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MAJOR STROKE
Stroke con esiti di media o grave compromissione dell’autonomia.
L’encefalo necessita di un abbondante volume ematico che viene garantito da una vascolarizzazione
formata dalle due arterie carotidi interne (ICA) e dalle due arterie vertebrali che si anastomizzano
alla base del cervello per formare il circolo di Willis.
Il metabolismo cerebrale misurato come consumo metabolico di ossigeno o di glucosio è legato
strettamente al flusso ematico cerebrale (cerebral blood flow, CBF) che quindi riflette la
funzionalità dell’encefalo. Il CBF ( ha valori normali di circa 50 mg/100g di tessuto/minuto)
dipende dalla pressione di perfusione cerebrale (CPP) e dalle resistenze cerebrovascolari (CVR).
Il CBF rimane pressoché costante quando la pressione arteriosa ha valori compresi tra 60 e 160
mmHg perché i vasi cerebrali sono dotati di un meccanismo di autoregolazione grazie a meccanismi
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metabolici locali: se la perfusione si riduce si instaura una vasodilatazione delle arteriole cerebrali
con conseguenza ritorno del CBF a valori normali. Se però la perfusione si riduce si riduce al di
sotto del limite inferiore dell’autoregolazione (cosa che accade distalmente ad un vaso stenotico od
occluso) si arriva ad una vasodilatazione massimale e il flusso è unicamente pressione dipendente:
per ulteriori riduzioni di perfusione il flusso comincia a decrescere con conseguente ischemia delle
aree cerebrali irrorate. In genere quando il CBF cade sotto i 20 mg/100g di tessuto/min il consumo
metabolico di ossigeno si riduce, il tessuto diventa ischemico e compaiono sintomi neurologici.
Se il flusso è prontamente ripristinato il recupero funzionale è ancora possibile. Affinché si
determini ischemia irreversibile è sufficiente un tempo di circa 4-8 ore di riduzione della
perfusione. In questo breve periodo di tempo se si riporta il flusso a valori normali, è possibile
salvare zone di tessuto che sarebbero invece destinate ad infarto. Intorno all’area infartuata (core) il
flusso ematico è basso, la funzionalità è perduta ma è possibile il recupero: queste aree
rappresentano la cosiddetta “penombra ischemica”. L’esame che può fornire informazioni sulla
penombra ischemica è la PET.
La riduzione della perfusione può essere determinata da occlusioni arteriose oppure emorragie. Le
stenosi delle carotidi possono causare una riduzione del flusso cerebrale per riduzione della
pressione di perfusione a valle della stenosi oppure per complicazione della placca.
A seconda dell’eziopatogenesi si possono distinguere occlusioni arteriose da trombosi e occlusioni
arteriose da embolia. Se l’occlusione arteriosa è transitoria ed il circolo viene ristabilito prima che
la sofferenza del tessuto giunga alla necrosi si hanno attacchi di ischemia transitoria: i TIA. Quindi i
TIA possono essere definiti come ischemie cerebrali che regrediscono spontaneamente.
Clinicamente sono caratterizzati da brevi episodi di un disturbo neurologico non convulsivo che ha
durata inferiore alle 24 ore. I sintomi più frequenti se è coinvolto il circolo carotideo sono paresi
e/o ipo-anestesia ad uno degli arti oppure stato confusionale, afasia, disartria. Se è coinvolto il
circolo vertebro-basilare i sintomi più tipici sono vertigini, afasia, disartria, diplopia, atassia. La
causa principale dei TIA è l’embolizzazione di materiale fibrino-piastrinico da placche
ateromatosiche della carotide interna e della biforcazione. In altri casi (ma con percentuale minore)
è dovuta da emboli cardiogeni, caduta della pressione arteriosa sistemica. L’evoluzione a stroke è
molto frequente: il 18-36% dei TIA è seguito nel tempo da ictus cerebrale soprattutto nel primo
mese e nel primo anno dopo l’evento.
Se invece il danno per la riduzione della perfusione è irreversibile si realizza l’infarto cerebrale
caratterizzato da stroke. Lo stroke è quindi un quadro clinico caratterizzato dalla comparsa
improvvisa di sintomi come emiplegia, deficit sensitivi, disartria, ipo-anestesia con durata maggiore
di 24 ore. I principali fattori di rischio sono l’aterosclerosi e
l’ipertensione arteriosa.
L’ateroma si localizza più frequentemente
all’origine della carotide interna, alla biforcazione
carotidea, alle arterie vertebrali.
L’ ateroma si sviluppa lentamente e può restare
asintomatico fino a quando la stenosi è inferiore al
70-80% ed anche oltre (fino all’occlusione) se i
circoli di compenso sono adeguati. Quando invece
l’aterosclerosi interessa anche i circoli collaterali
che non sono più sufficienti e la stenosi del vaso è
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marcata (70-80%), una caduta pressoria può rendere inadeguato il flusso nel distretto stenotico con
conseguente insufficienza cerebro-vascolare e possibile comparsa dei sintomi sopra descritti (TIA o
stroke). In altri casi i sintomi possono essere causati principalmente dalla complicazione delle
placche ateromasiche: calcificazioni, trombosi su fissurazioni o ulcerazioni della placca, emorragia
derivante dai vasi neoformati alla periferia dell’ateroma con rapida espansione della placca dal lato
del lume vasale. La trombosi è un evento grave perché può un’improvvisa occlusione del lume
vasale con blocco totale del flusso ematico e conseguente infarto parenchimale.
L’80% degli ictus ischemici è attribuibile ad embolia. L’ embolo può essere di origine cardiogena
oppure può essere formato da frammenti di materiale distaccato da una placca ateromasica oppure
da un trombo. La più comune cardiopatia emboligena è la fibrillazione atriale che determina la
formazione di trombi all’interno dell’auricola che può embolizzare. Inoltre anche l’infarto del
ventricolo di sinistra predispone alla formazione di trombi murali e anche protesi valvolari
mitraliche o aortiche si associano ad embolia nel 70% dei casi.
Generalmente l’embolo si arresta alla biforcazione o in un altro punto di restringimento del lume.
L’occlusione da embolia è in genere brusca con quindi scarsa possibilità all’instaurarsi di un circolo
collaterale e ha quindi esordio acuto con sintomi neurologici. Altre cause meno frequenti di
occlusione arteriosa sono gli aneurismi dissecanti, le arteriti e gli spasmi.
• PREVENZIONE
Di fondamentale importanza risulta la prevenzione e la cura dei fattori di rischio per ictus come
l’ipertensione arteriosa, la fibrillazione atriale, il diabete mellito, l’iperomocisteinemia, l’ipertrofia
del ventricolo sinistro, l’aterosclerosi dei vasi epiaortici ed il fumo di sigaretta.
• DIAGNOSI
L’esame di scelta per la diagnosi e lo screening della patologia cerebrovascolare è l’ECD.
ITER DIAGNOSTICO: nei pazienti con TIA o stroke recente deve essere eseguito sempre un
esame eco-color-doppler dei tronchi sovraortici (eco TSA: cioè della carotide comune, interna,
esterna, arterie vertebrali e succlavie) per un inquadramento eziopatogenetico, ai fini prognostici
e per un indirizzo terapeutico. Utile è anche l’esame ECG per escludere embolie da fibrillazione
atriale e gli esami ematochimici con studio della coagulazione per escludere trombi da
ipercoagulabilità del sangue. Se si vuole escludere una emorragia cerebrale è utile l’esame TC
dell’encefalo.
Lo studio eco Doppler dei tronchi sopra aortici è anche indicato: nei pazienti con arteriopatia
periferica accertata, con aneurisma aortico, nei coronaropatici, nei soggetti con età>65 anni con
fattori di rischio multipli, in tutte le vascuolopatie giovanili e nei pazienti candidati ad interventi di
chirurgia cardiovascolare maggiore.
L’eco Doppler trans-esofageo è indicato per lo studio dell’arco aortico e dell’aorta toracica
ascendente e discendente qualora si sospetti una patologia aortica associata a lesioni dei TSA.
La sua valutazione dei TSA è limitata mentre può diventare derimente per obiettivare aortiti
emboligene nei casi di embolie cerebrali in assenza di focolai emboligeni cardiaci e/o degli assi
carotidei.
Il Doppler trans-cranico e l’eco color Doppler trans-cranico permettono, con sensibilità del 91% e
specificità del 100%, lo studio del circolo intracranico. Il loro impiego nei casi sintomatici ed
asintomatici può essere utile per valutare:
- stenosi o trombosi intracraniche 20
- la riserva vasomotoria cerebrale, la funzionalità residua della circolazione intracranica, l’efficienza
del Willis
- emostorni intracranici secondari a lesioni dei TSA (furto succlavia, furto carotido-vertebrale,
occlusione carotide comune)
- eventi microembolici in presenza di lesioni potenzialmente emboligene
- aneurismi intracranici o malformazioni artero venose
I dati desunti da tali indagini, qualora positivi, vanno confermati con altre indagini di imaging
radiografico o angiografico.
La TC cerebrale o la RMN cerebrale assumono importanza
- diagnostica nei casi clinicamente asintomatici per evidenziare pregresse ischemie.
- prognostica come timing nei casi sintomatici.
• TRATTAMENTO
La chirurgia carotidea è una chirurgia preventiva
Pazienti sintomatici:
Stenosi > 70% : chirurgia d’elezione indicata
Stenosi tra 50% e 69%: valutazione chirurgica poi intervento se la placca è complicata
Stenosi < 50%: TEA NON INDICATA
Pazienti asintomatici:
Stenosi > 60-70% chirurgia d’elezione
Stenosi < 60% TEA NON INDICATA
Oltre a valutare il grado di stenosi è importante valutare la morfologia della placca e il rischio di
complicazioni. Infatti se la placca presenta complicazioni e possibile eseguire intervento chirurgico
anche con stenosi inferiore al 60%.
L’intervento classico è rappresentato dalla TEA della carotide interna e della biforcazione. In altri
casi è possibile eseguire un intervento per via endovascolare.
L’esecuzione di TEA carotidea effettuata esclusivamente sulla scorta di un esame eco-color-doppler
eseguito da un Laboratorio di Diagnostica Vascolare.
La terapia medica consiste nella:
prevenzione primaria cioè prevenzione e cura in pazienti con fattori di rischio ma asintomatici,
prevenzione secondaria ossia terapia in pazienti con la presenza di accertate fonti emboligene ad
alto rischio. La terapia medica si avvale di:
Farmaci antipertensivi
Statine: stabilizzano la placca
Terapia antiaggregante: ASA (Cardioaspirin) o eventualmente terapia anticoagulante
(eparine o TAO) in presenza di emboli cardiogeni.
7. FURTO DELL’ ARTERIA SUCCLAVIA
E’ una sindrome caratterizzata da alterazione della
coscienza durante esercizio fisico degli arti superiori e
causata da stenosi de