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Un'altra raccolta è intitolata Poemi convitali così chiamata perché pubblicata
nel 1895 sulla rivista romana il Convito, una rivista lussuosa banditrice dell'estetica
decadente. Gli argomenti della raccolta sono desunti dalla mitologia classica della
storia antica e inserisce particolari eruditi. Per quanto riguarda il metro usa quasi
sempre l'endecasillabo sciolto.
Nel 1906 pubblica la raccolta Odi e Inni, in cui utilizza varie forme metriche,
parte delle terzine e poi crea strutture nuove e ardite che imitano la metrica greca. Qui
sviluppa temi civili, umanitari e anche temi di attualità. Si ispira alla cronaca, parla di
moti del 1898, dell'uccisione del re Umberto I, delle esplorazioni polari, delle guerre
coloniali, eccetera.
Dopo il 1905 compone poesie di carattere epico, compone anche raccolte dai toni
epici, come le Canzoni di re Enzio del 1909; nel 1911 compone i Poemi italici e gli
incompiuti Poemi del Risorgimento, pubblicati postumi nel 1913.
La sua produzione è molto ampia, soprattutto considerando anche i versi latini.
Egli sviluppa grandi temi e lo fa in maniera singolare: presenta l'universo e lo fa
partendo dagli spazi siderali e arrivando a eventi più piccoli come il petalo di fiore o le
formiche. Sviluppa temi storici spaziando dalla storia antica a quella medievale a
quella risorgimentale fino a quella attuale, per cui è evidente che dà pari importanza
alle minime vicende private e anche ai grandi temi collettivi.
Tutta la sua opera è pervasa dalla costante predicazione di pace e fratellanza
che alterna alla celebrazione dell'egoismo nazionale. Per quanto riguarda lo stile
l'opera si ispira alla vita quotidiana, fatta di stati d'animo e quadretti naturali. Egli
predilige le sensazioni e nei suoi componimenti dà risalto a suoni, colori, odori, ma
questo suo dare rilievo alle sensazioni scompagina l'ordine delle cose e questi
componimenti danno la stessa sensazione dei quadri impressionisti.
Sul piano psicologico si abbandona alle emozioni, che suggerisce in modo vago
elusivo tende a distruggere l'ordine di pensieri, immagini, sentimenti e riduce al
minimo la struttura sintattica. Spezza il discorso con incisi, esclamativi e interrogativi e
riduce il periodo in frasi brevi, coordinate e spesso usa frasi nominali. Usa un
linguaggio analogico come i simbolisti, accosta parole in modo insolito creando nuove
idee come >soffi di lampi o fulmini fragili<, che si capiscono ma non si possono
parafrasare e sono molto suggestivi. Si avvicina alla poesia simbolista ma, mentre
simbolisti alludono ad una realtà altra, Pascoli rappresenta un mondo instabile, una
realtà sempre sul punto di dissolversi.
Dal punto di vista lessicale Pascoli sperimenta: introduce termini dialettali di
romagnolo o garfagnino, in alcuni componimenti usa una lingua ricca e variegata
usando anche un inglese italianizzato. Nei componimenti predilige effetti sonori come
onomatopee e effetti onomatopeici, allitterazioni, rime interne, echi e richiami tra le
parole.
Dal punto di vista metrico egli usa e inventa molti metri regolari crea costruzioni
strofiche e utilizza vari schemi di accentazione e ai “versi barbari” di Carducci ( in cui
Carducci si propone di riprodurre in italiano i versi latini abolendo la rima e
combinando i versi) Pascoli aggiunge la rima. Il ritmo di un componimento non si
adagia quasi mai nello schema metrico, che accelera e rallenta a seconda del
contenuto e ci sono continui enjambement.
Brani
La grande proletaria si è mossa
È il discorso che Pascoli pronuncia a Castelvecchio di Barga il 26 novembre 1911,
in onore dei morti e dei feriti italiani in Libia durante la guerra italo -turca di
quell'anno. Negli ideali politici di Pascoli sono sempre presenti motivi ideologico
-esistenziali come in questo caso: la difesa del nido della famiglia, diventa esaltazione
della famiglia costituita da tutti gli italiani come nazione, all'interno della quale non ha
senso la lotta di classe: tutti si devono unire per lottare per selezioni ricche e potenti.
Il vittimismo viene trasformato in titanismo, l'Italia è una nazione proletaria
povera perché patria di contadini ed emigranti, che con la guerra contro la Turchia
dimostrerà alle grandi potenze di essere militarmente forte e capace di conquistare il
mondo. Dice che contadini ora sono protagonisti della storia del Paese. Presto Pascoli
assume toni nazionalisti poi ripresi dal fascismo.
Il tono è esagerato e celebrativo, parte dall'esaltazione, poi cerca di giustificare
una guerra, perché grazie a questa si è creato uno spirito unico: l'Italia non è più solo
un'espressione geografica, tutti hanno contribuito a questa guerra giusta. Pascoli parte
con la commozione ma poi questo discorso è strumentale per i nazionalisti per
giustificare la guerra. Egli non ha questa intenzione ma dà spunto ai nazionalisti. È
interessante perché esprime la vicinanza di Pascoli alle idee conservatrici, anche se da
giovane era entrato a far parte del socialismo.
Il fanciullino
In questo brano espone la sua poetica, per Pascoli in ogni poeta si trova un fanciullino,
che ha la capacità di guardare il mondo con meraviglia e questa è anche una
caratteristica del poeta, capace di regredire all'infanzia. Qui l'infanzia viene mitizzata,
viene vista come la capacità creativa, il guardare le cose come se le si vedessero per
la prima volta e stupirsi (atteggiamento che poi sarà tipico del '900).
Lavandare – Myricae
1892 – 1894, fa parte della parte di raccolta intitolata L'ultima passeggiata.
Nella poesia, Pascoli passeggia tra i campi in autunno, la giornata è offuscata da una
nebbia leggera, sente il canto triste e lento delle lavandaie che lavano. A prima vista
rappresenta oggettivamente la realtà, ma poi subito c'è una forte connotazione
soggettiva, il tema fondamentale è la solitudine, l'abbandono. Gli aspetti oggettivi
hanno connotazioni soggettive, introduce con la descrizione del campo mezzo arato e
mezzo no l'idea dell'incompletezza, di qualcosa lasciato a metà. L'aratro dimenticato
anticipa l'idea di abbandono espresso poi dal canto delle lavandaie. Descrive la
solitudine dell'autore e dell'uomo in generale, che è simboleggiato dall'aratro lasciato
nella campagna e dal canto delle lavandaie.
I TEMI FONDAMENTALI sono abbandono e solitudine. È una poesia simbolista con cui
allude a un’altra realtà.
Nel campo per metà non lavorato e per metà arato
si trova un aratro senza buoi, che sembra
abbandonato, in una nebbia leggera.
E dal vicino canale si avvertono
gli echi del lavoro delle lavandaie
con il rumore dei panni battuti e le lunghe cantilene:
il vento soffia forte e le foglie cadono dai rami come se nevicasse,
e tu non ritorni ancora nel tuo paese!
Come sono rimasta male quando sei partito!
Come l'aratro abbandonato nel campo rimasto incolto
Dal punto di vista metrico è composto da endecasillabi che formano un madrigale,
composto da due terzine rimate al secondo verso e da una quartina a rima alternata.
L'ultima strofa riprende il testo di due canti marchigiani, riportati quasi letteralmente.
X Agosto – Myricae
Oltre a descrivere paesaggi e avvenimenti meteorologici, il poeta parla anche
del dramma familiare, in cui ripropone la morte del padre, avvenuta il 10 agosto del
1867, da un ignoto. Nella mente del poeta questa morte tragica e inspiegabile è
un'ingiusta violenza. Dopo 30 anni, nel 1896, Pascoli compone questa poesia e la
pubblica il 9 agosto. Il componimento è una rievocazione della giornata della morte di
Ruggero Pascoli in tutto il suo dramma, ma il componimento è sviluppato con un
parallelismo: collega la morte del padre alla morte di una rondine, uccisa senza
motivo, mentre tornava al nido dove la aspettano i suoi piccoli. Il cielo assiste alle due
morti, la sua unica reazione sono le lagrime di stelle, molto fitte in quella notte. Sia
l'uomo sia la rondine nel corso del componimento sono simboli del dramma
individuale, ma anche universale, dell'ingiustizia che regola la vita sulla terra e anche
la lontananza del cielo ha un valore simbolico: la lontananza incolmabile tra il bene e
la giustizia e la sofferenza umana.
San Lorenzo, io lo so perché un così gran numero
di stelle nell’aria serena
s’incendia e cade, perché un così gran pianto
risplende nel cielo.
Una rondine ritornava al suo nido:
l’uccisero: cadde tra rovi spinosi:
ella aveva un insetto nel becco:
la cena per i suoi rondinini.
Ora è là, morta, come se fosse in croce, che tende
quel verme a quel cielo lontano e distaccato;
e i suoi rondinini sono nell’ombra, che attendono,
e pigolano sempre più piano.
Anche un uomo tornava alla sua casa:
lo uccisero: disse: Perdono;
e nei suoi occhi sbarrati restò un’espressione disperata.
Portava con sé due bambole per le figlie...
Ora là, nella solitaria casa,
lo aspettano, aspettano inutilmente:
egli, immobile, stupefatto mostra
le bambole che aveva con sé al cielo lontano.
E tu cielo, dall’alto dei mondi
sereni, che sei infinito, immortale
inondi con un pianto di stelle
questo frammento/atomo opaco del male!
Metricamente è composto da sei quartine di decasillabi e novenari alternati.
L'uomo che viene ucciso è il padre di Pascoli, ma la sua identità non viene mai rivelata,
perché così la morte non è solo quella del padre, è il simbolo del dolore universale e
più in generale è espressione dell'ingiustizia. La morte della rondine e quella dell'uomo
vengono mostrate come sacrifici cristiani. La rondine è in croce tra le spine, l'uomo
chiede perdono, sono sacrifici di innocenti, ma qui la loro morte non porta redenzione,
né porta ad un avvicinamento tra cielo e terra, distanti e inconciliabili.
L'assiuolo – Myricae
Fu pubblicato per la prima volta nel 1897 e poi inserito nella quarta edizione di
Myricae, è importante perché rappresenta l'unione di impressionismo e simbolismo. Il
poeta descrive una notte illuminata dalla luce della luna e il canto di un uccello
notturno (l'assiuolo), molto simile ad un gufo. La luce della luna e il canto dell'uccello
sono una guida attraverso cui risalire attraverso le varie sensazioni al significato
simbolico della vita e della realtà.
Metricamente è comporto da tre strofe di sette senari, seguite da un onomatopea
(chiu). Nel componimento presenta una notte lunare, tutte queste sensazioni come gli
si presentano, senza una gerarchia interna, ma il paesaggio sve