Neuropsicologia forense - Modulo 2
Anteprima
ESTRATTO DOCUMENTO
Spesso si tratta di soggetti che vivono in strutture residenziali o semiresidenziali protette, a volte
per anni e fino alla morte. Ci si chiede come in queste strutture venga affrontato il problema del
consenso ai trattamenti sanitari e ancor prima il consenso al ricovero nella struttura stessa, spesso
a tempo indeterminato. Nella maggior parte dei casi la regola è presumere la validità del consenso
a ogni tipo di trattamento giudicato idoneo, e forse presumere l’invalidità dell’eventuale dissenso o
resistenza, legittimando di fatto una sorta di generalizzato ricorso al trattamento coatto.
Gli accertamenti che il consulente dovrà effettuare in questi casi, si limitano quasi sempre a una
pura e semplice “certificazione” di uno stato che è di per sé auto evidente.
2. Soggetti che, indipendentemente dal tipo di infermità o menomazione da cui sono affetti sono in
grado di esprimere in prima persona la propria preferenza per un regime di tutela giuridica che di
fatto considerano come più favorevole al pieno sviluppo di sé, più sicuro o semplicemente più
gradevole, anche solo per periodi limitati. È la situazione più frequente dove la legge ha la
possibilità di esprimere al meglio tutte le sue possibilità emancipative; liberamente rinunciare a una
parte della propria libertà è da considerare una forma matura di realizzazione personale, oltre che
prefigurare un modello evoluto di convivenza solidale. Il fatto che l’Amministratore di Sostegno
possa diventare, su richiesta del beneficiario, un ulteriore strumento di coesione e di sostegno
reciproco non può che costituire un punto di forza.
L’AdS può essere designato dallo stesso interessato, indicando qualcuno che sia in grado - in
circostanze future ma prevedibili - di realizzare al suo posto e meglio di lui la tutela dei propri
interessi, in particolare per quanto riguarda il consenso (o il rifiuto) a determinati trattamenti
sanitari. La volontà del beneficiario è altamente vincolante per il giudice tutelare, che se ne potrà
discostare solo in presenza di gravi motivi, come prescrive la stessa norma. Soggetti con malattie
neurologiche degenerative, alcolisti, tossicodipendenti, psicotici in fase di remissione, potrebbero
delegare ad altri le scelte da fare in caso di crisi e questa loro volontà prevarrebbe in caso di
sopravvenuto cambiamento di decisione da parte del soggetto stesso.
3. Quando la domanda di Amministrazione di Sostegno incontra la più o meno completa
opposizione da parte del candidato a esserne beneficiario. Si tratta di quei soggetti che non
riconoscono la loro patologia, la loro ridotta capacità di agire viene sospettata da parte di altri; non
ritengono idoneo alcun provvedimento di limitazione della propria libertà di agire,
indipendentemente dalle motivazioni addotte (non consapevolezza del deficit). Spesso di
osservano indicatori comportamentali attinenti alla sfera del deterioramento cognitivo (disturbi di
memoria o di altre funzioni cognitive, esitazioni o impacci nelle attività della vita quotidiana,
smarrimenti di oggetti o di denaro, difficoltà di orientamento, ecc.), in quella vasta zona intermedia
tra il fisiologico indebolimento senile e le patologie dello spettro demenziale che oggi viene
denominata “decadimento cognitivo lieve” (MCI).
Non è così strano che questi soggetti si rifiutino di “dar conto di sé”, riluttanza che viene spesso
confusa con la prova dell’esistenza dei disturbi per i quali l’accertamento era stato richiesto. È
importante fare attenzione ad evitare i falsi positivi, compito non semplice perché i sintomi
riscontrati potrebbero appartenere alla fenomenologia osservabile in condizioni del tutto
fisiologiche, non connotabili come malattie (ad es. invecchiamento, transizioni di vita, conflitti
generazionali, nuovi progetti di vita, ecc.).
L’incremento della prevalenza di disturbi dello spettro di deterioramento cognitivo con l’aumento
della vita media comporta sempre più frequenti ricorsi all’indagine neuropsicologica al fine di
adottare provvedimenti medico-legali (riconoscimento di invalidità, idoneità alla guida, valutazione
delle capacità, consenso ai trattamenti sanitari).
• Chi può fare domanda di tutela giuridica?
- L’interessato stesso se consapevole, anche se minore, interdetto o inabilitato;
- Un familiare (coniuge/convivente/parente entro il quarto grado/affine entro il secondo grado);
- Un clinico;
- Il tutore o curatore;
- Il pubblico ministero; 14
- Ultimamente gli istituti bancari fanno richiesta quando si rendono conto di una possibilità di
circonvenzione di incapace.
• Il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno deve contenere l’indicazione:
1. Delle generalità della persona beneficiaria e dell’amministratore di sostegno.
2. Della durata dell’incarico, che può essere anche a tempo indeterminato.
3. Dell’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore di sostegno ha il potere di compiere in
nome e per conto del beneficiario.
4. Degli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno.
5. Dei limiti, anche periodici, delle spese che l’amministratore di sostegno può sostenere con utilizzo
delle somme di cui il beneficiario ha o può avere la disponibilità.
6. Della periodicità con cui l’amministratore di sostegno deve riferire al giudice circa l’attività svolta e
le condizioni di vita personale e sociale del beneficiario.
- La scelta dell’amministratore di sostegno avviene con esclusivo riguardo alla cura ed agli interessi della
persona del beneficiario.
- Il beneficiario conserva la capacità di agire per tutti gli atti che non richiedono la rappresentanza esclusiva
o l’assistenza necessaria dell’amministratore di sostegno.
- Il beneficiario può in ogni caso compiere gli atti necessari a soddisfare le esigenze della propria vita
quotidiana.
• Capacità di agire (agency): sintesi di coscienza, razionalità e volontà. → Agire intenzionalmente
presuppone che il soggetto possieda la capacità di formare rappresentazioni coscienti della realtà interna
ed esterna, sappia integrare e concatenare queste rappresentazioni in un processo di pensiero e utilizzare
tutto ciò per realizzare i propri scopi e interessi.
Coscienza e razionalità sono prerequisiti necessari anche se non sufficienti della capacità di agire
volontariamente. Il concetto giuridico di capacità di intendere e di volere (che può essere considerata
l’equivalente “penalistico” della capacità di agire) è una sintesi di coscienza, razionalità e volontà.
L’intenzionalità è l’anticipazione di un corso di azione che deve essere ancora realizzato, al quale il soggetto
volontariamente acconsente. Non è una semplice aspettativa o previsione di un certo esito futuro, ma una
deliberazione, un impegno personale (self-commitment); l’agire intenzionale consiste nel potere di dare
vita ad azioni corrispondenti ai propri scopi e interessi, anche se a volte i corsi d’azione possono rivelarsi
inattesi o imprevedibili.
Il concetto giuridico di “persona” assume che il soggetto adulto debba essere considerato come un agente
intenzionale, capace di scegliere autonomamente sulla base delle proprie convinzioni razionali. La legge lo
guida mostrandogli i limiti e le conseguenze delle diverse azioni possibili, lo punisce se sceglie di
comportarsi in modo sbagliato e lo protegge qualora il suo comportamento non possieda più (o ancora) i
requisiti minimi per poter essere considerato razionale e autodeterminato.
Il diritto chiede alla scienza di accertare che il caso concreto consenta l’esercizio dei consueti criteri
decisionali, cioè che il soggetto in esame sia già/ancora un agente razionale e libero. Una volta accertato
questo requisito preliminare, il compito di valutare l’esercizio concreto della razionalità e della libertà
(nozione giuridica della capacità di agire) spetta al giudice; la scienza non valuta, accerta.
• Concetto classico di razionalità in neuropsicologia cognitiva:
Razionalità = insieme dei processi cognitivi quali: percezione, memoria, attenzione, linguaggio,
orientamento spaziale e temporale, ragionamento, monitoraggio del funzionamento cognitivo.
Si tratta di processi modulari per lo più innati,funzionalmente e anatomicamente indipendenti, che operano
prevalentemente in parallelo e senza richiedere l’intervento della coscienza o della volontà: la gran parte
delle decisioni viene assunta in modo automatico, senza alcuna sensazione di sforzo cosciente o impegno
volontario. Coscienza e volontà diventano necessarie in situazioni di particolare impegno o difficoltà e
implicano un dispendio di risorse cognitive particolarmente elevato. Quando l’impegno volontario è molto
15
elevato o protratto nel tempo, può accadere che la decisone venga rinviata e si accompagni a una
sensazione pensa di disagio. In altre situazioni, invece, l’azione tende a sfuggire al controllo volontario e
sembra che le persone agiscano impulsivamente, o secondo schemi rigidi, oppure conformandosi in tutto e
per tutto alle pressioni ambientali - queste sono tutte minacce alla capacità di agire.
La disponibilità di un doppio sistema di controllo dell’azione (automatico e volontario) garantisce al sistema
decisionale un notevole equilibrio tra efficacia, rapidità e dispendio di risorse. I due sistemi possono essere
contemporaneamente all’opera nel realizzare aspetti diversi della stessa azione complessa: livelli
gerarchicamente più elevati sono sotto il controllo cosciente, mentre altri aspetti (ad es. esecuzione
dettagliata degli schemi motori) vengono realizzati in modo automatico.
Emozioni = rappresentano meccanismi biologicamente predisposti alla tutela e alla promozione della
sopravvivenza, sia dell’individuo sia della specie. L’assenza di adeguati indicatori emozionali (per esempio a
causa di lesioni cerebrali o di particolari disturbi mentali) può interferire, fino a renderla impossibile, con la
capacità di agire. Soggetti senza alcun disturbo dell’intelligenza ma privi della capacità di utilizzare in modo
efficace i propri segnali emozionali, mostrano grosse alterazioni del comportamento sociale e della capacità
di modulare i propri impulsi.
• Grisso e Appelbaum → Principi fondamentali della capacità di agire:
1. L’incapacità è per definizione correlata con uno stato mentale alterato ma non si identifica con
esso. La semplice diagnosi di malattia mentale non comporta di per sé un’affermazione di
incapacità, sebbene rappresenti un fattore di rischio.
2. L’incapacità si correla con uno o più deficit funzionali. Le abilità funzionali rilevanti sono la
comprensione, l’apprezzamento o valutazione, la capacità di ragionare e di esprimere una scelta.
3. L’incapacità dev’essere correlata alle richieste della situazione in cui il paziente si trova, relativa al
compito che la persona ha di fronte.
4. L’incapacità va correlata alle conseguenze della decisione. Una decisione con un profilo di alto
rischio e basso beneficio richiede, ad esempio, una capacità superiore rispetto ad una decisione con
basso rischio e alto beneficio.
5. La capacità può variare nel tempo, sia in crescendo che in decrescendo, e ciò può avvenire in tempi
lunghi o brevi.
Disturbi della capacità di agire
• : incapacità di esercitare un controllo sulla propria azione, rendendo
quest’ultima del tutto o parzialmente inadeguata a servire scopi e interessi dell’agente.
a. Disturbi da “dipendenza ambientale”: fanno parte di questa categoria alcuni quadri clinici
particolarmente gravi e pervasivi, come il comportamento di utilizzazione e di imitazione,
frequentemente osservabili nelle forme più avanzate di decadimento demenziale. Il soggetto agisce
come se il suo comportamento fosse interamente dettato dagli stimoli ambientali che entrano nel
suo campo percettivo (ad es. se gli si mettono davanti degli occhiali, li inforca). La mancanza di
controllo e di inibizione dei comportamenti automatici scatenati da stimoli ambientali determina
un comportamento di utilizzazione: tendenza di solito bilaterale ad afferrare e utilizzare oggetti
visibili dell’ambiente circostante; ed un comportamento di imitazione: tendenza da parte del
paziente ad imitare gli stessi gesti dell’esaminatore. Non consapevolezza dell’inadeguatezza della
propria condotta. Ecolalia = disturbo del linguaggio che consiste nel ripetere involontariamente
parole o frasi pronunciate dagli altri; per cui il soggetto invece di rispondere si limita a ripetere la
domanda a lui rivolta.
Simile alla patologia della “mano anarchica” (il soggetto si comporta come se una delle sue mani
agisse senza alcun controllo volontario, ma in questo caso è consapevole dell’inadeguatezza delle
azioni). 16
Quando le nostre azioni tendono a sfuggire al controllo volontario, la caratteristica comune a questi
comportamenti è la mancanza di flessibilità (set-shifting): invece di modificarsi in funzione degli
scopi, l’azione si irrigidisce e persevera entro schemi già utilizzati in precedenza o semplicemente
dettati dalla disponibilità di stimoli ambientali.
b. Disturbi del controllo e impulsività:
I. Automatismo: più grave disturbo dell’autocontrollo, include un’ampia gamma di disturbi
mentali temporanei (fleeting states): sonnambulismo, disturbi dissociativi, crisi epilettiche
parziali temporali e frontali, stati di trance, ecc.). Il soggetto agisce senza avere alcuna
coscienza del proprio agire, automaticamente, e non ricorda nulla di quello che ha fatto o
del perché lo abbia fatto. Anche la consapevolezza dell’ambiente circostante appare
gravemente compromessa, i soggetti non riescono a registrare alcuna coordinata
spaziotemporale riferita al contesto dell’episodio.
II. Disturbo ossessivo-compulsivo e Sindrome di Tourette: il soggetto è spinto da un irresistibile
impulso ad eseguire una certa azione, che non vorrebbe eseguire, ma a cui “deve”
sottomettersi ogni volta che il disagio emotivo sperimentato in caso di resistenza (ansia
crescente) raggiunge livelli insopportabili. Molti studiosi ritengono che il craving da
dipendenza presenti molte analogie con la compulsione.
III. Infine l’impulsività è uno dei tratti caratteristici di una vasta gamma di disturbi della
personalità e del comportamento fra cui: alcune forme di disturbo dell’alimentazione, il
disturbo esplosivo intermittente, il gioco d’azzardo patologico, la ricerca di situazioni ad
alto rischio (sensation-seeking), la compulsione all’acquisto o al consumo di beni e servizi.
Visto dall’esterno, il comportamento di questi soggetti tende facilmente a essere
etichettato in termini di giudizio morale negativo (come vizio, devianza o debolezza di
carattere), piuttosto che come sintomo.
c. Disturbi degli aspetti più propriamente cognitivi dell’azione: anticipare mentalmente le
conseguenze future, simulare corsi d’azione concorrenti, assumere punti di vista alternativi,
formulare ipotesi e deduzioni, ecc. - tutte queste caratteristiche sono componenti dell’agire
razionale. I quadri clinici che classicamente incidono sulla razionalità comprendono i ritardi mentali
congeniti o acquisiti nei primissimi anni di vita, i disturbi dello spettro autistico, molte patologie
neurologiche acquisite (traumi cranici, deterioramento demenziale, sindromi neuropsicologiche
focali da ictus o da encefalite), alcuni disturbi dello spettro psicotico, ecc.
• Capacità:
→ in senso legale (competenza legale): distingue tra una persona in grado di prendere una decisione e la
cui scelta va quindi rispettata (indipendentemente dalla ragionevolezza della decisione) e quella che
necessita che altri decidano al suo posto. Solo un giudice può dichiarare una persona legalmente incapace.
→in senso clinico (competenza clinica): tutte quelle abilità individuali che permettono di compiere
determinate azioni, più o meno complesse (dalle attività più elementari della vita quotidiana a complesse
scelte economiche) e che poggiano sia sulle capacità decisionali del paziente, sia sull’idoneità cognitiva al
compito richiesto. La valutazione di tali capacità è compito del clinico e rappresenta il cardine delle
informazioni che permetteranno poi di prendere una decisione in ambito giuridico.
Sono concetti sovrapponibili, cambia solo l’ambito di applicazione.
Tutte le aree della capacità umana che il clinico può essere chiamato a esaminare (capacità di testimoniare,
di consentire a un trattamento, di gestire le proprie finanze, di guidare, ecc...) richiedono, per essere agite,
il mantenimento di un’adeguata capacità decisionale.
Capacità decisionale
• = è alla base della capacità di agire. È un concetto multidimensionale, alla base
di molte singole capacità che variano quantitativamente e qualitativamente in uno stesso individuo posto in
situazioni diverse. È direttamente proporzionale alle capacità cognitive. La perdita della capacità
17
rappresenta una condizione che è definita dalla presenza di difetti funzionali giudicati sufficientemente
rilevanti da compromettere la capacità di decidere del soggetto di fronte a uno specifico compito.
Diversi modelli di capacità decisionale sono stati proposti, ma tutti identificano quattro condizioni chiave:
1. Espressione: capacità di esprimere/manifestare una scelta. Può essere considerata una soglia, se
manca tale capacità non occorre considerare le altre.
2. Comprensione: capacità di comprendere le informazioni rilevanti per scegliere.
3. Valutazione: consapevolezza del significato della scelta. Capacità di dare un giusto peso alla
situazione e alle sue possibili conseguenze. Tale capacità non riguarda le scelte compiute dal
soggetto, bensì le convinzioni e le premesse su cui il soggetto fonda le sue scelte; il fatto che un
soggetto abbia convinzioni irrazionali non significa automaticamente che egli sia incapace di dare
un giusto peso alla situazione.
4. Ragionamento: esprime l’abilità di valutare razionalmente la scelta. Capacità di ragionamento e di
costruzione di procedimenti logici. Il giudizio sulla capacità del soggetto di elaborare razionalmente
le informazioni non dovrà basarsi sul risultato di tale elaborazione, ma sul procedimento logico
adottato, che dovrebbe comprendere le seguenti tappe:
a. focalizzare il problema;
b. considerare le opzioni;
c. immaginare le conseguenze;
d. stimare la probabilità che le conseguenze si verifichino;
e. valutare la desiderabilità delle conseguenze sulla base della propria scala di valori;
f. decidere (substrato clinico finale della capacità di agire).
Queste tappe si riferiscono al modo in cui si effettua la scelta, non alla natura della scelta: il fatto che il
soggetto effettui una scelta giudicata saggia dalla maggior parte delle persone non è un requisito
sufficiente per considerare il soggetto come competente; viceversa, se la scelta appare bizzarra alla
maggior parte delle persone, ciò non è requisito per definire il soggetto incompetente.
Il neuropsicologo chiamato a valutare la capacità decisionale dovrebbe disporre di un protocollo di
valutazione da applicare in forma flessibile, ma tuttavia abbastanza completo da non risultare né troppo
concentrato su aspetti particolari né carente di informazioni pertinenti. L’indagine dovrà essere sempre
rivolta alla rilevazione sia dei punti di debolezza che dei punti di forza del soggetto e del suo contesto di vita
quotidiana.
Non esiste uno strumento “gold standard” per misurare la capacità decisionale, né vere e proprie linee
guida. Inoltre, nessuno dei test neuropsicologici utilizzati è nato con lo scopo di valutare la capacità
decisionale dei pazienti.
Il giudizio è spesso basato sull’impressione clinica, eventualmente integrata da risultato di indagini
effettuate mediante strumenti testistici nati per scopi diversi (in genere batterie per la diagnostica clinica).
Il mancato utilizzo di metodi standardizzati causa il rischio di una bassa affidabilità tra gli osservatori. Per
questo sono state costruite, proposte e utilizzate delle scale ad hoc per la valutazione della capacità
decisionale che tuttavia possono rivelarsi inaffidabili se non accompagnate da una valutazione attenta e
competente propriamente clinica e neuropsicologica.
→ Non consapevolezza dei deficit: in generale i soggetti per i quali viene richiesta una misura di tutela
giuridica tendono a sottostimare il proprio livello di compromissione e quindi a fornire un’immagine
distorta della propria situazione (minimizzano sintomi e difficoltà). Questo è tipicamente il caso dei soggetti
affetti da disturbi dello spettro delirante, da ritardo mentale e da forme iniziali di deterioramento cognitivo.
18
• Protocollo di valutazione clinica neuropsicologica della capacità decisionale → tre fasi:
1. Fase valutativa:
a. Colloquio con il paziente e/o con alcuni informatori attendibili, ad es. i familiari. Il dato
raccolto è di tipo essenzialmente clinico, basato sul resoconto soggettivo e
sull’osservazione non strutturata del comportamento durante il colloquio stesso.
Tendenzialmente i soggetti sottostimano il proprio livello di compromissione e forniscono
un’immagine della propria situazione distorta, minimizzando sintomi e difficoltà.
b. Esame neuropsicologico (screening, stima del rendimento cognitivo globale, assessment
delle funzioni che sottendono le abilità di decision making). Comprende una selezione di
test di elevata qualità psicometrica esploranti la maggior parte delle funzioni correlate con
aspetti rilevanti della capacità di agire. Prevede due tappe fondamentali: la valutazione
dello stato cognitivo generale e l’esame delle singole funzioni la cui integrità è requisito
indispensabile per l’esercizio della capacità. Test selezionati: attenzione, memoria, funzioni
esecutive, linguaggio, abilità visuospaziali.
c. Valutazione delle abilità funzionali e determinazione delle abilità specifiche. Esplorare
aspetti più circoscritti delle capacità, solitamente corrispondenti alle esigenze specifiche del
caso in esame, con l’utilizzo di strumenti ad hoc ideati per valutare la capacità clinica
globale e le abilità specifiche. Sono strumenti costruiti per indagare le capacità decisionali
sia globalmente, sia nei singoli ambiti (ci sono scale e test per la capacità di voto, di fare
testamento, di vivere da soli, ecc.).
2. Fase di interpretazione dei risultati:
a. Interpretazione dei dati ottenuti alla luce degli standard legali di riferimento.
b. Considerazione delle conseguenze delle decisioni del paziente.
c. Riconoscimento del carattere temporaneo della determinazione.
3. Fase di intervento riabilitativo:
a. Identificazione e raccomandazione di interventi di adattamento e supporto ambientali e
riabilitazione neuropsicologica al fine di migliorare le capacità decisionali del soggetto.
Capacità di consenso ai trattamenti sanitari
• = si riferisce alla capacità cognitiva ed emotiva di
un paziente di accettare un trattamento proposto, di rifiutarlo, o di scegliere tra diversi trattamenti
alternativi.
Tre componenti cognitive della capacità di consenso:
1. Comprensione e codifica delle informazioni sul trattamento.
2. Processare le informazioni ed arrivare internamente alla presa di una decisione: include il paragone
di queste nuove informazioni con la conoscenza pregressa, anche basata sull’esperienza personale,
e attribuire un peso a queste informazioni.
3. Comunicazione della decisione sul trattamento ad un professionista clinico.
Abilità rilevanti per la capacità di consenso :
- Memoria a breve termine: altrimenti non potrebbero essere immagazzinate a sufficienza le nuove
informazioni da processare.
- Abilità di recepire il linguaggio: utili per comprendere le informazioni legate al trattamento.
- Concettualizzazione e funzioni esecutive: necessarie per processare le informazioni.
- Abilità di ragionamento e di giudizio: rendono il paziente in grado di pesare tutte le informazioni e la sua
determinazione interna di scegliere un trattamento.
- Abilità di espressione del linguaggio: per l’effettiva comunicazione della scelta. 19
CCTI (strumento per la valutazione della capacità di consenso al trattamento):
Marson et al. → hanno ideato due vignette cliniche, in entrambe viene presentato un ipotetico problema
medico, i sintomi e due trattamenti alternativi con i rispettivi rischi e benefici. Le vignette vengono
presentate sia in forma orale che scritta, con una complessità di lettura bassa e un carico di informazioni
moderato. La persona poi risponde a delle domande atte a valutare la sua capacità di dare un consenso
sulla base di 5 possibili risultati (standard/soglie legali) ottenibili:
1. S1: capacità semplice di “notare” una scelta rispetto al trattamento. Richiede nulla di più della
comunicazione da parte di qualcuno di una scelta.
2. S3: capacità di “apprezzare” le conseguenze della scelta del trattamento. È di difficoltà moderata e
richiede ai pazienti di apprezzare come la scelta di un trattamento impatterà sulla loro vita.
3. S4: capacità di ragionare circa il trattamento/fornire “ragioni razionali” per la scelta del
trattamento. Presuppone l’abilità di fornire ragioni razionali per aver scelto o meno un determinato
trattamento.
4. S5: capacità di “comprendere” la situazione legata al trattamento e alla scelta. Richiede che il
paziente dimostri una conoscenza concettuale e fattuale rispetto alla condizione medica, ai sintomi
e alle scelte legate al trattamento con i loro rispettivi rischi/benefici.
(sono standard applicabili a tutte quelle situazioni che richiedono la capacità di consenso per qualcosa,
anche consenso a una ricerca, e alla capacità decisionale in generale)
C’è un quinto risultato possibile: [S2] → abilità, legata al consenso, di compiere la scelta trattamentale
“ragionevole”. È un’abilità che enfatizza l’esito della decisione più che il modo in cui questa scelta è stata
presa. Il paziente che non riesce a prendere una decisione che sia approssimativamente congruente alla
scelta che una persona “ragionevole” prenderebbe in circostanze simili, è ritenuto incompetente. Tuttavia,
[S2] non è uno standard legalmente accettabile per giudicare la capacità di consenso, poiché presuppone
una scelta arbitraria di ciò che dovrebbe essere considerato come “ragionevole”. Rimane comunque utile
come criterio per comprendere le preferenze trattamentali di pazienti con disturbi neurocognitivi.
Il CCTI ha un’alta affidabilità interna inter-rater tra diversi sperimentatori. È uno strumento che offre inoltre
una valutazione sia quantitativa (legata alla performance e quindi al risultato ottenuto in un particolare
standard della scala), che qualitativa (legata allo status del malfunzionamento della competenza, per cui
ogni individuo può essere inserito in una categoria - competente, mediamente competente, incompetente-).
Capacità di prestare consenso in pazienti con morbo di Alzheimer
▪ (AD):
Utilizzo del CCTI su due gruppi di pazienti con AD (lieve e moderato), paragonato nei 5 standard con un
gruppo di controllo. Il CCTI ha discriminato tra la performance dei pazienti con AD lieve, quella dei pazienti
con AD moderato e quella del gruppo di controllo: i tre gruppi avevano una performance equivalente
rispetto a S1 (compiere una mera scelta rispetto al trattamento) ed anche rispetto ad [S2] (scelta
ragionevole del trattamento); i pazienti con AD lieve, tuttavia, avevano una performance significativamente
inferiore rispetto al gruppo di controllo sugli standard più alti, come S4 (che richiede ragioni razionali di
scelta) e S5 (comprendere le informazioni sul trattamento); i pazienti con AD moderato avevano una
performance significativamente inferiore rispetto ai controlli non solo con gli standard S4 e S5
(significativamente inferiore anche rispetto ai pazienti con AD lieve), ma anche con S3 (apprezzare le
conseguenze di una scelta).
I punteggi qualitativi sulla capacità (capace, parzialmente capace e incapace) sono stati assegnati secondo i
punteggi di cutoff selezionati per ogni S. Tra i pazienti con AD (lieve e moderato) era presente un quadro di
20
compromissione (quindi prevalentemente risultati di incapacità o limitata capacità), relativamente agli
standard più complessi della capacità di consenso (S3, S4 e S5, come visto prima).
→ Un approccio longitudinale sulla capacità di consenso in pazienti con AD lieve:
Studio di 2 anni con un gruppo di pazienti con AD lieve e un gruppo di anziani in salute, con l’uso del CCTI.
Al punto di partenza, i pazienti con AD aveva una performance equivalente al gruppo di controllo negli
standard S1 ed S2, ma significativamente inferiore rispetto agli standard S3, S4 e S5. Il gruppo di controllo
era stabile nel corso del tempo rispetto a tutti gli standard di capacità.
Al follow-up effettuato dopo un anno, il gruppo sperimentale non mostrava variazioni significative di
declino rispetto al punto di partenza, in nessuno standard di capacità. Tuttavia, al follow-up di vent’anni
dopo, il gruppo di pazienti con AD lieve mostrò un declino significativo rispetto al punto di partenza nei tre
standard complessi (S3, S4 ed S5).
I risultati mettono in luce l’importanza di un monitoraggio costante su questo tipo di pazienti, ad un
intervallo di due anni, in modo da aggiornare la prima valutazione che viene effettuata su di loro.
→ Strumenti come il CCTI forniscono anche un criterio psicometrico per indagare i cambiamenti
neurocognitivi associati alla perdita di capacità di consenso nei disturbi neurodegenerativi come la malattia
di Alzheimer.
In un altro studio Marson e colleghi hanno usato il CCTI ed una batteria di test neuropsicologici sensibile
alla demenza per identificare i predittori cognitivi del declino della competenza in pazienti con AD rispetto
ai quattro standard.
I risultati suggeriscono che vi sono diverse funzioni cognitive associate alla perdita della capacità di
consenso in pazienti con AD. Deficit nella concettualizzazione, nella memoria semantica e probabilmente
nella rievocazione verbale: queste funzioni sembrano essere lese sia nei pazienti con AD lieve, che in quelli
con AD moderato, in relazione alla comprensione delle informazione relative ad un trattamento ed alla sua
scelta (S5). Deficit nelle funzioni esecutive semplici (fluenza verbale) sembrano connessi alla capacità
deficitaria di entrambi i tipi di pazienti (lievi e moderati) di fornire ragioni razionali per la scelta di un
trattamento (S4) e alla capacità deficitaria di identificare le conseguenze di una scelta rispetto a un
trattamento (S3). Infine, l’afasia ricettiva e la perdita di memoria semantica (disnomia grave) possono
essere associate all’abilità carente di pazienti con AD avanzato di evidenziare una semplice scelta di
trattamento (S1).
▪ Capacità di consenso in individui con compromissione cognitiva lieve (MCI):
Mild cognitive impairment = è una fase di transizione tra l’invecchiamento cognitivo normale e le forme di
demenza (come l’AD). Individui con MCI possono presentare deficit di memoria o cognitivi di altro genere;
la forma amnestica di MCI (aMCI) rappresenta il sottotipo che più probabilmente progredirà verso il morbo
di Alzheimer.
La compromissione cognitiva lieve coinvolge un sottile declino in abilità funzionali di alto ordine, tra cui
anche la capacità di prendere decisioni mediche. Alcuni studi hanno dimostrato che il declino nella capacità
di consenso al trattamento si verifica in individui con MCI prima dell’emergere di una vera e propria
demenza.
Esaminati tre gruppi, uno di controllo con anziani sani, uno di individui con aMCI e uno con pazienti con AD
lieve. I risultati hanno mostrato che gli individui con aMCI mostrano una capacità di prendere decisioni in
ambito medico compromessa rispetto al gruppo di controllo; inoltre avevano una performance più scarsa
rispetto ai controlli negli standard cognitivi complessi del consenso, ossia nella comprensione del
trattamento, nel ragionamento sul trattamento e nell’apprezzare le conseguenze dello stesso. I pazienti con
aMCI avevano però una performance migliore rispetto ai pazienti con AD lieve rispetto agli standard di
21
ragionamento e comprensione. Ciò può suggerire che la capacità di consenso è anche compromessa in
soggetti con MCI, ma meno rispetto ai pazienti con AD.
→ Dal punto di vista longitudinale, uno studio ha individuato che gli individui con aMCI hanno un declino
nella capacità di prendere decisioni in ambito medico in un periodo di tre anni. Nello specifico, questi
individui mostravano un declino progressivo nell’abilità di comprendere le informazioni riguardo al
consenso e una tendenza simile emerse riguardo al declino nell’abilità di ragionare sul trattamento stesso.
Ancora, i pazienti con aMCI hanno mostrato un crollo nell’abilità di comprendere il consenso nel momento
in cui si sono convertiti in pazienti con AD e che il tasso del declino in questa abilità è accelerato dopo
questa “conversione”.
→ Modelli cognitivi della capacità di prendere decisioni in ambito medico in pazienti con MCI:
Studio con tre gruppi: controllo, pazienti con MCI e pazienti con AD lieve, si è riscontrato che la memoria
verbale (a breve termine) è il predittore principale della capacità di prendere decisioni mediche per tre su
quattro degli standard del CCTI (comprensione, ragionamento, apprezzamento delle conseguenze) e le
funzioni esecutive sono il secondo predittore.
▪ Capacità di consenso in pazienti con la malattia di Parkinson (PD):
La malattia di Parkinson è uno dei disturbi neurologici maggiormente prevalenti e disabilitanti; nel corso
del tempo, i pazienti diventano estremamente incapacitati dalle progressive disfunzioni motorie, cognitive
e neuropsichiatriche.
La compromissione della capacità di prendere decisioni in ambito medico nel PD e la sua sindrome di
demenza, differisce probabilmente in modo importante rispetto all’AD, dal momento che questi due tipi di
demenze hanno diversi substrati neurologici e neuropatologici, e diverse caratteristiche cognitive,
psichiatriche e motorie.
La prominente disfunzione motoria del Parkinson ha tendenzialmente oscurato il contributo della
compromissione cognitiva e della demenza al declino funzionale dei pazienti.
Molti studi sulla capacità di consenso e la performance cognitiva in pazienti con PD. In uno sono stati
studiati 20 anziani con Parkinson, la maggior parte dei quali erano dementi (anche se non è stata fatta una
diagnosi formale secondo i criteri del DSM-IV), con un quadro simile ai pazienti con PDDS (Parkinson’s
disease dementia syndrome) diagnosticata.
I risultati rivelano che questi pazienti avevano una performance peggiore rispetto al gruppo di controllo nei
quattro parametri chiave del CCTI (S1, S3, S4, S5), mentre avevano una performance equivalente nell’abilità
di fare una scelta ragionevole ([S2]). La categorizzazione di questi pazienti ha rispecchiato gli stessi risultati
ottenuti con i pazienti con AD: la maggior parte ha mostrato un quadro di capacità compromessa (quindi
sono stati definiti come “marginalmente capaci” o “incapaci”) in maniera proporzionale al rigore dei cinque
standard del CCTI. → [S2] (5%), S1 (30%), S3 (45%), S4 (55%), S5 ( 80%).
Questi risultati suggeriscono che i pazienti con PD hanno una compromessa capacità di prendere decisioni
in ambito medico e inoltre che essi hanno una maggiore difficoltà con gli aspetti più complessi di queste
decisioni (ragionamento e comprensione).
→ Predittori cognitivi della capacità di consenso nei pazienti con PD e demenza:
Gli studi hanno evidenziato che il declino delle funzioni esecutive, e in secondo luogo della memoria, sono
cambiamenti neurocognitivi chiave associati con la perdita della competenza nei pazienti con PD. Nello
specifico, misurazioni delle funzioni esecutive e della memoria riuscivano a predire la performance nella
componente S5, e le funzioni esecutive sono anche state associate alla performance nella componente S4.
Le semplici abilità di memoria e comprensione/giudizio sono state associate alla performance dei pazienti
nella componente S1, che richiede semplicemente la comunicazione di una scelta di trattamento. 22
I pazienti con PD hanno una performance normale in semplici compiti cognitivi; tuttavia, con l’aumento
della complessità di questi compiti, c’è un deterioramento della prestazione, probabilmente un risultato
della compromissione di controllo esecutivo di processi cognitivi di alto livello.
→ La capacità di consenso è compromessa anche in individui con PD che mostrano compromissione
cognitiva ma non soddisfano i criteri per la demenza. Studio con 16 pazienti con PD e compromissione
cognitiva senza demenza (PD-CIND - Parkinson’s Disease and cognitive impairment without dementia), 16
pazienti con PD e demenza (PDD) e 22 adulti anziani sani; in questi tre gruppi è stata esaminata la capacità
di prendere decisioni in ambito medico con lo strumento CCTI, valutando la performance nelle cinque
categorie e assegnando un esito relativo al grado di compromissione (capace, marginalmente capace,
incapace).
I risultati hanno rivelato che, rispetto al gruppo di controllo, i pazienti PD-CIND dimostravano una
compromissione significativa rispetto alla comprensione del consenso al trattamento, lo standard più
severo del CCTI. I pazienti con PDD, rispetto al gruppo di controllo e al gruppo di pazienti PD-CIND, erano
compromessi nei tre standard clinici della comprensione, del ragionamento e dell’apprezzamento delle
conseguenze. Per cui, la compromissione della capacità decisionale sembra già presente in pazienti con
Parkinson e senza demenza e peggiora a mano a mano che i pazienti progrediscono verso la condizione di
demenza.
→ Paragonando le performance di pazienti PDD con pazienti con AD lieve, si nota che entrambi i gruppi
hanno simili livelli di compromissione cognitiva, così come misurato dal Dementia Rating Scale Total Score.
Entrambi i gruppi hanno performance inferiori al gruppo di controllo negli standard cognitivi complessi,
come la comprensione, il ragionamento e l’apprezzamento, mentre si riscontrano importanti differenze tra
i due gruppi paragonati tra loro, rispetto alle dimensioni della comprensione (S5) e il compimento di una
scelta (S1). Il gruppo di PDD aveva una performance migliore rispetto al gruppo di AD nello standard della
comprensione, un risultato che collima con il fatto che la memoria episodica nei pazienti con PD è più
intatta rispetto ai pazienti con AD. Al contrario, i pazienti PDD avevano una performance più bassa rispetto
agli AD nel basilare compimento di una scelta. Un risultato che può riflettere le caratteristiche di
distraibilità e bradifrenia dei pazienti con PD.
▪ Consenso informato = piena e incondizionata libertà di scegliere se aderire o meno alla procedura
diagnostico-terapeutica.
Il consenso informato assume in Italia una valenza etica, deontologica e legale. Questo concetto si è
evoluto molto negli ultimi anni, tanto da arrivare a richiedere standard molto più rigorosi sui quali basare la
validità del consenso sotto il profilo giuridico; tra i vari requisiti, la capacità decisionale è quello
fondamentale da cui discendono tutti gli altri criteri. Un intervento nel campo della salute non può essere
effettuato se non dopo che la persona interessata abbia dato consenso libero e informato. Questa persona
deve ricevere un’informazione adeguata sullo scopo e sulla natura dell’intervento e sulle sue conseguenze
e i suoi rischi e può, in ogni momento, liberamente ritirare il proprio consenso. Rappresenta l’espressione
della volontà del paziente che autorizza il professionista ad effettuare uno specifico trattamento sanitario,
o un altrettanto consapevole rifiuto a suddetto trattamento. Le conseguenze, anche letali, del negato
consenso al trattamento medico non fanno venir meno la rilevanza di quelle posizioni giuridiche soggettive
alle quali l’ordinamento riconosce ampia tutela, che sono alla base del diritto all’autodeterminazione della
persona assistita e sulle quali si fonda il principio del consenso informato.
La uniche eccezioni all’obbligo del consenso informato sono:
a. Le situazioni in cui la persona malata ha espresso esplicitamente la volontà di non essere informata.
b. Le condizioni della persona siano talmente gravi e pericolose per la sua vita da richiedere un
immediato intervento di necessità e urgenza indispensabile (consenso presunto).
c. I casi in cui si può parlare di consenso implicito, per esempio per le cure di routine, o per i farmaci
prescritti per una malattia nota. 23
d. In caso di rischi che riguardano conseguenze atipiche eccezionali e imprevedibili di un intervento
chirurgico, che possono causare ansie e timori inutili. Però, se il malato richiede direttamente
questo tipo di informazioni, il medico deve fornirle.
e. I Trattamenti sanitari obbligatori.
f. Le vaccinazioni obbligatorie che sono stabilite nei programmi nazionali di salute pubblica.
Il consenso dev’essere scritto nei casi in cui l’esame clinico o la terapia medica possano comportare gravi
conseguenze per la salute e l’incolumità della persona. Negli altri casi può essere solo verbale ma deve
essere espresso direttamente al medico.
La responsabilità del sanitario (e della struttura per cui agisce) per violazione dell’obbligo del consenso
informato discende dalla tenuta della condotta omissiva di adempimento dell’obbligo di informazione circa
le prevedibili conseguenze del trattamento cui il paziente venga sottoposto e dalla successiva verificazione,
in conseguenza dell’esecuzione del trattamento stesso, di un aggravamento delle condizioni di salute del
paziente. La correttezza o meno del trattamento non è rilevante ai fini della sussistenza dell’illecito per
violazione del consenso informato, in quanto è indifferente a fini della configurazione della condotta
omissiva dannosa e dell’ingiustizia del fatto.
Gli elementi costitutivi del consenso informato prevedono: un’adeguata informazione del paziente da
parte del medico, un’adeguata comprensione da parte del paziente, la capacità di intendere e di volere del
soggetto, la libertà di decidere, la consapevolezza della scelta. → tutti elementi che concorrono alla
capacità decisionale.
Il processo dell’acquisizione del consenso informato prevede tre fasi:
1. Fornire ai pazienti un’informazione completa sulla ricerca/procedura diagnostica/trattamento, ed
eventuali conseguenze.
2. Valutare la comprensione e la capacità di fornire il consenso del paziente (clinical competence).
3. Ottenere l’assenso alla partecipazione e il consenso informato.
Clinical competence
- (capacità di autodeterminazione in ambito sanitario) = elemento che distingue una
persona capace di compiere una decisione in merito alla tutela della propria salute da una persona che
dev’essere sostituita da un terzo per compiere la medesima decisione.
La valutazione della capacità di consenso è necessaria in tantissime situazioni, ma si rende fondamentale
soprattutto quando un soggetti in dubbie condizioni di capacità rifiuta, in termini a volte enigmatici, il
trattamento medico proposto dai curanti. In caso di capacità assente, verrà nominato un amministratore di
sostegno al quale l’orientamento giurisprudenziale riconosce anche la potestà decisionale nel contesto
sanitario.
Più difficile è, invece, valutare se, in casi di limitazione parziale della capacità, il soggetto conservi un
sufficiente livello di autonomia per compiere una scelta in ambito sanitario.
Non esiste uno strumento gold standard per misurare la capacità di consenso, o meglio il gold standard è
identificato con il pare di un esperto, ma è necessaria una valutazione accurata attraverso strumenti
standardizzati. Data la delicatezza dei risvolti morali e la complessità dei singoli individui, è poco verosimile
ce in futuro un qualsiasi test possa sostituire completamente il parere dell’esperto. Il ruolo dei test sembra
essere piuttosto quello di fungere da aiuto al clinico esperto in modo da ridurre la variabilità di giudizio. Gli
strumenti di valutazione utilizzati nell’esame della capacità di consenso, come per tutte le capacità,
rientrano nelle due categorie già citate: i test neuropsicologici tradizionali e interviste
strutturate/questionari ad hoc. Sono consigliate entrambe le metodiche nella valutazione, dal momento
che entrambe riportano utilità e limiti. 24
La valutazione neuropsicologica della capacità di consenso deve esplorare le abilità necessarie a soddisfare i
quattro punti chiave della capacità decisionale:
- Capacità di manifestare una scelta o una preferenza.
- Capacità di comprendere le informazioni relative al consenso e alla terapia da somministrare.
- Capacità di dare un giusto peso alla situazione e alle possibili conseguenze della propria decisione,
qualsiasi essa sia.
- Capacità di utilizzare razionalmente le informazioni, ragionare attraverso un processo logico,
considerando anche le possibili alternative terapeutiche.
Vi sono quindi tre componenti dell’autonomia decisionale in tema di trattamenti sanitari:
1. La comprensione: consapevolezza da parte del paziente di autorizzare un intervento medico e nella
conoscenza di ciò che tale intervento comporta. Tale valutazione richiede dunque la comprensione
a livello cognitivo da parte del paziente della natura della patologia, degli elementi che connotano
l’intervento e dei benefici e dei rischi del medesimo.
2. L’intenzionalità: quando un’azione viene voluta e condotta in accordo con un progetto; nel
contesto sanitario equivale a compiere e mettere in atto dei progetti di cura sulla base dei propri
interessi e valori.
3. La volontarietà: quando le scelte del paziente non dipendono da coercizione o manipolazione, ma
sono invece il frutto consapevole di una meditata adesione alla personale e insindacabile gerarchia
di valori ed interessi.
Il percorso valutativo della capacità di consenso deve in ogni caso prevedere una prima fase di valutazione
del rendimento cognitivo generale, cui fa seguito la valutazione delle abilità specifiche.
▪ Valutazione dello stato cognitivo generale: praticata con la somministrazione di test di screening, la cui
scelta può essere diversa a seconda dell’età. Nel soggetto anziano in Italia sono comunemente usati esami
di screening breve, quali il Mini Mental Status Examination (MMSE), o i più informativi come il Mental
Deterioration Battery (BDM), Milan Overall Dementia Assessment (MODA). Nei giovani, invece, si ricorre in
genere a test di stima del livello intellettivo.
Il risultato degli esami di screening fornisce un primo orientamento diagnostico sul livello del rendimento
cognitivo/intellettivo globale del soggetto in esame.
Il punteggio del MMSE sembra correlare in linea di massima con il giudizio clinico di incapacità: un
punteggio inferiore a 19 suggerisce una probabilità di ridotta capacità di consenso, mentre è probabilmente
competente chi ottiene un punteggio uguale o superiore a 23. Un primo problema è che non si sa come
considerare i soggetti con punteggi intermedi. Un altro problema è che l’utilizzo del MMSE va
contestualizzato rispetto al rapporto rischio/beneficio del trattamento proposto: quando questo rapporto è
alto, è ragionevole utilizzare un cut-off pari a 25, valore che permette di discriminare i soggetti con una
sensibilità compresa tra il 91 e il 100%, in modo da escludere tutti i pazienti con compromissione cognitiva
anche minima; quando questo rapporto è ridotto, il cut-off può essere spostato a 19 o a valori anche più
bassi. I cut-off rappresentano una soglia virtuale, che non garantisce in assoluto la documentazione di
capacità o non capacità, ma pone semplicemente il dubbio.
▪ Test selezionati per le singole aree cognitive: esplorano le funzioni la cui integrità è ritenuta
indispensabile per la capacità decisionale, che sono comprese nei dominii di memoria, funzioni esecutive,
capacità di comprensione, abilità espressive.
I risultati delle ricerche hanno portato gli autori a promuovere l’utilizzo di alcuni strumenti che appaiono
particolarmente sensibili alla valutazione, quali prove di fluenza verbale (sia semantica che fonemica),
prove attentivo-esecutive, prove di memoria logica immediata e differita. 25
La capacità decisionale in ambito sanitario può essere valutata ricorrendo ad uno standard soglia, secondo
il quale la competenza è una questione tutto o nulla rispetto alla quale c’è un preciso punto di cut-off, la cui
individuazione potrà riflettere il sistema di valori della società, di stampo più o meno paternalistico.
Oppure può essere usato uno standard graduale, ipotizzando diversi livelli o gradi di competenza in
relazione a determinati parametri, quali ad esempio il livello di rischio del trattamento sanitario.
→ Soglie legali di capacità per il consenso nella malattia di Alzheimer:
1. Soglia minima per la procedura legale di consenso con standard minimo e semplificato: il soggetto
manifesta semplicemente l’assenso per la scelta di un trattamento (demenza avanzata).
2. Soglia intermedia: viene richiesta la capacità di valutare e discutere possibili conseguenze del
trattamento (demenza moderata).
3. Soglia con standard legale più elevato: viene richiesta la capacità di comprensione della situazione,
di effettuare scelte fra trattamenti diversi, anticipandone le differenti possibili conseguenze
(demenza lieve).
Per la valutazione della clinical competence sono stati sviluppati numerosi approcci metodologici, che
tuttavia soffrono di una notevole eterogeneità sia per ciò che riguarda la definizione sia per ciò che
concerne la misurazione della capacità decisionale, con il rischio di una deriva verso l’abuso o comunque
l’uso distorto di tali strumenti.
▪ MacArthur Competence Assessment Tool for Treatment (MacCAT-T): è stato individuato come lo
strumento più affidabile per la rilevazione delle quattro componenti della capacità, in quanto valido,
versatile, di facile somministrazione (tempo previsto: 15-30’). È una scala composta da 10 item,
un’intervista semi-strutturata costruita attraverso la cartella clinica del paziente valutando prioritariamente
i sintomi, la diagnosi il trattamento in questione.
Una volta costruita vengono spiegati al paziente i sintomi, il trattamento raccomandato e quelli alternativi,
avendo cura di spiegare i rischi e i benefici di entrambi. Vengono poi poste 10 domande che esplorano i
quattro dominii descritti da Appelbaum e Grisso, che sono generalizzabili in questo modo:
1. La comprensione è valutata esplorando le abilità del paziente di parafrasare quello che gli è stato
spiegato sui sintomi, il trattamento raccomandato con i rischi e benefici a esso connessi.
2. La capacità di utilizzare razionalmente le informazioni è valutata attraverso domande che
esplorano la scelta, se cioè il paziente menziona alcune conseguenze dei trattamenti alternativi, se
confronta le alternative, se esprime pensieri o dubbi circa le conseguenze possibili elencate nella
spiegazione ricevuta, se nella sua scelta finale segue un percorso logicamente legato alle sue
premesse.
3. La capacità di dare un giusto peso alla situazione e alle sue possibili conseguenze è valutata con
domande che indagano se il paziente comprende che le informazioni ricevute sono relative a lui e/o
se il trattamento può avere qualche piccolo beneficio.
4. La capacità di esprimere una scelta è valutata semplicemente considerando se il paziente ha dato
un’indicazione circa il trattamento che desidera effettuare.
Un difetto di questo strumento è già a livello teorico: è pressoché interamente basato su abilità cognitive e
non esplora per nulla l’aspetto emotivo del momento decisionale (non esplorato purtroppo da nessuno
strumento clinicamente validato).
Non è possibile subordinare la valutazione clinica della capacità di consenso ad una serie di procedure
rigide, ma è necessario seguire un percorso metodologico chiaramente definito, che muova da una
preliminare valutazione psichiatrica e neuropsicologica della clinical competence per approdare ad una
valutazione più articolata ed interdisciplinare quando persistano ancora elementi di dubbio: 26
27
Idoneità alla guida
• = si presenta in situazioni di rilascio o rinnovo della patente di guida, per cui è un
compito di grande responsabilità che deve trovare un equilibrio tra l’esigenza di proteggere il paziente ed
eventuali terzi da incidenti provocati dal paziente stesso e il desiderio di non deprivare il paziente di una
libertà individuale spesso vissuta come un diritto inalienabile.
Guidare è un’attività complessa che richiede una sofisticata interazione fra differenti capacità cognitive:
1. Funzioni motorie (forza, rotazione del capo, flessione dorsale e plantare).
2. Funzioni somatosensoriali (propriocezione).
3. Funzioni visive (acuità, campo visivo, percezione dei colori, adattamento alla luce, visione
notturna).
4. Funzioni cognitive:
a. Componenti visuo-percettive e visuo-spaziali.
b. Percezione, identificazione e selezione di stimoli rilevanti in arrivo attraverso canali
sensoriali diversi (vista e udito in primis).
c. Focalizzazione dell’attenzione e concentrazione.
d. Processamento degli stimoli selezionati.
e. Componenti mnesiche.
f. Programmazione di un piano di risposta basato sugli stimoli in entrata e sul ricordo di
precedenti rilevanti esperienze (funzioni esecutive).
g. Messa in atto dell’azione consequenziale (per es., accelerare, frenare, sterzare, ecc.).
h. Monitoraggio degli effetti dell’azione. Capacità di controllo/adattamento.
5. Controllo del comportamento.
6. Fattori ambientali (manto stradale, meteo, traffico, ecc.).
Chi guida dev’essere in grado di stimare le distanze, processare più stimoli contemporaneamente,
mantenere l’attenzione per lungo tempo, reagire prontamente a situazioni improvvise, interpretare
correttamente segni e segnali.
Le seguenti situazioni possono creare difficoltà ad un soggetto anziano:
o Percepire correttamente il traffico e orientarsi nello spazio. Ad es., saper trovare la strada e stimare
correttamente le distanze dalle altre auto o la velocità degli altri veicoli.
o Programmare, adeguare e modificare le azioni nella circolazione stradale in base alla situazione,
controllarle e compierle correttamente.
o Restare vigili, mantenendo sempre il controllo della situazione.
o Valutare correttamente le diverse situazioni nella circolazione stradale e reagire adeguatamente.
L’età di per sé non determina un incremento dell’incapacità a guidare o un aumento del rischio di incidenti
(soprattutto per i soggetti di età <80 anni). Il rischio di incidenti stradali nei soggetti >75 anni è simile a
quello di soggetti con età tra 16 e 24 anni. Gli anziani causano meno incidenti rispetto ai giovani.
L’aumento del rischio di incidenti correla con il numero di km percorsi.
Una buona consapevolezza delle proprie capacità cognitive costituisce un “fattore di protezione”.
L’invecchiamento di per sé può causare il declino del rendimento cognitivo e comportare l’emergere di
condizioni interferenti con l’abilità di guida. Problemi di salute e perdita di dimestichezza (confidence) sono
i fattori associati con la comparsa di difficoltà nella guida nella persona anziana. Uno dei principali problemi
dei conducenti anziani è il rallentamento delle capacità di processare le informazioni.
Se già lo stesso invecchiamento fisiologico può comportare un “appannamento” dell’efficienza nella guida,
a maggior ragione, il sopraggiungere di condizioni patologiche caratterizzate da declino cognitivo, quali il
deterioramento demenziale, crea le premesse per una perdita delle abilità di guida. 28
Modificazioni fisiologiche non necessariamente legate ad un aumento del rischio:
o Cambiamenti nel controllo inibitorio;
o Ridotta velocità di elaborazione degli stimoli;
o Rallentamento dei processi coinvolti nell’attenzione visiva.
→ Tutte queste variazioni sono legate ad un’alterazione nella struttura o nel volume della corteccia
prefrontale e delle aree sottocorticali (gangli della base, putamen).
Lo psicologo del traffico → Tipologie di funzioni e attività professionali caratteristiche:
a. Valutazione psicologica dell’idoneità alla guida nel caso di rilascio, rinnovo o revisione della patente
di guida.
b. Scelta o costruzione, adattamento e standardizzazione, somministrazione e interpretazione di
strumenti di indagine psicologica funzionali alla sintesi psicodiagnostica.
c. Progettazione di percorsi di selezione e valutazione delle prestazioni dei compiti previsti per
specifiche figure professionali.
d. Assessment degli stati mentali temporanei della persona legati alla fatica, mancanza di riposo e
sonno, tipo di alimentazione, uso di alcool, farmaci e sostanze psicoattive.
e. Progettazione e realizzazione di programmi terapeutico-riabilitativi per ridurre il rischio di recidive
nel caso di gravi e/o ripetute infrazioni.
f. Valutazione degli effetti dell’organizzazione delle infrastrutture stradali sulle reazioni cognitive,
emotive e comportamentali del conducente e sul rischio di incidenti stradali.
g. Progettazione ed ottimizzazione del rapporto fra utente e infrastrutture stradali.
h. Analisi ergonomica dell’usabilità dei dispositivi di guida e loro progettazione o re design compatibile
con le caratteristiche degli utilizzatori e conseguenze per la sicurezza stradale.
i. Ricerca sui predittori personali e sociali delle condotte a rischio sulla strada, sui compiti cognitivi di
guida, sul ruolo della percezione, attenzione e vigilanza nella genesi di differenti tipi di errori, sul
coordinamento psicomotorio e tempi di reazione, sugli effetti del sovraccarico e della fatica, sugli
atteggiamenti e le differenze di personalità verso l’assunzione di rischi, ecc...
j. Analisi e monitoraggio epidemiologico degli incidenti e delle cause di pericolo nella guida in
differenti categorie sociali di utenti (ad es., giovani, adulti, anziani).
k. Progettazione e realizzazione di interventi di prevenzione e comunicazione delle cause di incidenti e
iniziative di marketing sociale e promozione della guida sicura in ambiti scolastici e di comunità.
l. Formazione psicosociale per gli istruttori di guida anche per il miglioramento delle loro capacità di
insegnamento.
m. Progettazione e realizzazione di programmi e strumenti per la valutazione dell’efficacia degli
interventi.
modello dei livelli decisionali gerarchici
▪ Michon: (principale modello di riferimento per il
comportamento di guida) → La guida di un autoveicolo implica 3 livelli di elaborazione:
1. Livello strategico: pianificazione strategica e decision making (es. considerare il momento migliore
per immettersi nel traffico, le condizioni meteo, il rischio di ogni manovra, decisionalità della scelta
delle strade, dei percorsi, del tempo, ecc.) applicate prima che il soggetto si metta alla guida. La
pressione temporale è relativamente secondaria, la programmazione è un aspetto importante. Le
decisioni strategiche possono supplire all’eventuale riduzione delle performance percettivo-
motorie (ad es. evitare le ore di punta, scegliere percorsi meno trafficate, ecc.).
Funzioni cognitive prevalentemente coinvolte: funzioni esecutive, memoria prospettica. 29
2. Livello tattico: compiti decisionali (es. adattare la velocità, accendere le luci, scelta di una strada
piuttosto di un’altra) mentre il soggetto si trova nel traffico, concernenti comportamenti
compensatori, dove la pressione temporale è intermedia.
Funzioni cognitive prevalentemente coinvolte: attenzione, funzioni esecutive, abilità visuospaziali,
memoria visuospaziale.
3. Livello operativo: operazioni di base della guida pratica (es. cambiare marcia, sorpassare, utilizzare
correttamente i comandi), che implica un’alta pressione temporale, data la necessità di improvvisi
adattamenti a nuove situazioni.
Funzioni cognitive prevalentemente coinvolte: attenzione, memoria procedurale, destrezza e
velocità psicomotoria.
▪ Decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59 → Requisiti minimi di idoneità fisica e mentale per la guida di un
veicolo a motore: “Occorre che il richiedente, all’accertamento sanitario praticato con i comuni esami clinici
e con gli accertamenti specialistici necessari, non risulti affetto da malattia fisica o psichica, deficienza
organica o minorazione psichica, anatomica o funzionale, tale da impedire di condurre con sicurezza quei
determinati tipi di veicoli alla guida dei quali la patente abilita”.
Non sempre i test cognitivi hanno un’efficacia predittiva: in alcuni casi isolati, nonostante buone
prestazioni ai test i soggetti non hanno buone capacità di guida, e viceversa.
Indicatori della compromissione delle abilità di guida:
- Storia di incidenti stradali pregressi o infrazioni/violazioni codice della strada;
- Informazioni fornite dal caregiver;
- “Ammaccature” sulla carrozzeria dell’auto;
- Ridotta comprensione dei segnali stradali;
- Guida troppo veloce o troppo lenta;
- Disorientamento in luoghi familiari;
- Gesti impropri;
- Errori nel calcolo della distanza;
- Prestazione patologica a test visuo-spaziali/costruttivi;
- Esecuzione del Trail Making Test > 4-5 minuti;
- Basso punteggio al MMSE (<24) e al MOCA (<20);
- Rallentamento fisico e ideomotorio;
- Modificazioni del comportamento;
- Bassa consapevolezza di sé.
Condizioni correlate all’invecchiamento che possono alterare le capacità di guida:
a. Modificazioni fisiologiche età correlate:
I. Riduzione dell’acuità visiva statica e dinamica;
II. Riduzione da 170° a 140° del campo visivo periferico orizzontale;
III. Riduzione della visione notturna;
IV. Aumento della suscettibilità all’abbagliamento;
V. Rallentamento della velocità di elaborazione delle informazioni visive;
VI. Allungamento dei tempi di reazione;
VII. Ipoacusia (indebolimento dell’apparato uditivo).
b. Patologie di frequente riscontro:
I. Cardiopatia coronarica;
II. Aritmia cardiaca;
III. Pneumopatia cronica con ipossiemia (anormale diminuzione dell’ossigeno nel sangue); 30
IV. Diabete;
V. Cataratta, glaucoma, retinopatia, ecc.
VI. Malattie neurologiche:
i. Deterioramento cognitivo: gioca un ruolo fondamentale nella difficoltà di guida;
ii. Parkinsonismo;
iii. Ictus cerebrale;
iv. Encefalopatia multinfartuale;
v. Idrocefalo normoteso;
vi. Depressione;
vii. Neuropatia periferica;
viii. Epilessia.
VII. Artrosi, artrite;
VIII. Trauma cranico;
IX. Malattie generali che possono impattare sulle capacità di guida;
X. Polifarmacoterapia: di particolare rilievo per una guida sicura è l’assunzione da parte
dell’anziano, spesso portatore di pluripatologia, di più farmaci che possono interferire con
le sue prestazioni.
Valutazione della capacità di guida
▪ :
Bisogna tenere in considerazione che l’abilità di guida spesso è un elemento chiave per mantenere
l’indipendenza per le persone anziane. La cessazione della guida provoca negli anziani depressione e
isolamento sociale, la sospensione della patente può avere effetti negativi sulla libertà di movimento, sul
tono dell’umore, sull’autostima. Il rispetto dell’autonomia individuale deve fare i conti con la sicurezza.
La demenza è una delle condizioni patologiche più allarmanti in questi casi. C’è un sostanziale accordo per
non consentire la guida nella demenza moderata e severa, mentre la decisione è più complessa e
controversa nelle forme lievi e ancor più nel mild cognitive impairment (MCI), dove è opportuno che la
decisione si basi sull’analisi dettagliata dei singoli dominii cognitivi. Data l’alta probabilità di progressione
della malattia, gli esami andrebbero rifatti con una certa frequenza (almeno ogni 6 mesi).
▪ Vista → per la guida di motoveicoli e autoveicoli di qualsiasi categoria è necessario che il richiedente
possegga campo visivo normale (ampiezza di 120° sul piano orizzontale) e senso cromatico sufficiente per
distinguere rapidamente e con sicurezza i colori in uso nella segnaletica stradale, una sufficiente visione
notturna e la visione binoculare. Occorre possedere un’acutezza visiva non inferiore a dieci decimi
complessivi con non meno di due decimi per l’occhio che vede di meno, raggiungibile con lenti sferiche
positive o negative di qualsiasi valore diottrico.
▪ Udito → per la guida di motoveicoli e autoveicoli delle categorie A e B occorre percepire da ciascun
orecchio la voce di conversazione con fonemi combinati a non meno di due metri di distanza. La funzione
uditiva può essere valutata con l’uso di apparecchi correttivi monoaurali o binaurali, purché tollerati.
L’efficienza delle protesi dev’essere attestata dal costruttore con certificazione rilasciata in data non
anteriore a 3 mesi, da esibire al medico esaminatore.
Dopo il controllo dei principali requisiti fisici richiesti per il rinnovo della patente di guida, è necessario in
alcuni casi procedere ad una più approfondita verifica della capacità di guida.
La valutazione va effettuata quando:
- Il guidatore, i parenti o il medico ne avvertono la necessità.
- Il guidatore è un alcolista o ha un deficit cognitivo.
- Il guidatore ha subito recentemente un ictus o un trauma cranico.
- Il guidatore ha avuto ripetuti incidenti stradali. 31
(Accade che siano l’anziano stesso o un suo familiare a richiedere al medico un parere sull’opportunità di
sospendere la guida. Alcune condizioni cliniche per cui il medico consiglia una temporanea astensione
possono essere casi di angina pectoris, bypass aortocoronarico, angioplastica, convulsioni, diabete con
episodio ipoglicemico, ictus, assunzione di un nuovo farmaco, ecc.)
Sono molti i protocolli proposti per esaminare le capacità di guida. La maggior parte degli studi descrive
valutazioni preliminari (predriver), che comprendono un esame neuropsicologico, eventualmente associato
a una prova su simulatore (quindi senza esporre il paziente o terzi a pericoli), e prove su strada, distinguibili
in protette (prove in circuito, prove di parcheggio) e non protette (da svolgere in strade aperte al traffico, in
livelli di difficoltà crescente, per esempio in area rurale, urbana, autostradale, ecc.). Sono tutte valutazioni
che presentano delle limitazioni a livello ecologico, di standardizzazione e di affidabilità circa l’assicurare
una capacità di guida idonea. Tutte queste modalità andrebbero integrate per avere una valutazione più
completa possibile.
La valutazione neuropsicologica testistica è centrata sui domini cognitivi che sono ritenuti costituire il
substrato delle attività connesse alla guida, nelle batterie ad hoc prevalgono i test che esplorano funzioni di
controllo (soprattutto le componenti attentive), abilità percettivo-motorie, memoria e capacità decisionale
(e più in generale funzioni esecutive).
Non esistono test cognitivi che correlino strettamente con l’abilità di guida o che possano predirne
l’efficienza con accuratezza. In Italia non esiste una batteria condivisa, la scelta dei test è a discrezione dei
singoli centri; in ogni caso il referto deve contenere la specifica indicazione delle finalità e le conclusioni
devono includere un giudizio non sull’idoneità alla guida, ma sull’integrità delle funzioni ritenute
indispensabili per una guida sicura.
Anche sulla composizione delle commissioni deputate alla valutazione medico-legale e sulle possibili
decisioni non esiste consenso assoluto: alcune nazioni prevedono una valutazione collegiale, cui
partecipano vari esperti e specialisti e la possibilità di giudizi intermedi, quale quello di temporanea non
idoneità, eventualmente da riconsiderare dopo training.
Test per la valutazione funzionale del guidatore anziano
▪ :
Funzione Test Reperto accettabile
Forza muscolare di prensione Forza muscolare di prensione > 14 kg nella mano dominante
della mano misurata con per la donna.
dinamometro. > 16 kg nella mano dominante
per l’uomo.
Mobilità Timed “up & go” test. < 20 sec.
Udito Whisper test (test del sussurro). Capacità di percepire parole
sussurrate alle spalle del soggetto
ad una distanza di 60 cm.
Acuità visiva Tavola di Snellen. 20/40 nell’occhio migliore.
Campo visivo Esame del campo visivo periferico > 120°
orizzontale.
Campo visivo funzionale UFOV test. Riduzione < 40%
Funzione cognitiva 6 CIT. ≤ 7/28
- Timed “up & go” test → Chiedere al soggetto di alzarsi dalla sedia, di camminare per tre metri e di tornare
a sedersi. Il tempo di esecuzione del test è in genere < 10 secondi.
- UFOV (Useful Field of View) → Il campo visivo utile o funzionale è l’area di campo visivo da cui un
soggetto, mirando a un punto fisso, senza muovere la testa e gli occhi, trae informazioni visive che gli
vengono presentate velocemente. L’UFOV è un test computerizzato che valuta contemporaneamente il
32
campo visivo, l’attenzione e la velocità di elaborazione delle informazioni visive. Analizza la capacità di
localizzare velocemente un’immagine (ad es. la sagoma di un’automobile) che compare alla periferia del
campo visivo e di distinguere contemporaneamente altre due immagini (es. una moto e un autocarro) che
compaiono al centro del campo visivo. Variando la posizione dell’immagine periferica si stima l’area di
campo visivo da cui il soggetto è in grado di ricavare informazioni. Una riduzione > del 40% si correla col
raddoppio della probabilità di incidente stradale.
- 6 CIT (6 item Cognitive Impairment Test) → Test di screening dello stato cognitivo, di rapida applicazione
(tempo di somministrazione 3-4 minuti), che si articola in sei prove che esplorano l’orientamento, la
memoria e la concentrazione. Il punteggio soglia che indica la presenza di un deficit cognitivo è 7/28.
Malattia di Parkinson
▪ → Caratterizzata da:
a. Esordio abituale dopo i 50 anni.
b. Bradicinesia: difficoltà dell’individuo ad iniziare un nuovo movimento del corpo. Globale
rallentamento di qualsiasi movimento, anche di quelli automatici accessori. Anche: ipo-amimia,
ipofonia dell’eloquo, micrografia, lieve alterazione della convergenza dei mm oculari.
c. Rigidità: aumento del tono muscolare; fenomeno della “ruota dentata” = nella mobilizzazione
passiva la resistenza viene interrotta a intervalli regolari, a scatto, come se si muovesse appunto
una ruota dentata.
d. Tremore a riposo: accentuato dagli stress emotivi. Generalmente appare omolateralmente,
colpendo maggiormente una mano e le dita con un movimento che assomiglia a quello del “contare
le monete (flesso-estensione delle dita).
e. Postura/deambulazione:
a. Comptocormia: il paziente appare in leggera flessione del tronco e del collo con le spalle in
avanti, le braccia aderenti al torace con gli avambracci in lieve flessione e intraruotati.
b. Festinazione: il paziente, durante la marcia ha una marcata tendenza all’anteropulsione,
come se cercasse il centro di gravità.
c. Freezing: il paziente si blocca nel tentativo di superare un ostacolo o un passaggio
difficoltoso. È difficilmente in grado di cambiare velocemente direzione sia nel “dietro-
front” che nei movimenti di lateralità.
f. Distribuzione asimmetrica.
g. Iposmia: diminuita capacità di percepire tutti, o parte, degli odori.
h. Instabilità posturale tardiva.
i. Ipomimia (“facies impassibile”).
j. Salivazione: è spesso presente la scialorrea, l’espressione di una non adeguata deglutizione.
k. Rarità dell’ammiccamento.
l. Micrografia (modificazione della grafia che diventa più piccola).
m. Buona risposta alla l-dopa (farmaco che aumenta la dopamina nel cervello).
n. Depressione: presente nel 20-40% dei pazienti.
o. Ansia: il 40% dei pazienti presentano ansia in varie forme (disturbo d’ansia generalizzato - attacchi
di panico - disturbo ossessivo compulsivo).
p. Comportamenti “edonistici” compulsivi: ad es. gioco d’azzardo, ipersessualità (non sempre con
successo), assunzione smodata di farmaci.
q. Disturbo da Discontrollo degli Impulsi.
r. Allucinazioni e delirium: 15-40% dei pazienti le prime e 5% di pazienti le seconde.
s. MCI: 50% dei pazienti.
t. Deterioramento cognitivo maggiore: presente nel 20-30% dei pazienti. 33
La malattia di Parkinson è primariamente dovuta ad una perdita di neuroni dopaminergici nel tratto
nigrostriatale, causa di una riduzione dei livelli di dopamina nello striato, il che inficia il funzionamento di 4
circuiti neurali coinvolti in aspetti motori, cognitivi, affettivi e motivazionali del comportamento.
Non comporta la presenza di demenza, se non in una certa percentuale di casi, ma causa una disabilità
motoria che può influire sulla riduzione dell’integrità psicofisica necessaria per una guida sicura. Inoltre, la
maggior parte dei pazienti, anche in assenza di una franca demenza, presenta una compromissione
cognitiva prevalentemente a carico di attenzione, funzioni esecutive, abilità visuospaziali e memoria di
lavoro e procedurale, il che rappresenta una possibile minaccia per la capacità di guida e richiede
un’accurata valutazione.
Elementi da considerare:
- Deficit motori;
- Instabilità posturale;
- Sonnolenza (soprattutto se in terapia con dopamino-agonisti);
- Presenza di deficit esecutivi, visuo-spaziali e a carico della working memory;
- Rallentamento psicomotorio marcato.
→ Compromissione a livello tattico e operazionale (modello di Michon).
Errori più frequenti:
- Senso di marcia;
- Parcheggio;
- Rispetto dei semafori;
- Inversione di marcia;
- Minori capacità di utilizzare punti di riferimento durante la guida;
- Tempi di decelerazione più lunghi;
- Minore modulazione della velocità in curva;
- Gestione delle rotonde, degli incroci, della velocità (costantemente più lenta rispetto ad individui sani ma
con picchi di variabilità durante episodi di distrazione).
Capacità di gestione degli affari finanziari
• = comprende un’ampia gamma di abilità
concettuali, pragmatiche e di giudizio (utilizzate attraverso una gamma di contesti quotidiani) che sono
critici per il funzionamento indipendente degli adulti nella nostra società. Tra queste capacità ci sono quelle
più basilari riguardanti l’identificazione e il conto dei soldi, effettuare transazioni monetarie, gestire un
libretto degli assegni, fino a quelle attività di livello più alto come prendere decisioni rispetto a un
investimento. Questo tipo di attività può variare enormemente tra gli individui, in base al loro status
socioeconomico, la loro occupazione e la loro esperienza finanziaria.
Gli studi epidemiologici negli anziani hanno suggerito che la capacità finanziaria è un’attività “avanzata” o
strumentale della vita quotidiana (IADL - instrumental activity of daily living). Queste attività sono medate
da funzioni cognitive “più alte” e possono essere distinte dalle attività “domestiche” (household - come la
preparazione dei pasti, fare la spesa, gestire la casa) e le attività “di base” (basic - come il bagno, vestirsi,
camminare).
Da un punto di vista legale, la capacità finanziaria rappresenta le abilità finanziarie sufficienti per gestire i
propri beni e affari finanziari ed è la base per la determinazione della tutela dei beni. Questa capacità ne
comprende in sé altre di stampo legale, come la capacità contrattuale, la capacità di donazione, la capacità
testamentaria. Un tribunale può scegliere di nominare un “tutore” dei beni qualora l’individuo non sia in
grado di gestire la proprietà e gli affari a causa di una compromissione dell’abilità di ricevere e valutare
34
informazioni o prendere decisioni, anche con l’uso dell’appropriata assistenza tecnologica; qualora egli
abbia una proprietà che andrebbe persa o dissipata a meno che non gli si fornisca una gestione.
Non c’è ancora una definizione clinica comunemente accettata per la capacità finanziaria. Marson parla
della capacità di gestire il denaro e le risorse finanziarie in un modo che soddisfa i bisogni della persona e
che sono coerenti con i suoi valori e interessi.
Capacità finanziaria = prestazione + giudizio. → Per avere una capacità finanziaria, la persona deve
essere in grado di mettere in atto una varietà di compiti finanziari e di abilità che includono la
comprensione di concetti finanziari di base, possedere abilità monetarie di base, compiere transazioni
monetarie nei negozi per fare la spesa e pagare le bollette. Tuttavia, per avere capacità finanziaria un
individuo deve anche avere giudizio e saper agire in modo da proteggere e perseguire i propri interessi.
Queste due dimensioni della capacità finanziaria sono distinte: ad es., un paziente schizofrenico potrebbe
avere buone capacità pratiche (contare il denaro, effettuare transazioni, usare un libretto degli assegni,
ecc.), ma non essere abile, a causa della sua malattia, di avere un buon senso del giudizio e di agire nei
propri interessi.
La perdita della capacità finanziaria ha diverse conseguenze per i pazienti e le famiglie ed implicazioni per i
professionisti legali e della salute:
1. Conseguenze economiche e domestiche: difficoltà a pagare da soli le bollette e a svolgere semplici
compiti finanziari.
2. Conseguenze psicologiche: perdere l'indipendenza personale può portare a depressione o ad altre
difficoltà psicologiche.
3. Importanza clinica per i professionisti della salute: la compromissione della capacità finanziaria è
uno tra i primi cambiamenti nei pazienti con demenza e in alcuni pazienti con MCI.
4. Problemi legali di circonvenzione di incapace: lo sfruttamento finanziario degli anziani è una delle
più comuni forme di abuso nei loro confronti, in associazione alle loro capacità mentali diminuite o
assenti.
5. Conseguenze legali per l’amministrazione dei beni: vastissimo numero di anziani che ogni anno
hanno bisogno di un amministratore di sostegno o tutore per gestire i loro beni.
Modello concettuale della capacità finanziaria negli anziani
Marson e colleghi → :
- Dal momento che la capacità finanziaria rappresenta un ampio continuum di attività e abilità specifiche,
può essere meglio concettualizzata come una serie di domini di attività , ciascuno dei quali ha una specifica
rilevanza clinica. Esempi di questi domini: competenze monetarie di base, effettuare transazioni di denaro,
gestire un libretto degli assegni, ecc...
Questo approccio è di stampo clinico e collima con la natura multidimensionale della capacità finanziaria e
con la sua variabilità tra gli individui; collima anche con la posizione giuridica secondo cui un soggetto
potrebbe essere capace di compiere certi atti finanziari e non degli altri.
- Al di là dell’ambito delle attività, il modello identifica specifiche abilità finanziarie, o compiti. I compiti
riflettono competenze finanziarie più basilari, che possono essere raggruppate sotto uno specifico
dominio/ambito. Ad esempio, l'ambito della “conoscenza concettuale finanziaria” attinge da specifiche
abilità, come la comprensione di concetti semplici e l’applicazione pragmatica di questi concetti nelle
situazioni della vita quotidiana. Il dominio del giudizio finanziario può consistere in compiti legati
all'individuazione/consapevolezza di truffe finanziarie, o al compimento di investimenti finanziari sulla base
di informazioni. 35
tre livelli
Il modello concettuale della capacità finanziaria attualmente ha :
1. Abilità o compiti finanziari specifici, ciascuno dei quali è rilevante rispetto a un dominio di attività
finanziaria.
2. Domini generali di attività finanziarie, ciascuno dei quali ha una rilevanza clinica rispetto al
funzionamento indipendente delle comunità che ospitano anziani.
3. Una capacità finanziaria generale, che riflette una misura globale di capacità basata sulla somma
delle performance a livello di compiti e di domini.
→ Il modello concettuale di Marson comprende 9 domini, 18 compiti e 2 livelli globali.
Financial capacity instrument (FCI) = strumento psicometrico per valutare la performance a livello di
abilità, di dominio e globale.
▪ Capacità finanziaria in pazienti con AD:
La versione originale (FCI-6) valutava 6 domini e 14 compiti ed è stata usata in uno studio con pazienti con
AD lieve e moderato per paragonare le diverse performance ai vari livelli. i risultati hanno confermato che a
livelli più semplici anche i pazienti con Alzheimer lieve hanno le stesse prestazioni di soggetti sani (a
differenza degli AD moderati), mentre le differenze nelle prestazioni diventano evidenti nei livelli più
complessi. Circa il 50% degli AD lievi fu dichiarato capace nei primi 3 domini, mentre meno del 30% lo era
nei domini 4, 5 e 6 (più complessi). I risultati dimostrano che la compromissione della capacità finanziaria si
manifesta nei pazienti con AD, anche nei primi stadi della malattia.
In un altro studio fatto con FCI-9, si è scoperto che la capacità finanziaria, nella maggior parte dei suoi
domini, declina nei pazienti con AD lieve nel giro di solo un anno.
▪ Capacità finanziaria in pazienti con MCI:
Studio con FCI-9 che esamina un gruppo di controlli, un gruppo con MCI amnesico e un gruppo con AD
lieve. Al livello dei domini, il gruppo di controllo aveva prestazioni migliori rispetto ai soggetti con AD lieve,
ad eccezione del dominio 8 (conoscenza del patrimonio/dei beni). Il gruppo di controllo aveva performance
migliori del gruppo di pazienti con MCI nei domini 2 (concetti finanziari), 4 (gestione di un libretto di
assegni), 5 (estratto conto bancario), 6 (giudizio finanziario) e 7 (pagamento di bollette). Il gruppo con MCI
aveva prestazioni migliori rispetto al gruppo di pazienti con AD lieve in tutti i domini eccetto il giudizio
finanziario e la conoscenza dei beni/patrimonio.
Al livello di compiti, il gruppo di controllo aveva performance migliori rispetto ai pazienti con AD lieve nella
maggior parte delle abilità, con l’eccezione di compiti semplici riguardanti transazioni di denaro e frode
telefonica. Il gruppo di controllo aveva risultati migliori rispetto al gruppo con MCI in compiti che
richiedevano l’applicazione di concetti finanziari, comprensione e utilizzo di un estratto conto bancario,
comprensione e invio delle bollette da pagare. Il gruppo con MCI, invece, dimostrava punteggi più alti
rispetto al gruppo di individui con AD nella comprensione e nell’applicazione di concetti finanziari,
nell’utilizzo di un distributore automatico, nella comprensione e nell’utilizzo di un libretto degli assegni e di
un estratto conto e nella gestione delle bollette.
A livello globale di capacità finanziaria, il gruppo di controllo ebbe prestazioni migliori rispetto agli altri due
gruppi e il gruppo di pazienti con MCI superò quello di pazienti con AD.
Questi risultati dimostrano che il declino della capacità finanziaria inizia nei pazienti con MCI anche prima di
sviluppare una situazione di demenza.
Un altro studio ha evidenziato che l’abilità aritmetica scritta era il predittore primario di capacità finanziaria
(in diversi gruppi sani o compromessi presi in considerazione), così come il puntamento visuomotorio (solo
36
in gruppi compromessi); quest’ultimo, insieme alla memoria verbale a breve termine era un predittore
secondario nel gruppo con invecchiamento “normale”.
Capacità testamentaria
• = capacità di fare testamento. La libertà di scegliere in che modo si
disporrà della proprietà e degli altri beni della persona dopo la morte è un diritto fondamentale degli
individui.
Se al momento della stesura del testamento, la capacità testamentaria è assente, il testamento è invalido
nei suoi effetti.
Anche il numero di soggetti “incapaci” a fare testamento sta aumentando a causa dell’invecchiamento
generale della popolazione (e quindi della popolazione anziana con patologie neurodegenerative o
psichiatriche).
Influenza indebita = qualsiasi costringimento, macchinazione o pressione, improprio o dannoso tale per cui
il testamento di una persona viene forzato ed egli è indotto a fare o astenersi dal fare un atto che non
farebbe o farebbe se fosse libero di agire autonomamente. Influenza che depriva la persona influenzata di
agire liberamente o che distrugge la libertà della sua volontà testamentaria, rendendola la volontà di
qualcun altro.
Per un valido testamento, al di là della capacità testamentaria, il soggetto dev’essere libero da influenze
indebite da parte di qualcun altro che vorrebbe usufruire e tratte profitto dal lascito, altrimenti il
testamento viene dichiarato giuridicamente inefficace. È frequente che vengano influenzate persone con
demenza o declino cognitivo, in quanto la loro compromissione li rende più suscettibili. Il concetto di
influenza indebita spesso si intreccia con quello di capacità testamentaria.
Elementi legali della capacità testamentaria
▪ :
1. Comprendere la natura dell’atto testamentario.
2. Comprendere e rammentare la natura e la situazione del proprio patrimonio.
3. Avere conoscenza delle persone che sono oggetti naturali della donazione.
4. Pianificare in che modo avverrà la disposizione della proprietà.
Altri stati richiedono altri requisiti, ad esempio che il testatore non sia vittima di deliri o allucinazioni che
possano alterare la scelta che opererebbe normalmente nei confronti dei suoi beni.
Grisso → Identifica gli standard legali specifici per la capacità testamentaria (gli elementi legali) e poi
coinvolge l’identificazione dei requisiti “funzionali” di questi elementi legali.
Questo fa sorgere due quesiti:
1. Modelli neuropsicologici preliminari sulla capacità testamentaria: abilità neuropsicologiche che
sottostanno ad ogni componente legale e come possono essere misurate. Alcuni studi hanno identificato
diversi fattori richiesti per determinare la capacità testamentaria dal punto di vista medico (autonomia
funzionale, working memory, orientamento, attenzione, calcolo, memoria semantica, funzioni esecutive in
particolare fluenza verbale) - e correlazione tra questi fattori e la performance in misure neuropsicologiche
ad essi legate.
Marson e colleghi ipotizzano i costrutti cognitivi associati a ciascuno degli elementi legali della capacità
testamentaria:
1. Funzioni cognitive legate alla “Comprensione della natura dell’atto testamentario”: richiede che il
soggetto comprenda la natura, gli scopi e le conseguenze di un testamento e che riesca ad
37
esprimerlo verbalmente o in qualche altro modo adeguato. Le funzioni cognitive plausibilmente
coinvolte potrebbero includere la memoria semantica di determinati verbi, abilità di comprensione
ed astrazione verbale e abilità di linguaggio sufficienti per esprimere la propria comprensione.
2. Funzioni cognitive legate al “Comprendere e rammentare la natura e la situazione del proprio
patrimonio”: richiede che il soggetto ricordi la natura e l’entità dei beni di cui può disporre. Possibili
funzioni cognitive coinvolte potrebbero essere la memoria semantica riguardante la proprietà e il
patrimonio, la memoria storica e la memoria a breve termine (rendendo possibile il richiamo a
lungo termine e anche più recente) e la conoscenza e comprensione del valore legato a beni
differenti. Le funzioni esecutive probabilmente giocano un ruolo chiave nella capacità del soggetto
di stimare un valore per dei beni della propria proprietà che si avvicini al valore reale.
3. Funzioni cognitive legate ad “Avere conoscenza delle persone che sono oggetti naturali della
donazione”: richiede che il soggetto sia consapevole di quegli individui che sono i suoi eredi naturali
o che possono ragionevolmente avanzare pretese sulla sua proprietà. La memoria episodica
autobiografica sia storica che a breve termine sembra preminentemente associata a questo
elemento, per richiamare alla mente i familiari e in generale gli individui significativi.
4. Funzioni cognitive legate al “Pianificare in che modo avverrà la disposizione della proprietà”:
richiede che il soggetto sia capace di esprimere un piano per distribuire la sua proprietà ai suoi
eredi. Questo elemento integra i tre precedenti, per cui la base cognitiva di esso deriva da
un’integrazione delle abilità cognitive che sono richieste per gli elementi precedenti. Di
conseguenza, saranno implicate funzioni esecutive di alto ordine, dal momento che il soggetto deve
dimostrare una comprensione proiettiva di come le sue disposizioni si realizzeranno e una
dichiarazione che spieghi queste disposizioni.
2. Come operazionalizzare gli elementi legali della capacità testamentaria allo scopo di sviluppare
strumenti di valutazione:
Attualmente non esiste nessuno strumento psicologico standardizzato per misurare la capacità
testamentaria. Tuttavia c’è un prototipo di uno strumento, il Testamentary Capacity Instrument (TCI)
testato da Marson e colleghi.
Il TCI valuta la capacità testamentaria negli anziani come cognitivamente intatta o compromessa,
misurando la capacità di usare i quattro elementi legali, ossia di richiamare informazioni pertinenti
all’esecuzione di un testamento.
Il grado in cui la memoria delle informazioni importanti è richiesta dalla legge può variare. Per questo i
quattro elementi sono misurati utilizzando metodi di richiamo libero e di riconoscimento (scelta multipla e
scelta “forzata”). Un individuo che non riesce a ricordare informazioni su un elemento legale potrebbe
essere comunque in grado di identificarlo accuratamente con un format di riconoscimento o di scelta
forzata (Sì-No/Vero-Falso). Tutti gli item sono presentati oralmente o verbalmente e hanno un punteggio
specifico. I punteggi della prestazione possono supportare gli esiti giudiziari sulla capacità/capacità
limitata/incapacità sia a livello degli elementi individuali, sia in riguardo alla capacità testamentaria globale.
È necessario che questo strumento venga accompagnato da un colloquio clinico per raccogliere tutte le
informazioni sul paziente che sono fondamentali a verificare la qualità delle sue risposte (oltre che per
avere uno screening clinico completo della sua situazione); alcune informazioni sono sicuramente difficili da
reperire e poco affidabili (anche perché magari le fonti di queste informazioni hanno dei secondi fini e non
sono sinceri) e questo è un problema nella valutazione. 38
▪ La pratica clinica, attualmente, nei casi di capacità testamentaria può essere divisa in due aree principali:
1. Valutazione contemporanea: valutazione clinica prospettiva della capacità testamentaria che
coinvolge i soggetti in vita e i membri della famiglia, di solito completata contemporaneamente
all’esecuzione del testamento.
2. Analisi retrospettiva della capacità testamentaria e dell’influenza indebita in casi che coinvolgono
un soggetto deceduto o attualmente senza competenza.
1. In determinate circostanze, un avvocato, un giudice o un membro della famiglia possono richiedere una
valutazione da parte di un professionista della sanità mentale di un soggetto ancora in vita, prima o
contemporaneamente alla sua esecuzione del testamento. Questo può avvenire se ci sono dubbi circa la
capacità di un soggetto o per proteggere lo stesso con una valutazione anticipata della capacità
testamentaria nel caso in cui ci siano conflitti all’interno della famiglia.
Gli aspetti chiave di un colloquio di valutazione sono: valutare gli elementi della capacità testamentaria,
identificare qualsiasi caratteristica della personalità e dello stato mentale del testatore che potrebbe avere
un impatto sulla sua suscettibilità all’influenza indebita, determinare la natura, l’estensione e le
conseguenze funzionali generali della malattia mentale, se esistente. È importante condurre l’intervista in
un tempo molto ravvicinato all’esecuzione del testamento, perché il funzionamento mentale di un soggetto
può variare con il tempo.
Si raccomanda un’intervista con il testatore da solo per evitare influenze esterne e sarebbe preferibile
trovare una fonte imparziale e neutra per reperire informazioni sugli eredi e sull’effettiva quantità della
proprietà del testatore, ma questa non sempre esiste.
Anche consultare precedenti versioni del testamento del soggetto può essere utile per capire quanto le
nuove disposizioni si discostano da quelle espresse in un primo momento.
2. In realtà, la maggior parte delle valutazioni forensi in quest’area avviene in via retrospettiva,
sull’esistenza di una capacità testamentaria (o di influenza indebita) in un certo periodo (precedente) nel
tempo, dopo la morte o l’insorgenza di incompetenza del soggetto, quando gli eredi o qualche altra
persona interessata contesta l’atto testamentario reclamando una situazione di incapacità testamentaria.
Non ci sono delle regole precise per la conduzione di queste valutazioni, ma le conoscenze
neuropsicologiche possono risultare particolarmente utili.
Greiffenstein → ha proposto diversi step per determinare la capacità testamentaria retrospettiva:
a. Il clinico deve considerare se il problema legale appartiene alla capacità testamentaria o piuttosto
all’influenza indebita (o ad entrambe).
b. Si deve identificare la data della transazione legale (tipicamente la data in cui è stato firmato il
testamento), dal momento che questa aiuterà a determinare la rilevanza dello stato mentale e
medico e a fornire prove.
c. Il clinico deve anche identificare le tipologie di disturbi neurologici o psichiatrici che il testatore
aveva e determinare quali (se esistono) abilità cognitive erano compromesse. Questo viene fatto
attraverso la raccolta di prove del comportamento cognitivo ed emotivo normale o anormale che si
sia verificato il più possibile in prossimità della data di esecuzione del testamento.
ABA-APA (American Bar Association/American Psychological Association) → Fasi di una valutazione
retrospettiva della capacità testamentaria:
a. Identificare gli standard legali operativi per la capacità testamentaria nella giurisdizione di quel
particolare Stato.
b. Organizzare documentazione medica, legale e in generale qualsiasi documento rilevante circa il
problema della capacità. È essenziale creare una linea temporale cronologica che rifletta i più
importanti eventi e contatti medici e le più importanti operazioni legali. 39
c. Qualora sia possibile ed appropriato, contattare e parlare con gli individui che conoscevano il
soggetto e che possano offrire un giudizio laico o professionale su di lui.
d. Ottenere informazioni sugli avvocati coinvolti nell’esecuzione del testamento (chi erano? Che storia
avevano con il cliente? Come è stata realizzata l’esecuzione del testamento?).
e. Valutare la presenza e la gravità di eventuali disturbi mentali al momento dell’esecuzione del
testamento. Con i soggetti più anziani, i testamenti più discussi sono quelli scritti o modificati
quando l’individuo aveva un disturbo mentale o una diagnosi di demenza e quindi bisogna capire se
ci sono prove del fatto che il disturbo possa aver compromesso le abilità cognitive ed emotive
legate agli elementi della capacità finanziaria.
f. Nei casi di demenza, se possibile, cercare di determinare lo stadio della demenza al momento
dell’esecuzione del testamento, attraverso gli strumenti utilizzati per misurare i casi di AD (Clinical
Dementia Rating, Global Deterioration Scale).
g. La presenza di una demenza o di un disturbo mentale non è sufficiente da sola a dare una
valutazione sulla capacità testamentaria. Dal momento che la soglia per questa capacità è bassa,
soggetti con demenza possono essere ancora capaci di fare un testamento.
h. Valutare la capacità testamentaria determinando se c’è un’evidenza clinica o di altro tipo nella
documentazione che supporti gli elementi legali della capacità. In alcuni casi non è possibile
esprimere tale giudizio a causa di prove insufficienti.
i. In più, per offrire un giudizio sulla capacità, l’esperto neuropsicologo può offrire la sua opinione
riguardo l’influenza indebita di una parte terza al momento della redazione del testamento.
Idoneità al porto d’armi
• : è particolarmente importante in quegli stati in cui è diffusa la pratica del
porto d’armi per difesa personale, come gli USA. In Italia tale diffusione è certamente minore, prevale la
richiesta di certificazione di idoneità al posto d’armi per uso sportivo.
Requisiti in Italia: essere maggiorenni e presentare un certificato del medico di fiducia (certificato
anamnestico preliminare) che attesti l’integrità psicofisica del richiedente. Per il porto d’armi per difesa
personale bisogna avere anche una ragione valida e motivata che lo giustifichi.
Il medico certificatore ha la facoltà di prescrivere tutti gli ulteriori specifici accertamenti che riterrà
necessari, da effettuarsi presso strutture sanitarie pubbliche. Per quanto attiene ai requisiti specificamente
sanitari, sono richiesti requisiti sensoriali (visivi, uditivi) e motori, nonché l’assenza di patologie
neurologiche e psichiatriche.
Ambiti in cui il neuropsicologo può essere chiamato a effettuare una valutazione neuropsicologica
finalizzata al rilascio del porto d’armi:
1. In sede di domanda, qualora il medico di fiducia allo scopo di redigere un certificato anamnestico
ritenga di avere un riscontro oggettivo dell’integrità cognitiva del paziente.
2. In sede di rilascio del certificato d’idoneità, qualora il medico accertante dell’AUSL o di altra
struttura equivalente ritenga di verificare l’integrità stessa.
3. In sede di ricorso contro la mancata concessione/rinnovo dell’idoneità.
Mancano protocolli ad hoc per la valutazione del rischio dell’uso delle armi nel paziente con disturbi
neuropsichiatrici; nella pratica, quindi, la valutazione spesso è guidata da un giudizio clinico soggettivo,
senza il supporto di indagini specifiche (approccio non strutturato criticato per scarsa affidabilità tra diversi
osservatori, ridotta validità interna e mancanza di uno specificato modello di processo decisionale).
Nell’approccio al paziente affetto da compromissione cognitiva, la valutazione dell’idoneità a continuare a
svolgere attività potenzialmente rischiose è una componente cardine della valutazione clinica. In
40
letteratura ci sono anche solo due casi di uso pericoloso di armi da fuoco da parte di pazienti affetti da
malattia di Alzheimer non precedentemente diagnosticata.
La compromissione cognitiva nella demenza, pur con le sfumature proprie delle diverse malattie
sottostanti, in genere include deficit di memoria, attenzione funzioni esecutive, abilità visuospaziali e
prassiche, tutte condizioni che possono interferire con la capacità di usare un’arma in sicurezza, nonché di
garantire una corretta manutenzione. Inoltre, la frequente presenza di disturbi comportamentali -
behavioural and psychological symptoms of dementia (BPSD) - quali depressione, aggressività, psicosi, può
conferire un rischio aggiuntivo.
Lynch, Moran, Lawlor → Raccomandazioni di buona pratica clinica:
1. È necessario che il clinico valutatore abbia familiarità con le procedure e regolamentazioni
legislative che sottendono la detenzione e l’uso di un’arma.
2. La presenza di compromissione cognitiva e demenza dovrebbe essere tenuta in rilevante
considerazione nella decisione di concedere o rifiutare la licenza, sia da parte del medico di fiducia
che rilascia il certificato anamnestico, sia da parte della commissione chiamata a prendere la
decisione medico-legale. Il medico di fiducia ha la responsabilità di riferire l’esistenza di patologie
potenzialmente interferenti con l’integrità cognitivo-comportamentale del soggetto.
3. In generale non dovrebbe essere consentito al paziente con documentata demenza l’uso delle armi
senza la presenza di un “supervisore”.
4. Un’attenta valutazione cognitiva da parte di uno specialista dovrebbe essere fatta anche sui
pazienti con MCI e il porto d’armi negato in caso di evidenti BPSD, scarso giudizio critico e deficit
delle funzioni cognitive. In caso di concessione della licenza sono opportuni controlli ravvicinati nel
tempo, data la possibile progressione dei disturbi.
5. Tutte le persone anziane che chiedono o rinnovano il porto d’armi dovrebbero essere sottoposte a
uno screening per potenziale demenza e quelle con MCI riviste nel tempo.
6. Più in generale, anche nel corso della valutazione clinica di routine del paziente affetto da
compromissione cognitiva e demenza, sia indagato se il paziente o qualcuno della sua famiglia
detiene o abbia facile accesso a un’arma da fuoco.
Idoneità a mansioni lavorative specifiche
• → uno degli aspetti peculiari e maggiormente
complessi dell’attività del “medico competente” = medico che propone le proprie competenze scientifico-
professionali, collabora attivamente con il datore di lavoro, sia nell’individuazione dei ischi presenti in ogni
specifica attività produttiva sia nel dare indirizzo nella scelta di metodi organizzativi di tempi e modi di
lavoro in sicurezza per ogni singolo dipendente aziendale.
Il medico competente deve verificare l’idoneità della mansione specifica, quindi l’assenza di
controindicazioni alla mansione cui il lavoratore è destinato e verificare che lo stato di salute e le condizioni
fisiche del lavoratore siano adeguate e compatibili con i compiti richiesti dalla specifica attività lavorativa a
cui è addetto.
In medicina del lavoro, la formulazione del giudizio di idoneità ha come obiettivo la tutela della salute del
lavoratore. Il lavoratore dovrebbe possedere determinati requisiti psicofisici, non devono essere presenti
situazioni fisiologiche o patologiche in grado di determinare un’incompatibilità ad una o più attività
lavorative e/o produttive. Il medico deve tutelare anche la salute dei compagni di lavoro, della sicurezza
degli impianti, degli utenti/clienti di una determinata catena produttiva, ed è anche da questo punto di
vista che va valutato il lavoratore. 41
Nel giudizio di idoneità, il medico competente può esprimere tre diverse eventualità:
1. Idoneità assoluta: non sussistono condizioni patologiche che potrebbero trarre danno
dall’espletamento della mansione lavorativa e non si ritrovano modificazioni biologiche che
richiedano interventi sull’ambiente, sull’organizzazione di lavoro e/o sull’uomo.
2. Idoneità parziale (temporanea, permanente): condizionata da fattori legati al rischio professionale
o da alcune menomazioni che possono incidere negativamente sulla mansione lavorativa (divieto di
lavoro su piani rialzati, su scale, ecc.), o che presuppone l’uso di particolari accorgimenti o ausili
approntati per ridurre o eliminare i rischi connessi a determinate attività.
3. Non idoneità: sussistono condizioni patologiche, soprattutto negli organi impegnati nei processi di
biotrasformazione dei tossici industriali, ovvero quando l’impegno funzionale richiesto
dall’espletamento della mansione si rivolge a organi già menomati e ciò potrebbe determinare
l’insorgenza o l’aggravamento di determinate patologie.
Nella formulazione del giudizio il medico competente può avvalersi di indagini (esami clinici, biologici e
strumentali) e può fare ricorso alle conoscenze e competenze specialistiche di altri colleghi (oculisti,
cardiologi, pneumologi, ecc.). Nel caso di rilievo, in anamnesi di patologie neuropsichiatriche o
semplicemente di comportamenti che possano mettere a repentaglio la sicurezza del lavoratore o di terzi, il
medico deve evitare di assumere decisioni facendo riferimento solo a una diagnosi presunta; è necessaria
una valutazione neurologica, psichiatrica o neuropsicologica, che includa la somministrazione di test
psicometrici (particolarmente necessari in questa valutazione di idoneità nei pazienti con problemi psichici
o neurologici che possono compromettere capacità cognitive - mnesiche, attentive, psicomotorie -).
Situazioni più frequentemente avviate a una valutazione neuropsicologica:
- Lavoratori addetti alla guida di mezzi di trasporto o altri compiti complessi che richiedono attenzione
protratta e comportano rischi per sé e/o per terzi.
- Lavoratori affetti da patologie psichiatriche o neurologiche e/o in trattamento farmacologico con possibile
ripercussione sui livelli di vigilanza e sulle funzioni cognitive.
- Lavoratori esposti a neurotossici.
Non esistono protocolli stabiliti che indichino i test da effettuare nel singolo caso, i test dovranno essere
scelti in base allo specifico disturbo e alla specifica attività lavorativa.
Valutazione neuropsicologica della capacità professionale medica
▪ (fitness to practice):
I medici tendono a trascurare la propria salute, si autogestiscono nella diagnosi e terapia delle proprie
malattie, minimizzano i propri disturbi, non considerano la necessità di prendersi adeguato riposo; hanno
poca fiducia e disponibilità a confrontarsi con i servizi di medicina del lavoro, sottoponendosi a controlli
dolo dopo l’emergere di problemi (ad es. un errore nell’esercizio dell’attività professionale).
Le aree coinvolte compromesse in questi casi di ridotta performance sembrano essere l’attenzione, il
sequential processing, la logica, la coordinazione visuoprassica, l’apprendimento verbale e non verbale. Tali
efficienze possono essere minate dall’esordio di una malattia neurodegenerativa o vascolare, così come da
abitudini quali l’abuso di alcol, farmaci o la presenza di depressione.
È necessario un approccio valutativo specialistico e multidimensionale, dal momento che la competenza
medica richiede l’integrità di tutti i dominii cognitivi e un adeguato equilibrio comportamentale. 42
Invalidità da disabilità neuropsicologica
• :
La legislazione italiana prevede la possibilità, per coloro che risultano affetti da una o più patologie o esiti di
traumi, di ottenere benefici (ad es. esenzione dal pagamento dei ticket sanitari, diritto all’assegno di
accompagnamento).
Invalidità civile = riconoscimento di uno stato invalidante, indipendente da causa di servizio, lavoro o
guerra, in base al quale l’interessato può ottenere i benefici economici e/o sociosanitari previsti dalla legge.
Invalidi civili = cittadini affetti da minorazioni congenite o acquisite che abbiano subito una riduzione
permanente della capacità lavorativa non inferiore a un terzo o, se minori di 18 anni, che abbiano difficoltà
persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età, o gli ultrasessantacinquenni nella stessa
situazione di difficoltà.
Soglie di invalidità civile Benefici
Soglia minima: 34%, un terzo. Diritto alle prestazioni protesiche e ortopediche.
Soglia del 46%. Iscrizione alle liste speciali per l’assunzione obbligatoria al lavoro.
Soglia del 74%. Assegno mensile in qualità di invalido parziale.
Pensione di inabilità e, per i soggetti non deambulanti e non
Soglia del 100%. autosufficienti, all’indennità di accompagnamento.
Qualsiasi persona maggiorenne o minorenne con una qualsiasi menomazione (sul piano fisico o psicologico)
può presentare domanda di visita di accertamento di invalidità civile. La menomazione è una anomalia,
difetto o perdita (momentanea o permanente) di un arto, organo o tessuto o altra struttura del corpo,
compreso il sistema nervoso e l’organizzazione delle funzioni mentali (disabilità
neurologia/neuropsicologica).
Malattia → Lesione → Disabilità → Handicap
Una malattia può portare a una lesione ( = alterazione strutturale e funzionale di uno o più organi del
corpo); la lesione può portare a una disabilità ( = compromissione, completa o parziale, di una o più abilità
funzionali abitualmente espletate); una o più disabilità possono costituire un handicap ( = limitazione delle
prestazioni sociali e lavorative della persona in rapporto alle proprie aspettative e a quelle della società a
cui appartiene).
Una persona può presentare domanda di invalidità all’AUSL competente per territorio, allegando la
certificazione medica attestante la natura delle infermità invalidanti. Tale certificazione dev’essere fatta dal
medico curante. Si può anche allegare documentazione medica di carattere clinico-sanitario a sostegno.
La certificazione specialistica è fondamentale nel caso di patologie neuropsichiatriche. Le manifestazioni
neuropsicologiche sono un sintomo frequente delle affezioni del sistema nervoso centrale, sia nell’ambito
di patologie neurologiche primitive, sia nel caso di ripercussioni encefaliche di malattie generali. Possono
essere acute, subacute o croniche; i meccanismi patogenetici possono occorrere in modo isolato o nel
contesto di compromissione cognitiva diffusa.
Sindromi neurologiche disabilitanti :
a. Sindromi sensori-motorie: disequilibrio, incoordinazione e atassia, disturbi del tono muscolare,
disartria, disfagia, paresi, spasticità e tremore.
b. Sindromi dolorose: dolore neurogeno, dolore somatico e viscerale, dolore psicogeno.
c. Disordini emotivo-affettivi: ansia, depressione, mania, somatizzazione, fenomeni emotivi coatti.
d. Disturbi vegetativi: ipotensione ortostatica, incontinenza urinaria.
e. Sindromi neuropsicologiche: includendo singoli deficit, demenze e sintomi psicotici. 43
I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher californiancrawl di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Neuropsicologia forense e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Torino - Unito o del prof Amanzio Martina.
Acquista con carta o conto PayPal
Scarica il file tutte le volte che vuoi
Paga con un conto PayPal per usufruire della garanzia Soddisfatto o rimborsato