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VIRUS A TRASFORMAZIONE LENTA
Producono il tumore inserendo il loro genoma a monte o a valle di un protooncogene della cellula ospite (mutagenesi inserzionale). In questo modo le potenti sequenze LTR stimolano l'espressione di quel protooncogene cellulare in modo eccessivo (aumentata espressione di una proteina strutturalmente normale) e non più regolato dalle necessità mitotiche della cellula. Le sequenze LTR costituiscono regioni chiave per la trasformazione neoplastica, che infatti può avvenire per integrazione solo di queste regioni. L'integrazione del provirus è casuale, quindi vi sono poche probabilità che essa avvenga vicino ad un protooncogene cellulare. Il lungo periodo di latenza tra infezione ed insorgenza del tumore (molti mesi) rispecchia il tempo richiesto perché si verifichi questo raro evento. Infatti, contrariamente a molti dei retrovirus a trasformazione veloce, i retrovirus a trasformazione lenta sono in grado di replicarsi.
completamente e quindi di infettare altre cellule. Tra gli altri, appartengono ai virus lenti il MMTV, il virus della leucemia aviaria, alcuni virus della leucemia del topo.
VIRUS A TRASFORMAZIONE VELOCE
Includono i virus della leucemia e del sarcoma acuto del roditore e degli uccelli e sono molto efficienti nella trasformazione neoplastica. Possiedono infatti un oncogene, v-onc, già integrato nel genoma virale. Non è perciò necessaria l'attivazione di un protooncogene nella cellula ospite per produrre la trasformazione neoplastica.
Il v-onc, è di solito un omologo, mutato ed iperattivo, di un gene implicato nella proliferazione cellulare e funziona perciò rapidamente in tutte le cellule infettate, indipendentemente dalla posizione di inserzione del virus. Questi tumori possono essere policlonali. I virus appartenenti a questa classe di solito non sono in grado di replicarsi perché generalmente l'inserimento del v-onc nel genoma causa la
perdita di uno dei geni virali; essi pertanto necessitano di una coinfezione con un virus "helper" che fornisca le proteine mancanti.
RETROVIRUS VIRUS UMANI
Human T leukemia type I and type II (HLTV I e II) producono rapidamente la trasformazione in cultura di T linfociti anche se non stimolati con la interleuchina 2. Il meccanismo è per alcuni aspetti simile a quello dei virus a DNA dato che producono oncoproteine. E' probabile che il meccanismo di induzione della neoplasia coinvolga l'iperespressione dell'IL-2 e dei suoi recettori mediata dalla produzione di oncoproteine.
Dal momento che l'IL-2 promuove la proliferazione dei linfociti T, si genera un sistema di proliferazione che aumenta la possibilità che si verifichi un evento mutageno iniziatore della evoluzione tumorale.
Il ruolo di HBZ sembra essere principalmente quello di contribuire, in modo determinante, alla proliferazione del clone di linfociti T infettati dal provirus: l'espressione
ectopica di HBZ induce la proliferazione di cellule T, mentre lo spegnimento di tale gene in cellule T leucemiche ne riduce la capacità proliferativa. Le malattie associate all'HLTV I (più raramente dall'HLTV II) sono una leucemia/linfoma a cellule T caratterizzata da un decorso aggressivo e una mielopatia che produce una paraparesi spastica (malattia demielinizzante non tumorale del midollo spinale e del cervello). Non è noto perché un soggetto infetto possa essere un portatore sano, sviluppare il tumore o la malattia neurologica. Queste malattie associate al virus sono sporadiche ad eccezione di certe zone endemiche. La principale area di endemia del virus è nel sud del Giappone. Altre zone sono localizzate nei Caraibi, Africa centrale e Sudamerica. Ad Okinawa una sostanziale proporzione della popolazione è portatrice del virus (>35%), tuttavia solo una piccola parte dei soggetti infetti sviluppa la malattia. VIRUS A DNA I virus a DNAcontrollate e prodotte per mantenere lo stato neoplastico. Questo processo può portare alla formazione di tumori. Nel caso della trasformazione neoplastica, il ciclo riproduttivo del virus non viene completato e non si verifica la formazione di numerosi virioni. Invece, il DNA virale si integra nel genoma cellulare e i geni virali codificano proteine che hanno un ruolo determinante nella trasformazione delle cellule. Non sono presenti oncogeni nel genoma virale. Le proteine trasformanti devono essere continuamente controllate e prodotte per mantenere lo stato neoplastico. Questo processo può portare alla formazione di tumori.espresse per mantenere lostato neoplastico. I geni che dirigono la sintesi delle proteine trasformanti non hannoalcuna omologia con geni cellulari (a differenza degli oncogeni dei virus a RNA chehanno omologie con i protooncogeni cellulari).
Il meccanismo con cui i prodotti genici dei virus a DNA producono la trasformazionetumorale è soprattutto (ma non solo) il legame e l'inattivazione dei proteine prodottedai geni soppressori tumorali (p53 e retinoblastoma).
PAPILLOMA VIRUS
Nell'uomo il papilloma virus induce lesioni benigne dell'epitelio squamoso (lareplicazione virale si produce solo in cellule che sono in fase terminale didifferenziazione): verruche cutanee, condilomi acuminati (verruche genitali) dellavulva e cervice uterina, del pene e della regione perianale e papillomi laringei. Lelesioni cutanee e mucose sono di solito benigne e si associano principalmente aisierotipi HPV-6 e HPV-11.
Occasionalmente i papillomi laringei ed i condilomi acuminati vanno
Incontro a trasformazione maligna in carcinoma a cellule squamose. Invece, sequenze del DNA di alcuni ceppi, in particolare HPV-16 ed HPV-18, sono stati trovati nel 75-100% dei tumori cervicali intraepiteliali e nel carcinoma invasivo della cervice uterina.
Due caratteristiche distinguono gli HPV associati ai carcinomi della cervice uterina da quelli delle lesioni benigne:
- Il genoma degli HPV 16 e 18 si trova integrato in quello delle cellule ospiti, mentre quello degli HPV associati alle lesioni benigne è presente nelle cellule allo stato di episoma.
- Gli HPV 16 e 18, e quelli a più alto rischio oncogeno, possiedono due ulteriori geni regolatori, i geni precoci E6 ed E7.
Oggi sono disponibili due vaccini contro il papillomavirus:
- Vaccino bivalente: protegge contro i tipi 16 e 18 (i tipi di virus in grado di causare le lesioni pretumorali).
- Vaccino quadrivalente: offre una protezione anche contro i tipi 6 e 11 (quelli che causano il maggior numero di condilomi).
Il nuovo piano...
Il vaccino prevede l'introduzione della vaccinazione anti-HPV per i maschi undicenni con inizio della chiamata attiva per la coorte del 2006.
EB VIRUS: L'infezione primaria avviene precocemente nei linfociti B, cellule in cui il virus può produrre l'infezione latente. Il soggetto infettato diviene portatore sano per tutta la vita. Oltre ai linfociti B vengono iniettate anche le cellule epiteliali in cui il virus si moltiplica attivamente (trasmissione con le secrezioni orofaringee). Il virus produce la trasformazione dei linfociti tramite meccanismi estremamente complessi che implicano la produzione di diverse proteine tra cui le principali sembrano essere:
- LMP-1 che stimola l'espressione di bcl-2 (apoptosi)
- LMP-2 mantiene il virus latente nelle cellule
- EBNA-1-2-3 che producono la transattivazione di diversi geni della cellula ospite (tra cui la ciclina D e membri della famiglia di oncogeni src).
Malattie associate al virus: linfoma di Burkitt, linfomi in...
cromosomiche tipiche del linfoma di Burkitt. Le diverse proteine virali sono in grado da un lato di impedire l'apoptosi dei linfociti B, stimolando l'espressione di bcl-2, tramite una proteina di membrana (LMP-1), ed dall'altro di stimolare direttamente la proliferazione di queste cellule tramite le proteine EBNA-1,2 e 3 che producono la transattivazione di diversi geni della cellula ospite (tra cui la ciclina D e membri della famiglia di oncogeni src).
linfoma di Hodgkin Nel il DNA del EB virus è presente in più del 50% dei casi. Il DNA virale è localizzato nella cellula tumorale di Reed-Sternberg. Le proteine virali LMP1 e LMP2 sono iperespresse nelle stesse cellule.
carcinoma nasofaringeo Il è un carcinoma poco differenziato delle cavità nasali con una importante infiltrazione linfocitaria. Si verifica soprattutto in Asia sud-orientale (principalmente nella Cina sud-orientale) o in persone di quelle regioni che vivono in altre zone. Il virus
è stato identificato nelle cellule del carcinoma, praticamente in tutti i pazienti, e specifici geni virali vengano espressi in queste cellule. Il virus è stato però anche identificato in soggetti normali. Espressione di specifiche sequenze di RNA virale in cellule epiteliali di carcinoma nasofaringeo. Espressione LMP-1 in cellule epiteliali di carcinoma nasofaringeo. Notare la massiccia infiltrazione linfocitaria. HBV Il genoma del virus è stato riscontrato integrato nel genoma di portatori di HBV e nel 90% pazienti con tumore, ma in modo non specifico e senza che vi sia l'attivazione inserzionale di protooncogeni. Il virus non cresce in culture cellulari e non provoca la loro trasformazione. L'interpretazione prevalente è quindi quella di un effetto cancerogeno prodotto in modo indiretto dalla infezione cronica con continua necrosi e rigenerazione cellulare. Tuttavia esiste un gene "X" che produce una proteina di 154 aa che potrebbe essere coinvolta nel processo cancerogeno.