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DIMENSIONE AZIENDALE COME UNA VARIABILE GESTIONALE (pag.

110-112)

Anche se sono PMI, le imprese possono durare nel tempo, anche oltre il

secolo. La durata nel tempo è dell’impresa, non necessariamente della

proprietà familiare: nel caso Mattei (settore della pasticceria), infatti, la

famiglia cambia.

Nella continuità dell’impresa deve esserci la stessa idea imprenditoriale, la

stessa strategia: nel caso Dorigati, la tecnologia si evolve nel tempo ma

si tratta sempre di vino. C’è continuità nella formula d’impresa, che

significa similarità nell’evoluzione.

Entrambe queste aziende hanno sede in piccoli centri: Prato e

Mezzocorona. Si può quindi capire che le PMI hanno sede nei centri di

periferia.

Non tutte le PMI devono durare più di un secolo, ma possono durare anche

un secolo, non essendo questa una caratteristica intrinseca del modello

originale di sviluppo.

• Della dimensione aziendale non dobbiamo farne un problema

ideologico, per cui agli oppositori del piccolo opponiamo la denigrazione

del grande. È un tema di variabile gestionale: la dimensione ideale, giusta

è quella che serve alle aziende a realizzare l’obiettivo (massimizzare l’utile

nel medio-lungo periodo), è quella coerente con la strategia

(prodotto-mercato-tecnologia). 43

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• La Dell’Orto opera nel settore dei carburatori, in cui prevalgono le

economie di scala. I suoi clienti (case motociclistiche) sono imprese di

grandi dimensioni, internazionalizzate e se vuole operare con questi clienti

deve porsi l’obiettivo di crescere dimensionalmente. Pur essendo PMI,

deve essere in grado di crescere nel tempo con i suoi clienti perché sennò

li perde. La dimensione dell’azienda Dell’Orto è quella dei clienti di

riferimento.

• La Sportiva è il caso opposto: crea scarpe da arrampicata,

calzature da montagna. Riuscì con la terza generazione ad inventarsi

quasi un settore, una nicchia, che cresce ogni anno ma rimane comunque

di piccole dimensioni. La Sportiva non andrà mai oltre un certo numero di

scarpe vendute. Questa azienda deve restare piccola e per allargarsi deve

ampliare la gamma.

• I proprietari, consci di essere in Trentino e di essere un’impresa

familiare di piccolissima dimensione, non possono ambire ad operazioni di

marketing, di sostegno del prodotto, di pubblicità, tipiche della grande

dimensione. Accettano quindi la proposta di un grande gruppo (The North

Face) che vuole entrare nella proprietà della Sportiva al 30%. La accettano

perché sperano che la grande multinazionale aiuti la piccolissima impresa

ad essere ancora più conosciuta a livello mondiale. L’accordo è che si

provi questa partecipazione per 5 anni e se le cose funzionano La Sportiva

vende il 21% rimanente, diventando The North Face la maggioranza della

proprietà. 3 anni dopo La Sportiva, con un grande sforzo finanziario,

ricompra dagli americani l’intera proprietà e oggi è ancora più conosciuta

del 2007, estremamente dinamica e apprezzata per i suoi prodotti.

• Questo è successo perché quel manager di The North Face nel 2007

aveva promesso di riservare spazi privilegiati nei punti vendita alla

Sportiva, ma il nuovo manager non apprezza l’operazione e La Sportiva

subisce quasi un danneggiamento. Con il supporto della BCC locale, riesce

a comprarsi il 30% e a ripartire.

• Quando non è necessario crescere ma ci si pone l’obiettivo di

migliorare la presenza sui mercati, si realizza un accordo con una grande

multinazionale.

• Certo l’Italia è il paese delle PMI, ma non facciamo della dimensione

un valore ideologico, bensì strumentale: la dimensione è uno dei tanti

strumenti organizzativi e quando si parla di strumenti non esiste quello

ideale. Qualsiasi dimensione è valida purché permetta alle aziende di

realizzare l’obiettivo attraverso le loro strategie.

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QUALITÀ NEL PICCOLO (pag. 48-50-147) E PUNTO 5: PASSARE DA UNA

STRATEGIA FONDATA SUI COSTI A UNA FONDATA SU QUALITÀ E SERVIZIO

(pag. 107)

Le imprese che fanno veramente un prodotto di qualità sono piccole

piuttosto che grandi (esempio: Fiat vs. Ferrari o Barilla vs. Gragnano).

Questo perché nel grande si fanno prodotti standard (catena di

montaggio, grande impianto), si persegue una politica di quantità e

occorre avere un mercato di sbocco a cui si arriva con il marketing, con

campagne pubblicitarie che costano molto. La qualità della materia prima

ne esce quindi ridimensionata perché occorre investire in tecnologia e

marketing.

Gli impianti della piccola impresa, al contrario, sono personalizzati,

producono piccole quantità e non occorre investire in tecnologia né in

marketing perché i prodotti arrivano al consumatore per passaparola. Il

capitale viene assorbito dalla qualità, non dalla quantità, non ci sono

economie di scala ma economie di specializzazione. Le risorse delle

piccole imprese sono quindi volte alla ricerca del miglioramento continuo

delle materie prime, della tecnologia, delle lavorazioni, del packaging

(esempio: Amedei ha migliorato la qualità delle materie prime, ricercando

un cacao unico e scegliendo i pistacchi siciliani e le nocciole del Piemonte;

della lavorazione del cioccolato, attraverso apprendistati per diventare

maitre chocolatier; delle confezioni con design originali e colori che

rappresentano ormai un marchio di fabbrica). Il packaging, il

confezionamento rappresenta un’esigenza di immediata riconoscibilità del

prodotto e la necessità di coerenza qualitativa con il contenuto.

La qualità è del prodotto finale ma anche della gamma del prodotto. Un

esempio è il panettone di Loison di piccola misura nelle camere degli

alberghi o il panettone da 5-10kg per gli eventi. Il panettone è lo stesso

ma di diversi formati per soddisfare diverse esigenze.

La qualità è riconosciuta con certificazioni, partecipazioni alle gare.

Questa qualità che si addice al piccolo genera nuove modalità distributive;

c’è coerenza tra PMI – qualità – economie di specializzazione – nuovi canali

distributivi: passaparola (non grande distribuzione) e internet per

abbattere la stagionalità dei prodotti cercando di venderli tutto l’anno.

Torna sempre la localizzazione nei piccoli centri della provincia.

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Oltre che centenarie quindi, le PMI fanno qualità, anche se il modello

originale di sviluppo non implica questo.

• Un altro caso di impresa che fa un prodotto di qualità è Nuncas che

opera in un settore tipico della grande dimensione straniera: detersivi per

la casa. Decide di operare in questo settore arrivando da un settore

limitrofo che è una nicchia di detersivi di alta qualità. Per questa azienda

l’unica alternativa è quella di differenziarsi dai concorrenti facendo qualità,

creando negozi monomarca in centro nelle grandi città, essendo

alternativi.

Un ultimo esempio di PMI che fa qualità è quello di Patrizia Pepe, che

rinuncia alle economie di scala, abbandona la propria strategia fondata sui

costi per abbracciare servizio e qualità, dovuta alla personalizzazione del

prodotto. Fa piccoli lotti per percepire l’evoluzione del gusto del

consumatore da una settimana all’altra e per rispondere immediatamente.

Questo è servizio soprattutto al dettagliante ma anche indirettamente al

consumatore finale.

Patrizia Pepe ha più di 100 negozi monomarca, andando verso la direzione

del flagship store. Questa scelta testimonia che non segue più il costo

come strategia, essendo i negozi monomarca molto costosi.

INNOVAZIONE (pag. 60-62-147-151) E PUNTO 4: SAPER FARE

INNOVAZIONE ANCHE IN SETTORI MATURI (pag. 96-98-99)

Molti pensano che la scarsa capacità innovativa delle nostre imprese sia

da attribuire alla ridotta dimensione media di queste: ciò è giusto se per

innovazione intendiamo quella di base, quella che ha mandato l’uomo

sulla luna e fa vincere premi Nobel per la chimica o la fisica. Tuttavia,

anche nel piccolo si può fare innovazione vera.

L’innovazione incrementale, fatta per piccoli passi in avanti, è quella più

alla portata delle PMI (esempio: panettone con piccoli cambiamenti, come

quello aromatizzato). Le PMI non sono in grado di fare l’innovazione di

base (esempio: goretex), che nasce invece nei paesi dove gli investimenti

militari sono alti. Non è però a priori escludibile la possibilità che anche

una PMI faccia innovazioni di base. 46

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Spesso l’innovazione, incrementale e di base, origina brevetti. I parametri

che misurano la ricerca e lo sviluppo, però, sono delle grandi imprese e

spesso sfuggono alle piccole; l’innovazione incrementale delle PMI sfugge

alle ricerche perché non si concretizza necessariamente in impianti,

laboratori, funzioni e addetti alla ricerca e allo sviluppo.

In fatto di numero di brevetti depositati, l’Italia si pone tra i primi 10 paesi

al mondo. Bisogna quindi stare attenti a come viene valutata la ricerca e

lo sviluppo, se in numero di dipendenti (allora le PMI non fanno ricerca e

sviluppo) o se in risultati (allora anche le PMI fanno ricerca e sviluppo).

Inoltre, le imprese forti ci testimoniano che anche in un settore maturo è

possibile fare innovazione (esempio: università con formazione online). Il

vino è un settore maturo ma si può fare innovazione: Nonino fa la grappa

monovitigno e ci fa capire che si può fare innovazione anche distillando la

frutta.

Princi fa pane e ha rivoluzionato le regole del gioco: prima la panetteria

era familiare, ora ha tanti negozi, aperti 24h, di cui uno a Londra. Si tratta

di un’innovazione non da ricerca di base, ma innovazione come

cambiamento incrementale.

Deltacalor, infine, ha saputo innovare con materiali sperimentati

nell’aerospaziale applicati al riscaldamento. Così assieme al design

dell’arredobagno (non solo cose utili ma anche belle), c’è l’innovazione:

applicare materiali nuovi a settori antichi.

Anche Cecchini, macellaio che ha aperto un ristorante, ha saputo

innovare in un settore maturo mediante integrazione verticale e

completamento della gamma, trasformando i limiti in opportunità.

Ulteriori due esempi sono rappresentati da Nuncas e Angelantoni. Nuncas

è un’azienda che opera in un settore tipico della grande dimensione

straniera: detersivi per la casa. Decide di operare in questo settore

arrivando da un settore limitrofo che è

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A.A. 2013-2014
65 pagine
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/10 Organizzazione aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Ladyfranky di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Organizzazione aziendale delle PMI e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università della Valle d'Aosta o del prof Preti Paolo.