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ANTAGONISTA);
interferendo sulla sintesi, sul trasporto, sul metabolismo e sull'escrezione degli ormoni
- naturali, alterandone così la concentrazione .
-
Gli agenti chimici che causano danno all’organismo possono penetrare sia per ingestione,
inalazione o per iniezione, sia venendo a contatto con tessuti di rivestimento; in ogni caso l’entità
del danno è sempre dipendente dalla dose. Il danno da essi provocato può essere schematicamente
suddivisi in due tipi:
Danno di tipo diffusivo che si verifica in conseguenza di proprietà comuni a molti composti
- chimici quali quella di provocare:
a) Variazioni di pH: le lievi variazioni di pH sono frequenti nelle malattie metaboliche e i
sistemi tamponi entrano in azione nella maggior parte dei casi per ripristinare i valori di
pH fisiologici. Se ciò non avviene, in caso di abbassamento si ha acidosi, in caso di
innalzamento l’alcalinosi.
Gli acidi forti diluendosi coi liquidi nei tessuti superficiali provocano ustioni di III e IV
grado che causano rapida disidratazione tissutale. Le basi forti a contatto con tessuti
superficiali, provocano ustioni e inducendo macerazione dei tessuti. L’innalzamento e
l’abbassamento del pH possono culminare nella necrosi dei tessuti.
b) Solubilizzazione di costituenti cellulari:
# i solventi dei lipidi danneggiano le cellule distruggendo le membrane e quindi è una
forma di lisi. A livello della cute il danno è limitato dalla presenza della cheratina che è
insolubile ed esercita un effetto positivo su di essi.
# maggiore è il danno provocato dall’acqua che varia in funzione della propria pressione
osmotica. In soluzioni ipotoniche, le cellule richiamano acqua e si gonfiano: superato il
limite massimo (cioè quello consentito dalla membrana plasmatica) vi è lisi osmotica.
Nelle soluzioni ipertoniche si verifica il ringrinzimento delle cellule dovuto dalla
fuoriuscita di acque in esso contenute. La struttura delle membrane è anche sovvertita da
detergenti e da saponina che interagiscono con particolari gruppi chimici.
c) Denaturazione delle proteine oltre ad essere dovuta da acidi e basi, è dovuta da molte
sostanze di origine organica. Le proteine denatura precipitano, diventano insolubili e
perdono la funzione da esse esplicate.
Danno selettivo da agenti chimici
-
I veleni o tossici inducono nelle cellule un danno selettivo in quanto interagiscono, direttamente o
indirettamente (tramite un prodotto derivante dal loro metabolismo) con un determinato costituente
di esse, alterandolo nella struttura e nella funzione. L’azione tossica è francamente legata alla dose,
cioè alla quantità di veleno che penetra nell’organismo con la conseguenza che gli effetti sono tanto
più gravi quanto più elevata è la dose; sotto questo aspetto è bene tener presente che anche i farmaci
possono comportarsi da veleni se somministrati in quantità superiore a quella che induce F effetto
terapeutico, fatto questo che significa che anche alcuni veleni, in dose adeguata, possono essere
usati come farmaci. La determinazione della dose tossica di un veleno assume grande importanza.
Quasi tutti i veleni sono esogeni, cioè estranei all’organismo il quale, però, è in grado esso stesso di
produrre composti tossici {veleni endogeni) che vengono neutralizzati a meno che non siano
prodotti in eccesso determinando in questo caso le cosiddette autointossicazioni Per quanto
riguarda l’origine i veleni esogeni possono essere naturali e di sintesi e per quanto riguarda la
natura chimica possono essere inorganici ed organici. I veleni inorganici provengono dal mondo
minerale, quelli organici, oltre che di sintesi, possono essere formati da tutti gli esseri viventi del
mondo animale e vegetale. I veleni esogeni possono penetrare nell’organismo attraverso varie vie
(orale, inalatoria, percutanea e parenterale) ed alcuni di essi esercitano la loro azione tossica solo se
introdotti per una determinata via e non per un'altra. Dello studio dell’azione dei veleni esogeni
sull’organismo si occupa specificamente la disciplina denominata Tossicologia. L’organismo
dispone di numerosi mezzi di difesa contro diversi veleni: alcuni meccanismi sono congeniti, cioè
presenti fin dalla nascita e sono aspecifici nel senso che risultano attivi verso tutti i veleni, mentre
altri sono acquisiti e specifici, cioè compaiono nell'organismo che è sopravvissuto all’ azione tossica
esercitata da un determinato veleno o che è venuto a contatto numerose volte con esso ma in dosi
insufficienti a quella letale.
CAUSE FISICHE DI MALATTIA
A) PATOLOGIA DA ALTERAZIONE DELLA PRESSIONE BAROMETRICA
Piccole variazioni positive o negative della pressione atmosferica sono del tutto prive di effetti
dannosi per l’organismo. Questi si manifestano, invece, quando le variazioni sono di livello elevato
ed intervengono in maniera relativamente brusca.
Ipobaropatie
Lo stazionamento ad elevate altitudini (montagna, voli non pressurizzati) espone a pressioni
atmosferiche ridotte con conseguente riduzione della pressione parziale di O2 negli alveoli. Quando
la PO2 scende rapidamente sotto i 67 mmHg si verifica una grave sofferenza tissutale definita
ipossia ipossica caratterizzata da senso di stanchezza, nausea, cefalea, stato confusionale (talvolta
può manifestarsi euforia). Si può arrivare all’edema cerebrale e polmonare.
In questo caso:
La reazione omeostatica si innesca per una PO2 alveolare al di sotto di 50 mmHg (4.000 m).
- I corpi carotidei (chemorecettori) attivano i centri respiratori inducendo iperventilazione.
- L’iperventilazione riduce la PCO2 -> alcalosi respiratoria transitoria compensata, entro
- pochi giorni, dall’escrezione urinaria di bicarbonati
A lungo termine la ridotta PO2 induce liberazione di eritropoietina (aumento di emoglobina
- e emazie) e tachicardia
Se il soggiorno in alta montagna è di lunga durata intervengono fenomeni di adattamento tra i quali
si ricorda quello della stimolazione dell’eritropoiesi (formazione di globuli rossi) che comporta il
passaggio in circolo di un maggior numero di globuli rossi.
Iperbaropatie
L’esposizione a pressioni elevate si verifica in seguito ad immersioni ad elevate profondità. Per ogni
10 metri di profondità la pressione barometrica a cui è esposto un individuo aumenta di 760 mmHg!
In queste condizioni si verifica la compressione con progressiva riduzione funzionale degli organi
in cui è presente aria, fino al loro collasso. La respirazione di aria ad alta pressione evita il collasso
degli organi ma espone ad altri problemi.
Lunghe permanenze oltre i 35 metri di profondità respirando aria compressa possono indurre la
cosiddetta narcosi da azoto.
La grave sonnolenza fino alla narcosi è preceduta da uno stato di ebrezza simile a quello prodotto
dall’ingestione di bevande alcoliche.
L’azoto disciolto nel doppio strato lipidico delle membrane plasmatiche altera l’eccitabilità delle
cellule nervose. Soluzione: Respirare miscele di ossigeno e elio
L’elevata quantità di azoto discioltosi nei liquidi biologici dopo aver respirato aria compressa
espone ad un altro rischio: l’embolia gassosa. Se la risalita in superfice avviene lentamente l’azoto
intrappolato nei tessuti passa gradualmente allo stato gassoso e viene eliminato con la respirazione.
Se la risalita avviene rapidamente la brusca decompressione determina il passaggio immediato
dell’azoto allo stato gassoso con formazione di bolle all’interno del torrente circolatorio.
Respirare aria ad alta pressione comporta un aumento della PO2 alveolare. In queste condizioni la
quantità di ossigeno che passa dai polmoni al sangue aumenta così come l’ossigeno ceduto ai tessuti
dal sangue. Respirare aria a 3 atmosfere per poche ore produce l’intossicazione acuta da ossigeno.
La sintomatologia è caratterizzata da disturbi auricolari e visivi, nausea, convulsioni ed, infine,
coma.
B) PATOLOGIE DA ELEVATA TEMPERATURA AMBIENTALE
La permanenza dell'organismo per un periodo di tempo prolungato ad una temperatura ambientale
elevata causa la comparsa di manifestazioni patologiche molto gravi e talora mortali.
Colpo di calore o insolazione
Colpisce gli individui provenienti da paesi temperati che si recano in paesi tropicali con temperature
ambiente vicina ai 40°C (colpo di calore tropicale) o soggetti che lavorano in locali chiusi, poco
ventilati, con elevata umidità (colpo di calore comune).
• Sintomatologia: ipertermia (fino a 44°C), vertigini, convulsioni, perdita di coscienza, coma
• Patogenesi: perdita di acqua e sali con il sudore-> ipovolemia ->ipotensione->shock
(principalmente nel colpo tropicale)Il meccanismo patogenetico consiste nell’ alterazione
dell’equilibrio idro-salino in quanto ad onta della profusa sudorazione, non si ha eliminazione di
calore dall’ organismo a causa dell’impossibilità di evaporazione del liquido provocata dall’elevata
concentrazione di vapore acqueo nell’ambiente. La perdita di acqua e di sali col sudore produce
ipovolemia (riduzione della massa di sangue circolante) donde la caduta della pressione sanguigna
ed aumento della viscosità del sangue (ispissatio sanguinis).
L’ ipovolemia si aggrava progressivamente per il fatto che il cloruro di sodio residuo si concentra
nel compartimento extracellulare da dove richiama ulteriore acqua dal sangue e dalle cellule. La
prevenzione del colpo di calore si ottiene con l’acclimatamento, cioè con il soggiorno delle persone
per circa una settimana nelle regioni tropicali senza compiere sforzi muscolari e lavori faticosi.
L’acclimatarnento è una peculiare forma di risposta omeo- statica dell’organismo, cioè di
adattamento a condizioni ambientali precedentemente assenti. In questo caso, a livello del rene si
ha ritenzione di cloruro di sodio che, associandosi a sensazione di sete, fa introdurre una maggiore
quantità di acqua con la conseguenza che aumenta nell’organismo la disponibilità di acqua e di
sali.
Congelamento
Le alterazioni che conseguono l’esposizione dell’organismo ad una temperatura molto bassa
vengono indicate col termine di congelamento ed assumono varia gravità a seconda dell’intensità
del freddo e della durata di esposizione, interessando prevalentemente le estremità del corpo
(mani, piedi, orecchie, naso) perchè di solito sono meno riparate. La zona colpita dapprima
impallidisce per vasocostrizione riflessa, di poi si arrossa per la sopravvenuta vasoparalisi alla
quale consegue stasi sanguigna con edema (iperemia passiva) e formazione di edema ed infine si
colora in rosso bluastro (cianosi) per difetto di ossigenazione dei tessuti {