso dalla somma della sue parti, il bambino con la sua storia non è inscindibile dal sistema di
appartenenza, un servizio x l’infanzia che pone al centro la famiglia comporta un livello di attenzione in + x il
bambino, permettendo di coglierne anche la dimensione componente del proprio sistema famigliare.
Assumere come premessa x l’intervento con il bambino, una visione sistemica che includa la famiglia, offre la
possibilità di accedere a livelli multipli di analisi, di cogliere le relazioni tra i diversi sottoinsiemi.Ampliare lo sguardo
sul sistema familiare e cercare di comprendere quell’unità, può permettere di accedere ad una visione + ampia e
complessa della famiglia che, se accompagnata da un pensiero riflessivo e dalla consapevolezza della parzialità del
proprio p.d.v, favorisce un processo che potrebbe portare l’intervento educativo a diventare generativo di nuove
possibilità per quel sistema familiare e per il servizio stesso.
L’asilo nido è il luogo della famiglia dove essa ha un ruolo centrale.Una centralità che prevede l’incontro tra la
conoscenza sapere acquisita nel nido e l’esperienza-sapere dei genitori, attraverso il riconoscimento delle competenze
della famiglia e la chiarezza sull’identità di ruolo.
Nell’immaginario comune è radicata un’idea di genitorialità ottimale.In questo caso l’intervento educativo diventa
valutativo e giudicante, l’educatore espropria il genitore del sapere e delle competenze e si sostituisce a questo
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istruendo, correggendo e insegnando.L’agenzia educativa diventa una totalità pedagogica che si pone come risolutrice
dei problemi della famiglia.
Ed è proprio la dimensione della cura educativa che non ci fa correre il rischio di totalità pedagogica.E?un aver cura,
che non è il prendersi in carico sostituendosi all’altro, la cura autentica è un anticipare liberando, la cura autentica
consiste nel lasciar essere gli altri nella loro essenza.
Il nido può aver cura del bene più prezioso di quella famiglia solo accogliendo quella famiglia.
4.4 costruire uno spazio abitabile
L’accoglienza della famiglia porta con sé indicatori significativi della relazione tra nido e famiglia, definisce l’asilo
nido, i suoi ancoraggi teorici, le modalità di relazione.Qui ogni dettaglio parla di cura.La cura educativa avviene nella
condivisione di uno spazio abitativo da parte di chi cura e chi è curato:uno spazio in cui la condivisione di un fare o di
uno stare organizzato sembra aprire ad una conoscenza reciproca dei soggetti.
L’inserimento del bambino al nido è ambientamento della famiglia.Spesso invece tutta l’attenzione è per il bambino,
nell’inserimento si punta molto sulla relazione di fiducia ma non bisogna perdere di vista che la fiducia è un’azione
relazionale caratterizzata da reciprocità, non è la madre che deve provare fiducia, la responsabilità di una relazione di
fiducia non può ricadere su uno dei due (il genitore) l’educatrice è responsabile e implicata nella costruzione della
relazione quanto il genitore.Per la famiglia diventa difficile, se non impossibile, provare fiducia verso un mondo
sconosciuto
Rogoff = chi entra in contatto con diverse culture può avere l’opportunità di ampliare le proprie risorse, attraverso una
contaminazione reciproca delle idee, imparando e padroneggiando forma di comunicazione e apprendimento non
indigene.
Accogliere vuol dire andare oltre la risposta ad eventuali bisogni, vuol dire chiedersi chi è l’altro, riconoscerlo nelle
sue zone d’ombra che per noi resteranno cmq inafferrabili; non c’è un metodo definito a priori, l’accoglienza è un
processo dialogico che si avvia nell’esperienza della relazione con l’altro, nel fare esperienza di lui, interrogandosi sul
suo modo di vedere, di percepire, di dare senso al mondo.
4.5 pensare il setting, agire le relazioni
Il setting pedagogico è un’organizzazione data di elementi spaziali, temporali, materiali e normativi; è
un’organizzazione concreta e simbolica che produce significati nel contesto comunicativo e relazionale.L’accoglienza
della famiglia non è solo relazione, essa rinvia a competenze organizzative e istitutive di un contesto che renda
possibile ed educativa la relazione di cura.
Il setting che contiene e permette la relazione non è un spazio neutro, né è dato una volta per tutte; nei vincoli che esso
presenta si gioca la possibilità di creare la relazione educativa, la possibilità che tutti gli attori esprimano
creatività.Troppo speso i rapporti tra nido e famiglia sono gestiti con una metodologia definita a priori, che precede
una organizzazione rigida del setting, in cui gli aspetti concreti non sono pensati come connessi a quelli simbolici.
Le educatrici devono riflettere su come accolgono i genitori, se vi è uno spazio per loro, con sedie a dimensione di
adulto o se si ricevono in sezione sulle seggioline dei bambini.Quanta cura stiamo riservando a quegli adulti
ricevendolo come capita?Quale distanza /vicinanza si crea nel gruppo mettendo le sedie in cerchio, in file ordinate o
disordinate?Quale comunicazione è possibile/impossibile se i partecipanti si guardano negli occhi?
L’esempio sull’uso dello spazio come elemento del setting è il + evidente, ma andrebbero affrontati con lo stesso
atteggiamento di riflessività anche altri aspetti. Perchè le famiglie partecipano poco? Perché i genitori non pongono
questioni pedagogiche? Perché una famiglia decide di interrompere la frequenza al nido?
4.6 dettagli, esempi, spazi e tempi: tracce di cura
dettagli di cura: per il primo incontro si prende telefonicamente appuntamento con la famiglia. Tale semplice dettaglio
attribuisce un valore all’incontro e un’importanza a chi vi partecipa.
un esempio di cura :Nell’incontro no ci si limita a dare informazioni e regole ma si avvia un dialogo all’insegna della
reciprocità, alla ricerca di un’organizzazione comune possibile.
La cura appare nella capacità dell’educatore di proporre relazioni empatiche che comprendono e partecipino al bisogno
dell’altro, senza identificar visi, ma restituendolo all’altro elaborato in forma diversa.Questa cura permette una
conoscenza tale che implica uno stare tra vicinanza e distanza, empatia e distinzione , non è incondizionata
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accettazione dell’altro ma È il primo passo verso la reciprocità.
il tempo: diventa difficile incontrare la famiglia in orario d’ufficio, se la madre è in maternità il padre lavora, il
bambino ha esigenze di pappe…è importante se vogliamo incontrare la famiglia , tener conto di questi
elementi.Fissando appuntamenti in orari elastici diciamo alla famiglia che conosciamo, comprendiamo e accogliamo la
sua necessità di madre, proprio prendendoci cura del suo tempo personale. Così come far in modo che il padre possa
partecipare vuol dire che è per noi importante, stiamo attribuendo un valore a quei genitori proprio nel loro essere
famiglia, ce ne stiamo prendendo cura.
lo spazio : le caratteristiche fisiche facoriscono una vicinanza/distanza tra i partecipanti, simmetrie o asimmetrie di
ruoli e trasmettono accoglienza e rifiuto.Lo spazio per la famiglia prevede poltroncine (comode anche per allattare), un
tappeto dove far muovere il bambino…. Una tale strutturazione di spazi comunica accoglienza, mettendo a proprio
agio tutti gli attori
uno strumento di cura: un percorso di accoglienza x la famiglia. Con momenti formali e informali ci fornisce
l’opportunità di osservare la famiglia in azione nel suo insieme , come unità.
LTP “Gioco triadico di Losanna” vi sono interessanti chiavi di lettura dei momenti di gioco tra genitore e bambino.Il
Gioco triadico è una prova di gioco familiare dove padre, madre, bambino ripercorrsono una traccia narrativa
composta di 4 configurazione:
2+1 (madre e b. giocano insieme con padre in posizione periferica)
2+1 (scambio di ruolo tra padre e madre)
3 insieme
2+1 (madre e padre interagiscono ,con il bambino in posizione periferica)
Il gioco può essere considerato come il momento in cui sia scolta il racconto comune della storia della famiglia.
Lo scopo è comprendere aspetti della relazioni famigliari per comprendere quel sistema famigliare.L’alleanza
famigliare ha una proprietà, peculiare ai sistemi, emergente dalle interazioni tra i partner e costitutiva della loro
identità in quanto gruppo.
le autrici del LTP hanno identificato delle tipologie di alleanza della famiglia:
cooperativa
in tensione
collusiva
disturbata
la valutazione dei frame work triangolari avviene secondo le 4 funzioni di:
partecipazione
organizzazione
attenzione focale
contatto affettivo
Prendere familiarità con le 4 costruzioni proto topiche delle alleanze famigliari, cn le basi strutturali di tali alleanze
può fornire una base di lettura dei momenti di gioco tra genitori e bambino, di quelle danze che si percepiscono a volte
armoniose, altre conflittuali o caotiche.LO scopo è di ascoltare la storia che la famiglia sceglie di narrarci, non di
etichettarla, ma di entrare nella loro storia x interrogarsi su quali sono le risorse e il potenziale di cambiamento
evolutivo degli schemi che osserviamo.
4.7 il calendario, a ciascuno il suo tempo
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-GENNAIO E FEBBRAIO: primi incontri con la singola famiglia:
fasce orarie che permettano partecipazione di madre, padre e neonato
no moduli ma ci si racconta storie
-FEBBRAIO e MARZO: incontri individuali e visite del nido in piccoli gruppi
un solo incontro x alcune famiglie non può essere sufficiente
si avvia una relazione sul rispetto e riconoscimento delle proprie specificità e differenze
il nido diventa lo sportello di ascolto
visite al sabato mattina
ricordarsi ce luminosità degli ambienti,arredi, sicurezza, igiene e pulizia sono i primi aspetti che i genitori
valutano
-MARZO: open day
giornata di apertura al territorio
laboratori, angoli gioco che i bambini e genitori possono usare liberamente
purtoppo non è la famiglia che sceglie il nido ma la graduatoria e il punteggio
MARZO E APRILE: incontri x effettuare l’iscrizione, con la singola famiglia
attenzione = aspetti burocratici
contratti vero e proprio che si stipula tra nido e famiglia
tutti gli argomenti vanno trattati con la massima trasparenza:evitare di cerare false aspettative…
la famiglia effettua l’iscrizione solo quando ogni dubbio…su nido è risolto
APRILE:incontro x fissare la data dell’inserimento del bambino
inserimento individuale e non di gruppo, una sola educatrice accompagna genitore e bambino durante le prime
settimane di frequenza.
Ingresso graduale
Ambientamento delle mamme che instaurano nove relazioni
MAGGIO E GIUGNO: pomeriggi di gioco e merende ( momenti informali)
4.8 rituali e routines
Intorno alle routines ruota il sentimento di sicurezza, dell’essere conosciuto, nell’abituale che rassicura.La regolarità e,
spesso, la ritualità dei momenti di cura libera i bambini da ansie e incertezze, favorendo il loro protagonismo anche in
questi contesti di esperienza.E’ significativo che negli asili nido negli ultimi tempi al termine routines si preferisca
l’espressione momenti di cura.Quest’ultima espressione che indica i riti quotidiani sembra che distanzi maggiormente
dal rischio che essi si trasformi in una istituzionalizzazione dei bambini.Mangiare o dormire al nido non deve e non
può essere equiparato a quello di casa, ma non può neppure diventare un momento normato e rigido.
Un percorso di accompagnamento con la famiglia può trasformare l’asilo nido in spazio e tempo di rutuali e routines
delle transizioni alla genitorialità.La nascita, crescita e divenire genitori diventano riti collettivi, dove comunità e
famiglia co-costruiscono un mondo di significati condivisi, è solo all’interno di questo, nella condivisione e
interazione che la famiglia può trovare quell’idea di aver cura.
La posizione di riflessività dell’educatore, implica la capacità di decentrarsi rispetto ad un’idea stereotipata e ritenuta
universalmente valida, rispetto a quelle immagini che pregiudizievolmente ognuno tende a generare astraendole dal
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contesto che le ha prodotte, richiede anche il coraggio di abbandonare la nostra idea di come quella famiglia dovrebbe
essere, la forza di uscire dai propri schemi e stili consueti di azione.
CAP 5 INCONTRI IRREVERENTI E CURIOSI
5.1 pappa…nanna…cacca
Progetto effettuato all’asilo altro spazio di Vimercate è un’esperienza dei incontro con la genitorialità, che ha come
obiettivo l’aprire la possibilità di cambiamento.E’ l’instabilità, impossibilità di casellare e misurare, nella coesistenza
di ordine e caos propria delle relazioni umane ma anche attraversare, esserci immersi, ma anche osservare,
concentrandosi de-centrandosi propria della complessità data dall’incontro di sistemi quali nido e famiglia regolati dal
principio dell’auto-organizzazione.
La logica dell’auto-organizzazione dell’osservatore assume una posizione di dentro e fuori dal sistema. Dentro perché
non può non interagire, diventando così parte integrante di relazioni che costituisce il sistema, fuori perché il suo
sguardo deve continuamente decentrarsi, vedere le possibilità inesplorate, proporre nuove visuali.
L’idea guida è quella di co-costruire in processo congiunto e circolare tra nido e famiglia, basato sulla valorizzazione
del ruolo genitoriale, sulla possibilità di relazione tra genitori e figli, per creare situazioni agite e concrete di
interdipendenza, di circolarità, di co-evoluzione tra genitori e figli, tra nido e famiglia e tra famiglie.Un percorso di
contesti informali dove saperi di diversi livelli e provenienze si incontrino senza marcare un’asimmetria di competenza
che possa generare passività e dipendenza, dove si possa guardare ai professionisti dell’educazione come modelli, ma
solo come modelli possibili, modelli deboli a cui guardare per far emergere e costruire i propri modelli basati
sull’incontro delle esperienze, dei saperi e dei valori dei due genitori tra loro o dei genitori con altri genitori.
Per co.costruire la relazione genitoriale è inutile un processo istruttivo, è necessaria l’esperienza, la storia dei soggetti,
la quotidianità, contesti di socialità, la condivisione.La formazione dei genitori diventa la formazione con i genitori;
l’attenzione è alle relazioni genitore/bambino,educatore/genitore, genitore/genitore.
5.2 genitorialità: una questione di arte o mestiere?
Il mestiere di genitore si inventa e si crea nella relazione.Bisogna effettuare iniziative concrete dove la famiglia è
chiamata ad aderire all’uno o all’altro valore ideologico proposto dall’esperto o servizio del momento.
Prima di parlare di bambini dovremmo parlare di noi, del nostro modo di concepire l’esistenza, delle risorse che
abbiamo a disposizione x affrontare le difficoltà.Troppo spesso ci illudiamo di parlare di bambini, di studiarli, di vivere
con loro come se la loro crescita non dipendesse in buona parte da noi adulti, dalle nostre condizioni fisiche, morali…
Ogni riflessione sull’infanzia non può prescindere dagli adulti accanto ai quali i bambini vivono e crescono.
Altra scelta di campo è quello di dare rilievo all’aspetto relazionale del progetto, al confronto che presuppone un
incontro tra individui impegnati in un’esperienza comune comune con il bambino.L’accento posto sul carattere di
esperienza vissuta intende inoltre sottolineare l’aspetto che un’esperienza genitoriale significativa non si situa nei
territori della tecnica ma passa attraverso un’assunzione di responsabilità.
Il gruppo, l’esperto, l’educatore, il setting possono be risorsa, sostegno, mediazione, a disposizione di ogni genitore,
ma sarà ogni genitore a trarne gli stimoli al cambiamento e alla ridefinizione del suo ruolo e della relazione con il
figlio.
5.3 l’idea o l’analisi dei bisogni
Analizzando i bisogni dei genitori durante le riunioni e colloqui è stata stesa l’ipotesi a grandi linee: stare nella pappa,
la nanna o la cacca intesi come contesti nei quali si gioca e prende forma la relazione tra genitori e figli, in
un’iniziativa che non si rivolgesse ai genitori con il nido in posizione di esperto, ma con l’ipotesi di cerare un contesto
che tenesse insieme e alla pari mamme, papà e nido.
Altro elemento = rivolgersi all’insieme della famiglia in situazione, ai genitori mentre fanno i genitori, ai figli mentre
fanno i figli, a genitori e figli insieme.
Desiderio = affrontare l’alimentazione, nanna e cacca come matrici, dove la capacità di ascolto diventa un contenitore
relazionale all’interno del quale il bambino può sviluppare fiducia, conoscenza del proprio corpo, educazione al gusto,
percorsi di autonomia.
Sono stati contatti vari esperti, i più disponibili sono stati o medici dell’ASLMI3 che hanno compartecipato alla
definizione del progetto.
Non avendo definito il progetto nel dettaglio ogni partecipante ci ha messo del suo.Ob incontri equipe allargata:
trovare una competenza relazionale trasversale al gruppo e la capacità di volgarizzare le proprie conoscenze, di vedere
il genitore non più come colui a cui fornire informazioni in un linguaggio spesso tecnico, ma come soggetti in
possesso di risorse educative da riscoprire, rendere esplicite, anche solo conscere.Il presupposto d partenza è stato di
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considerare il genitore come il massimo esperto della propria relazione con il bambino.
Il rif è ad una concezione di formazione come processo capace di ridurre la separazione tra momento formativo e la
vita.Si tratta di una formazione centrata sull’apprendimento come fattore di sviluppo individuale e condizione dello
sviluppo organizzativo; crescita culturale, sociale---dei soggetti come acquisizione di capacità di autonomia e di
autodecisione su tutte le dimensioni della vita.
5.4 nel concreto…al sabato mattina
La fase di strutturazione ed organizzazione delle singole giornate e dei singoli temi è stata condotta con l’equipe delle
educatrici e dei genitori-volontari per lo spazio-gioco, per la definizione dello spazio-chiacchiera si è lavorato con gli
esperti che sarebbero intervenuti all’incontro.Lo spazio-gioco è stato pensato come parte integrante del progetto
stesso.E’ un luogo dove il bambino e il genitore fanno esperienze, stabiliscono rapporti di vicinanza-distanza, vivono
la relazione, mentre l’altro genitore, in uno spazio attiguo, vive rlazione con altri adulti.
Per sottolineare questo aspetto di connessione degli spazi, anche lo spazio-gioco è stato strutturato sul tema della
giornata e la partecipazione richiedeva la presenza di entrambi i genitori con il bambino.
La programmazione delle attività è stata condotta autonomamente dalle educatrici.
Ruolo delle educatrici su due livelli:
Regia del contesto :a partire da una progettazione flessibile, prosegue con la sistemazione dei materiali,
riorganizzazione degli spazi durante le atvità, coinvolgimento del genitore e del bambino.Un ruolo che
prevede una responsabilità centrale della presenza intenzionale e consapevole degli educatori e alla loro
capacità di progettare in modo esplicito, flessibile e aperto.
Regia della relazione genitore-figlio : mediazione relazionale diretta, quel dare voce all’azione del bambino,
fornire al genitore occhi diversi attraverso cui vedere il proprio figlio, rendere esplicito il significato delle
esperienze che si stanno vivendo.L’educatrice interviene con il genitore con una possibile lettura di quanto sta
succedendo nel qui ed ora, senza mai intervenire con giudizi, ma mostrando possibilità, un altro p.d.v ( senza
dimenticare che è il proprio p.d.v)
5.5 incontrarsi
Modalità e strategie:
Mettere a proprio agio tutti i partecipanti
Chiarire l’organizzazione
Rispondere alle necessità
Dare spazio e riproporre il rituale che ogni famiglia mette in atto all’arrivo
Mostrare con i piccoli gesti che ognuno è tenuto in mente,atteso e desiderato
Riavviare la comunicazione interrotta la volta precedente.
La cura dell’accoglienza avviene nella materialità dell’incontro.
Un compito importante è mettere in comunicazione i genitori tra loro, in modo informale e spontaneo, per creare dei
gruppi amicali che si manteranno nel tempo.
5.6 l’esperto chiacchiera
Prima degli incontri i genitori sono stati sollecitati a presentare una questione.
Ciascun esperto partecipava ad un solo incontro, la presenza dell’educatore garantiva che la comunicazione
proseguisse tra un incontro e l’altro, che i clima non fosse determinato dallo stile relazionale dell’esperto di turno, ma
che fosse del gruppo in un continuum che spesso andava oltre l’argomento trattato.
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Non sempre nella gestione degli incontri è stato facile mantenere la coerenza con i presupposti nel progetto.
L’educatrice spesso ha usato lo spiazzamento: ogni volta che l’esperto tendeva a rispondere al genitore secondo ricette
preconfezionate o sacrosante verità, l’educatrice riformulava la domanda rivolgendola al papà-psicologo, alla mamma-
nutrizionista…L’effetto è stato la trasformazione del dover essere in poter essere; quando il richiamo è al sapere
naturale, all’esperienza personale, le certezze non sono più così nitide, qui appaiono la flessibilità, l’eventualità e le
possibilità; la relazione è riportata nel qui ed ora.
La comprensione empatica è particolarmente importante.
5.7 un educatore tra educatori
Oltre al rischio della politica dell’esperto vi è anche la visione che nega il sapere dell’educatore che si pone
semplicemente in ascolto di colui che ha di fronte, diventando un ricettore passivo delle istanze dei soggetti.
Per ovviarlo: metodo della doppia descrizione:utilizzo nelle interazioni umane di un livello strategico ( che riguarda le
operazioni degli individui, i loro scopi, le loro intenzioni, i loro piani …) che ha a che vedere con il processo
interattivo di costruzione di realtà sociali, identità e rapporti che ha luogo nella coordinazione tra individui mentre
ognuno di loro persegue i propri scopi, guidati dalle proprie intenzioni e dai propri sistemi di rappresentazione.
L’educatore un esperto in quanto valuta e sceglie quale azione mettere in atto per meglio sostenere-accompagnare il
genitore, sulla base del proprio sistema di riferimento attribuisce significati che derivano dalla sua formazione,
esperienza, dai suoi valori e modelli teorici.
L’educatore è un non esperto in quella specifica interazione, perchè ciò che avviene in quella relazione educativa non è
determinato esclusivamente dall’azione (sapere, premesse e scopi) dell’educatore, ma dal significato che tale azione
assume nel contesto, è il risultato di un processo a cui il genitore partecipa con i propri scopi, sistema di
rappresentazioni,premesse e sapere.
Il livello strategico e quello costruttivo sono connessi nella relazione educativa.
Bateson = nsn genitore è inadeguato, competente o incompetente ma possiede delle caratteristiche che non sono sue,
ma piuttosto di ciò che avviene tra lui e qualcosa o qualcun altro.
le valutazioni sono difficili:Come ho usato i miei pregiudizi? Sono riuscita a mantenere un atteggiamento rispettoso
nell’incontro con le famiglie?
5.8 la relazione nido –famiglia
Le famiglie che si avvicinano al nido non chiedono solo un servizio che si occupi della cura del bambino durante il
tempo-lavoro dei genitori, le domande investono la dinamica famigliare e la funzione genitoriale, l’accezione è quella
di uscire dall’isolamento in cui la famiglia con un bambino piccolo si trova, alla ricerca di conferme e confronti di
un’identità del ruolo di padre e di madre dai contorni sempre più sfumati.
Il desiderio nasce dal riconoscimento della famiglia come soggetti educativo pensante, portatrice di valori, credenze---
La famiglia è anche considerata come soggetto educativo titolare.
La fiducia dei genitori nei servizi per la prima infanzia non sembra affatto essere una delega della responsabilità
dell’accudimento e dell’educazione dei figli, quanto piuttosto :
la consapevolezza della complessità dei bisogni educativi della prima età,
della necessità di confrontarsi e di condividere le responsabilità sia con chi è professionista sia con altri
genitori
creare una nuova cultura condivisa dell’infanzia, dell’educazione e dell’essere genitore nel mondo di oggi
Da queste idee di famiglia nasce la volontà di instaurare connessioni, la voglia di condividere delle premesse e delle
strategie educative…
La relazione nido - famiglia è co-costruzione di un percorso basato sulla possibilità di esercitare il ruolo genitoriale
con il figlio a partire dalle risorse piuttosto che dalle difficoltà, per creare situazioni agite e concrete di relazione , di
interdipendenza, di co-evoluzione sia tra genitori e figli che tra nido e famiglia.
Considerare la famiglia come sistema auto poietico ha delle implicazioni sulle possibilità di perseguire il
cambiamento:l’intervento educativo non può determinare la tipologia o la direzione del cambiamento ma può
perturbare il sistema famiglia.
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