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Estratto del documento

La natura tumultuosa dell’adolescenza è fisiologicamente “normale”: è un percorso estremamente adattivo

di adultizzazione. Come abbiamo visto, la corteccia prefrontale dorsolaterale è collegata all’abilità di inibire

gli impulsi, di valutazione delle conseguenze della presa di decisione, di prioritarizzare e di riflettere in

modo strategico; essendo, questa, ancora in corso di strutturazione anni dopo l’emergere della pubertà, è

ipotizzabile attribuire molti dei comportamenti disinibiti e rischiosi adolescenziali alla non completa

maturazione di quest’area.

La differenza tra individui adulti e minorenni, tuttavia, non risiede esclusivamente ad un livello cognitivo,

ma spesso soprattutto ad un livello affettivo. Il sentimento del rischio che caratterizza molti dei

comportamenti trasgressivi e antisociali giovanili, è qualcosa situato tra la speranza e la paura. Il peso

gratificante che il comportamento rischioso esercita su di loro è psicologicamente maggiore rispetto a

quello esercitato dalla paura di essere arrestati.

• Il nostro sistema di risarcimento del danno assegna un ruolo assolutamente centrale al danno ingiusto

derivante dalla lesione dell’integrità psicofisica. Ciò ha dato origine alla consuetudine di distinguere il

danno biologico in due sottoclassi: danno fisico (o somatico) >< danno psichico.

a. Danno fisico/somatico: risultato di una lesione che colpisce il corpo, compreso il cervello, in uno

qualsiasi dei suoi livelli di organizzazione strutturale, dal livello molecolare a quello macroscopico.

La lesione può essere meccanica, biochimica, termica, elettrica, acustica, ecc., o una combinazione

tra loro. Qualunque sia la natura dell’evento responsabile, la lesione somatica è direttamente

riconducibile all’evento causale, esterno alla vittima.

b. Danno psichico: è un danno emozionale. A differenza del danno somatico, l’evento all’origine del

danno psichico lede l’organismo in modo indiretto, tramite il sistema emozionale di colui che

subisce l’evento. È un danno che la vittima non solo subisce, ma che attivamente “costruisce”; non

viene solo da fuori, ma anche da dentro. È un danno soggettivo per eccellenza. La natura fisica

dell’evento lesivo conta molto meno del significato che ne dà il soggetto, al punto che eventi reali,

ma non percepiti, non sono idonei a produrre danno psichico; mentre eventi non reali, ma percepiti

come se lo fossero, possono produrre danno psichico (ad es. casi di danno da errata diagnosi o da

false comunicazioni sociali). 15

Il danno psichico è, a tutti gli effetti, un danno del cervello, dovuto alla lesione o alterazione

funzionale (temporanea o permanente) di specifiche strutture cerebrali deputate alla risposta agli

eventi stressanti o traumatici: eventi di separazione o perdita, eventi minacciosi per l’integrità

personale, perturbazioni e turbamenti del benessere o dell’omeostasi. Il sistema emozionale, le cui

strutture principali sembrano essere l’ippocampo (memorie emotive!), l’amigdala, l’asse ipotalamo-

ipofisi-surrene, la corteccia prefrontale (soprattutto cingolo anteriore e regione ventromediale), in

risposta o in preparazione ad un evento emozionalmente significativo, “libera” i principali mediatori

chimici dello stress, le catecolamine e i corticosteroidi, entrambi secreti dalle ghiandole surrenali.

Quanto più la risposta allo stress è intensa e/o prolungata nel tempo, tanto più compaiono effetti

dannosi per l’organismo (sia sui singoli organi che sul sistema emozionale stesso). Il sistema

emozionale non possiede recettori propri, ma usufruisce di quelli dei sistemi sensoriali generali:

proviamo emozioni attraverso la vista, l’udito, il tatto, ecc.

▪ Quando siamo esposti ad un evento minaccioso per la nostra integrità (o per l’integrità di qualcuno dei

nostri cari) il nostro cervello reagisce in primo luogo con una risposta immediata di tipo protettivo,

sostenuta da importanti modificazioni sia somatiche, sia psicologiche, sia comportamentali. La finalità di

queste modificazioni è sempre quella di sopravvivere e di adattarsi al cambiamento, spesso sopravvenuto

in modo inaspettato o sorprendente. Il significato biologico di questi eventi a cascata (rilascio dei mediatori

chimici dello stress) è quello di mettere l’organismo in condizioni di affrontare l’emergenza e di conservare

una traccia mnestica dell’evento, che sarà in ogni caso utile in futuro. Il legame tra risposta emozionale e

memoria (che si realizza a livello delle strutture ippocampali) è uno degli aspetti più importanti per

comprendere la patologia umana post-traumatica.

Quando l’evento traumatico è estremamente minaccioso, può accadere che vengano messe in atto risposte

protettive altrettanto estreme: l’esempio più noto è quello delle reazioni dissociative post-traumatiche, una

risposta acuta in cui il significato è quello di prevenire (o almeno attenuare) la formazione di memorie

coscienti del trauma, che si rivelerebbero troppo difficili da integrare e potenzialmente distruttive. Mentre

l’amigdala registra la memoria emozionale dell’evento, quest’ultima non viene registrata dall’ippocampo: il

soggetto continua a sentire paura magari in circostanze particolari, ma non conserverà alcuna traccia

mnestica accessibile alla coscienza dell’episodio originario. Il quadro clinico che insorge in conseguenza dei

traumi estremi è il Disturbo acuto da stress (risposta acuta) e il Disturbo post-traumatico da stress (risposta

post-acuta, che può cronicizzarsi come tale o sfociare in altri tipi di disturbi).

Quando il trauma avviene in età infantile o nella prima adolescenza - nel periodo di maggiore plasticità

cerebrale - si è visto che esso è correlato alla possibilità di sviluppare in età adulta disturbi psichiatrici

maggiori, in particolare disturbi d’ansia o depressivi. Da adulti quindi diventano soggetti più vulnerabili,

anche in risposta a stress di moderata entità.

La plasticità comunque è all’opera anche nella risposta ad eventi traumatici che accadono in età adulta.

Anche in questo caso, infatti, non basta che un evento minaccioso o doloroso sia fronteggiato sul

momento, ma occorre che venga anche ricordato in seguito, che venga incorporato nella rete di

conoscenze a disposizione dell’organismo per orientarne le scelte future. Oltre al chiaro significato

adattivo, può esservi anche un possibile significato patogenetico: intrusioni indesiderate di memorie

traumatiche, rivivere di continuo gli eventi spaventosi e dolorosi, generalizzazione delle risposte, ecc.

Il perdurare nel tempo di questo stato di mobilitazione energetica (arousal quasi permanente) provoca un

effetto deleterio non solo sugli organi somatici, ma anche sulle strutture cerebrali coinvolte

nell’apprendimento di tali eventi, in particolare l’amigdala e l’ippocampo. Gli stessi mediatori ormonali che

regolano la risposta acuta allo stress provocano, se troppo mantenuti, effetti neurotossici: semplificando, lo

stress provoca un eccesso di attività dell’amigdala ed una minore funzionalità dell’ippocampo, dovuta in

particolare agli effetti deleteri del cortisolo. Tutto ciò si traduce in un aumento dell’ansia e dell’aggressività

e in una diminuzione delle capacità di apprendimento - atrofia strutturale dell’ippocampo. 16

La grande maggioranza dei soggetti - anche dopo esposizione a traumi estremi - presenta ampie capacità di

resilienza, in parte da attribuire alla disponibilità di supporti sociali e di interventi terapeutici precoci, in

parte alla preesistenza di tratti di personalità facilitanti valide strategie di coping.

▪ Non appena l’evento è stato incorporato nella rete di conoscenze proprie del soggetto, questi inizia a

svolgere un ruolo attivo e per certi aspetti decisivo circa gli esiti futuri. In primo piano non è più la risposta

all’evento traumatico, ma la modalità con la quale il significato dell’evento stesso viene rielaborato ed

interpretato. Non solo l’evento determina effetti sul soggetto, ma il soggetto stesso determina il significato

dell’evento. C’è un’interazione tra aspetti biologici e psicologici.

Può iniziare un ciclo di attribuzione di tutti i propri malesseri e di tutti i propri problemi in relazione

all’evento, una causa esterna; ciò avviene in modo del tutto involontario e non vi è consapevolezza del

processo né deliberata volontà di simulazione. Le informazioni di cui il soggetto dispone al momento

dell’evento e che gli vengono fornite immediatamente dopo, sono un altro fattore cruciale: i soggetti che si

aspettano di star male tendono percepire i propri sintomi in maniera congruente con le proprie

aspettative, che diventano così profezie che si auto-avverano.

▪ Il processo di adattamento al trauma o allo stress è mediato anche, in misura considerevole, dal contesto

sociale di appartenenza della persona, che può a sua volta interagire - ostacolando o favorendo il recupero

- con le componenti biologiche e psicologiche. Ambienti socialmente e culturalmente deprivati tendono a

riattivare maggiormente i vissuti di frustrazione e di alienazione, soprattutto in presenza di eventi che non

implicano alcuna stigmatizzazione sociale, come l’essere stati oggetto di un torto o di un’ingiustizia.

Particolarmente importante è l’influenza esercitata da tutti coloro che, dopo un evento traumatico o

stressante, entrano in contatto diretto con la vittima nello svolgimento di un ruolo professionale: sanitari

del pronto soccorso, medici, specialisti, avvocati, assicuratori, ecc. Gli stessi professionisti a volte possono

cadere preda di sistematiche distorsioni indotte dal ruolo e dall’interesse professionale.

Un problema particolarmente grave è rappresentato dalle stesse cause di risarcimento, che per la loro

natura e durata inducono di per sé i soggetti ad intensificare e prolungare il loro stato di malattia. Indurre

qualcuno a “provare” ripetutamente che è ancora malato confonde e distorce la stessa esperienza di

malattia, impedisce la guarigione e perpetua l’invalidità. Dal momento che il mantenimento o la speranza

dei benefici economici dipende dal proseguimento dei sintomi, il soggetto è intrappolato nel ruolo di

malato.

Traumi emozionali

• → I quadri clinici per i quali il DSM-IV-TR esplicitamente ammette un’eziologia

post-traumatica prevalente od esclusiva sono:

1. Il disturbo psicotico breve con rilevanti fattori di stress: quadro acuto, grave dal punto di vista

sintomatologico, per definizione transitorio, in stretta connessione

Dettagli
A.A. 2017-2018
55 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/02 Psicobiologia e psicologia fisiologica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher californiancrawl di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Neuropsicologia forense e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Zettin Marina.