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I criteri per la risoluzione delle antinomie sono quattro:
1. Il criterio cronologico, o dell’abrogazione, fa si che, in caso di contrastro,
prevalga la norma più recente rispetto a quella temporalmente precedente.
Viene data prevalenza alla norma successiva nel tempo in quanto
presuntivamente ritenuta più aderente all’attuale assetto dell’evoluzione
sociale.
L’articolo 15 delle preleggi definisce tre forme di abrogazione:
- espressa, cioè attraverso specifica dichiarazione
- tacita, in cui si rileva incompatibilità fra la disciplina dettata da due norme
- quella per nuova disciplina dell’intera materia, che interessa il caso di
successione nel tempo di due normative nel quale l’una − la più recente −
sostituisce l’altra − la preesistente − integralmente, anche senza specifici
contrasti.
L’applicazione del criterio cronologico ha come effetto l’abrogazione delle
norme precedenti da parte delle successive con esse incompatibili, il quale si
produce automaticamente ed è irreversibile.
2. Il cirterio della specialità è attuabile ove le norme siano una generale e una
speciale, dove quest’ultima viene preferita alla generale anche se precedente
nel tempo a quella generale antinomica.
Questo criterio permette di rislvere antinomie riguardanti norme non in
successione temporale.
Va precisato che per norma speciale si intende quella che, regolando una
fattispecie particolare rispetto ad altra di maggiore ampiezza 8fattispecie
generale) oggetto di diversa norma, la sottrae alla disciplina di quest’ultima.
La norma speciale piuttosto che produrre un effetot abrogativo della
generale, ne dispone la deroga.
3. Il criterio gerarchico comporta l’invalidazione della norma inferiore
incompatibile.
Fra due norme in contrastro prevale quella posta da fonte gerarchicamente
sopraordinata, anche nel caso in cui quella posta da fonte subortinata fosse
posteriore.
Tale risoluzione è affidata in conreto a soggetti particolari tributari della della
potestà di dichiarare l’invalidità della norma o prescrizione inferiore, con le
diverse conseguenze positivamente prefigurate, dell’annullamento o della
disapplicazione.
L’annullamento ha oridnariamente effecacia generale (erga omnes) e portata
retroattiva incontrando il limite dell’intangibilità dei rapporti dei rapporti
definitvamente conclusi.
4. Il criterio della competenza si applica fra due norme, l’una posta dalla fonte
competente, l’altra invece da quella non competente, e assegna la prevalenza
alla prima.
Può essere utilizzato solo se e nella misura in cui in ciascuno rodinamento vi
siano norme che distribuiscono le competenze normative fra organi e fonti,
tale distribuzione può avvenire secondo una duplice modalità:
- La riserva, ovvero separazione fra le fonti incentratata sull’attribuzione
della competenza a regolare determinate materie con esclusione
dell’intervento di altre fotni.
- La prefernza, nella quale non vi è rigida separazione bensì concorso nella
disciplina di una medesima materia da parte di fonti diverse.
Il criterio di competenza determina l’invalidità della norma incompetente.
I criteri proposti per la soluzione delle antinomie possono risulatare o
sovrabbondanti o insufficienti; l’inapplicabilità di qualsiasi criterio trasforma una
antinoimia reale tra norme in lacuna delle norme sulla normazione e si presenta
come problema di incompletezza metanormativa.
Viceversa se più di un criterio è applicabile vi sarà antinomia che corre fra gli stessi
cirteri, si tratta cioè incoerenza metanormativa.
Al fine di assicurare uno sbocco a tali conflitti si ricorre ad una sotra di ordinazione
gerarchica interna fra i criteri: al vertice mettiamo il criterio della competenza dei
criteri, seguito dal criterio gerarchico, dal criterio di specialità e, infine, da quello
cronologico.
L’eventualità che si diano antinomie insolubili manifesta l’assenza nell’ordinamento
di una norma sulla normazione che individui un criterio davvero funzionale al
superamento delle situazione di incompatibilità.
Il problema della completezza dell’ordinamento equivale a “mancanza di lacune”,
cioè all’esistenza di una ed una sola norma da applicare ad ogni fattispecie concreta.
La completezza è perciò un’esigenza.
L’ordianmento è irrimediabilmente incompleto sul piano ontologico data l’estrema
difficoltà di prevedere e disciplinare tutti i comportamenti possibili ma tende a
completarsi sul piano deontologico in quanto sono espressamente vietate le “lacune
diacritiche” che consistono nell’impossibilità di risolvere giudizialmente un caso
dubbio.
Il sistema giuridico può essere completato tramite mezzi di autointegrazione e di
eterointegrazione.
Tra i mezzi di autointegrazione troviamo l’argumentum a simili e l’argumentum e
contrario, entrambi permettono al giudice di decidere su una materia non
espressamente disciplinata.
Tra i mezzi di integrazione dell’argumentum a simili vanno annoverati:
- l’analogia, attarverso la quale ad un caso non regolato si applica la
disciplina di un caso regolato simile. Non è sufficiente a tal fine una
somiglianza qualsiasi ma deve trattarsi di una “somiglianza rilevante”
- il ricorso ai principi generali
Diversamente l’argomentum e contrario si fonda su un ragionamento di segno
opposto in base al quale “ciò che non risulta positivamente regolato da norme deve
considerarsi regolato in modo opposto, onde, ad esempio, i comportamenti non
obbligatori o non vietati devono essere considerati leciti o permessi”.
La differenza essenziale tra l’analogia come mezzo di integrazione e l’argomentum e
contrarium come strumento di chiusura sta nella diversa ratio che sostiene la
decisione del giudizio: nel primo caso essa è resa sulla base di una norma che viene
adattata, nel secondo la decisione è resa in quanto nell’ordinamento non è
reinventabile, ne adattabile, ne applicabile alcuna norma.
I mezzi eterointegrativi consiterebbero nel ricorso ad ordinamenti diversi da quello
che si tratta di completare. In realtà si risolve in vera e propria produzione
normativa che trova sempre il suo fondamento in una norma positiva sulla
normazione presente nell’ordinamento che viene integrato
5. Lo Stato
Lo stato in quanto società organizzata può senz’altro essere definita quale
ordinamento giuridico i cui aspetti tipici plurisoggettività, organizzazione e
normazione si traducono rispettivamente nel popolo, nel governo, nella
normazione originaria prodotta dalle fonti legali ed efficace nell’ambito spazio-
temporale dominato dal governo.
Sovranità: indipendenza dall’esterno, superemazia all’intenro, originarietà.
Lo Stato è il solo ordinamento territoriale e sovrano.
Lo Stato si presenta come un gruppo sociale indipendente da ogni istanza esterna
con base territoriale fissa e definita, raccolto e ordinato intorno ad un centro di
potere a sua volta indipendente da ogni altro potere e preminente all’interno del
gruppo e quindi sovrano.
L’ordine od ordinamento della comunità statale è perciò orginario, ossia
incondizionato, autolegittimantesi e potenzialmente onnicomprensivo.
Il problema della concreta attribuzione della sovranità non è se non il riflesso
teoretico di un porcesso storico intenro al fenomeno dello Stato modernamente
inteso.
Negli stati democratici la sovranità è sempre più attribuita al “popolo”, inteso come
“universalità dei cittadini viventi” il quale è smepre più posto nelle effettive
condizioni di partecipare all’esercizio di quel potere sovrano ad esso nominalmente
spettante.
6. Aspetti fondamentali dello stato
Gli aspetti fondamentali dello Stato sono:
- la collettività o il gruppo sociale che si da un ordine e che è ordinato
- la subordinazione della collettività ad un centro di potere superiore ad
ogni altro possibile (sovranità)
- l’ambito spazio-temporale del gruppo e dell’autorità sovrana che ne è
manifestazione, ambito che delimita la possibilità stessa di esplicazione di
codesta autorità (il territorio)
Il popolo è il gruppo umano che si forma per il soddisfacimento di interessi indefiniti
e illimitati o, che si vengono definendo e grduando attraverso le libere scelte degli
individui che lo compongono e che si trovano, conviventi, a dover cooperare per
ottenre quel soddisfacimento, individuando ed enucleando, interessi di gruppo, con
relativa riduzione e talvolta compressione degli interessi meramente individuali.
La condizione è costituita dalla sua piena autodeterminazione e dalla effettiva
possibilità di imporre la scelta a tutti i consociati, ossia dalla formazione di una
autorità che garantisca il raggiungimento dei fini prescelti.
La convivenza, ossia trovarsi insieme per un certo tempo, in uno stesso luogo induce
ad una cooperazione o collaborazione.
La coesistenza spazio-temporale degli individui costituenti il gruppo è condizione
necessaria perchè la collettività sia propriamente un popolo.
Quindi si può definire il popolo come la collettività umana sottoposta stabilmente,
in undeterminato ambito spazio-temporale, ad un potere effettivo ed indipendete.
Ogni stato determina quali sono i soggetti che formano il suo popolo, riconoscedo
loro l’attributo di cittadini.
Il termine cittadinanza denota l’apparteneza di un individuo ad uno stato nazionale.
Alla cittadinanza italiana si accompagna la cittadinanza dell’Unione europea
riconosciuta a chiunque abbia la cittadinanza di uno stato mebro, si tartta di una
cittadinanza di secondo grado.
La sovranità significa originarietà di tale ordinamento, ossia negazione di qualsiasi
derivazione, dipendenza, legittimazione, delle sue norme da quelle di altri sistemi
normativi.
L’originarietà cui si fa riferimento è di ordine logico, equivale quindi a esclusività ed
impenetrabilità nei confronti di ogni altro ordinamento.
La sovranità dello stato è infatti limitata dall’ambito territoriale ma al tempo stesso
garantita da esso.
L’esclusività dell’ordinamento statale si traduce in impenetrabilità proprio perchè la
potestà dello Stato ha l’effettiva possibilità di escludere qualsiasi altro potere dal
uso ambito.
Il territorio può essere considerato sotto due diver