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Paul Valéry

Paul Valéry nacque a Sète nel 1871 da padre corso e madre italiana. Dopo aver studiato diritto a Montpellier, e aver conosciuto Gide e Mallarmé, pubblicò alcuni versi su riviste simboliste. Nel 1892 però una profonda crisi al tempo stesso sentimentale e intellettuale lo indusse a interrompere l'attività poetica. Si trasferì quindi a Parigi e si dedicò per circa vent'anni agli studi matematici e filosofici, di cui ad esempio è espressione il saggio del 1895 "Introduzione al metodo di Leonardo da Vinci". Nel contempo scrive "La serata con il signor Teste" (1896), opera assai importante per comprendere l'atteggiamento razionale e lucido nei confronti della vita e dell'arte che caratterizza Valéry. Torna alla poesia nel 1917, pubblicando il poemetto "La giovane Parca" e nel 1920 con l'altro poemetto "Il cimitero marino". Sempre nel 1920 pubblica una raccolta di versi anteriori alla crisi col titolo

di Album di versi antichi, e nel 1922 raccoglie i due poemetti citati ed altri versi recenti nel volume Incanti (Charmes). Nel 1925 venne eletto membro dell'Académie Francaise. Pubblicò a partire dagli anni venti vari volumi di saggistica (ad es. L'anima e la danza, 1923; Tel quel, 1941-1943). Mori a Parigi nel 1945. Nel 1963 vennero pubblicati i suoi Cahiers (Quaderni), che costituiscono un importante corpus di osservazioni e riflessioni sul linguaggio, la coscienza, il sogno, e su altri problemi di rilievo non solo sul piano filosofico, ma anche per la comprensione della sua poesia. Poesia come "Festa del !'Intelletto".

La poesia di Valéry - possiamo asserire - è il derivato ulteriormente rarefatto e cristallizzato di quella di Mallarmé. Anche per lui la poesia è affare di pochi, è incantamento, magia, creazione, non rappresenta la realtà, ma è la realtà stessa purificata da ogni contingenza.

tutte le scorie che larendono imperfetta e impura. Valéry rispetto a Mallarmé estremizza la concezione separata,intellettuale, astratta della poesia: «Verso il '91 » - scrive nei Cahiers - « lo scopo della poesia miparve dover essere quello di produrre l'incantamento -cioè uno stato di falso equilibrio e dirapimento senza referenze AL REALE. Niente di più opposto alla poesia ragionevole, alla narrativa,alla favola di La Fontaine, all'oratoria di Hugo e anche al sentimentale o lirico di Musset ecc. Ciò chemi rapiva era l'allontanamento dall'uomo...». E ancora: «Una poesia dev'essere una Festadell'Intelletto. Non può essere altro. Festa: è un gioco, ma solenne; immagine di ciò che non è, dellostato in cui gli sforzi sono solo ritmati, riscattati. Si celebra qualcosa compiendolo orappresentandolo nel suo stato più bello e più puro. Qui la

facoltà del linguaggio, e il suo fenomeno inverso, la comprensione, l'identità delle cose che separa. Si aboliscono le sue miserie, le sue debolezze, il suo quotidiano. Finita la festa, non deve restare nulla. Ceneri, ghirlande calpestate". Poesia come atto meramente intellettuale, dunque, come ricerca di un'astratta, immateriale perfezione, privata di ogni legame con il reale empirico, con la sfera vischiosa dei sentimenti (è un rifiuto del sentimentalismo romantico). Poesia pura. Ciò che Valéry apporta alla poetica e alla poesia novecentesca - il suo lascito -, assieme all'oscurità del linguaggio, alla tensione metafisica, all'ideale di una suprema ricerca di perfezione (già del precedente simbolismo) è soprattutto il concetto di poesia pura. "Dico poesia pura nel senso in cui il fisico parla dell'acqua pura... L'inconveniente di questo termine è di far pensare a una purezza morale che nonc'entra affatto, dato che l'idea di poesia pura è per me al contrario un'idea essenzialmente analitica. La poesia pura è insomma una finzione dedotta dall'osservazione, che deve servirci a precisare la nostra idea sulla poesia in generale, e a guidarci nello studio così difficile e importante delle diverse e multiformi relazioni del linguaggio con gli effetti che esso produce sugli uomini. Forse sarebbe meglio dire, al posto di poesia pura, poesia assoluta, e bisognerebbe intenderla allora nel senso di una ricerca degli effetti risultanti dalle relazioni delle parole, o piuttosto dalle relazioni delle risonanze delle parole tra di loro, ciò che suggerisce, insomma, un'esplorazione di tutto quel dominio della sensibilità che è dominato dal linguaggio". In questo senso - nota il Pontiggia - "la poesia pura non è realizzabile. Le poesie sono sempre spurie, impure, inferiori". Scrive infatti ancora

Valéry: "La parte pratica o pragmatica del linguaggio, le abitudini e le forme logiche e, come ho già detto, il disordine, l'irrazionalità che si incontrano nel vocabolario [...], rendono impossibile l'esistenza di queste creazioni di poesia assoluta; ma è facile immaginare che la nozione di un tale stato ideale o immaginario è preziosissima per apprezzare ogni poesia osservabile. La concezione di poesia pura è quella di un genere inaccessibile, di un limite ideale dei desideri, degli sforzi e delle potenze del poeta...". II che fra l'altro suona come una giustificazione dei versi della quartina conclusiva del componimento che sì è analizzato.

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A.A. 2012-2013
2 pagine
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SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/03 Letteratura francese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher valeria0186 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura francese e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Zanola Mariateresa.