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Patologia delle meningi

Un segno meningeo è determinato da un processo

infiammatorio, caso più semplice, quale può essere una

meningite (dovuta a batteri o virus ), che ne determina

sofferenza.

Un’altra possibile causa è l’emorragia sub aracnoidea, che

ancora oggi ha un elevato rischio di mortalità.

In qualunque caso, la sindrome meningea è determinata da

irritazione delle radici, ad opera di tutto ciò che non

dovrebbe essere a contatto con le meningi, come

microrganismi o sangue, che si va a localizzare nel liquor.

Tutto ciò provoca un fenomeno infiammatorio, che si associa

ad un aumento della permeabilità della barriera emato

liquorale: nel liquor cominciano ad accumularsi cellule e

proteine che non dovrebbero essere presenti, per lo meno,

non in quantità elevate come in questi casi.

Segni:

-rigidità nucale il capo appare rigido nel momento in cui si

cerca di Muoverlo, pur chiedendo al paziente di

mantenerlo morbido

- possibile iperestensione del capo

- nel neonato invece c’è ipotonia del capo 5

- atteggiamento a “canna di fucile” è una posizione

antalgica: il soggetto appare raggomitolato,

in decubito laterale, con gli

arti flessi sul tronco.

Il significato funzionale

è semplice: riduce lo

stiramento delle radici e con

esso, anche l’irritazione.

Esistono delle manovre che si possono eseguire per valutare

la presenza di questi segni meningei:

- flettendo la nuca, ottengo flessione degli arti inferiori

(altro tentativo automatico di ridurre lo stiramento

radicolare)

- la flessione dell’arto inferiore, provoca la flessione

dell’arto controlaterale

- l’estensione degli arti, provoca l’estensione di quelli

omolaterali

- nel neonato, perdita del tipico “pedala mento” quando

viene sollevato

- segno dello “striscio rosso” un oggetto

passando

appuntito sulla cute, si forma una striscia rossa per

fenomeni di vasodilatazione

- cefalea/febbre

Normalmente, se ci si trova di fronte ad una sindrome

meningea, si deve gestire un’emergenza: è importante

identificare la causa.

Si potrebbe pensare di eseguire una TC, per vedere il

sangue; non è sbagliato, ma non sempre c’è così tanto

sangue da essere visto, soprattutto in acuto.

L’esame principe è la puntura lombare (rachicentesi):

-se la causa è un’emorragia, il liquor conterrà sangue

-se la causa è un’infiammazione, il liquor avrà un colorito

bianco – giallastro per la presenza di pus. In questo caso, si

va poi a distinguere se l’eziologia è virale o batterica, a

seconda delle caratteristiche del liquor stesso.

Va da sé che, una volta individuata la causa, si metterà in

piedi una terapia specifica: in caso di emorragia, si manderà

il paziente in rianimazione, eventualmente si procederà con

una angio; se la causa è l’infiammazione,si inizierà la terapia

6

antibiotica (il micobatterio rappresenta un caso particolare,

con una sua specifica terapia) – antivirale .

Afasie

Sono disturbi del linguaggio, che compaiono nel soggetto

che ha già acquisito la funzione (sa già leggere). Non si

tratta di ritardi nello sviluppo, bensì in una difficoltà

nell’esprimersi e nel comprendere, non legate ad alterazioni

strettamente della funzione motoria.

Possono avere diverse componenti linguistiche (fonologiche,

sintattiche, semantiche …), che corrispondono ad una

specifica lesione quindi, ad uno specifico disturbo.

In genere, le lesioni avvengono a livello delle aree corticali

perisilviane.

Il linguaggio è una di quelle che vengono definite “funzioni

complesse” e, normalmente, si localizza in uno dei 2

emisferi. In realtà non è proprio così. (vedi dopo)

Nel 75% dei casi si localizza nell’emisfero sinistro; non

necessariamente c’è una corrispondenza tra l’essere mancini

e la sede principale del linguaggio.

L’emisfero contro laterale rispetto a quello in cui si localizza

il linguaggio, in realtà è esso stesso coinvolto nella

medesima funzione: è responsabile di alcuni “aspetti” del

linguaggio (ad es. la prosodia), che sono meno evidenti,

legati non al linguaggio in sé, quindi alla costruzione

grammaticale o alla sintassi, ma al tono emozionale da dare

al linguaggio.

Dato che si tratta di aspetti, se vogliamo, secondari, lesioni

a queste aree non vengono considerate importanti quanto

quelle a carico dell’emisfero dominante.

Considerazione importante: nell’adulto, non c’è plasticità.

Ciò significa che, se si verifica una lesione nelle aree

preposte al linguaggio nell’emisfero di sinistra, queste

vengono perse, o quanto meno alterate, senza possibilità di

un recupero completo. Nel bambino invece, fino ai 5 anni

circa, subentra l’emisfero contro laterale e ciò consente il

pieno recupero. La dominanza, per quella funzione, si

trasferisce all’altro emisfero. Tutto ciò va a discapito della

componente emozionale ( se il danno è a carico dell’emisfero

dominante) o viceversa: un’area non può svolgere entrambe

le funzioni. 7

In realtà, questo fenomeno si verifica per tutte le funzioni

lateralizzate, a patto che il danno si verifichi molto

precocemente.

L’afasia non è:

- un disturbo della percezione il soggetto afasico sente

perfettamente.

-non è nemmeno un disordine motorio non è un disordine

DISARTRICO, per cui non si ha un danno alle corde vocali o

alla lingua. Il sistema di fonazione è integro.

- non è infine un disturbo del pensiero

È importante distinguere le 2 componenti del linguaggio: la

produzione e la comprensione.

Prima c’è la comprensione, poi la produzione. In realtà in

mezzo c’è il cosiddetto linguaggio interno, che risulta molto

difficile da esplorare.

Per questo un danno alla comprensione è più difficile da

gestire, rispetto ad un danno che comprometta la

produzione. C’è una vasta gamma di possibili lesioni: dalla

mancata comprensione di una parola all’incapacità di

comprendere l’organizzazione grammaticale, così come si

può avere l’impossibilità di produrre una parola, fino a non

essere in grado di articolare frasi anche molto semplici.

Si può andare dall’afasia completa, a forme meno gravi

dette nominali, in cui ci si dimentica una sola parola.

Tutto questo perché il linguaggio è una funzione complessa.

A questa, sono strettamente legate la lettura e la scrittura,

in quanto altre modalità di esprimere il linguaggio. Per cui, è

probabile che si verifichino alterazioni anche di queste. Ma

non è obbligatorio. Non necessariamente corrispondono alle

stesse aree corticali.

Consideriamo la lettura: la nostra è caratterizzata da un

alfabeto costituito da lettere che corrispondono ad un

suono.

I cinesi hanno solo una scrittura, quindi una lettura,

ideografica.

Il linguaggio giapponese, invece, è duplice: ce n’è uno

ideografico e un altro sillabico, come il nostro.

Le aree deputate alla comprensione del linguaggio

ideografico sono diverse da quelle della comprensione del 8

linguaggio “classico”: sono infatti presenti forti associazioni

con le aree visive.

Pertanto, i giapponesi possono avere danni a una o all’altra,

con perdita di uno solo dei 2 linguaggi.

Noi possiamo avere una situazione simile, rappresentata

dall’interpretazione dei simboli, ad esempio i segnali

stradali.

Il simbolo è una sorta di ideogramma, nasconde un concetto.

Ma questo aspetto non sempre viene indagato.

Ma se pensiamo ad un soggetto che non sia in grado né di

leggere né di scrivere, si può provare a comunicare con dei

simboli, perché le aree preposte sono diverse. (se vede

scritto “bicchiere” non capisce, se vede il simbolo di un

bicchiere, sì).

Dal punto di vista neurologico, si tende ad affermare che le

aree deputate al linguaggio siano 2. È un approccio molto

semplicistico, probabilmente non troppo corretto, ma che di

certo aiuta a comprendere meglio questa funzione.

Le 2 figure di spicco che hanno condotto ricerche in questo

senso sono Broca e Wernicke.

Hanno identificato le aree del linguaggio, che da loro

prendono il nome, le quali, se lesionate, danno origine

all’AFASIA MOTORIA o all’AFASIA SENSORIALE.

L’area di Broca, (area 44 + 45 di Brodmann), si trova in

regione frontale, anteriormente alla corteccia motoria

primaria; l’area di Wernicke, la 22, si trova in regione

temporale.

Le 2 aree sono connesse tra di loro attraverso il FASCICOLO

ARCUATO, un vero e proprio fascio di neuroni che permette

loro di comunicare.

La PROSODIA indica il tono emozionale del linguaggio, ma

non solo; comprende anche il concetto della ritmicità, legata

agli accenti “territoriali”, piuttosto che al significato che si

vuol dare ad una frase.

In italiano è il tono della frase che la fa essere una domanda,

piuttosto che un’esclamazione o un’affermazione. In inglese

ci sono delle parole come “do”, che già identificano la frase

come una domanda. La nostra lingua è, sotto questo

aspetto, più prosodica di altre.

Per questo non riusciamo a comprendere la lettura latina,

che sembra essere totalmente basata sulla ritmica, oltre che

sulle rime. 9

Tipi di afasie (considerando la localizzazione del danno)

- Broca

- Wernicke

- di conduzione

- trans corticale motoria / sensoriale

- globale

- anomica

In base poi, alle caratteristiche – qualità + frequenza-

dell’eloquio, le possiamo distinguere anche in FLUENTI e

NON FLUENTI. Ovviamente questi sono gli estremi di un

continuum, in mezzo abbiamo tutta una vasta gamma di

sfumature. Possono esserci anche dei passaggi: un soggetto

non fluente, può diventarlo. Di solito è più frequente questa

transizione che non quella opposta.

Il fatto che il linguaggio sia più o meno fluente, dipende

dalla capacità di articolare le parole, di elaborare

mentalmente una frase, dalla complessità della frase stessa.

Ognuno di questi aspetti corrisponde a delle aree, più o

meno definite; avere un deficit del linguaggio, spesso

significa non averne uno solo, ma diversi associati, perché

c’

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
24 pagine
SSD Scienze mediche MED/26 Neurologia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher micik di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Neurologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Chiò Adriano.