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La parola di Hurbinek
Hurbinek è un bambino di tre anni di cui Primo Levi parla ne "La tregua". Questo bambino non parlava perché nessuno gli aveva insegnato a parlare (lo stesso nome Hurbinek gli era stato dato dai compagni di camerata) ed era paralizzato dai reni in giù. L'unico che si occupava di lui era Henek, un ragazzino di 15 anni che gli portava da mangiare, lo puliva, gli rassettava le coperte e gli parlava in ungherese.
Un giorno, improvvisamente, Hurbinek cominciò a pronunciare una parola "mass-klo" o "matisklo". Nessuno conosceva questa parola, alcuni dicevano significasse pane, carne, mangiare oppure forse era il suo nome. Hurbinek morì nei primi giorni del marzo 1945 e nulla resta di lui tranne quello che ne racconta Levi.
Il ricordo di Primo Levi cerca di restituire il ricordo di Hurbinek ma, come non svela il significato della sua parola, non svela il significato della sua breve vita. Come precisa Levi:
“si può raccontare ma non si può comprendere perché comprenderesignifica giustificare”.
Elie Wiesel dice: ”vi ho raccontato il mio passato non perché lo conosciate maAncheperché sappiate che non lo conoscerete mai”.
Eppure Levi diede come obiettivo alla sua vita raccontare quello che era accaduto adAuschwitz. Levi trasformò la sua esperienza vissuta in una missione: quella di renderetestimonianza.
Per Levi la testimonianza è un obbligo morale, come testimonia la poesia scritta all’inizio di“MeditateSe questo è un uomo: che questo è stato, vi comando queste parole. Scolpitelenel vostro cuore, stando in casa, andando per via, coricandovi, alzandovi; ripetetele aivostri figli. O vi si faccia la casa o la malattia vi impedisca, i vostri nati torcano il viso davoi”.
i “salvati”Per Levi testimoniare era imposto da quanti erano stati vittime dello sterminio;dovevano dare una voce
ai "sommersi". Però l'11 aprile 1987 Levi si uccise gettandosi dalla tromba delle scale della sua casa. Si trattò senza dubbio di omicidio anche se Levi per tutta la sua vita era stato control'insensatezza dell'essere. Levi racconta che nei lager la lotta per la vita avveniva con egoismo perché l'unico modo per salvarsi era mandare alla morte qualcun altro ed è per questo che i salvati erano colti da profondi sensi di colpa. Ne "i sommersi e i salvati" Levi si sofferma anche sul tema della tortura che fu subita dallo stesso Jean Amery per confessare i nomi dei suoi collaboratori nella rivolta. Dopo questo fu mandato ad Auschwitz e al ritorno raccontò la sua esperienza ne "un intellettuale ad Auschwitz" nel 1978 in una camera d'albergo e Levi spiega che Amery avendo subito la tortura avrebbe avuto per tutta la vita sentimenti di rivolta che gli avrebbero privato la gioia di.Vivere. La liberazione di Auschwitz avviene il 27 gennaio 1945 ma per gli scampati non segna la fine di un incubo ma l'inizio di uno strazio perenne nel cuore. Levi dice che durante la prigionia pochi erano i casi di suicidio e i motivi ne erano 3:
- Il suicidio è un gesto razionale che viene fatto dagli uomini e non dagli animali (gli ebrei vengono considerati come animali).
- Suicidarsi richiedeva uno spreco troppo grande di energie.
- Il suicidio nasce da un senso di colpa e la prigionia era vista come la punizione e non occorreva punirsi con il suicidio per una colpa che si stava espiando ogni giorno con sofferenze fisiche e mentali.