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LA RAPPRESENTAZIONE DOPPIA DELL’EMISFERO DESTRO
Ci sono varianti particolari come l’eminegligenza altitudinale, per cui non
l’eminegligenza non è destra-sinistra, ma alto-basso.
Attacco ischemico transitorio: si forma il nodo e si scioglie, da effetti solo per una
durata massima di 24 ore. Quando viene colpito il talamo si ha una sindrome talamica,
dolorosa, della mano per cui le ossa si modificano nel giro di alcuni mesi o forse un
anno. Entro un anno, chi ha avuto un attacco ischemico transitorio, ha un’alta
probabilità di fare ictus. Se si supera l’anno si può dire che il paziente si è salvato. Non
è una cosa che dipende dalla terapia, ma è proprio una questione di statistica.
L’eminegligenza può essere valutata solo eseguendo molte prove, perché i pazienti
possono rispondere bene ad alcune e quindi c’è bisogno di farne altre per differenziare
la forma di neglect. C’è anche una forma di neglect ipsilaterale, è un pasticcio teorica,
non si è capito perché avviene.
Neglect corporeo: il paziente presenta lesioni appena posteriori rispetto a quelle
dell’eminegligenza. Praticamente ciò determina delle alterazioni dello schema
corporeo, quindi la rappresentazione strutturale del nostro corpo. La situazione più
riscontrabile è l’emisomatoagnosia, quindi l’agnosia per la metà del proprio corpo. Ciò
si verifica raramente nei pazienti vascolari, mentre in quello neoplastici (tumore) si
vede in maniera molto più significativa. Il paziente si pone di fronte all’esaminatore e
gli si chiede di prendere la sua mano, che viene messa sotto la mano dell’esaminatore.
Gli si chiede cosa stia toccando ed il paziente risponde “la mia mano”, anche se in
realtà la sua è paretica e sta toccando quella dell’esaminatore. Il paziente non riesce
ad orientarsi e può dire che la metà del corpo gli è stata rubata o gli è stata presa
dagli infermieri. Gli si può chiedere di toccare con la mano destra quella sinistra, ma
lui ignora la metà corporea e quindi si ferma intorno alla linea mediana. Nell’emiparesi
il paziente riesce ad avviare il movimento, ma non può compierlo.
Nell’emisomatoagnosia per il paziente la metà corporea non c’è. I pazienti con questo
disturbo regrediscono nel giro di alcuni giorni ed è raro che il disturbo possa essere
cronico. Si manifesta con stati confusionali o deliranti, per cui il braccio è stato
sottratto. Alcune volte c’è solo anosodiaforia, tipica del paziente cerebroleso destro.
Ci sono anche disturbi della coscienza corporea, legati alla capacità che ha un
soggetto di rappresentarsi le singole parti del proprio corpo. Questo capita con lesione
sinistra e se a questo paziente si chiede di toccarsi il polso di sinistra, il paziente si
avvicina ma non è tanto convinto e resta perplesso, toccandosi un punto nelle
vicinanze. Tra le lesioni di sinistra ci sono alcune specifiche lesioni che riguardano la
mano. Sono disturbi che riguardano la capacità di individuare le varie dita (agnosia
digitale) e questi disturbi possono implicare anche una serie di alterazioni della
capacità di tatto e si realizza la sindrome triangolare (lobo occipito-temporo-parietale)
ovvero la sindrome di Gerstmann. Se un paziente non sa dire come si chiama un
oggetto, può essere un problema di denominazione e quindi afasico, quindi bisogna
dire alla persona di fare quello che fa l’esaminatore, senza dare un comando vocale,
oppure mostrando immagini al paziente. Questi pazienti possono essere afasici che
non hanno capacità di denominazione, ma sono tutte sindromi rare per cui nessuno se
ne importa.
I disturbi dello schema corporeo sono tipicamente di destra ma si possono avere
anche per lesioni a sinistra, come difficoltà a percorrere mappe corporee come
l’autotopoagnosia. (incapacità di indicare -localizzare le parti del proprio e della
figura)
Sono i casi che si allegano alla sindrome di Gerstmann( caratterizzata da agnosia
digitale,disorientamente dx sx, disgrafia, discalculia )
Demenza vascolare: un tempo si riteneva fosse la causa principale delle demenze,
finchè non si è chiarito che l’alzheimer sia la causa principale. Se mancano i danni
vascolari le cose vanno meglio, anche se negli anziani dopo i 70 è difficile trovare
cervelli in cui ci sia la mancanza del danno vascolare. Non basta trovare un danno
vascolare per dire che il paziente è un demente vascolare, perché ci sono effetti
concomitanti e bisogna sempre vedere la grandezza delle strutture ippocampali,
perché è lì che si vedono gli effetti degenerativi.
Si riteneva che una persona che riusciva a superare i 90 anni avesse di fatto evitato la
demenza, ma si è visto che in realtà dopo i 90 si possono avere demenze anche molto
gravi. La demenza di alzheimer è infatti age-related. Il rischio è irrilevante a 45 anni,
ma è altissimo a 95. Il termine demenza senile è un vecchio termine che indicava la
demenza degli anziani e si voleva intendere l’alzheimer. Nel giovane le manifestazioni
della demenza sono sempre più marcate, perché chi è ancora a lavoro deve dare
prestazioni molto elevate, che un pensionato non deve dare. Quando parliamo di
alzheimer ci riferiamo sempre anche all’effetto che la malattia ha nell’entourage del
paziente. Quando il paziente è demente lo è perché ha degli effetti che incidono sulla
vita di tutti i giorni. Il caregiver è lo specchio di ciò che succede nella malattia. La
demenza dell’anziano è limitata dal fatto che la sua età gli impedisce di avere altri
sviluppi, ma se è più giovane la malattia ha degli effetti marcati nella vita sociale.
L’alternativa con cui fare diagnosi differenziale è la demenza vascolare, ritenuta per
moltissimi anni essere la causa principale di demenza.
PROSOPAGNOSIA
Prevalentemente, la prosopagnosia è legata ad una doppia lesione occipitale, destra in
una buona percentuale di pazienti. È dovuta al fatto che la persona non è in grado di
riconoscere il volto perché non riesce a codificare le caratteristiche visive e percettive
del volto. Per il paziente con prosopagnosia appercettiva i volti sono tutti uguali. La
prosopagnosia NON è un disturbo di riconoscimento delle persone, ma dei volti, perché
il paziente è in grado di riconoscere le persone attraverso una serie di mediazioni
linguistiche o dal modo di camminare. A lungo si è discusso se la prosopagnosia
potesse essere una versione di agnosia visiva, ma si è poi visto che ci sono processi
specifici del cervello per riconoscere i volti. Le forme possono essere due:
prosopagnosia appercettiva, in cui tutti i volti sono visti uguali; prosopagnosia
associative, in cui si riesce a descrivere il volto, ma non si è in grado di riconoscerlo.
Ciò dipende da dove avviene la lesione.
Modello di Bruce e Yang: la codifica strutturale del volto avviene tramite l’analisi
delle caratteristiche strutturali quali bocca, naso, guance, occhi etc… ed i rapporti tra
le parti. Le codifiche strutturali del volto implicano anche l’analisi delle espressioni. Il
riconoscimento del volto come familiare avviene nel giro fusiforme occipitale, che
consente di accedere all’unità di riconoscimento delle facce, dove si può avere un
deficit del riconoscimento cosciente dei volti e qui siamo tra lobo temporale e lobo
occipitale. Se c’è un danno a questo livello, c’è un deficit del riconoscimento cosciente
del volto.
Una volta avvenuta la face recognition, la persone accede ai nodi d’identità, ovvero
alla memoria della persona che conosciamo. Se ci incontriamo per strada ci
riconosciamo perché accediamo ai relativi nodi d’identità, che sono correlato al
richiamo del nome associato al volto. Verso i 40-50 inizia il decremento della capacità
di recuperare volontariamente i nomi e si chiama “proper name theory”. La
caratteristica dell’invecchiamento è proprio la perdita della capacità di recuperare
volontariamente i nomi delle persone. La proper name theory non è un’amnesia e non
implica il decadimento della traccia del nome della persona, ma solo l’incapacità di
prelevare la traccia esattamente quando uno vuole. Dai nodi d’identità si passa
all’informazione semantica: non mi ricordo come si chiama, ma mi ricordo che ha fatto
tanti spettacoli etc… Queste sono informazioni semantiche a cui si accede al di là del
nome.
Riconoscimento non cosciente: il volto viene riconosciuto non solo per le
caratteristiche visive del volto stesso, ma anche per un effetto subliminale per una via
che passa per l’amigdala e si chiama “riconoscimento non cosciente della persona”. La
persona, anche se non accedere ancora al vocabolario dei volti, è stata già
riconosciuta.
Nella sindrome di Capgras c’è un deficit della componente affettiva, si ha quindi
soltanto il riconoscimento visivo. Questo nasce da esperimenti fatti negli anni 80 da
Damasio, in cui si vede che alcuni prosopagnosici presentano questa caratteristica. Al
paziente vengono presentati volti, collegano la presentazione della risposta con
elettrodi posti sulla mano e si nota che, quando sono volti anonimi, il paziente non li
riconosce e non succede niente. Quando i volti sono invece familiari si ha una risposta
emotiva di sudorazione. Non riconosce coscientemente il volto, che magari è il figlio,
ma ha una reazione emotiva come se l’avesse riconosciuto. È un riconoscimento non
cosciente che non si verifica in alcuni pazienti prosopagnosici, ma si verifica
soprattutto nei pazienti appercettivi. Devono esserci delle caratteristiche particolare,
ovvero la dissociazione tra riconoscimenti affettivo e riconoscimento facciale. La
risposta affettiva porta ad una risposta di skin conductance. In alcuni casi,
probabilmente, per il coinvolgimento di alcune aree, c’è questa reazione emotiva che
avviene attraverso la affective response familiar stimuli, per cui ci sarebbe
riconoscimento inconscio della persona da parte del paziente che non accede alla
coscienza. Nonostante i volti subliminali siano inviati sotto la soglia di percezione, sono
percepiti come unità e il soggetto riesce a riconoscere emotivamente il volto, anche se
dichiara di non averlo visto. La via del talamo viene mantenuta, ma non sempre.
Bisogna ammettere che esista una via di riconoscimenti non cosciente che non viene
controllata da sistemi più elaborati, ma sarebbe una via ancestrale che si attiva
quando il problema &egra