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C
B A
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b
Le innovazioni introdotte da Lichtheim sono quindi diverse. Oltre a quelle mostrate, si
aggiunge l'introduzione di due altri sistemi legati al linguaggio scritto: il centro degli
engrammi visivi, responsabile della lettura, e il centro degli engrammi motori della
mano, responsabile della scrittura. Questi due centri sono separati dagli altri, portando
quindi a una dissociazione tra linguaggio scritto e linguaggio parlato.
I due modelli proposti, però, mostrano dei limiti:
• la maggioranza dei soggetti afasici ha un deficit del linguaggio che coinvolge in
parallelo sia la modalità di entrata che di uscita, sia del linguaggio orale che scritto;
• la distinzione va compiuta tenendo conto delle componenti della linguistica
descrittiva, ovvero la fonologia, il lessico e la morfosintassi;
• il modello non prevede la possibilità di elaborare e produrre sequenze non lessicali,
ovvero non-parole;
• il modello non è in grado di spiegare le dissociazioni tra classi grammaticali e tra
categorie lessicali: esistono pazienti che non possono denominare oggetti di un certo
tipo, oppure parole di un certo tipo (nomi, verbi, aggettivi);
• il modello non è in grado di spiegare adeguatamente i disturbi del linguaggio scritto.
La dicotomia, visto il primo limite di questo modelli, non è più quindi tra deficit di
produzione e di comprensione, ma tra deficit afasici fluenti e non fluenti.
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All'asimmetria funzionale proposta da Broca corrisponde effettivamente una piccola
asimmetria del planum temporale, una porzione dell'opercolo temporale. Nella maggior
parte dei casi, questo planum sarebbe più esteso nell'emisfero sinistro. Tuttavia non è
un'ipotesi confermata il fatto che il linguaggio sia lateralizzato a sinistra per questo motivo;
è più confermata l'ipotesi secondo cui l'emisfero sinistro, a un certo punto dello sviluppo,
“blocca” l'apprendimento del linguaggio nell'emisfero destro, perché altrimenti si
potrebbero avere conflitti tra l'elaborazione e la programmazione articolatoria delle due
diverse aree.
In circa il 95% dei soggetti destrimani un deficit afasico del linguaggio consegue a lesioni
emisferiche sinistre. Solo nel 5% dei casi destrimani l'afasia può conseguire a lesione in
emisfero desto: questo fenomeno, chiamato afasia crociata, è prova del fatto che in questi
casi il linguaggio è lateralizzato nell'emisfero destro.
Con il test di Vada (anestesia di un emisfero) è stato possibile confermare queste
percentuali, osservando anche che in soggetti mancini le percentuali sono leggermente
diverse: 40% nell'emisfero sinistro, 30% in quello destro e 30% per una funzione del
linguaggio bilaterale.
Per descrivere i deficit afasici bisogna prima di tutto valutare l'eloquio spontaneo,
andando a considerare diversi aspetti:
• contenuto informativo, la quantità di informazioni che il paziente trasmette,
indipendentemente dal numero di errori morfologici o fonologici commessi;
• pragmatica, la capacità di rispettare l'alternanza dei ruoli, la presenza di ironia e di
atti comunicativi indiretti (come chiedere se si conosce l'ora: la risposta che ci si
aspetta e si fornisce di solito non è solo “si” o “no”);
• comprensione, se è in grado di accorgersi che cambiamo argomenti, e se comprende
quello che gli stiamo dicendo. Bisogna verificare se il paziente è in grado di
comprendere le domande che facciamo, se compie la decodifica semantico-lessicale e
se è in grado di compiere l'analisi sintattica, comprendendo non solo frasi attive ma
anche passive, relative e via dicendo;
• difficoltà articolatorie, che possono essere di natura paretica o connesse a un
disturbo di programmazione dei movimenti necessari a realizzare i suoni del
linguaggio. I disturbi paretici prendono il nome di disartria, che causa ridotta
intellegibilità (non si riesce a distinguere ciò che dice il soggetto), eloquio impastato,
nasalità del suono, anomalie del ritmo e del volume e disfonia. Questo a causa del
fatto che i suoni sono ipoarticolati: i movimenti articolatori sono molto ridotti. Si
parla di disartria anche per i problemi non legati alla paresi ma legati a lesioni o
disfunzioni cerebellari, che portano all'atassia (manca di coordinazione). Nella
letteratura italiana e francese, poi l'anartria è il termine utilizzato per i disturbi legati
alla programmazione dei movimenti. In quella inglese, la disartria comprende le
nostre disartrie e anartrie, e il termine anartria indica il caso più grave, quello in cui
non si articola nulla. L'anartria è definita anche aprassia articolatoria, legata a un
deficit della programmazione motoria articolatoria. Il paziente è costretto a “cercare”
le giuste posizioni articolatorie, e quindi si ha un eloquio rallentato e scandito, a
causa del quale si ha mancanza di prosodia (i suoni sono del tutto alterati). Si va
incontro anche alla sindrome di disintegrazione fonetica: i suoni sonori diventano
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suoni sordi (la V diventa F, la D diventa T), e quelli fricativi diventano occlusivi.
Questo perché, per produrre tipi di suoni diversi, servono movimenti e coordinazioni
diverse, che il paziente fatica a controllare;
• deficit fonologici, che possono essere parafasie fonemiche (omissioni, aggiunte,
trasposizioni o duplicazioni di suoni) o conduites d'approche (neologismi fonetici e
gergo neologistico, con cui il paziente si avvicina al concetto che vuole esprimere in
maniera più o meno efficace). In caso di tante sillabe “nuove” rispetto alla parola da
esprimere di parla di neologismo fonetico. In caso di tanti neologismi fonetici si parla
di gergo neologistico. I deficit fonologici sono deficit nella produzione della stringa
di suoni da sequenziare per esprimere il concetto che vogliamo;
• deficit lessicali (o anche semantico-lessicali), comprendono anomie (incapacità di
denominare oggetti), latenze anomiche (molto tempo necessario per denominazioni),
circonlocuzioni (il paziente gira intorno al concetto, senza denominarlo), parafasie
semantiche (denominare un concetto semanticamente connesso a quello da
denominare, ma non quello richiesto) e formali (sostituire delle sillabe nel nome da
dire, pronunciando un altro nome esistente: tavolo-cavolo), forme passe-partout
(parole sopraordinate utilizzate al posto di parole specifiche: roba, cosa, fare) e gergo
semantico (linguaggio talmente ricco di sostituzioni ed errori concettuali da non poter
essere compreso, anche se le parole utilizzate esistono). Anche in questo caso il
paziente non è consapevole (anosognosia);
• deficit morfo-sintattici, che possono portare ad agrammatismo (struttura della frase
semplificata e linguaggio telegrafico, senza funtori) o a paragrammatismo (errori di
concordanza e sostituzione di funtori grammaticali). Di solito i pazienti non sono
anosognosici. I funtori sono articoli, preposizioni, verbi ausiliari;
• elementi automatici, nelle forme più gravi l'eloquio è composto solo da frammenti
sillabici ricorrenti (come nel caso del paziente “Tan”). I pazienti tendono a
utilizzare automatismi, che non devono essere per forza solo sillabe, ma anche brevi
frasi ripetute spesso, e perseverazioni (dopo aver denominato un oggetto, gli oggetti
successivi vengono denominati con lo stesso termine). Queste perseverazioni sono
occasionali, contrariamente agli automatismi: da un giorno con l'altro cambia il
termine utilizzato dal paziente. L'ecolalia è la situazione in cui il paziente tende a
ripetere ciò che viene detto dal suo interlocutore. La ripetizione può essere più o
meno grave, e quindi portare a ripetere solo una parte o tutta la frase ascoltata.
Altro aspetto da valutare poi, è la capacità di conversazione e di descrizione di una figura
complessa, chiedendo ad esempio di raccontare la propria situazione, il proprio problema
oppure chiedendo di descrivere uno stimolo complesso presentato al paziente.
Spesso nei pazienti afasici si osserva la dissociazione tra la produzione volontaria e quella
automatica: se devono produrre spontaneamente una parola o una frase non riescono, ma
riescono a “completare” delle frasi incomplete proposte dal clinico o a ripetere ciò che viene
detto loro. Questo indica al presenza di processi indipendenti sottostanti queste due
funzioni, perché attraverso facilitazione automatico-volontaria è possibile far recuperare
delle parole anche ai pazienti che sembrano non riuscire a recuperare quegli elementi in
maniera spontanea. Un esempio è quello della paziente che non riesce a riportare il nome
della figlia al clinico, ma che, girandosi verso di lei, è in grado di dirle: “Visto? Non so più
neanche il tuo nome, Jacqueline”. 32
Un altro aspetto che si presenta spesso sono le serie automatiche: il paziente non è in grado
di riportare il proprio mese o giorno di nascita, o altri aspetti simili, ma appena il clinico lo
aiuta iniziando a contare o a denominare i mesi, il paziente è in grado di continuare e di dire
quando è nato, in che mese e in che anno. Questo si può verificare anche per i giorni della
settimana o le preghiere, ad esempio.
Esistono delle diverse prove specifiche per i diversi aspetti delle modalità di produzione e di
comprensione del linguaggio orale e scritto:
• ripetizione, si utilizzano prove che richiedono la ripetizione di suoni, sillabe, parole,
non parole o intere frasi, che da più semplici diventano via via più difficili. Nel caso
di frasi lunghe bisogna considerare anche lo span di memoria del paziente;
• denominazione, per la quale si richiedono denominazioni per confronto (si mostrano
figure di oggetti o di azioni e si chiede di denominarle, sia in forma orale che scritta
per indagare le possibili dissociazioni), denominazioni su definizione (si fornisce la
definizione di un oggetto o azione e si chiede che oggetto o azione è) e prove di
fluenza (per categoria o per lettera iniziale: si chiede al paziente di enunciare tutte le
parole che cominciano con una certa lettera o che appartengono a un certo ambito o
categoria). Gli effetti che si riscontrano, soprattutto nelle prove di fluenza, sono
l'effetto della frequenza d'uso (sarà più facile denominare elementi che ricorrono di
frequente, come il cane, il gatto, la casa), quello della familiarità (non tanto
familiarità delle parole, ma del concetto sottostante: concetti più familiari vengono
recuperati più facilmente) e quello dell'età di acquisizione (parole imparate molto
presto sono più facilmente recuperabili). Alcuni pazienti, poi, possono avere
difficoltà a r